E' ancora possibile una filosofia della bellezza nell'epoca del bello artificiale, del selfie e dell'esposizione ostentata sui social media? Che posto e che ruolo ha la bellezza oggi in un mondo digitale, efficientista, ordinato secondo la dittatura delle emozioni immediate? L'autore indaga queste e altre domande fondamentali parlando del bello artistico anzitutto come negazione, ferita, promessa, attesa, nascondimento, indicibilità: il bello evoca infatti il silenzio, lo sguardo e l'ascolto. Una filosofia della bellezza oggi è dunque un tentativo di resistenza, un momento dialettico che apre varchi, spezza catene, genera alternative in quanto elemento di rottura e di rivolta. Essa si nutre della testimonianza viva di artisti come Pasolini, Magritte, Fontana, Rothko, Pollock e De Chirico. In quanto tensione infinita verso il possibile, una filosofia della bellezza si presenta pertanto come una filosofia della speranza, l'intrapresa di un viaggio pieno di mistero, l'incontro con un avvenimento imprevisto e imprevedibile.
Non solo per resistere alle strumentalizzazioni o alle sfide del neoliberismo, ma anche per rispondere a una crisi economica, politica, sociale, ambientale che appare come il frutto avvelenato di una modernità costituitasi sulla rimozione della vulnerabilità e dell'interdipendenza sociale. E sulle quali paradigmaticamente continuano a insistere, e a persistere, le teorie femministe contemporanee, alle quali questo libro è dedicato. Brunella Casalini è professoressa associata in filosofia politica presso il Dipartimento di scienze politiche e sociali dell'Università di Firenze.
La preghiera è, per il cristiano, come il soffio vitale: l soffio dello spirito, verrebbe da dire, anzi dello Spirito, senza il quale - seguendo San Paolo - neppure possiamo dire: "Abbà", "Padre". La tradizione orante della storia cristiana è, da questo punto di vista, un serbatoio di emozioni, di crisi messe in versi (talvolta nobilissimi anche dal punto di vista linguistico), di risoluzioni delle crisi stesse, di risalite dagli abissi, di ringraziamenti. Buona preghiera.
Quando qualcuno ci chiede chi siamo, rispondiamo con un racconto: si chiama storytelling. Oggi questo è vero più che mai, in quanto la tecnologia – smartphone, pc, social network – ci espone – sia attivamente che passivamente – a una narrazione costante e una costante rielaborazione della nostra identità. La narrazione accompagna la nostra vita e se da un lato ci aiuta a preservare la memoria, dall’altro rischia di sostituire la realtà, di occultarla, di impedirci di vedere le cose così come sono o di frammentarla. L’efficacia del racconto era nota già al mondo antico, da Aristotele a Sant’Agostino ed è da lì – passando per Heidegger e Leopardi – che Piccolo parte in un viaggio che arriva fino a noi, uomini immersi nell’era della comunicazione globale, per raccontare l’enigma dell’identità.
La filosofia pone domande, ma porre domande non è la cosa più importante, bisogna porre quelle giuste al momento giusto per avere risposte significative e corrette. La filosofia è un'impresa costruttiva in cui l'analisi delle domande aperte è il terreno preparatorio per il design di risposte soddisfacenti. La filosofia è necessaria per ripensare ciò che si può definire progetto umano. E la filosofia evolve come evolve l'umanità. Oggi l'indagine filosofica non può prescindere dalle tecnologie digitali che influenzano e formattano la nostra comprensione del mondo e la nostra relazione con esso. È in corso una rivoluzione, ma il discorso filosofico potrebbe non prendervi parte a meno di riavviare il sistema, proprio come si fa con un computer. Nell'era "onlife" la filosofia è necessaria per dare senso ai cambiamenti radicali prodotti dalla rivoluzione dell'infosfera, ma occorre che sia davvero buona filosofia per affrontare le grandi difficoltà che abbiamo davanti.
Il "Visnu Purana" è un poema enciclopedico tra i più amati e letti non solo in India, ma in tutto il mondo. Un testo per chiunque voglia capire la cultura vedica, la sua spiritualità, la sua storia e la sua mitologia. Presentato in forma di dialogo tra Parasara e il suo allievo Maitreya, nel "Visnu Purana" a si trovano riferimenti alla visione del divino (maschile e femminile) e a conoscenze scientifiche avanzate sul cosmo e sulla Terra. A conclusione dell'opera, un capitolo profetico è dedicato alla nostra era, ultima del ciclo conosciuto come Età Oscura, e rispecchia con incredibile verosimiglianza il degrado del tempo presente.
Il presente volume è redatto con lo scopo di presentare alcuni temi fondamentali della filosofia agli studenti ma a tutti gli interessati con un linguaggio semplice e comprensibile anche dai non addetti ai lavori. È diviso in sei capitoli, ciascuno dei quali si conclude con una Bibliografia essenziale sugli argomenti trattati. Meli affronta anche questioni storiografiche nodali come il rapporto tra cristianesimo e filosofia sia nel medioevo e sia al momento della nascita della scienza moderna. Analizza inoltre il pensiero e l’analisi del linguaggio da Frege in poi e il realismo semantico di Putnam. Si evidenzia anche il concetto di esperienza come luogo di “presentazione” dell’essere e punto di partenza della filosofia e tratta la questione del “finalismo” sia nell’applicazione «ai grandi interrogativi posti dagli sviluppi delle conoscenze scientifiche (origine dell’universo, della vita, dell’uomo; creazionismo versus evoluzionismo; rapporto spirito-mente-corpo; corretta valutazione della prospettiva del “disegno intelligente”) sia rispetto all’agire umano, perché senza una struttura teleologica è impossibile giustificare il comportamento morale» (dalla Prefazione di Mauro Mantovani, Rettore Magnifico dell’Università Pontificia Salesiana).
Vivere insieme nella città non è una scelta ma un destino, che da qualche tempo coinvolge la maggior parte degli abitanti del pianeta. Legato agli sviluppi della globalizzazione economica e tecnologica, questo fatto pone problemi nuovi agli urbanisti e a tutti noi. Come vivere insieme nella attuale città plurale, nelle grandi città-mondo che mescolano il sublime e il kitsch, la bellezza e l'orrore? Come fronteggiare la crescita inarrestabile delle disuguaglianze tra la città dei ricchi e la città dei poveri? Come favorire aggregazioni compossibili e risolvere questioni ambientali ed ecologiche di proporzioni mai conosciute? Domande ineludibili e problemi urgenti: la questione urbanistica è oggi la questione stessa del sapere.
Con il titolo Pensiero filosofico e teologico, Raimon Panikkar non intende avallare la dicotomia moderna fra filosofia e teologia , ma trascenderla. La teologia contemporanea non può sottrarsi alle congetture della critica moderna e, nel momento in cui diventa critica, deve essa stessa necessariamente avvicinarsi alla riflessione teologica. Per quanto la "fede" sia sovrarazionale, è l'intelletto umano che la accoglie, la manipola e l'interpreta. In altre parole, la critica della ragione teologica è ineludibile e imperativa. E questa critica non può che essere filosofica. La filosofia odierna, dopo i traumi delle due guerre mondiali, non può accontentarsi di operare solo analisi linguistiche e si trova ad affrontare problemi esistenziali che appartengono interamente all'ambito degli interessi teologici. I problemi ultimi dell'umanità, sia nell'ambito individuale che in quello politico ed ecologico, esigono soluzioni urgenti e non è corretto escludere risposte o problematiche perché non appartengono alla nostra sfera di specializzazione. Come Panikkar stesso afferma nell'Introduzione, "La filosofia è tanto la saggezza dell'amore quanto l'amore della saggezza. E un vero amore è non solo spontaneo, ma anche estatico, vale a dire non-riflessivo. Si è filosofi come si è innamorati: semplicemente capita". Il volume testimonia la ricerca amorosa dell'intera vita dell'autore, come mostrano i numerosi scritti qui riportati che coprono più di mezzo secolo.
Durante la stretta collaborazione che condusse alla stesura del Mulino di Amleto, Giorgio de Santillana e Hertha von Dechend raccontarono in varie conferenze le scoperte sensazionali che andavano via via facendo. Sepolti in sedi editoriali difficilmente accessibili, i testi di alcuni di quegli interventi sono ora qui raccolti, e consentono al lettore di gettare uno sguardo nell’incomparabile fucina di idee da cui uscirà la loro opera capitale: «l’importanza unica» di Sirio – la più luminosa delle stelle fisse, che per più di 3000 anni sembrò non essere affetta dalla Precessione degli Equinozi – nelle antiche civiltà di tutto il mondo, da Babilonia alla Grecia, dal Medio Oriente iranico all’India, dalla Cina alla Polinesia; il «sistema di misure normate» posto a fondamento della cultura superiore arcaica, dove lunghezza, capacità e peso, strettamente collegati, sono derivati dalle uniche misure «assolute» esistenti in natura: lo scorrere del tempo e gli intervalli armonici; infine, il «mutare delle mode in storiografia», a partire dal caso esemplare del soggiorno di Eudosso in Egitto. In un percorso dalle mille ramificazioni, queste pagine ci offrono una porta d’accesso a quel pensiero arcaico in cui il rigore della Scienza, fondato su numerus, pondus et mensura, parlava ancora il linguaggio tecnico quanto immaginifico del Mito – e contribuiscono a farci rivalutare « quei nostri remotissimi antenati che crearono proprio le civiltà superiori».
La pubblicazione, nel 1963, del libro di Hannah Arendt "La banalità del male" suscitò un dibattito incandescente, che turbò profondamente Arendt, anzitutto perché quel libro incrinò i suoi rapporti con gli amici e i sodali ebrei di un tempo, tra i quali Gershom Scholem. Ma quel dibattito dai toni accesissimi, che dagli ambienti accademici tracimò sui giornali e sui media del tempo, era destinato a lasciare un segno indelebile sul pensiero e sulla vita stessa di Arendt. Esso inaugurò un lungo e travagliato percorso speculativo che l'avrebbe condotta al capolavoro incompiuto "La vita della mente". La "questione ebraica", così come viene messa a fuoco attraverso il dibattito provocato da "La banalità del male", segna così una svolta radicale nel cammino di pensiero di Arendt e lascia affiorare una concezione assolutamente peculiare dell'ebraismo, distante anni luce dalle versioni allora dominanti, compresa quella difesa dallo Stato di Israele, una concezione che negli scritti arendtiani, fino ad allora, era rimasta sottotraccia.
Saggio breve. L'autore si interroga sulla necessità di riformulare tematiche filosofiche riguardanti l'identità, la forma, lo spazio interiore, la centralità, il diritto alla città.