Jankélévitch conferma in questo "Corso" la fecondità di un pensiero che parla di morale senza cadere nel moralismo, scava nei concetti evitando il concettualismo e coniuga il dovere con l'amore, muovendo dall'importanza che l'intenzione e la volontà hanno nell'esperienza morale. Né Husserl né Heidegger ma Pascal e Tolstoj sono i riferimenti dell'autore, filosofo laico ma attento alla lezione dei mistici, oltre che a quella dei classici (Platone, Aristotele, Agostino). Queste lezioni sono esemplarmente indicative della ricchezza spirituale che la filosofia può dare all'individuo.
Tra le "Vite dei filosofi all'asta" e "La morte di Peregrino" si apre una medesima scena e si svolge, al contempo, una medesima vicenda del pensiero: è un teatro e una storia della mimesi, con la giostra - un po' folle e bislacca - delle copie, delle imitazioni, dei simulacri che danzano ormai liberi e festeggianti sulla morte, inequivocabilmente definitiva, della verità. Il grande cadavere è quello della filosofia platonica e di tutte le filosofie che, sulle orme di Platone, hanno voluto porsi sul piedistallo della virtù e della conoscenza vera. Così Luciano, il grande scrittore di Samosata (II secolo d.C.), mette in vendita, anzi in svendita, tutte le filosofie possibili sulla piazza del mercato ed erige un grande rogo su cui, simbolicamente, con l'impostura di Peregrino, sale anche tutta quella vanagloria filosofica che ha spirato con potenti soffi di alterigia per secoli e secoli. Da queste ceneri possono così rinascere la scrittura e il racconto, liberati dai sequestri e dalle ipoteche della verità e della virtù, del bene e della politica. Ha l'aria della vendetta, tutto ciò, e lo è certamente. Ma è anche qualcosa in più. Questa scena, allestita da Luciano tra le "Vite" e il "Peregrino", è una delle riflessioni più profondamente filosofiche che sia dato di leggere sul "ragno implicito" di ogni filosofia: l'ipocrita recita dell'esemplarità. Se poi questa recita ha già trovato dei pericolosi eredi, come i cristiani...
Che senso ha la vita? Perché sono qui? Perché dovrei fare la cosa giusta? E che cos'è la cosa giusta? Sono domande tutt'altro che facili. Ma alcune delle menti più brillanti della storia hanno lasciato idee e linee di condotta per il nostro benessere psicologico. Le concezioni di Platone sul bene e sul male, il consiglio di Aristotele di seguire in ogni situazione ragione e moderazione, i pensieri di Kierkegaard sulla morte, la saggezza tradizionale degli "I Ching" o la teoria dell'imperativo di Kant possono rivelarsi straordinariamente utili per affrontare problemi concreti. Questo libro riporta il pensiero dei grandi pensatori della filosofia di tutti i tempi, insegnando a vivere meglio il presente.
Il libro di Giuseppe Cambiano ricostruisce il ruolo fondante che le interpretazioni dell'esperienza politica e istituzionale di città come Atene e Sparta hanno svolto nel pensiero e nelle vicende politiche della storia italiana più recente, in particolare nel periodo che va dal Quattrocento al Settecento. Concetti-chiave come quelli di uguaglianza, di democrazia, di libertà, di partecipazione politica - sui quali molto si è discusso nell'età moderna - affondano infatti le loro radici nella nozione stessa di polis e hanno avuto origine nell'esperienza politica e istituzionale di una civiltà solo apparentemente lontana.
I Pensieri a Giulia sono stati pubblicati come opera postuma nel 1978-81 presso l'editore Giuffrè, che aveva in catalogo tutti i volumi editi e inediti dell'opera filosofica, a completamento delle Opere di filosofia giuridica. Capograssi infatti respira, per usare una nota metafora, con due polmoni: quello dello scienziato e quello dello scrittore. I Pensieri a Giulia sono un grande diario, nel solco della tradizione diaristica tra Otto e Novecento. Gli autori amati e più spesso citati da Capograssi sono Agostino, Dante, Pascal, Leopardi, Amiel, Kierkegaard. La pagina di Capograssi regge il confronto con la pagina dello Zibaldone. Quanto al contenuto, nei Pensieri si svolge da foglietto in foglietto il messaggio quotidiano di un uomo che celebra l' ordo amoris. C'è dello "stilnovo" in quest'opera che si distingue tra tanta letteratura d'amore moderna e contemporanea per una ricchezza, attinta anche al sentimento religioso.
Edizione riveduta e corredata di nuovi apparati, l'opera incompiuta di uno dei pensatori tedeschi più rilevanti della seconda metà dell'Ottocento, pubblicato per la prima volta nel 1883 come primo volume di un progetto filosofico più ampio ma rimasto poi allo di frammento.
Tra i testi inediti di Leibniz, i dialoghi sono numerosi e godono del privilegio di essere tra gli scritti più compiuti: tra i dialoghi prevalentemente filosofici si segnalano una prima teodicea composta all'età di 26 anni; i brevi ma intensi scritti apologetici; la narrazione di un tempestoso incontro tra un eremita e un uomo di corte.
Pubblicate per la prima volta a Salamanca nel 1597, le "Disputazioni metafisiche" del gesuita spagnolo Suárez sono un'opera che ha fatto "epoca". È stato uno dei più celebri teologi del Siglo de Oro a tentare, per la prima volta, un trattato autonomo di "Metafisica", non concepito più come commento al testo di Aristotele, secondo l'usanza medievale, ma come fondazione di una disciplina autonoma e sistematica. Le Disputazioni possono essere considerate come l'ultima summa del pensiero scolastico, lì dove - in un estremo tentativo di sintesi della linea tomista e di quella scotista - si delinea quell"'ontologia" che fornirà il lessico concettuale di riferimento per i filosofi moderni, da Descartes, Spinoza e Leibniz sino a Wolff, Kant e Hegel. Non a caso questo testo ha avuto una diffusione straordinaria non solo nelle Università cattoliche ma anche in quelle protestanti del XVII e del XVIII secolo; ha attraversato silenziosamente tutto l'Ottocento ed è riemerso infine con grande risalto nella critica filosofica novecentesca. Dell'immensa mole delle 54 Disputazioni vengono tradotte qui le prime tre: esse si presentano come una vera e propria "introduzione alla metafisica", riguardo alla natura, all'oggetto e al metodo di questa scienza. Il testo è preceduto da un'introduzione del curatore e seguito da una nutrita serie di apparati: le note al testo, l'elenco dettagliato delle fonti, un lessico di parole chiave, l'indice completo di tutte le Disputazioni e un'esauriente bibliografia.
Cos'è la libertà? È un concetto che appartiene alla sfera privata di ciascun individuo, oppure ha a che fare con le relazioni tra gli individui e le leggi che regolano tali relazioni? I due concetti di realtà si escludono reciprocamente o possono convivere? Proprio al concetto di libertà sono dedicate le pagine delle Lezioni tenute da Guido De Ruggiero pochi mesi dopo la caduta del fascismo. L'opera può essere definita come una completa sintesi del pensiero politico, spesso mal interpretato, del filosofo napoletano. Per De Ruggiero la libertà è una inscindibile saldatura tra vita privata e politica, è la presa di responsabilità di ciascuno nell'ambito della collettività.
Cosa ha a che fare Atene con Gerusalemme? Vale a dire, cosa hanno in comune la cultura dell’uomo e la trascendenza dell’esperienza religiosa? È la domanda che si pose, tra la fine del II secolo e l’inizio del III, lo scrittore cristiano Tertulliano. E la sua risposta, sicura e intransigente, fu: «Assolutamente nulla».
Questa stessa domanda è lo stimolo di partenza per la ricognizione, precisa e insieme appassionata, che O’Malley compie della cultura occidentale, delle sue radici e della sua specificità. In una prospettiva originale e con una singolare capacità di sintesi, vengono individuati quattro grandi paradigmi culturali che si fronteggiano, si alleano, si contaminano lungo tutto l’arco della storia dell’Occidente. Quattro modelli che, come altrettante correnti, attraversano l’oceano della nostra tradizione consentendo di dipanarne e interpretarne le variegate espressioni, dal mondo classico all’avvento del cristianesimo, dall’esuberanza del Cinquecento alla secolarizzazione moderna e postmoderna.
La prima è la cultura profetica, quella di Isaia e Geremia, ma anche di Gregorio VII, di Lutero e, tra i moderni, dell’apostolo dei diritti civili Martin Luther King. È la cultura che parla alto e forte, che parte per le crociate e va al martirio, che non conosce compromessi e punta dritto a un futuro di libertà e giustizia. La seconda cultura è il suo contraltare immediato: è il mondo dei filosofi e degli scienziati, di Platone e Aristotele, dell’università e delle summae medievali, del Concilio di Trento e delle accademie scientifiche del Settecento. Privilegia il ragionamento, procede per prove e dimostrazioni.
C’è poi la cultura letteraria della poesia e della retorica, che accoglie anche l’attitudine pratica degli oratori e dei politici. È il modello umanistico, che realizza i suoi ideali nella lirica di Omero e Virgilio, ma insieme si preoccupa dell’educazione dei giovani e del bene comune; è la cultura della comprensione dell’uomo nelle sue mille sfaccettature, la cultura che accomuna attraverso i secoli Cicerone ed Erasmo, Molière ed Eleanor Roosevelt, Dante e il Concilio Vaticano II. Infine, c’è la cultura delle arti e dello spettacolo, che mette insieme Fidia e Prassitele, la musica e le cerimonie pubbliche, la liturgia e l’architettura barocca, la pittura sacra e la performance contemporanea. È la cultura del rito collettivo, dell’esperienza estetica, della bellezza fisica, materiale, ma insieme dell’incantesimo che trasporta in un luogo dove il linguaggio umano viene meno.
Nel disegnare il suo efficace ritratto della cultura occidentale, O’Malley ‘gioca’ con questi quattro modelli, mettendo a paragone situazioni storiche e personaggi esemplari e sottolineandone i momenti di rivalità e impermeabilità, ma anche di affinità e contatto. E infine ci invita a rileggere la nostra esperienza di uomini d’oggi, immaginando altri legami, altre combinazioni, per una comprensione sempre più stringente e consapevole della nostra storia e del nostro presente. Atene e Gerusalemme, lungi dall’essere incompatibili come le voleva Tertulliano, hanno insieme contribuito alla complessa architettura che chiamiamo Occidente. Sono la nostra eredità.
John W. O’Malley, gesuita, è professore emerito di Storia della Chiesa alla Weston Jesuit School di Cambridge (ma). Tra i curatori dell’edizione inglese dell’opera erasmiana, è autore di numerosi e pluripremiati saggi storici, tra cui, tradotti in italiano, I primi gesuiti (Vita e Pensiero 1999) e Trento e dintorni. Per una nuova definizione del cattolicesimo nell’età moderna (2005).
Un paradosso della storia della filosofia è il fatto che uno dei libri che l'hanno fondata non sia mai stato concepito come tale dal suo stesso autore. Questo volume, ridisegnandone la peculiare fisionomia storica, intende presentare le fondamentali questioni della "Metafisica" aristotelica, dalla polemica contro Platone e gli Accademici, alla dottrina dell'"essere in quanto essere", alla trattazione della "sostanza".
Il libro si presenta nella sua terza edizione ampliata e riveduta dall'autore: fin dalla sua prima apparizione contestava tradizionali dualismi e superficiali opposizioni. Per esempio tra formalismo logico e metafisica speculativa o tra semiotica empirica di tradizione anglosassone e pensiero ermeneutico continentale. Ponendo in modo radicale la questione della verità del segno e del linguaggio e articolandola in autori come Peirce e Nietzsche, Foucault e Derrida, il percorso del libro invita a considerare l'unità profonda del cammino della filosofia del Novecento. Nel contempo suggerisce nuovi orizzonti per l'elaborazione del significato e del senso, nuove figure possibili della verità.