Il tema della "passione" potrebbe essere il luogo centrale della differenza culturale fra oriente e occidente? Se la civiltà occidentale vede nella passione un'esperienza fondante, indispensabile sul piano affettivo, estetico o spirituale, l'oriente si mostra invece più diffidente, alla maniera della saggezza buddhista che invita a liberarsene per accedere al risveglio.
La fenomenologia francese contemporanea sta vivendo una felice stagione di ricerche e dibattiti grazie ad autori come Lévinas, Henry e Marion che le hanno impresso una curvatura teologica del tutto inattesa e finora mai tentata. Questo percorso è caratterizzato da un ‘ritorno ad Husserl’, cioè un esercizio di appropriazione della fenomenologia husserliana svincolata dall’ipoteca posta dall’ontologia di Heidegger. Rileggendo Husserl si individua come la fenomenologia realizzi la possibilità di un’effettiva apertura all’‘altro’ della filosofia, che può attestarsi solo se la fenomenologia husserliana si libera dei suoi presupposti metafisici, configurati nell’intenzionalità e nel primato della coscienza trascendentale. Invece le analisi husserliane sul tempo, la coscienza impressionale e la donazione, depurate da ogni valenza gnoseologica, costituiscono il punto di partenza per elaborare i percorsi originari con cui Lévinas introduce l’Altro della filosofia occidentale, ed Henry e Marion portano alla luce le verità del Cristianesimo. Radicalizzando i testi husserliani, tali autori costruiscono le proposte teoriche che, nella misura in cui pretendono di superare la metafisica moderna passando attraverso la fenomenologia, incrociano i percorsi dello stesso Heidegger e di Derrida. Il tournant théologique implica, quindi, una presa di posizione sull’essenza stessa della fenomenologia, ma anche sulla possibilità di elaborare una filosofia sul Cristianesimo radicalmente diversa rispetto ai percorsi tradizionali.
Vittorio Perego (Melzo, 1970), dottore di ricerca in Filosofia nell’Università Cattolica di Milano, ha studiato a Friburgo i.B. e a Parigi. Si è occupato del pensiero di Heidegger con il volume Finitezza e libertà. Heidegger interprete di Kant (Vita e Pensiero, Milano 2001) e ha tradotto La teoria dell’intuizione nella fenomenologia di Husserl di Lévinas (2002). È inoltre autore di diversi articoli sulla filosofia contemporanea, in particolare sulla fenomenologia tedesca e francese.
In questa conversazione con Silvia Ronchey lo psicologo e filosofo americano James Hillman celebra i "piaceri del pensiero, la passione delle idee, l'erotismo della mente". Sono i piaceri perseguiti con dedizione nel corso di una lunga vita operosa, che scorre davanti agli occhi del lettore in una sorta di autobiografia per immagini. E, guidato e stimolato da Silvia Ronchey, Hillman offre le sue riflessioni su alcuni temi centrali del suo pensiero: l'Anima del Mondo come organismo vivente che trascende la nostra individualità, il Daimon che ci mostra ciò che dobbiamo diventare, la vecchiaia come rivelazione del carattere, il mito come origine e spiegazione del mondo, la Bellezza e la Giustizia come unici scopi della politica.
"A causa della debolezza della natura umana si attribuisce, in genere, soverchia importanza a ciò che siamo nell'opinione altrui": profondo osservatore delle contraddizioni dell'animo umano, Arthur Schopenhauer analizza in queste pagine i tanti modi in cui i giudizi della società condizionano i nostri comportamenti. Con l'acutezza che lo contraddistingue, Schopenhauer sottolinea l'assurdità di molti dei pareri che spesso ci portano a modificare la nostra condotta e mostra come imparare a vivere guardando prima di tutto al nostro benessere, per condurre un'esistenza appagante e ritrovare così la serenità interiore.
Ciò che ci distingue in quanto esseri umani è la capacità di decidere e inventare azioni in grado di trasformare la realtà e noi stessi. Tale predisposizione, che si chiama 'libertà', è insieme condanna e fondamento di ciò che consideriamo la nostra dignità raziocinante. Per capire che cosa s'intende con 'libertà', dobbiamo pensare allora a ciò che significa e comporta la capacità di scegliere. In questo libro Savater delinea un'antropologi della libertà umana ed entra nel merito dei tipi di scelta da fare per affrontare meglio il nostro destino di uomini: la verità e il piacere, la politica e l'educazione civica, la tanto sottovalutata virtù dell'umanità in quanto tale e l'umile accettazione della nostra contingenza.
Un tentativo di rintracciare l'origine e l'evoluzione del concetto di negazione e le ragioni dell'"oblio del negativo" che ha caratterizzato il pensiero occidentale. Da Parmenide a Hegel, infatti, il concetto di negazione è stato immancabilmente ricondotto al positivo, rimovendone quindi il senso autentico di privazione, mancanza, assenza. L'autore riscopre i filosofi, gli scrittori e gli artisti che hanno saputo spingersi in prossimità del "tremendum" rappresentato dalla negazione, mostrando come, accanto alle grandi figure di Cartesio e Freud, anche Manritte e von Hofmannsthal abbiano saputo aprire un sentiero alternativo rispetto alla strada maestra imboccata dal pensiero occidentale.
Come capita ai filosofi, anche Salvatore Veca si è spesso sentito rivolgere la domanda: a che cosa serve la filosofia, di che cosa si occupa? Il professore ha replicato in dibattiti, interviste, lezioni universitarie, confrontandosi con le diverse posizioni sostenute nel tempo da altri studiosi. Ma un giorno la questione gli è stata proposta dalla nipote Camilla. A una bambina non si può rispondere con una lunga e dotta dissertazione; perciò il nonno si è impegnato a trovare un modo per spiegarle alcuni fra i grandi problemi che sono da sempre al centro della ricerca filosofica. Il risultato del suo lavoro è questo libro nel quale Salvatore Veca esplora, in agili scorribande, l'affascinante mondo abitato da Socrate e dal suo dan.
Gaston Bachelard (1884-1962), filosofo, epistemolo e critico letterario, si presenta nel panorama contemporaneo con una produzione insieme sorprendente ed originale: accanito difensore della ragione scientifica e dei suoi impegni normativi, colloca nel vivo della esperienza umana l'immaginazione, la réverie, con la sua assoluta libertà e creatività ontologica e linguistica. Articolato attorno a tre nuclei di fondo, storico-teorici allo stesso tempo la teoria epistemologica, la riflessione estetica e il confronto con le tradizioni di pensiero del '900 - il volume raccoglie i contributi, frutto di feconde giornate di confronto tra i maggiori studiosi del pensiero e dell'opera di Bachelard.
"La vita della mente" è una delle opere più importanti di Hannah Arendt, quella che avrebbe dovuto costituire il suo testamento filosofico, l'epilogo delle sue riflessioni. Rimasta incompiuta per la morte dell'autrice, l'opera è poi stata pubblicata a cura dell'amica Mary McCarty. Il libro avrebbe dovuto comporsi di tre parti, ciascuna dedicata alle facoltà spirituali fondamentali: pensare, volere, giudicare. La Arendt poté terminare le prime due; della terza rimane un abbozzo pubblicato in appendice.
I due saggi riuniti in questo volume sono le versioni rivedute di due articoli apparsi rispettivamente nel 1967 e nel 1963 e inseriti da Hannah Arendt nell'edizione americana del 1968 di "Tra passato e futuro". Il primo, scritto in occasione delle polemiche seguite alla pubblicazione del reportage sul processo Eichmann, investe quella caratteristica essenziale del totalitarismo che consiste nel fabbricare verità. Il secondo propone alcune riflessioni sul significato e sulle implicazioni della ricerca scientifica e della tecnica in un quadro teorico che è quello delineato in "Vita activa".