I Discorsi ascetici sono la traduzione della Prima collezione degli scritti di Isacco. Hanno contribuito alla formazione di generazioni di cristiani, laici e monaci, fino al giorno d’oggi: ad esempio san Filippo Neri e Dostoevskij leggevano abitualmente i Discorsi ascetici. Hanno un valore storico e spirituale incomparabile. Tra i tanti temi trattati spicca l’attenzione per la Bibbia e la misericordia. «Dedicati alla lettura delle Scritture: essa ti indicherà come sono sottili le vie della contemplazione [...] anziché la confusione delle realtà esteriori, la Scrittura offre all’anima materia per le diverse forme di preghiera. La continua meditazione delle Scritture dei santi riempie l’anima di inconcepibile stupore e di divina letizia». «Segui la misericordia. Quando si trova dentro di te, essa riproduce in te quella santa bellezza, della quale riceverai la somiglianza. Il carattere universale dell’attività della misericordia opera nell’anima la comunione con Dio, nell’unità della gloria e dello splendore… Non vi è altra via per giungere all’amore spirituale, che riproduce in noi l’invisibile icona: cominciare dalla compassione, come il Signore Gesù ha detto parlando della perfezione del Padre».
Isacco di Ninive - Isacco nasce agli inizi del VII sec. nella regione del Bet Qatraye, corrispondente all’attuale Qatar, sul Golfo Persico. È un monaco siro, ed è detto anche “di Ninive”, dal nome della città di cui fu vescovo per soli cinque mesi. Visse in un secolo travagliato e molto fecondo per la sua Chiesa: mentre nuovi popoli invadevano queste zone e tante penose divisioni scuotevano la Chiesa siro-orientale, monaci santi e dotti dettavano ricchi e profondi testi ascetici e spirituali e partivano per la missione in terra cinese. Di Isacco abbiamo poche notizie e non del tutto sicure. Visse prevalentemente vita solitaria, normale nel monachesimo siro. Ebbe vari discepoli dimoranti all’intorno e forse dettò ad essi le sue opere. In vecchiaia divenne cieco a causa della fatica dovuta alle lunghe letture della Scrittura. Probabilmente proprio a causa della cecità fu accolto all’interno del monastero di Rabban Shabur, lasciando la cella della sua vita eremitica. Qui morì, in tarda vecchiaia, e qui fu sepolto.
Breve biografia di Christian de Chergé (Colmar 1937 - Algeria 1996), monaco cistercense nel monastero algerino di Nostra Signora dell’Atlas a Tibhirine, a sud di Algeri. Nato da famiglia nobile conosce sin da bambino l’Algeria a causa degli impegni militari del padre. Intuisce prestissimo la sua vocazione sacerdotale, e appena iniziati gli studi in seminario deve interromperli per ritornare, sotto le armi, in terra algerina. Di nuovo a Parigi, concluderà gli studi teologici e dopo qualche anno diverrà monaco cistercense nel monastero algerino di Nostra Signora dell’Atlas. Una vita scarna, quanto ad accadimenti. Nessuna conversione improvvisa, nessuna popolarità. La sua testimonianza di vita sarà conosciuta soltanto dopo la sua morte e non unicamente per le circostanze drammatiche della sua uccisione, ma anche per la luminosa ricchezza della sua personalità: coerente e determinato, uomo di dialogo all’insegna del più irriducibile ottimismo nei confronti dell’uomo, indipendentemente dalla sua cultura e dalla sua religione.978882504307
Pietro Damasceno è un solitario bizantino dell'XI/XII secolo. Della sua vita non sappiamo quasi nulla, possediamo invece un suo testo, esteso, curioso e profondo, che tratta di questioni spirituali come preghiera, meditazione, ascesi, umiltà e contemplazione. Per il suo stile lento, pacato e saggio, Pietro potrebbe essere chiamato il "Montaigne bizantino". È un autore da scoprire.
Questo nuovo volume della collana "Ispirazioni", realizzato in occasione della beatificazione del vescovo Pierre Claverie e di altri 18 martiri, uccisi in circostanze diverse, che si svolgerà ad Orano in Algeria il prossimo 8 dicembre, offre un contributo sulla vita e sul messaggio dei sette monaci trappisti vittime della guerra civile che attraversò il Paese nord-africano ai tempi del conflitto tra gli islamisti del "Fronte islamico di salvezza" e i militari di Algeri, tra il 1991 e il 2002. Paul, Michel, Christophe, Bruno, Célestin, Luc e Christian, furono sequestrati dal loro monastero in Algeria nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996 e uccisi il 21 maggio seguente. La Prefazione del volume è a firma del Cardinale Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.
È negli anni terribili del «decennio nero», durante il quale in Algeria si contrappongono islamisti e forze armate, che si colloca la straordinaria testimonianza di due uomini. Sono Christian de Chergé, priore del monastero trappista dell’Atas, a Tibhirine, rapito e ucciso nel 1996 con altri sei confratelli, in circostanze non ancora completamente chiarite, e monsignor Pierre Claverie, vescovo domenicano di Orano, assassinato lo stesso anno, con il suo autista musulmano Mohamed, per aver condannato apertamente tutte le forme di violenza.
Si tratta di due figure particolarmente luminose nel cuore della Chiesa d’Algeria, fortificata nella sua volontà di restare con i musulmani algerini, anche dopo l’indipendenza del Paese, dalla personalità del cardinale Duval e dall’impegno di sacerdoti, consacrati e laici.
Sommario
Introduzione. I. Osare l’ospitalità. 1. Il complesso intreccio etimologico del termine «ospite». 2. Ospitalità: gesto sovversivo alla base della relazione. 3. La sacralità del gesto ospitale. II. Pierre Claverie: un algerino per alleanza. 1. Una complessa ricerca identitaria. III. Christian de Chergé e i monaci di Tibhirine. Il lungo apprendistato dell’ospitalità. 1. Incontri interreligiosi e pratiche di ospitalità. 2. Dalla posizione alta a quella bassa: l’esperienza di essere accolti. 3. «Fare un’esperienza con delle esperienze»: un approccio di teologia pratica. 4. Divenire ospite dell’Algeria. Conclusione.
Note sull'autore
Claudio Monge, domenicano, ha trascorso due anni con frère Roger Schutz nella comunità monastica ecumenica francese di Taizé. Vive a Istanbul, dove è responsabile del Centro culturale dei domenicani. Dottore in Teologia delle Religioni e diplomato in Lingua e cultura turco-ottomane all’Università di Strasburgo, ha insegnato all’Università di Friburgo ed è visiting professor in Polonia, Francia, Svizzera, Italia, Canada e Brasile. Consultore del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, è autore di numerose pubblicazioni, tra cui Taizè. La speranza condivisa (EDB 2016).
Un testo per conoscere Girolamo da un punto di vista pressoché inedito. I Tractatus in Psalmos furono scoperti e pubblicati da G. Morin tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento. Sulla base di vari riscontri l'editore attribuì i nuovi testi a Girolamo, di cui fino a quel momento era pressoché sconosciuta la produzione omiletica, datandoli al primo decennio del V secolo, quando lo Stridonense si trovava a Betlemme. L'attribuzione fu accettata unanimemente, fino a quando nel 1980 V. Peri non propose di intendere i Tractatus come la traduzione geronimiana delle omelie di Origene. Tale tesi ebbe largo successo in Italia, ma incontrò l'opposizione di alcuni studiosi della scuola francese, che continuarono a sostenere la paternità geronimiana. Qui si pubblicano il testo latino di Morin, rivisto dal curatore, e la traduzione italiana, corredata da un ampio commento che consente di inquadrare i Tractatus all'interno di una corretta prospettiva esegetica, ampia e articolata, che tenga conto della paternità geronimiana e dell'innegabile influenza origeniana.
Centocinquantamila morti ammazzati tra il 1992 e il 2001. L'Algeria, stretta nel morso di una guerra civile tra islamisti ed esercito, ha visto cadere anche 19 religiosi cattolici, suore, consacrati, monaci, un vescovo. Vite innocenti stroncate dalla furia omicida che bollava umili religiose e uomini di preghiera con l'epiteto di «crociati». Niente di più falso: la vicenda della chiesa in Algeria è una delle pagine più evangeliche del Novecento. Una presenza semplice, spoglia, libera e fedele a Cristo, soprattutto durante il dramma del terrorismo islamista. Papa Francesco ha riconosciuto il martirio di questi «oscuri testimoni della speranza» elevandoli agli altari. Uomini e donne che, mentre intorno a loro migliaia di persone venivano massacrate, non sono fuggiti né si sono messi in salvo, ma hanno deciso di restare a fianco dei propri fratelli e sorelle a costo della vita. In questa scelta di libertà, raccontata anche nel celebre film Uomini di Dio, si staglia la grandezza di questi religiosi, che avevano già donato la vita nel quotidiano. E perciò hanno accettato il rischio di una fine violenta, come testimonia la frase di Christian de Chergé che dà il titolo al libro. Queste storie di fede e umanità, raccontate dal postulatore della causa di beatificazione, continuano a parlarci con la forza inesauribile dei martiri di ogni epoca. Prefazione di Enzo Bianchi.
Nel 1216 papa Onorio III conferma l'Ordine dei Predicatori, comunemente detti Frati Domenicani. Cinque anni dopo, nel 1221 l'Ordine è presente in molti Paesi europei ed è diviso in province. È così istituita la Provincia di Lombardia, che comprende tutti i conventi del Nord Italia e delle Marche. Nel corso del 1200 la Provincia di Lombardia è molto florida: lo dimostrano i molti conventi e i numerosi frati, la pluralità di personalità ricche di scienza e santità, e anche il fatto che alcuni suoi frati furono eletti Maestri dell'Ordine e tra questi ci fu anche un papa, Benedetto XI. Sulla base di documenti e fonti certe queste pagine tentano di ricostruire lo stile di vita dei frati e delle monache del 1200 e la personalità dei frati più illustri. Particolare attenzione è dedicata a temi come la vita comune, lo studio, i viaggi, la predicazione e l'Inquisizione. Nel 1234 Gregorio IX istituisce l'Inquisizione e affida la conduzione di essa ai Domenicani e ai Francescani. Il compito è lo stesso, ma da sempre il "marchio" dell'intollerante è per il domenicano. Perché? A questo e ad altri interrogativi cerca di rispondere il presente libro.
L’imponente opera scritta intorno al 1190 da Corrado, abate di Eberbach, è qui riproposta in italiano nell’interessante edizione di padre Riccardo Spreafico. Il testo è una raccolta agiografica in sei libri sulle origini dell’Ordine Cistercense. Definito dagli studiosi una teologia “per exempla” della storia della salvezza, presenta la Chiesa e, in essa, il monachesimo di Cîteaux come luoghi in cui si compie il disegno di Dio. Attraverso le gesta e la santità dei primi padri, i loro miracoli e i fatti prodigiosi che li vedono coinvolti, si mette in rilievo il valore sublime della vita cistercense in tutte le sue dimensioni, come via di conformazione a Cristo. Questo testo resta uno dei maggiori esempi di letteratura medievale,
che combina la narrazione storica con la raccolta di racconti morali, un vero e proprio libro di istruzioni sulla fioritura dei cistercensi a Clairvaux.
Si è sempre ripetuto che nell'antichità la donna era senza parola. Si denuncia l'oppressione a cui era sottoposta, e lo scarso peso che sempre ha avuto e che ancora la caratterizza nella chiesa oggi. Immergendosi però in un ascolto più attento, in una ricerca più approfondita, si possono scoprire tracce femminili nella chiesa nel corso della storia. Ecco l'intento di questa raccolta, nella quale abbiamo lasciato parlare proprio le donne: monache vissute tra il IV e il VI secolo in diverse regioni di occidente e di oriente. Si tratta a volte di brevi frasi, racconti di semplici gesti, letti collocandoli all'interno del loro contesto e liberandoli dai pregiudizi di cui sono stati caricati: essi sono preziosi frammenti di una sapienza femminile da riscoprire.
Il libro sviluppa alcune importanti questioni di ecclesiologia: il ruolo sacramentale della Chiesa nella sua interezza; la funzione della grazia; la presenza incessante dello Spirito; il sacerdozio universale; lo sguardo dell’autore si apre su ampi orizzonti di vedute, animato dalla ricerca delle vie dello Spirito attraverso la storia di peccato e santità degli uomini.
Questo libro, non un'introduzione ma una vera e propria guida al cammino di verifica nella professione monastica, si colloca nel punto d'incontro di tre ambiti di tradizione: l'esperienza della vita monastica benedettina cistercense nel solco sapienziale della Regola di san Benedetto; l'esperienza di rinnovamento dopo il concilio; la rilettura orientativa del documento di san Giovanni Paolo II, Vita consecrata, e degli ultimi documenti della Chiesa sulla vita contemplativa. L'esito di questo lavoro è un focus sul fondamento della vita consacrata: l'esperienza personale ed ecclesiale dell'amicizia con Cristo.