«Il libro che avete tra le mani in questo momento non è quello che pensate. Se credete di leggere l'ennesima biografia di Jorge Mario Bergoglio resterete delusi. Questo non è un testo agiografico teso ad esaltare la figura o la personalità di Papa Francesco. Non si propone come un'analisi del suo pontificato, e certamente non pretende di offrire né interpretazioni della sua teologia, né considerazioni sul suo Magistero. Questo volume intende offrire al lettore una chiave di lettura della comunicazione del Papa innovativa e coraggiosa. Ci rivela delle sfaccettature insolite, sia dell'uomo Bergoglio come persona sia di Papa Francesco come personalità. A partire dai gesti. I gesti sono un linguaggio universale. Sono un richiamo a tutto ciò che ci unisce come esseri umani, in modo atavico, antico e antropologico. I gesti sgorgano dal più profondo della nostra memoria collettiva, scatenati da ciò che è più vero, più spontaneo e più intimo. I gesti sono autenticità. L'autore ha approfondito i temi della gestualità e dell'autenticità in occasione del corso di Paralinguismo della Pontificia Università Gregoriana di Roma, da me tenuto alcuni anni fa [...]». (Seàn-Patrick Lovett)
"L'invidia, tra i veleni dell'anima, ha una particolarità: intossica sia chi la prova sia chi ne è l'oggetto. Invidiare equivale a negare il proprio valore proiettando sul prossimo una cronica insicurezza, una mancanza di autostima e, in ultima analisi, l'assenza di una corretta lettura di ciò che stiamo vivendo. Un denso, illuminante viaggio nella profondità insondabile dell'animo umano, con il sostegno delle Scritture e della concreta esperienza pastorale sul campo. L'invidia stermina perché non tollera che un altro abbia qualcosa che io non ho. L'invidioso soffre sempre perché il suo cuore desidera la morte degli altri, quindi è sofferente." (Papa Francesco)
Gli antichi romani pensavano che, grazie alla qualità ideale del loro ordinamento giuridico, potessero mirare a realizzare una comunità umana universale. Anche i cristiani, avendo ricevuto un mandato da parte di Dio di riunire tutti gli uomini in un solo popolo, si trovavano con una missione universale in questo mondo. Come coordinare queste concorrenti pretese di universalità da parte dell’Impero e della Chiesa? In questo libro, il bizantinista Endre von Ivánka affronta questa domanda esaminando differenti concezioni di “impero” e di “popolo di Dio” in tre epoche storiche: la prima dall’ascesa dell’imperatore Augusto fino alla caduta dell’Impero d’Occidente nel 476; la seconda dall’affermarsi dell’Impero Bizantino fino alla sua caduta nel 1453. L’ultima considera gli sviluppi all’interno dell’ortodossia russa fino alla Rivoluzione d’ottobre. Secondo von Ivánka, le importanti differenze tra cattolici e ortodossi nella concezione del rapporto tra Chiesa e Stato sono da ricondurre più a fattori storici che a eventuali influssi culturali sui bizantini, estranei alla tradizione europea. Alcuni importanti eventi storici degli ultimi due secoli potrebbero inoltre accendere la speranza di un riavvicinamento dei due ambiti culturali e religiosi.
Descrizione di "BIBBIA IERI E OGGI (2019). VOL. 14"
• dossier tematico
• studi biblici
• bibbia e cultura
• Letteratura
• storia e archeologia
• argomenti esegetico-spirituali
• Proposta di arricchimento culturale sulle tematiche che attraversano la Bibbia
• Ricco apparato critico ed interessanti rimandi di approfondimento
• Brillante e diffusa iconografia
• Ogni fascicolo ha 64 pagine a colori
Destinatari
• Appassionati e cultori del mondo biblico
• Animatori di gruppi biblici
• Catechisti e insegnanti di religione
• Amanti della Bibbia e desiderosi di migliore comprensione
«Ama il prossimo tuo come te stesso»: è il comandamento evangelico forse più difficile da rispettare, oggi, in un Paese incattivito, dove i rapporti e la comunicazione sono dominati dall'aggressività, le porte delle case sono chiuse agli estranei, le donne e gli immigrati sono vittime frequenti di violenze verbali e fisiche. Dove l'inimicizia e le fratture si propagano anche all'interno della comunità dei credenti. Come uomo di Chiesa, Matteo Zuppi ritiene urgente affrontare la questione dell'odio, un sentimento che ci disumanizza e ci condanna alla solitudine. Tanto più se lo percepiamo come forza capace di proteggerci dalle minacce e ripagarci delle ingiustizie subite. Tessendo una riflessione in dialogo con scrittori, filosofi e teologi, attingendo a vicende storiche ed esperienze personali, il cardinale di Bologna si interroga sulle paure che alimentano l'ostilità e l'intolleranza. E indaga le conseguenze dell'individualismo sfrenato che induce le persone a idolatrare il benessere personale e le rende impermeabili alla sofferenza altrui, ma anche più fragili e incapaci di pensarsi in relazione agli altri. L'odio ha una capacità distruttiva spaventosa: non lo si può giustificare né tollerare. Bisogna rigettarlo. L'antidoto a questo veleno è l'amore. Non solo per i cristiani. Anche per i non credenti e i fedeli di altre religioni, l'unica risposta possibile è la fraternità. L'invito di Matteo Zuppi è una sfida: a ritrovare l'autentica solidarietà, intesa come forte partecipazione alla vita degli altri; a guardare al pluralismo religioso come un'opportunità per ritrovare le ragioni della propria fede; a promuovere l'accoglienza che difende e crea la vita; ad aprirsi all'amore, forza creativa capace di cose grandi, che costituisce la dimensione più autentica di ogni essere umano.
Paolo Ricca traccia la storia della confessione dei peccati attraverso i secoli e riflette su come la si potrebbe riportare a semplice mezzo di comunicazione dell'evangelo alle persone tormentate dal rimorso nonché su come si potrebbe ripensare il culto cristiano in modo che sia il luogo della festa del perdono di Dio invece del luogo di un'eterna penitenza. «La "confessione dei peccati" occupa il primo posto nel culto pubblico di tutte le maggiori chiese cristiane: subito dopo l'invocazione della presenza di Dio, si passa infatti alla dichiarazione, sia personale sia collettiva, della propria colpa e all'invocazione della misericordia di Dio. Ma il sentimento di colpa è davvero il primo da provare, ed esprimere, in presenza di Dio? Non sarebbe più logico provare stupore, gioia, gratitudine? Il culto cristiano non potrebbe, e dovrebbe, cominciare in altro modo? Come lo si potrebbe ripensare in modo che sia il luogo della festa del perdono di Dio anziché il luogo di un'eterna penitenza?».
"Siate certi sempre che Dio ci ama personalmente, per Lui non ha importanza la vostra età o la vostra cultura, non ha importanza nemmeno che cosa siete stati, le cose che avete fatto, i traguardi che avete ottenuto, gli errori che avete commesso, le persone che abbiamo ferito. Nella storia della Chiesa tanti santi sono arrivati alla santità attraverso delle esperienze dure e difficili. Papa Francesco, Lettera ai detenuti del carcere di Velletri, 14 aprile 2016 Trovo Dio più nell'odore dei poveri che nel profumo degli incensi nelle chiese. Trovo Dio più in un raggio di sole che in preghiere parolaie e confuse. Trovo Dio più in una mamma che abbraccia il suo bambino che in una catechesi sui vari significati dell'amore. Trovo Dio più nelle lacrime di un malato che in una conferenza sul dolore. Trovo Dio più in una carezza di un anziano che in una predica pesante e stancante. Trovo Dio più negli occhi pieni di luce di una persona semplice che nei pizzi, nei camici e nelle candele perfette di cera in una chiesa." (Fra Emiliano Antenucci)
In the present work the author studies how efforts at understanding the juridic relationship between the Apostolic See and the Eastern Catholic Churches over the past roughly five hundred years have led to the increased recognition of the juridic autonomy of those Churches. The work first focuses on the early jurisprudence concerning the binding force of papal legislation on Eastern faithful, highlighting an important though unapproved decision made by a particular congregation of the Sacred Congregation for the Propagation of the Faith in 1631, which declared that the popes did not intend to bind the subjects of the sees of the schismatic patriarchs by certain types of apostolic constitutions except in three particular cases. The work then reviews the jurisprudence of Pope Benedict XIV, who cited this decision three times in his writings; the events of the pontificate of Pope Pius IX, particularly those surrounding the First Vatican Council when the preconciliar commission on the Churches of the Eastern rite sought to suppress the praxis based on this decision; the period of the first codification of canon law, when this decision was reaffirmed in praxis; and, finally, the Second Vatican Council and the second codification period, when this decision became the basis for canon 1492 of the Eastern code. This study emphasizes the impact that the jurisprudence surrounding the 1631 decision has had on how the understanding of Eastern juridic autonomy has developed in the Catholic Church. It also shows how the current canonical norms impacting Eastern autonomy can be better understood in light of this historical development.
A dispetto delle lacune storiografiche sul tema, gli anni compresi tra la fine del XIX secolo e la Grande Guerra rappresentano una stagione di grande interesse per la storia della pedagogia cattolica. Oltre alla difesa di una visione educativa coerente con la filosofia e antropologia cristiana, l'impegno dei cattolici si dispiegò soprattutto in campo scolastico, nel tentativo di superarne l'assetto statalista e laicista. In parziale controtendenza rispetto ai decenni precedenti, le battaglie dei cattolici furono segnate, d'un lato, dall'ormai avvenuto riconoscimento delle prerogative governative in campo educativo e, dall'altro, dalla difesa dei diritti educativi della famiglia, dalla rivendicazione della presenza dell'insegnamento religioso nelle scuole pubbliche e dalla richiesta di una maggiore valorizzazione delle autonomie locali. Con l'obiettivo di lumeggiare i tratti della pedagogia che ne sostiene la militanza, il volume rilegge l'apporto al dibattito scolastico di alcune delle personalità più significative di quegli anni, come i vescovi Geremia Bonomelli e Giacomo Maria Radini Tedeschi, l'attivista e politico Nicolò Rezzara, il fondatore dell'Unione Pro Schola Libera, don Giuseppe Piovano.