
Un volume che si propone di ripensare il rapporto tra filosofia e magia alla luce di una generale e radicale rilettura del loro senso originario. Una ricerca mossa dalla convinzione secondo cui l'attuale distanza che separa la filosofia dalla magia sarebbe dovuta all'oblio di ciò che i due ambiti sono stati e possono ancora essere, se ripensati oltre i luoghi comuni ormai anche troppo diffusi. La magia è stata sostituita dalla scienza e la filosofia è diventata puro gioco delle opinioni. Un libro che narra le vicende dei grandi maghi del passato e di quei sapienti che offrivano agli umani ciò che la filosofia ha continuato e potrebbe ancora continuare a offrire, come quando il filosofo e il mago erano figure in qualche modo sovrapponibili.
L’incontro tra culture diverse caratterizza le società democratiche nell’era della globalizzazione. La convivenza con gli stranieri pone ovvi problemi giuridico-politici; meno ovvio, forse, è il fatto che i vari tentativi di soluzione siano influenzati dal modo individualistico con cui la modernità ha pensato il soggetto. Lo si vede bene analizzando il concetto di confine: lo spazio concreto in cui l’individualismo moderno ha determinato la spaccatura fondamentale tra ‘noi’ e ‘loro’, assecondando l’illusione di poter fare a meno degli altri. Un confine chiuso, impermeabile alle differenze, sembra essere una china invitante per le moderne politiche multiculturali. La soluzione postmoderna, dal canto suo, appare poco convincente: cancellare i confini, vagabondare nel mondo senza il peso di un’identità da difendere, scongiura il rischio individualistico di escludere l’altro, il diverso; tuttavia, il culto dell’erranza senza meta rende altrettanto impossibile ‘fare società’.
Serve, allora, un’alternativa antropologica che valorizzi la relazione con l’altro come bene primario della soggettività in quanto umana. Infatti, solo a partire da un’etica della relazione è possibile pensare e attuare una politica di reale accoglienza: non un’apertura indiscriminata delle frontiere, o una generosità a senso unico, bensì l’attuazione di legami di riconoscimento che impegnano tanto chi dona quanto chi riceve nell’opera comune di ‘essere-insieme’. Un’opera che – non a caso – la Chiesa ha posto al centro del suo magistero sulla multiculturalità. È per questo che un multiculturalismo sensibile al significato etico del riconoscimento dovrebbe guardare con attenzione all’esperienza cristiana del confine. Non come rimedio spiritualistico, ma come indicazione antropologicamente pertinente. Ne potrebbe nascere una politica rinnovata, all’altezza del compito che l’incontro tra culture ci impone.
Paolo Gomarasca, DEA in Filosofia, dottore di ricerca in Filosofia, collabora al corso di Filosofia sociale e alla cattedra di Filosofia morale presso l’Università Cattolica di Milano. Tra i suoi lavori: Rosmini e la forma morale dell’essere (Milano 1998); Il linguaggio del male (Vita e Pensiero, Milano 2001); Libertà e colpa, in F. Botturi (a cura di), Soggetto e libertà nella condizione postmoderna (Vita e Pensiero, Milano 2002); Identità e differenze nelle politiche multiculturali, in V. Cesareo (a cura di), L’Altro. Identità, dialogo e conflitto nella società plurale (Vita e Pensiero, Milano 2004).
Una raccolta di tutti gli scritti del filosodo tedesco su Eraclito. Gadamer affronta il filosofo di Efeso con un metodo che unisce tensione ermeneutica e precisione filologica, offrendo non un ritratto erudito del pensatore classico, ma un'immersione nella "enigmatica esperienza del pensiero, che improvvisamente si desta e poi si inabissa nell'oscurità". Eraclito è una continua sfida interpretativa, per la tensione speculativa di un pensiero che si declina in formulazioni estreme, irriducibili a una lettura univoca e pacificata. Analizzando le riletture che del pensatore greco avevano offerto Platone, Hegel, Nietzsche e Heidegger, Gadamer traccia, inoltre, una sorta di percorso della filosofia occidentale.
Il volume è il primo di un'opera che raccoglierà in quattro volumi l'insieme degli scritti di uno fra i maggiori specialisti della logica e della dialettica di Aristotele.
Oggetto di un rinnovato interesse nel contesto della ripresa dell'intuizionismo in opposizione al riduzionismo naturalista imperante nella seconda metà del Novecento, le teorie morali di Ross sono oggi al centro del dibattito etico. In particolare, è la tesi dell'autoevidenza dei principi fondamentali della morale - ossia del loro darsi immediato, che non necessita di alcuna dimostrazione teorica o discorsiva - a esser stata ripresa da molti autori insieme al pluralismo normativo, ossia l'affermazione dell'esistenza di una molteplicità di doveri che interagiscono nella decisione sulle varie situazioni concrete.
Le lettere comprese in questo volume dell'"Epistolario" di Nietzsche illuminano un periodo della sua vita tanto fecondo quanto drammatico. Dopo le dimissioni dall'Università di Basilea per motivi di salute, il filosofo inizia la sua inquieta esistenza di "fugitivus errans" verso il Sud, nella ricerca ossessiva della "luminosità di un cielo sereno", la sola condizione climatica in cui egli sembra poter vivere e lavorare. Ma tra il 1880 e il 1881 domina un'atroce sofferenza fisica: Nietzsche si sente "come un animale alla tortura", sottoposto a una tensione quasi insostenibile.
Crisi della ragione, perdita del centro, decadenza dei valori: il nichilismo si è presentato a volte con il proprio nome, a volte sotto altre sembianze. Ma che cos'è propriamente il nichilismo? Da dove viene quest'"ospite inquietante" - come Nietzsche lo definisce - che si aggira ormai ovunque in casa nostra e che nessuno può mettere alla porta? Attraverso un'analisi storico-concettuale, Volpi risale alle radici del fenomeno, ne illustra il manifestarsi nel pensiero del Novecento e prepara una prospettiva 'oltre il nichilismo'.
Il libro ripercorre i vari gradi di realtà in cui l'uomo, definito soggetto biopsichico e psicosociale, è inserito, ma si riferisce anche alla eccedenza per la quale egli emerge dal mondo naturale in quello spirituale.
"Tutto, oggigiorno, nell'ambito delle idee come dei fatti, a livello della società come dell'individuo, è immerso in un generale crepuscolo. Ma di che natura è questo crepuscolo, e che cosa vi farà seguito?". A partire da questo interrogativo formulato da Victor Hugo, Jacques Derrida, in dialogo con Elisabeth Roudinesco, costruisce una rete di riflessioni articolata in nove temi - fra i quali, l'eredità culturale degli anni Settanta, il problema della differenza, il nuovo ordine della famiglia, l'idea di rivoluzione dopo la caduta del comunismo, la pena di morte - affrontati con l'audacia di un pensiero che, attraverso il confronto con l'attualità, rivela tutta la potenza eversiva dei propri fondamenti teorici.
Il saggio esplora alcuni temi della cultura medievale che ruotano intorno al concetto di finzione: una serie di prese di posizione tra anima e corpo, tra sensibilità e intelletto che mettono alla prova le filosofie aristoteliche e platoniche con gli argomenti della fede. La finzione poetica era rifiutata e, allo stesso tempo, esaltata: i Padri della Chiesa condannavano le "lacrime false" con parole di fuoco, ma soccombevano alle dolcezze della poesia latina classica. La "fictio iuris", procedimento del diritto romano, è ripresa dal diritto canonico, mentre la figura della "persona ficta" consentirà a Giovanni XXII di interpretare la regola di san Francesco contro la "lettera" e di attribuire all'ordine la possibilità di possedere beni materiali.
L'autore si diverte ad esplorare il confine fra astrazioni filosofiche e preoccupazioni quotidiane. Alla base del lavoro è il tentativo di affrontare la logica, matematica e filosofica, dalla posizione del traduttore che, attraverso un linguaggio accessibile a tutti e attraverso l'arma del comico e del paradossale, riesce a far percepire il lavorio e l'armonia del pensiero. Animato dalla volontà di restituire, attraverso il riso, il rigore del ragionamento e di "rimontare", passando per parabole e giochi di parole, le più ardue teorie filosofiche, l'autore usa massime e aneddoti come specchio dell'intelligenza umana e svela come dietro la risata dell'assurdo, si celi sempre una sequenza di snodi filosofici.
In quest'opera, che insieme alle tre Critiche è uno dei testi fondamentali del pensiero kantiano, il rapporto tradizionale tra religione e morale viene rovesciato: è la legge morale che ci impone di pensare Dio e non viceversa. Le forme storiche e istituzionali della religione non debbono dunque contrastare con la libertà postulata dalla legge morale; debbono invece avviare alla comunità etica, alla società ideale in cui è superato il male radicale che perverte la moralità dell'agire umano.