
Si può parlare di una dimensione psicologica dei personaggi biblici, oppure una tale denominazione potrebbe sembrare avventata? Certamente nella Scrittura, sia nel racconto che in versi, è viva un'attenzione a quanto alberga nell'interiorità umana e divina. Pertanto, anche il lettore di oggi, a distanza di più di due millenni, può rileggere sé stesso nel testo perché alcune dinamiche in esso presenti si rispecchiano nella propria vita. La distanza storica, culturale e sociale è in parte colmata dal comune retroterra umano che permette di interpretare quei movimenti interiori che ricorrono a latitudini e in tempi differenti. La paura, l'angoscia, la tristezza, la gioia, la gratitudine, per esempio, pur esprimendosi diversamente in contesti distinti, fanno parte dell'esperienza profonda dell'uomo in tempi e in culture lontani tra loro. Così ciascuno può trovare nella Scrittura le parole per esprimere ciò che pensa e ciò che sente. Questo studio legge i testi biblici anche attraverso l'ausilio degli strumenti dell'analisi narrativa, per far luce su quegli elementi della dimensione interiore che emergono nelle pagine della Bibbia ebraica. Il percorso proposto procede alla scoperta della ricca caratterizzazione dei personaggi biblici.
Con questo Frédéric Manns - considerato uno dei maggiori esperti del Nuovo Testamento e del Giudaismo - non si propone di scrivere una biografia di Gesù in senso «storico-critico»; il suo scopo, piuttosto, è di ricollocare i Vangeli nel loro contesto originale. Sottolineare l'ebraicità di Gesù (Yehoshuà') può sembrare superfluo a qualcuno, ma molti cristiani sembrano ancora ignorare questo dato di fatto e restano così culturalmente estranei alle proprie radici. Yehoshuà nasce nella Palestina controllata dai romani. La sua predicazione si svolge in un periodo in cui Israele, che pure subisce il fascino della civiltà ellenistica, è agitato da sussulti messianici: nella società dell'epoca è particolarmente diffusa, a tutti i livelli, la speranza di un intervento divino che liberi il paese dalla dominazione straniera. Di fronte alle opere e alle parole del giovane maestro nazareno, gli ebrei reagiscono talvolta con entusiasmo, talaltra con scetticismo. È un profeta? È il messia? O è semplicemente uno dei tanti impostori ed esaltati che si manifestano in quel tempo di tensione politica e spirituale? Con un ritmo incalzante, il racconto di padre Manns rievoca la vita di Gesù sullo sfondo dei riti, delle speranze e delle delusioni degli ebrei del I secolo, senza trascurare i dubbi dei discepoli, l'ambiguità dei saggi, e la crescente diffidenza delle autorità nei confronti del rabbi galileo, fino al dramma del suo arresto e della sua crocifissione.
Il presente volume raccoglie i contributi del Corso di aggiornamento per gli Insegnanti della Religione Cattolica nelle scuole di ogni ordine e grado, promosso dall'Istituto Superiore di Scienze Religiose di Assisi, e dedicato al tema Democrazia e teocrazia nei testi sacri e nelle tradizioni dell'Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo (Assisi, ottobre 2019). Al di là della lunga storia dei due concetti i contributi offerti cercano di mostrare l'attualità delle tematiche e i numerosi risvolti che hanno nell'ambito del contesto storico attuale.
Il presente volume raccoglie i contributi del Corso di aggiornamento per gli Insegnanti della Religione Cattolica nelle scuole di ogni ordine e grado, promosso dall'lstituto Superiore di Scienze Religiose di Assisi, e dedicato al tema Il maschile e il femminile nei testi sacri e nelle tradizioni dell'Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo (Assisi, ottobre 2018). Il Corso ebbe un notevole successo non solo per la competenza degli studiosi che parteciparono, ma grazie anche all'universalità e all'attualità del tema portante, il maschile e femminile nelle diverse tradizioni religiose monoteiste, affrontato seguendo un metodo multidisciplinare: biblico, teologico, storico, filosofico. La scelta della tematica Il maschile e ii femminile scaturiva dalla constatazione di ordine culturale e dal soddisfacimento di un'esigenza sentita da molti: negli ultimi anni la riflessione teologica sul maschile e femminile ha posto in evidenza le linee principali, a volte percepite come contraddizioni, presenti nei testi sacri e le tradizionali interpretazioni di esse. Di qui la necessita di rileggere tali indicazioni senza alcun tipo di pregiudizi e stereotipl tramandati come "ovvietà" e che a volte sono in contrasto con il messaggio fondamentale delle Scritture stesse.
Contributi di G. BRUSCOLOTTI, S. SEGOLONI RuTA, M. PUCCIARINI, F. FARAGHINI.
Curatore: Matteo Monfrinotti, Direttore della rivista scientifica Convivium Assisiense e della collana Strumenti IRC.
Il trattato di Meghillà si occupa principalmente delle regole della lettura pubblica e della scrittura del Libro biblico di Ester, la più conosciuta fra le meghillòt o rotoli del Tanàkh, noto come la Meghillà per antonomasia. Se esistono regole di lettura, significa che c'è uno scritto da cui leggere. Può sembrare ovvio, ma non lo era affatto per la Meghillà. Troviamo infatti un brano molto interessante nel quale "Ester mandò a dire ai Saggi: Scrivete la mia storia per tutte le generazioni, e che il libro sia incluso negli Agiografi". L'accettazione da parte dei Maestri, prosegue il brano, non avvenne senza ostacoli, tanto che la disputa riguardo l'inclusione della Meghillà di Ester nel canone biblico proseguì fino all'epoca dei Maestri della Mishnà. Nel nostro brano troviamo infatti diverse opinioni fino all'estendere la discussione anche ad altre Meghillòt. Una volta stabilito che la Meghillà fa parte del canone biblico, occorreva rimarcare che il suo status, come quello di tutti gli altri testi del Tanàkh che non fanno appunto parte della Torà, è tuttavia differente da quello dei libri della Torà. È forse in quest'ottica che possono essere letti gli insegnamenti relativi alla cucitura dei diversi fogli di pergamena che compongono il rotolo, rispettivamente, della Torà e della Meghillà e perfino alcune regole come quella sulla liceità di leggere la Meghillà da seduti o altre norme riportate nel cap. 3. Argomento affine a quello dell'inclusione della Meghillà nel canone biblico, e quindi all'obbligo della sua lettura, è il problema della traduzione dei testi biblici, sia per quanto riguarda la traduzione in aramaico che veniva fatta oralmente a beneficio dei partecipanti in occasione delle letture pubbliche, sia relativamente alla liceità della traduzione dei testi biblici in altre lingue. Relativamente alla prima questione, troviamo nel nostro trattato un elenco di passi che in pubblico non vanno tradotti, e alcuni neanche letti; sul secondo tema, invece, c'è una interessante tradizione relativa all'origine della traduzione della Torà, cosiddetta "dei Settanta": i dotti incaricati dell'opera, "nel cuore di ciascuno dei quali il Signore, benedetto Egli sia, mise il Suo consiglio", cambiarono volutamente la traduzione di alcuni passi rispetto al testo originale per motivi di opportunità. Dunque, il problema di tradurre è tema antico, così come lo è lo status particolare riconosciuto da alcuni Maestri al greco, ovvero alla lingua della cultura mondiale. Il trattato è uno dei più brevi e relativamente facili del Talmud e comprende numerose parti di Midràsh che interpretano il Libro di Ester dall'inizio alla fine. Una simile raccolta sistematica e ordinata di midrashìm è un unicum all'interno del Talmud Babilonese.
Il libro scritto dal professore Meir BarAsher, uno dei più qualificati studiosi di letteratura araba dell'università ebraica di Gerusalemme, esamina la visione del Corano dei "figli di Israele" biblici e degli ebrei del periodo coranico, così come le origini coraniche del dhimma (protezione delle minoranze che vivono sotto il dominio dell'Islam). Il testo presenta anche il contributo fornito dalla tradizione ebraica all'esegesi musulmana del Corano, così come i parallelismi tra la legge religiosa ebraica, o halakha, e la shari'a. Rivela, soprattutto, la complessità insita nel modo in cui la tradizione islamica si rapporta alla figura dell'ebreo e al giudaismo, contrariamente alla semplicistica caricatura promossa sia dai predicatori islamisti sia dagli islamofobi. Si tratta pertanto di un prezioso contributo di studio alla conoscenza del testo sacro dell'Islam, che fornisce anche un esempio significativo di una modalità precisa e rispettosa di leggere i testi sacri, osservandone le origini, le connessioni e le ricchezze.
«Noi studiamo il mutamento perché siamo mutevoli», scriveva il grande storico dell'età classica Arnaldo Momigliano. «A causa del mutamento la nostra conoscenza non sarà mai definitiva: la misura dell'inatteso è infinita». Questo libro affronta il rapporto mutevole fra ebrei e cultura italiana in un arco cronologico inconsueto: dalla Restaurazione al cinquantenario delle leggi razziali, quando si chiude una stagione e se ne apre un'altra, quella dell'uso pubblico della storia nella quale siamo tuttora immersi. I capitoli ruotano intorno a quei personaggi che sono stati capaci di oltrepassare la siepe nei rari momenti in cui il salto fu loro consentito: il primo sionismo, il modernismo, l'antifascismo e i conti con il fascismo, la battaglia per la libertà religiosa dopo il Concordato e l'art. 7 della Costituzione.
Nonostante le semplificazioni frequenti, che ne danno un'immagine statica e definita, la nozione di cittadinanza è piuttosto un indicatore critico, un punto di convergenza di processi giuridici, politici e sociali di grande intensità. La cittadinanza, infatti, definisce anche la non-cittadinanza, l'alterità, in un certo modo l'esclusione: neanche uno Stato democratico sfugge a questa regola dialettica, all'individuazione inevitabile del "proprio" straniero. Delle asperità di questo complesso dibattito Israele rappresenta un caso particolarissimo e ricco di indicazioni, possibilità e suggestioni. È proprio qui, infatti, che il problema antico della cittadinanza mostra con straordinaria evidenza la sua modernità sorprendente, fra i dilemmi di una definizione puramente giuridica e le difficoltà di quella condivisione di valori e di cultura che ne sostanzia il significato. Per queste ragioni, nella composita e non pacificata società israeliana, indagare le forme della cittadinanza significa anche tentare, in un contesto particolarmente difficile, possibili prove di convivenza.
Questo libro è una pietra miliare nella moderna ricerca sul Nuovo Testamento e nella descrizione di Gesù di Nazaret. Con il suo argomentare stringente, Flusser restituisce a Gesù un volto storico concreto facendone innanzitutto una figura ebraica. Con ciò l'autore rende un servizio decisivo anche ai cristiani: mostra loro che la salvezza in cui credono non è solo il «messaggio» relativo a un avvenimento fuori dalla storia, cui non è possibile accedere. La verità cristiana dipende da quella storica e deve prenderne atto se non vuole ridursi a pia autosuggestione. Lo stesso dialogo tra cristiani ed ebrei può e deve procedere anche in una seria ricerca comune con il fine di trovare la verità storica su Gesù di Nazaret: soltanto questa può costituire un punto di partenza solido alla fede cristiana in Gesù il Cristo. Prefazione di Martin Cunz.
Un libro classico e attuale insieme. È un classico in quanto primo studio rivoluzionario sulla nascita del sistema di pensiero dell'antigiudaismo. È attuale in quanto queste false idee tendono oggi a ripresentarsi, sia in alcuni paesi, sia nei rigurgiti di nazionalismo e di tradizionalismo, così come nelle polemiche contro il rinnovamento della chiesa cattolica e contro il dialogo interreligioso. Isaac dichiara che è «un libro di passione»: fu iniziato infatti nel 1943, nel pieno della furia nazista, e scritto «di rifugio in rifugio». Si occupa delle origini, gli anni che vanno dal paganesimo alle Crociate dell'anno Mille, epoca in cui l'antisemitismo si è definitivamente radicato nel mondo cristiano. L'autore affronta il suo tema (come mai «cristianesimo e giudaismo, nati dallo stesso nucleo biblico, siano arrivati a quest'asprezza di odio reciproco»?) da più punti di vista: storico, teologico, scritturale e anche, diremmo, mass-psicologico. È oggi unanimemente riconosciuto che Gesù era un ebreo, e agiva nell'ambito di quella cultura e quella religione cui apparteneva. Parimenti è riconosciuto come falso che gli ebrei, e non i romani, fossero stati artefici della passione e della morte di Gesù. Eppure, secondo Isaac, l'antisemitismo si basa su queste falsità: Gesù antiebraico, ebrei nemici di Gesù. Una ostilità inesistente nei primi anni giudeo-cristiani e costruita tempo dopo forzatamente. Indagando storia e testi, Isaac scopre che l'antisemitismo cristiano ha un'origine ecclesiale e non popolare. I padri della Chiesa tra III e V secolo hanno contro gli ebrei parole di una violenza anticipatrice delle offese future. È così che cominciano a essere diffusi tra le masse i due fattori su cui per sempre si costituirà l'odio antigiudaico: «l'insegnamento del disprezzo» e il «sistema dell'umiliazione»; saranno questi due elementi a fondare una specie di subconscio antisemita dei cristiani, ceppo di tutte le persecuzioni. Un saggio agile con una scrittura polemica e piena di vivaci variazioni stilistiche.
Nel cristianesimo la sessualità è stata spesso vista come qualcosa da controllare, in certe epoche anche in modo ossessivo. Seppure con altre modalità, lo stesso è avvenuto anche nell'ebraismo e nell'islam, che attinge molte delle sue categorie dai testi biblici. Visto il ruolo fondamentale che il cristianesimo ha avuto nella formazione del pensiero, e dei costumi, occidentali, nel presente volume si è scelto di indagare il tema della sessualità e del desiderio nei testi che compongono il Pentateuco, o Torah, ovvero Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Nel Pentateuco i riferimenti al tema non sono sempre chiari, ma senza dubbio le loro interpretazioni hanno influenzato fortemente il pensiero ebraico e quello cristiano. Intorno a questi libri ruotano tutti gli altri testi biblici e molti di quelli, composti prima e durante il periodo in cui è vissuto Gesù, che non fanno parte della Scrittura, ma sono ben parte della cultura ebraica. Questo libro dovrebbe far un po' di luce rispetto al senso che i testi antichi davano alla sessualità: un senso che, come si vedrà, è abbastanza diverso dal nostro.
Sotto il nome di Teologia ebraica si raccolgono le fila dei molteplici percorsi che nella storia del popolo ebraico hanno sviluppato idee, dottrine e credenze in senso lato "teologiche", i cui tratti divengono più chiari in età moderna e contemporanea. L'analisi storica qui compiuta va dalla costituzione della Bibbia ebraica al giudeo-ellenismo, dalla letteratura rabbinica e qabbalistica fino alla cesura della Shoà, intrecciando alcuni dei più significativi spunti dei nostri giorni - la teologia politica dopo la nascita di Israele, la teologia femminista, le correnti postmoderne. Si apre così una prospettiva sul particolare profilo culturale che accomuna una comunità religiosa in movimento, non circoscrivibile in un sapere dai contorni chiusi, e che include la concezione di Dio ma anche la nozione di Israele, la Legge (Torà) scritta e orale e il commento dei testi sacri, la celebrazione del tempo nella liturgia (quotidiana e sabbatica, mensile e annuale) e un ampio spettro di pratiche personali e collettive che, nei secoli, hanno forgiato l'identità ebraica - un'identità plurale.