Le parashot di Vaiqrà (Levitico): in questo volume sono contenute e spiegate nei minimi particolari, le norme legate al Santuario appena edificato e quelle che devono osservare i Kohanim. Perciò questo libro è chiamato anche Toràt Kohanim. Sono illustrati le offerte e i sacrifici da fare in segno di riconoscenza, pentimento, devozione, omaggio e ringraziamento al Creatore del Cielo e della Terra, sostituiti oggi, che il Bet ha Miqdàsh non c'è più, dalle preghiere. Accanto alla figura di Moshè, infaticabile conduttore del popolo e portavoce delle norme (mitzvòt) da osservare riguardo alla kasherut, allo shabbat, alle feste e a tutte le altre occasioni, vedremo delinearsi la figura del kohen gadol e degli altri kohanim, i sacerdoti. Ad essi il compito di accompagnare il popolo con la loro saggezza, il loro esempio ed il loro impegno; valuteranno i comportamenti di ognuno cercando sempre di creare un'atmosfera di armonia nella comunità in cammino; faranno da giudici e da guide per indirizzare i figli d'Israele verso abitudini e azioni corrette perché divengano un popolo Santo come Santo è l'Eterno. Età di lettura: da 9 anni.
Il grande Rabbi Yehudah soffrì per tredici anni poiché non aveva avuto compassione di un vitello portato al mattatoio. Ma poi fu risanato perché, citando un salmo sulla misericordia, salvò delle piccole donnole.Perché la compassione si dispieghi occorre che trovi almeno tre compagni di cammino. Ci deve essere sommovimento di viscere, vera vicinanza e la presenza di un positivo senso di colpa. Se siamo impassibili e guardiamo con distacco la sofferenza altrui, il cuore non è mosso a compassione e restiamo freddi, non compassionevoli, perché nessuno può essere coinvolto se resta distante.Una riflessione su tre radici verbali della lingua ebraica consente di approfondire il tema. La prima è connessa alle viscere o più specificatamente all'utero, la seconda all'abitare e la terza è legata a un'ambivalenza profonda poiché significa tanto pentirsi quanto consolare. Se non si avverte come sperequazione inaccettabile e ingiustificata il confronto tra la propria salute e la malattia altrui, tra la propria pienezza e la mancanza inscritta nella vita del nostro prossimo, tra la propria gioia e la tristezza dell'altro, tra la propria fiducia e l'altrui disperazione non si è mossi ad autentica compassione.
In questo studio, Thomas Kaufmann analizza l'antisemitismo di Lutero nell'ottica di una solida storicizzazione che ne mette in luce tanto la trasversalità tra i cattolici e gli umanisti del suo tempo quanto l'articolata ricezione e le ripercussioni nei successivi cinque secoli, con particolare riferimento al periodo nazionalsocialista. Poco affrontato in Italia, l'antigiudaismo di Lutero, che negli anni prese tratti via via più estremi e toni più polemici, resta un tema su cui - anche visto l'utilizzo forzato dei nazisti di parte dei testi del Riformatore per avallare l'antisemitismo eliminatorio della Shoah - è imprescindibile confrontarsi. In questo saggio, Thomas Kaufmann sceglie di affrontare il tema attraverso la chiave di una fondata storicizzazione, inserendolo nel contesto in cui Lutero visse, nonché la chiave dell'influenza e della ricezione, perlopiù selettivamente mirata, dei testi del Riformatore nel corso dei secoli. Una storicizzazione non certo per giustificare, ma per comprendere e rapportarsi all'eredità di Lutero 500 anni dopo. "La storicizzazione del Riformatore di Wittenberg è l'unica forma adeguata di critica." (Thomas Kaufmann) Prefazione di Daniele Garrone.
Tutti sanno chi era Paolo di Tarso, pochi invece conoscono il suo contemporaneo Yohanan ben Zakkai. Eppure entrambi, a modo loro, hanno dato l'avvio a una nuova religione, e entrambe queste religioni (cristianesimo e ebraismo moderno) sopravvivono ancora oggi. Nel I secolo d.C. Yohanan era nella Gerusalemme assediata dalle armate di Tito. Poco prima dell'attacco romano riuscì a scappare dalla città e a farsi ricevere dall'imperatore, al quale chiese il permesso di istituire una scuola nel "vigneto di Yavneh". Tito glielo concesse, e fu così che iniziò a svilupparsi l'ebraismo dei rabbini, il quale, modificato nei secoli, è di fatto quello di oggi. Il nucleo di questa dottrina è una quasi infinita serie di discussioni tra saggi, durata cinque secoli, nella quale quasi sempre contano più le domande e le argomentazioni che le risposte. Quando questa immensa tradizione orale venne messa per iscritto, divenne il Talmud: 37 volumi di dispute serrate tra saggi rabbini praticamente su ogni cosa. Scritto in due lingue (ebraico e aramaico), con uno stile tutto meno che lineare, il Talmud (nelle sue due versioni, babilonese e palestinese) è oggi considerato una delle opere più complesse che esistano e il fondamento stesso dell'ebraismo. La sua storia è un tutt'uno con la storia degli ebrei.
Dalla cacciata di Adamo ed Eva dal giardino dell'Eden al paese dei tonti, dagli angeli caduti per la loro presunzione alle peregrinazioni delle dieci tribú perdute, dalla saggezza di Salomone e del giovane Abramo al gigantesco Golem di Praga. Il concetto di mito sembra non avere nulla a che fare con l'ebraismo e con l'idea di un unico Dio creatore. Eppure la tradizione d'Israele è ricca di racconti che ne hanno il sapore. Il mito ebraico forse sta proprio nell'insieme di questi infiniti racconti, attraverso i quali ha preso e prende ancora forma l'immaginario di un popolo. Elena Loewenthal ci accompagna alla scoperta di quell'oceano profondissimo che è la parola d'Israele, alla ricerca di quanto in essa c'è di mitologico. Storia dopo storia, leggenda dopo leggenda veniamo condotti nell'universo della tradizione ebraica, tra luoghi fantastici, personaggi affascinanti e sogni misteriosi.
«Abramo abbassa il braccio. Isacco sgrana gli occhi che, vogliamo pensare, ha tenuto chiusi fino a quel momento, perché come si fa a chiedere a un bambino di tenere gli occhi aperti mentre suo padre lo sta per uccidere sopra un altare? Tutto tace intorno a loro e non solo lassú: in quel momento il mondo intero ammutolisce, incredulo e disperato. Un istante dopo quella eternità brevissima nel tempo ma interminabile nel cuore si ode un belato provenire da dietro la solita ginestra spoglia. È il capro che Dio ha creato alla fine del sesto giorno, al crepuscolo della creazione, apposta per questa occasione. È il capro espiatorio che Abramo sacrificherà al posto del figlio. Da allora, nel giorno di Kippur la melodia lenta e penetrante dello shofar - strumento musicale ricavato dal corno di un capro - risuonerà in tutte le sinagoghe del mondo per ricordare agli uomini, ma soprattutto a Dio, il merito d'obbedienza che Abramo ha dimostrato, e che va a credito di tutti coloro che sono venuti dopo di lui nella catena delle generazioni».
Questo saggio offre un’originale sintesi del percorso di riflessione che, come non-ebreo ai piedi del Sinai, l’autore ha maturato mettendosi alla scuola di Israele e dei suoi maestri. Una riflessione che lascia trasparire la formazione filosofica dalla quale proviene, senza tuttavia mai tradire l’argomentare rabbinico che rimane per lui lo strumento di indagine privilegiato, in grado di cogliere nei testi della tradizione particolari talvolta quasi impercettibili ma capaci di dare nuova luce – spesso inaspettata – a personaggi e narrazioni.
L’obiettivo è rimettere a tema il rapporto tra parole e cose, tra parole e realtà. Si tratta di una esplorazione libera, alla ricerca della parola che “manca” per poter parlare di ciò che “precede” qualsiasi tentativo di definizione, nella continua ricerca di approfondimento di tematiche di MATERIA ebraica che da molti anni lo appassionano.
Perché Hitler odiava gli ebrei? Quando è nato l'antisemitismo ? Che cosa sono I Protocolli dei Savi di Sion? Esiste un "business della Shoah"? Abbiamo il diritto di criticare lo stato di Israele? E l'antisionismo si può considerare una forma di antisemitismo? Il breve libro non esita a fare le domande più scomode smontando, con chiarezza e semplicità, malintesi, trappole e teorie del complotto. Una guida per capire le radici dell'odio antiebraico e uscire dalla logica del pregiudizio e della violenza.
Del libro profetico di Giona, contenuto nella Bibbia ebraica e cristiana, fa eco la domanda che Dio rivolge al profeta: "non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra?". L'incapacità dei pagani di discernere fra bene e male rinvia al tema della giustizia, che sta alla base dell'ebraismo. Attraverso il commento a questo libro biblico, la riflessione sui concetti di giustizia e colpa, sulla dimensione messianica, sul tema della lamentazione, e l'esposizione delle "novantacinque tesi" su ebraismo e sionismo, i cinque testi (1917-1923) di Scholem qui raccolti fungono da guida per comprendere l'essenza del giudaismo. Pagine che fanno luce sulla prospettiva teologico-filosofica dell'autore, che conduce dall'analisi delle fonti e della storia ebraica allo studio della Qabbalà, la sua fondamentale tradizione mistica.
Cinquecento anni fa, il 29 marzo 1516, il Senato della Serenissima Repubblica di Venezia deliberò che gli ebrei di diverse contrade cittadine si trasferissero "uniti" (cioè tutti) nella corte di case site in Ghetto, presso San Girolamo. Nasceva così il primo "recinto degli ebrei". Si trattava in origine del "geto de rame", il luogo in cui venivano riversati ("gettati") gli scarti della lavorazione delle fonderie presenti nella zona. Nel corso dei secoli, e su tutti i continenti, questa parola veneziana sarebbe presto diventata sinonimo di segregazione. Nato come misura di confinamento, il Ghetto diviene in breve un luogo effervescente e cosmopolita, che accoglie gli ebrei provenienti dai luoghi più diversi, oltre a rappresentare uno dei centri di commercio fondamentali della Repubblica veneziana. La struttura architettonica delle sue case, inusuale per Venezia - con i suoi caseggiati stranamente sviluppati in altezza per far posto al numero crescente di abitanti confinati nel luogo -, si intreccia alla vicenda storica del luogo, decisamente centrale per l'Italia e per l'Europa. Qui sorgono i banchi di pegno dai quali passerà buona parte del prestito di denaro della potenza lagunare, ma nel Ghetto non mancano le professioni liberali e la cultura, che fanno di Venezia una delle capitali indiscusse del mondo ebraico e non solo.
La realizzazione del Progetto Talmud è resa possibile grazie al finanziamento del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Il Progetto Traduzione Talmud Babilonese è una Società consortile a responsabilità limitata (Searl) con soci il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane - Collegio Rabbinico Italiano.
L'anima della vita è una delle più grandi opere dell'ebraismo moderno. Opera fondamentale della cabala, è un'introduzione magistrale alla mistica ebraica, ricondotta alle sue origini bibliche e talmudiche. L'autore riesce a far dialogare la cabala e il cassidismo, ponendo in una sintesi equilibrata la preghiera e lo studio della Torah, illuminando i segreti dell'essere umano e la sua ricerca di Dio. Offriamo qui, per la prima volta in italiano, la traduzione del Primo portico che dà il titolo a tutta l'opera.
Nel dossier di questo numero viene posta la questione della rappresentazione di Dio nell'arte. Perché alcune tradizioni rifiutano ogni rappresentazione divina e altre la incoraggiano? Si passano in rassegna la tradizione giudaica che propone risposte paradossali, il cristianesimo orientale che ha fatto dell'icona una teologia, il cristianesimo occidentale diviso tra cattolicesimo iconofilo e riformismo iconoclasta, la tradizione musulmana nelle sue differenze sunnite e sciite. E infine la questione dell'arte contemporanea di fronte alla rappresentazione di Dio, con le sue interpretazioni e le sue provocazioni. Completano il numero le consuete rubriche di "Studi Biblici" e "Bibbia e cultura".