
Non v'è ambito dell'esperienza moderna che non abbia ricevuto il contributo creativo e innovativo di studiosi, filosofi e teologi del giudaismo. Più che una storia degli ebrei-filosofi, questa è una sinfonia del grande contributo del giudaismo alla cultura occidentale e alla sua avventura intellettuale, scientifica e culturale: dalla Septuaginta e Filone d'Alessandria a Mosè Maimonide, dalla qabbalà alla modernità, passando attraverso il caso Spinoza e l'illuminismo ebraico, l'haskalà. Nell'età contemporanea assistiamo a un'esplosione di "pensieri ebraici" frutto della contaminazione con le diverse filosofie otto-novecentesche: dall'idealismo al vitalismo, dai nazionalismi all'esistenzialismo, fino alle più recenti scuole ermeneutiche e post-moderne. Ma questa è, al contempo, una storia delle idee ebraiche, del loro impatto sulle società nelle quali gli ebrei hanno vissuto e vivono, della loro vitalità etica e politica.
L'idea di messia nel pensiero ebraico antico e moderno subisce vari slittamenti semantici, di origine storica e teorica. Il teologo e l'ebraista, con le loro proprie tonalità, ne illuminano alcuni: dapprima si rintracciano i nomi del messia - da quello personale e mistico-escatologico a quello collettivo incarnato nell'età messianica e in Israele - attraverso la Bibbia e le fonti giudaiche (midrash, Talmud, chassidismo, Illuminismo ebraico e sionismo); poi, in chiave fenomenologica, si delineano possibili percorsi, per così dire, messianici nella filosofia, nella musica, nella letteratura. D'altra parte, il messia, architrave che unisce e divide ebrei, cristiani e musulmani, si presta a una riflessione non solo religiosa e spirituale ma esistenziale: nella coscienza del tempo - quale appare nel Qohelet ma anche nella letteratura europea più secolarizzata - irrompe la dimensione dell'attesa, capace di porre domande anche a un non credente.
Il volume raccoglie tutti i saggi che Jacob Taubes ha dedicato a Gershom Scholem o a temi strettamente affini al suo ambito di studio, nonché quanto resta della corrispondenza tra i due, cioè le lettere che Taubes scrisse a Scholem dal 1947 al 1979 e le risposte di Scholem, che segnano la loro drammatica e irrevocabile rottura.
In questo secondo volume della sua monumentale opera di ricostruzione della presenza ebraica in Italia, Riccardo Calimani ripercorre i tre secoli cruciali che vanno dall'espulsione degli ebrei dalla Penisola iberica e da tutti i domini spagnoli (1492) alla Rivoluzione francese (1789) e all'Impero napoleonico, fino alla Restaurazione di inizio Ottocento. Una storia contrassegnata da una radicale redistribuzione territoriale degli insediamenti ebraici e, dal punto di vista politico e religioso, dalla poderosa influenza dell'Inquisizione e dai rigori della Controriforma. Lungo i tre secoli raccontati un gruppo esiguo di individui fu sempre al centro di eventi storici epocali, nel doppio ruolo di vittima predestinata e di attivo protagonista della vita culturale ed economica del nostro Paese, ai suoi primi passi verso la modernità. Un'avventura, quella della comunità ebraica italiana, irta di pericoli e di contraddizioni, ma che rivela una sorprendente e insopprimibile vitalità.
Composti fra il VII e il X secolo, il Trattato maggiore e il Trattato minore sulla condotta mondana testimoniano l'eclettismo della letteratura sapienziale dell'ebraismo rabbinico. I due scritti raccolgono un breve ma eloquente assortimento di tradizioni, sia originali sia attinte alle maggiori fonti normative ed esegetiche della tarda antichità ebraica, con le quali si mirava a istruire l'aspirante rabbi in materia di etica e in faccende di etichetta. Nei due testi rabbinici, ai dettami inerenti alla condotta religiosa e scolastica del perfetto «discepolo dei sapienti» si accompagna una precettistica minuziosa che tocca ogni ambito della vita sociale e quotidiana, dal focolare domestico alla piazza del mercato, dalla tavola del convivio ai bagni pubblici - a dimostrazione che l'uomo formato allo studio della torah deve distinguersi anzitutto per educazione e buone maniere. Il volume curato da Ilaria Briata fornisce la prima versione italiana dei due trattati Derek eres rabbah e Derek eres zuta. La traduzione è corredata di un commento filologico approfondito ed è preceduta da un esame della storia redazionale dei testi e della loro collocazione nel quadro della formazione della letteratura di galateo nel medioevo europeo.
Dalla quarta di copertina:
È possibile trovare una via d’uscita alla chiusura paradigmatica del logos occidentale, andare oltre l’idea auto-fondativa ed auto-referenziale della ragione che permetta di riscoprire il senso dialogico e relazionale della filosofia come incontro non polemico e non fagocitante con la verità dell’altro, che aspira ad essere esperienza viva e concreta di com-partecipazione delle rispettive “porzioni” di verità? È possibile riscoprire tale alterità come cifra essenziale della spiritualità ebraica e cristiana, come loro punto di incontro e svolta verso un pensiero della responsabilità per l’altro, antecedente ogni libertà e oltre ogni reciprocità,che funga da sprone per la ri-affermazione del valore etico dell’umano e la costruzione di rapporti autentici che ci facciano sentire non “monadi” isolate in balia degli eventi, ma individui che, proprio non nella consapevolezza di vivere tempi incerti e inquietanti, provino a ri-scoprirsi se non “fratelli”, almeno com-partecipi di un comune destino d’erranza?
Sull'autore:
Guido Bianchini laureato all’Università di Salerno. Da allievo di Vincenzo Vitiello ha approfondito il pensiero paolino e la questione del cristianesimo storico nella modernità e nel dibattito contemporaneo tra filosofia e teologia. Le sue recenti ricerche vertono sul problema teoretico ed etico dell’alterità nei pensatori della “modernità ebraica” come possibile punto di incontro con il cristianesimo. Tiene seminari di pensiero ebraico moderno presso lo Studio Teologico “Madonna delle Grazie” di Benevento.
Da «abba» a «Zohar», da «alleanza» a «zeloti», da «cabala» a «kasher», da «ghetto» a «patriarca» le parole essenziali per comprendere l’ebraismo.
Note sull'autore
Nelle sue pagine, Arendt intende offrire un volto alternativo della condizione ebraica nella modernità, attraverso le figure di Heinrich Heine, Bernard Lazare, Charlie Chaplin e Franz Kafka. Esse costituiscono, in maniera paradigmatica, la "tradizione nascosta" di quegli ebrei che avrebbero preferito restare degli emarginati, degli Aussenseiter, o, per riprendere la categoria di Max Weber che offre il titolo al saggio, dei paria - più o meno consapevoli - piuttosto che diventare dei "nuovi ricchi" integrati e conformi ai dettami della società, ovverosia dei parvenus. Paria e parvenus rappresentano, nella teorizzazione proposta da Arendt, due poli contrapposti e sovente confliggenti dell'emancipazione e dell'assimilazione ebraica - reperibili, nella fattispecie, nella storia dello Stato prussiano, e nel suo concedere (e quindi sottrarre) diritti "umani" all'ebreo, a patto che questi rinunci al proprio ebraismo. Rifiutando una simile offerta, il paria vive una libertà irriverente e paradossale. Essenzialmente "fuori luogo", posto ai margini della società, egli non accetta di abiurare e di rendersi così indistinguibile dalla medesima, testimoniando in tal modo la propria insuperabile alterità ebraica.
In questo suo libro ormai classico, J. Alberto Soggin delinea, con fresca chiarezza, un quadro singolarmente affascinante delle istituzioni religiose e sociali, delle feste, dei rituali e delle cerimonie principali di Israele in epoca biblica - dalle origini alla seconda rivolta contro Roma -, inserendolo, in rigorosa prospettiva storica, nel contesto del Vicino Oriente.
Se è vero che Gesù si è formato nella Sinagoga e che nel quadro del culto sinagogale egli ha inserito l’annuncio della sua messianicità, se è vero che gli evangelisti hanno pregato e ascoltato le letture sinagogali prima di redigere i Vangeli, sarebbe davvero sorprendente se nessuna traccia di questa formazione giudaica non fosse sopravvissuta nei testi. La liturgia è conservatrice per natura. I testi delle preghiere ci sono pervenuti in diverse versioni e l’accostarsi ad essi presenta i problemi comuni a tutti i testi antichi; è necessario dunque scrutarli, se si vuole approfondire lo sfondo culturale del Nuovo Testamento e della Chiesa primitiva.
Se l'odio per gli ebrei e il giudaismo segna la civiltà occidentale fin dai tempi dell'Impero romano, l'ideologia e la politica antisemita sono un fenomeno che si sviluppa nel corso dell'Ottocento, in particolare nell'Europa centrale. È questo antisemitismo moderno a sfociare tragicamente nella Shoah. Oggi, il rischio di un ritorno dell'antisemitismo sta nella ripresa dei nazionalismi esclusivisti, che non tollerano e negano le differenze.
Fra i documenti del Vaticano II, "Nostra Aetate" è quello che ha rappresentato un esempio di ricezione accrescitiva: non solo ha rovesciato la catechesi del disprezzo, ma ha aperto una via nella quale sono passati sia i rapporti teologici fra chiesa ed ebraismo, sia i rapporti politici fra Santa Sede e Stato di Israele, sia le occasioni di scambio culturale e accademico. Questo libro dà il senso di quanto sia stato lungo e fecondo il cammino che da "Nostra Aetate" ad oggi ha trasformato le relazioni fra Israele e la Chiesa e offre sia allo studioso sia al lettore un accesso a quei documenti così recenti e così importanti che gettano le basi per un cinquantennio di fraternità e speranza (Alberto Melloni). Il volume - che raccoglie studi e documenti, in inglese e in italiano, ed è corredato da un inserto fotografico a colori - è frutto della collaborazione tra l'Ambasciata d'Israele presso la Santa Sede e la Pontificia Università Urbaniana.