Un dialogo tra pensiero antico e pensiero moderno, tra Occidente e Oriente: un «alfabeto» - e non «dizionario» - filosofico, perché l'elenco dei concetti proposti non si pone come premessa per giungere a una definizione conclusiva, ma come pretesto per mantenere aperto un campo di discussione e riflessione da parte del lettore. Un elenco esemplare di alcune idee che si sono formate e consolidate nella storia del pensiero, ma che continuano a dimostrarsi talmente feconde da rimanere aperte a sempre nuove interpretazioni prodotte da un lavoro filosofico inteso come sapere critico che non ha né sede né fine.
La vita postmoderna è, dal punto di vista morale, una vita in frammenti, governata da una profonda ambivalenza etica difficile da tollerare. Una forte crisi d’identità affligge l’Occidente contemporaneo, che brancola nel buio rispetto alle più urgenti questioni etiche. Oggi le persone credono ben poco nella possibilità di fondare una morale che possa funzionare da stella polare nell’orientamento delle nostre vite. Come riattivare, dunque, la responsabilità individuale in un mondo che ha perduto ogni riferimento? Per rispondere a questa domanda Bauman si rivolge alla filosofia di Emmanuel Lévinas, che ha messo al centro del proprio pensiero un’urgenza etica infinita destinata ad essere oggi di grandissima attualità. L’essere-per-l’Altro, il faccia a faccia con il volto dell’Altro, che assume varie forme (l’indigente, lo straniero, il migrante), sono concetti oggi più che mai necessari per offrire alla cultura occidentale nuovi strumenti per rispondere alla sofferenza umana, alla fragilità e alla vulnerabilità del nostro tempo.
In questo testo considerato ormai un classico, Heller analizza in modo radicale il ruolo e l’importanza della storiografia, al cui centro vi è il concetto di storicità inteso come condizione umana. Il libro esamina le norme e i metodi della storiografia da un punto di vista filosofico, e rifiuta con fermezza le generalizzazioni offerte dalla filosofia della storia come risposta ai problemi della contemporaneità. Criticando la tradizione filosofica che l’ha preceduta, la filosofa ungherese delinea una teoria della storia intimamente intrecciata all’etica, che pone al cuore del proprio dispiegarsi la responsabilità dell’uomo nei confronti delle proprie azioni. Un pensiero che è ancora così radicale da poter essere applicato a tutte le strutture sociali dei nostri giorni.
Marc Augé li chiama da sempre nonluoghi, riscontrando in essi un deficit di identità, di relazioni e di storia: sono le stazioni, i porti, i luoghi di confine, i treni e gli aerei. Sono luoghi di passaggio dove gli individui sono costretti a transitare per vari motivi, ma in cui non sono obbligati a tessere rapporti interpersonali. Per il filosofo, tuttavia, oggi il mondo intero è diventato un nonluogo. Di fronte agli schermi di tablet, cellulari e computer il tempo planetario viene percepito in accelerazione e, allo stesso tempo, ridotto a un puro presente che ci condanna all'ostentazione superficiale e all'oblio immediato. In questo presente segnato dalla velocità e dal potere dell'immagine, l'ordine sequenziale delle nostre esistenze risulta frammentato, trasmettendo la sensazione di disorientamento del viaggiatore d'affari, che passa da un albergo all'altro sentendo che la vita vera scorre altrove. Nell'individualismo passivo dedito al consumo di notizie, immagini e oggetti, promosso dalla mondializzazione di internet, il singolo è costretto a cercare da solo il senso della propria esistenza, vivendo, proprio per questo, una solitudine vertiginosa all'interno di una crisi profondamente relazionale e, quindi, sociale. Oggi il web ci da l'illusione di partecipare in prima persona al dibattito pubblico e di mostrarci agli altri per come siamo, in realtà ci trasforma da esseri fatti di corpo, reciprocità e parole in fantasmi digitali. La rivoluzione indicata in questo libro sprona a non accontentarsi di essere un apatico sguardo sul mondo in immagini: quello sguardo, da passivo che era, deve farsi attivo, diventando amicizia, fraternità, responsabilità e, forse, anche profezia.
Il Medioevo fu realmente un’epoca buia, barbara e priva di vitalità culturale, come spesso è stato descritto e considerato? Si tratta di un pregiudizio che, fin dal Rinascimento, ha bollato con un marchio quasi indelebile il periodo che va dalla dissoluzione dell’Impero Romano alla fine del XV secolo. La realtà storica è invece ben diversa e proprio la filosofia, in particolare quella cristiana, è in grado di illuminare questi secoli e svelarne tutta la ricchezza culturale. Alla sapienza dei medievali questo agile volume affida dunque un compito importante: far camminare il lettore contemporaneo al fianco di giganti del pensiero e della fede, come san Paolo, sant’Agostino e san Tommaso. I loro ragionamenti cristallini, la loro sincera ricerca della Verità e l’appassionata contemplazione della Somma Bellezza condurranno a dissolvere le tenebre di un’epoca considerata “oscura” e restituiranno al Medioevo la dignità e il rispetto che merita.
Testimone di numerosi conflitti che lacerano la Chiesa, l'Europa e il mondo nel corso del XV secolo, Nicola Cusano è alla ricerca della concordia. Crede che per realizzarla nella pratica, sul campo diremmo noi oggi, occorra coglierne i fondamenti filosofici, teologici, eterni. Nel "De pace fidei" egli mette in scena, in un dialogo lungo diciannove capitoli, i delegati della maggior parte delle nazioni allora conosciute. Essi si esprimono sulle loro religioni e i loro riti e grazie a ciò le loro controversie verranno risolte e non si dovrà ricorrere al conflitto. «Cesserà la guerra, il livore dell'odio e ogni male e tutti conosceranno che non vi è se non una sola religione, pur nella diversità dei riti». Il metodo utilizzato da Cusano nello svolgimento di questo testo delinea già le strutture della concezione moderna dell'homo religiosus.
Essere vegani non è né una moda, né una dieta. Essere vegani vuol dire, prima di tutto, abbracciare una filosofia. Perché chi sceglie di essere vegano ha deciso di non mangiare più dei «qualcuno» che la nostra società ha trasformato in dei «qualcosa» non solo per mettere fine a una barbarie, ma per salvaguardare l'architettura sociale, ambientale ed economica del nostro futuro. Tuttavia, nonostante questo stile di vita abbia alle spalle centinaia d'anni di riflessione sull'etica e l'ambientalismo, in molti oggi decidono di diventare vegani solo per nobilitarsi e sentirsi migliori degli altri. Ma per inseguire un vero cambiamento epocale è necessario un nuovo tipo di veganesimo, filosoficamente orientato e più integrato nella società. Lontano dal fanatismo e dal controllo militaresco dei frigoriferi, e più tollerante nei confronti di chi non ha ancora fatto questa scelta. Con Vegan Leonardo Caffo mette a disposizione di tutti noi un'originale riflessione filosofica che, vagliando i limiti e le risorse della pratica alimentare piú discussa, amata e odiata del nostro tempo, apre una finestra su un diverso mondo possibile.
Il libro, grazie alla pubblicazione in India della Collection Work of Mahatma Gandhi, compie un'analisi dei testi di Gandhi per ricavare i concetti-chiave di un nuovo tipo di economia e di società, disseminati in numerosi e regolari interventi su riviste e giornali. Successivamente, una lettura critica individua le linee-guida di una proposta che non resti legata a quel particolare periodo, ma si concretizzi nell'attuale contesto storico. Oggi è richiesta con urgenza la responsabilità di un impegno personale quotidiano, "dal basso", per una politica che intenda uscire dalla logica economicistica.
Il presente studio non intende tanto arricchire la sterminata letteratura erudita su Dostoevskij, quanto invitare il lettore a un dialogo con lui, nello spirito di un filosofo italiano, Luigi Pareyson, che gli ha dedicato pagine intense e profonde, sostenendo che non è possibile «parlare di lui senza parlare con lui». Attraverso i maggiori romanzi di Dostoevskij si segue il progressivo approfondimento dell'unico tema che gli interessava veramente, la lotta tra il bene e il male nel cuore umano. In particolare ci si concentra su uno dei testi più giustamente famosi, "La leggenda del grande inquisitore", incastonata in uno dei romanzi più filosofici, "I fratelli Karamazov".
“L’uomo è disposto a fare a meno della libertà. Ma è Dio, Dio non l’uomo, che non può e non è disposto a fare a meno della libertà dell’uomo. Dio ha bisogno della libertà dell’uomo e della libertà del mondo”. In questa frase si concentra Il senso della creazione, insieme a origine, scopo e motivi della filosofia di Nikolaj Berdjaev. Terminato nel febbraio del 1914, pochi mesi prima della guerra e tre anni prima della rivoluzione, quest’opera nasce proprio dall’esigenza di esprimere una via diversa da quelle indicate dal prometeismo rivoluzionario del marxismo e dal trionfo di un individualismo che separava spiritualità e giustizia sociale.
Una intensa riflessione sul dilagare della violenza nel mondo d’oggi: violenza politica, sociale, morale, religiosa. - Le radici morali e filosofiche della violenza viste come assolutizzazione della volontà dei soggetti, contro le norme morali e civili della convivenza.
Se la nascita e lo sviluppo del pensiero cristiano delle origini sono segnati dall’incontro con la filosofia greca, un protagonista di questo incontro, nel periodo fra il II e il III secolo, è Origene di Alessandria (185- 253 d.C.), il più autorevole teologo ed esegeta cristiano prima di Agostino. - Il libro mostra, con attenzione anche agli aspetti linguistici, come Origine si serva del pensiero antico, soprattutto del platonismo, per interpretare le Sacre Scritture e alimentare la riflessione sui contenuti della rivelazione. Una interpretazione che ha segnato la storia della teologia cristiana, occidentale e orientale. - Un libro, insieme di storia della filosofia e storia del cristianesimo, che apre nuove piste di ricerca.