Descrizione
«È tempo di rilanciare una nuova visione per un umanesimo fraterno e solidale dei singoli e dei popoli. Dobbiamo rimettere in primo piano la fraternità universale, seminata dal Vangelo del Regno di Dio. (...) La forza della fraternità è la nuova frontiera del cristianesimo».
È questo l'invito che papa Francesco rivolge non solo ai credenti ma a tutti gli uomini di buona volontà; appello urgente di fronte all'individualismo, alle paure, al rancore,ma soprattutto, di fronte alla globalizzazione dell'indifferenza.
Liberata dall’enfasi illuministica (libertà, uguaglianza, fraternità) e da una certa ovvietà che spesso la caratterizza tanto, da farla apparire scontata, la fraternità è da riscoprire come nome proprio della Chiesa.
La motivazione teologica fondamentale è insita nell'evento dell'incarnazione: porre Cristo e il suo vangelo - e non altri e altro - a fondamento delle nostre relazioni significa assumere quella mistica della fraternità che papa Francesco offre come «nuovo linguaggio profetico ed ecclesiale-kerigmatico». La fraternità diventa il punto di partenza che permette di rileggere nella sua ottica le relazioni con Dio e con gli altri: famiglia, comunità, Chiesa, creato, politica.
Sommario
Introduzione. La fraternità, perché? I. Sui sentieri della Scrittura. 1. La fraternità omicida: Caino e Abele (Gen 4,1-16). 2. La fraternità ricostruita: Giuseppe e i suoi fratelli (Gen 37–40). 3. Da «unigenito» a «primogenito»: la fraternità di Gesù. 4. Nel cammino della Chiesa. II. La fraternità mistica contemplativa. 1. Per una grammatica della fraternità. III. Per una Chiesa fraterna. 1. Dentro una fraternità «data». 2. Fraternità come ospitalità. 3. L’ascolto anima della fraternità. 4. Fraternità cristiana e compagnia degli uomini.
Note sull'autore
Antonio Mastantuono, presbitero della Diocesi di Termoli-Larino, vice assistente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana dal 2016 al 2019, è vice direttore di Orientamenti Pastorali, mensile del Centro di Orientamento Pastorale. Dal 2018 è consulente ecclesiale dell’Associazione cristiana artigiani italiani. Tra le sue pubblicazioni: La profezia straniera. Il perdono in alcune figure della filosofia contemporanea (San Paolo 2002).
Paolo Ricca e Giovanni Cereti propongono ai lettori - con ampiezza di argomentazioni - le loro ragioni a sostegno dell'ospitalità eucaristica in confronto dialettico con un ampio ventaglio di posizioni attraverso le quali il tema è sviluppato secondo la prospettiva cattolica, ortodossa, luterana, battista, metodista, valdese, avventista, anglicana e pentecostale e analizzato nelle sue implicazioni di tipo liturgico, dottrinale, pastorale e normativo.
Principio protestante e situazione proletaria è un chiaro esempio di pensiero militante, ovvero di una proposta teoretica impegnata nel difendere un'opzione sociale intollerante all'ingiustizia. Perciò il principio non rimane esterno al dramma della responsabilità, chiamata a destreggiarsi tra cinico realismo e speranza utopica. Tillich opera una critica filosofico-morale che accetta il rischio e l'ambiguità dell'azione politica. Banco di prova di questo esercizio è l'analisi della situazione proletaria, che muove dall'opzione umanistica, da una dottrina dell'uomo che riconosce come originario l'intreccio tra l'autocoscienza della propria singolarità e l'essenziale condizione sociale e politica dell'esistenza.
La storia della gioventù cattolica durante i lunghi anni Sessanta è indispen- Maria Bocci sabile per capire la contestazione studentesca. All'origine della solidarietà generazionale e della sollevazione simultanea dei ragazzi del Sessantotto ci sono infatti tensioni ideali pregnanti e capaci di creare orizzonti comuni di senso, tanto più presenti nelle fasce della popolazione giovanile collegate al mondo cattolico. Questa è la storia di una delle avanguardie più notevoli del Sessantotto italiano, gli studenti dell'Università Cattolica. Il volume ne segue le prospettive ideologiche e le dinamiche di sviluppo tra anni Cinquanta e Sessanta, grazie a un notevole apparato di documenti editi e inediti che permette una ricostruzione puntuale e complessiva degli eventi, suggerendo chiavi interpretative utili per capire come e perché i ragazzi dell'ateneo del Sacro Cuore hanno anticipato i tempi e hanno fornito reparti avanzati che nel '68 si sono collocati in prima linea.
In questo libro vengono proposte le famose 95 tesi sulle indulgenze e altri due testi fondamentali, scritti in tempi e circostanze diversi: De libertate Christiana e De captivitate Babylonica Ecclesiae.
Una presentazione di Sergio Quinzio, un’ampia nota biografica e copiose note rendono il volume accessibile a un vasto pubblico.
Le 95 tesi sulle indulgenze sono l’opera di un severo monaco agostiniano che era anche professore di teologia nella piccola e recente – nel XVI secolo – università di Wittenberg.
Egli viveva una religiosità di tipo medioevale. Non condivideva la crisi della religiosità tradizionale, tipica di una cultura rinascimentale che non gli apparteneva: era un uomo del passato e viveva la fede come i suoi antenati.
Si può dire che egli si trovò a essere l’inconsapevole elemento catalizzatore di un enorme fenomeno storico.
Affermando la libertà della fede da ogni imposizione dogmatica, Lutero fu anche un uomo del mondo moderno, in quanto espresse la fede nella sua purezza come aveva appreso dalla Bibbia.
Vuole la tradizione che il 31 ottobre 1517 Lutero (o più probabilmente i suoi studenti, addirittura all’insaputa del maestro) abbia affisso sulla porta della chiesa di Wittenberg, le 95 tesi in latino riguardanti il valore e l’efficacia delle indulgenze.
Proporre pubblicamente tesi da discutere apparteneva al costume accademico dell’epoca e Lutero intendeva infatti rivolgersi al mondo dei dotti e alle autorità ecclesiastiche, non indirizzare un manifesto all’opinione pubblica.
Ma la sua critica dilagò in tutta Europa e giunse fino a Roma, con le conseguenze epocali che tutti conosciamo.
Negli affreschi sistini numerose scene o figure della storia del popolo ebraico sono presentate come origine, o prefigurazione, della storia cristiana aperta dall'Incarnazione. Il ciclo degli Antenati di Cristo, dipinto sulle lunette e sulle vele della volta, svolge un ruolo essenziale nel connettere le due «età»: l'enumerazione dei patriarchi e dei re della stirpe di Abramo si conclude, in accordo con la genealogia proposta nel Vangelo di Matteo, col nome di Giuseppe, marito di Maria e padre di Gesù. La tradizione iconografica presentava solitamente questi patriarchi come venerabili figure maschili accompagnate dai loro discendenti; Michelangelo stravolge radicalmente le consuetudini figurative accostando, nelle lunette della Sistina, ai nomi degli antenati una straordinaria serie di famiglie immerse nella vita quotidiana: donne che accudiscono i loro bambini o intente ai lavori domestici, vecchi padri pensierosi o addormentati, personaggi erranti, uomini e donne in attesa.
L'emergenza sanitaria mi ha costretto a rivedere molte prassi pastorali e questa è una grazia. Da tempo sentivo che le pratiche pastorali vanno ripensate in questo 'cambio d'epoca'. Ma da soli non eravamo in grado di cogliere le opportunità di cambiamento. Occorreva uno scossone che venisse dalla vita, dalla storia; una crisi che aprisse una faglia nello scorrere ordinario di pratiche pastorali che proseguono per inerzia. Il Covid19 è stato questo scossone. E allora ho pensato di rileggerne alcune per cogliere possibili vie di trasformazione e di rinnovamento. Sono solo intuizioni, pensieri di un prete che vive in parrocchia, che esercita il suo ministero in mezzo alla gente senza rinunciare a pensare".
In questi testi, scritti tra il 1964 e il 1993, il grande studioso francese, instancabile 'viaggiatore' di differenti mondi interiori ed esteriori, delinea un itinerario appassionato alla ricerca di un modo nuovo di pensare e di vivere la singolarità dell'opzione cristiana. Il cristiano contemporaneo, egli dice, si ritrova privo di certezze cui poggiarsi, non ha più il facile appiglio di istituzioni e pratiche consolidate: una situazione che condivide con l'«uomo comune» che de Certeau ha messo al centro di tutta la sua opera, l'uomo ogni giorno posto di fronte alla sfida del quotidiano, comune ma mai banale, anzi creativo, unico e speciale nell'intercettare l'esperienza concreta, la vita. E allora, come può quest'uomo, questo cristiano, trovare e percorrere il «sentiero non tracciato» che lo porti a pensare la sua fede e a inserirla positivamente nella società in cui vive? Immaginando i mondi possibili a partire proprio dal reale in trasformazione che si offre ai suoi occhi, prendendosi il rischio dell'incontro con la povertà non solo fisica, ma soprattutto spirituale: povertà di luoghi di identità religiosa, psichica, sociale; povertà come carattere ormai distintivo anche del credente contemporaneo. Perché è a quel punto che la «debolezza del credere» mostra la sua forza, evoca gesti e parole nuove per dar carne alla fede nell'oggi, suscita quel desiderio insaziabile e quella speranza senza pari che ci salva, nello scorcio di Novecento di de Certeau come nel nostro tempo di transizione radicale. Riproposti qui in una nuova edizione italiana, questi testi diventano allora per noi parole profetiche provenienti da un'intelligenza abbagliante, da un pensiero incisivo che non fa sconti alle facili consolazioni e convenzioni del discorso religioso, ma va dritto all'essenziale. Al fuoco, alla passione che devono agitare l'esperienza di fede. Prefazione di Stella Morra.