Le due forze motrici della nostra vita sono: la paura e l'amore. La paura ci protegge, l'amore crea e sviluppa la nostra vita. Come possiamo far diventare la paura un dono? Scrivere un libro sulle paure rappresenta un viaggio verso la nostra libertà e, per arrivarci, abbiamo bisogno di incontrare le tortuosità della vita. Spesso queste tortuosità si presentano sotto forma di dolori, mal di vivere, palpitazioni, incontri, scontri, paure... A cosa serve tutto questo? A scorgere le parti migliori di noi. Ecco perché la paura può essere un dono, può cioè proteggerci e farci notare che abbiamo bisogno di liberare le nostre potenzialità. Dietro le paure fobiche si nascondono i nostri talenti, la nostra voglia di libertà, il coraggio di vivere.
Il libro che Benedetto XVI ha voluto fosse pubblicato dopo la sua scomparsa. Negli anni immediatamente successivi al Concilio Vaticano II, il volume "Introduzione al cristianesimo" faceva conoscere al grande pubblico un giovane teologo tedesco. Oggi, a conclusione della sua vita e in veste di papa emerito, Benedetto XVI affida in eredità quest'opera agli uomini tutti per condividere le sue ultime riflessioni su alcuni temi fondamentali della religione cristiana. Al centro vi è la misericordia di Dio, che nasce da una passione d'amore verso ogni creatura. Al servizio di Dio sono i sacerdoti, chiamati a stare alla sua presenza e a essere testimoni del suo amore. Vi sono poi i temi del dialogo con le altre religioni, con gli ebrei, il popolo della promessa, con le confessioni cristiane, con il mondo. Questo dialogo, tuttavia, non può prescindere dai contenuti centrali del credo: l'incarnazione del Figlio di Dio, la fede nella morte e resurrezione di Gesù, la presenza eucaristica, la comunione fraterna nella Chiesa, i temi centrali della morale cristiana. Come recita il sottotitolo, il volume è quasi un testamento spirituale, dettato dalla sapienza del cuore di un maestro sempre attento alle attese e alle speranze dei fedeli. Negli anni trascorsi nel monastero Mater Ecclesiae in Vaticano la sua presenza discreta e la sua preghiera sono state un sostegno importante per la vita della Chiesa. Da lì osservava benevolo la natura, specchio dell'amore di Dio creatore, dal quale proveniamo e verso il quale siamo diretti. Da lì guardava al suo paese d'origine, la Germania, all'Italia ove trascorse buona parte della sua vita, alla Francia che lo accolse nella sua Académie, all'intera Europa. A questi paesi il papa emerito affida, con voce flebile ma appassionata, la sua richiesta di non rinunciare all'eredità cristiana, che è un patrimonio prezioso per l'intera umanità. In vita, Benedetto XVI non sempre è stato compreso. Nessuno, tuttavia, ha potuto negare la lucidità del suo pensiero e la forza delle sue argomentazioni, che quest'ultima opera egregiamente raccoglie.
In occasione del quarto centenario della morte di san Francesco di Sales, papa Francesco gli dedica una lettera apostolica in cui ripercorre la sua vita e la sua missione. Il patrono dei giornalisti, festeggiato il 24 gennaio, è assunto dal papa come un «modello di dolcezza per i giovani», un esempio da seguire per la sua fede caratterizzata da umiltà e carità, una fede che è prima di tutto un atteggiamento del cuore.
«Ciò di cui il mondo ha bisogno». Questa espressione ricorre più volte negli scritti di Benedetto XVI. I punti fermi che egli ha voluto lasciare in eredità si concentrano nella centralità di Gesù Cristo che non può mai essere oscurata dalle vicende storiche della Chiesa; nella grande sfida dell'evangelizzazione che i cristiani sono chiamati a realizzare con uno stile di vita coerente al Vangelo; nel tentativo di trovare gli elementi positivi della modernità per far emergere ancora una volta la grande novità della fede cristiana. È per questo che egli è stato anche il grande difensore dell'Europa, perché non dimenticasse le sue origini e la responsabilità a cui è chiamata. Aver scelto il nome di Benedetto, il primo grande artefice dell'evangelizzazione, riporta a questa visione lungimirante in grado di tenere unite la contemplazione dell'amore e la sua irradiazione nel mondo. Benedetto XVI ci ha lasciati il 31 dicembre 2022, il giorno in cui la Chiesa celebra la memoria di San Silvestro papa, che viene ricordato per due fatti: il primo Concilio celebrato a Nicea nel 325 da cui scaturì la professione di fede sulla divinità di Gesù Cristo e la condanna di Ario che negava la divinità di Gesù. Con Benedetto XVI si può dire che si conclude la testimonianza diretta di uno dei teologi più impegnati nel Concilio Vaticano II. Di questo grande teologo e Papa, considerato da molti un "Padre della Chiesa", mons. Fisichella, uno dei suoi più stretti collaboratori, ci consegna nel presente volume una sintesi unica e originale del suo pensiero.
Il "giallo" della rinuncia di Joseph Ratzinger al Soglio di Pietro si comprende solo addentrandosi nel mistero "Joseph Ratzinger". Un pontificato inedito il suo, da raccontare riannodando pensiero e azione di un gigante della teologia divenuto Papa. Un uomo dalla fede granitica che ha spogliato il papato di ogni mondanità rendendolo servizio alla Verità a ogni costo. Il vaticanista di lungo corso Giacomo Galeazzi, autore di bestseller internazionali sul Vaticano e gli ultimi tre papi, analizza, anche grazie a preziose testimonianze, l'originalità del percorso, dell'«umile operaio nella vigna del Signore» tra accademia, Concilio e Chiesa tedesca fino alla clamorosa abdicazione. Nel congedarsi dieci anni fa tenne a precisare che nella sua elezione a Papa c'era stato qualcosa che sarebbe rimasto "per sempre". Fino alla fine ha indossato l'abito bianco, ha firmato come «Benedictus XVI Papa emeritus», ha abitato nel recinto di San Pietro e si è fatto chiamare "Santità" e "Santo Padre". Solo la sua profetica morte, avvenuta nel giorno che la Chiesa da sempre consacra al ringraziamento per i benefici ricevuti nell'anno trascorso, ha sciolto l'ambiguità, terminando l'epoca inedita dei due papi che condividono fraternamente lo stesso spazio fisico (il Vaticano) e la medesima dedizione al bene supremo della Chiesa. Prefazione di Andrea Malaguti. Postfazione di Michele Pennisi.
Con questo suo nuovo lavoro, l'Autore si sofferma su alcuni importanti aspetti della personalità di Giacomo Della Chiesa, dal suo lavoro per la pace alle sue iniziative per le missioni, dalla sua riflessione sull'unità dei cristiani alla sua attenzione al mondo orientale, dal suo impegno per una rinnovata lettura della Scrittura alla valorizzazione del laicato, mettendo così in evidenza la modernità di un pontificato in larga misura ancora da scoprire. La delicatezza nei suoi rapporti con gli altri e la sua squisita gentilezza, che mal si accompagnavano a un paese in cui cresceva il culto della violenza che condurrà al fascismo, ci possono spiegare perché il papa genovese sia rimasto a lungo uno sconosciuto.
La parte più consistente di questo commento al capitolo III della "Lumen Gentium" si trova negli approfondimenti tematici sulla successione apostolica e sulla sacramentalità, sulla collegialità e sulle funzioni episcopali. L'esposizione parte dalla chiamata degli Apostoli e prosegue con la storia della Chiesa attraverso i secoli, mostrando che la vera autorità ha bisogno di essere compresa e vissuta.
Il dono della vita consacrata è la chiamata a vivere più da vicino e a rendere presente la «forma di vita che il Figlio di Dio assunse entrando nel mondo» (LG 44). La vita consacrata è un innamoramento nei confronti dell'umanità di Cristo povero, obbediente e vergine. Lungi dall'essere una rinuncia, viene abbracciata come dono incomparabile, in quanto è una testimonianza di totale appartenenza, donazione e obbedienza al disegno di Dio. Coloro che consegnano loro stessi a Dio hanno la certezza che nessuna gioia è paragonabile alla felicità di far brillare la luce di Cristo. La vita consacrata, da una parte, ha la missione di rendere presente Cristo in modo tale che tutti possano toccare il suo amore in un mondo disincantato; dall'altra, vuole rivolgere una particolare testimonianza ai giovani che oggi vivono indifferenti, assenti e immersi nel mondo virtuale.
Queste pagine si concentrano sulla questione del rapporto tra tempo ed eternità. La realtà della Chiesa è presentata nella sua funzione di mediazione a più livelli. Per sua natura è una mediazione, poiché deve il suo fondamento al mediatore per eccellenza, Gesù Cristo. Su questo sfondo si dispiegano le diverse implicazioni del già e del non ancora, che va visto come il nucleo di tutta l'attività ecclesiale. Per il singolo credente, ciò si traduce in atteggiamenti molto concreti per la sua esistenza, che hanno il carattere di virtù. Non è un caso che le riflessioni convergano così sulla speranza.
La storia sociale delle donne appartenenti alle comunità cristiane, ebraiche e islamiche del bacino euromediterraneo tra l'XI e il XVI secolo evidenzia la percezione del corpo femminile nelle tre culture e conduce al recupero della loro considerazione nelle società di appartenenza. In tutte, al netto delle differenze che pur vi furono, la sessualità e la sua gestione definirono i ruoli, l'identità e il profilo morale delle donne. E se la loro integrità costituì la condizione necessaria per il matrimonio, principale meta per ognuna, il suo speculare contrario fu il bordello. La casa familiare funzionò, tuttavia, anche come agenzia formativa: la specificità dell'acculturazione femminile consisteva infatti nella tendenza a ottenere l'istruzione necessaria attraverso percorsi privati e informali. Così incontriamo poetesse, maestre di scuola, copiste, miniatrici ed esperte di saperi curativi, ma anche donne religiose. Escluse dall’esercizio attivo della liturgia e del culto, esse trovarono comunque un loro ruolo sacrale, contrapposto a quello di streghe, fattucchiere e maghe. Tanto ricercate quanto, poi, perseguitate.
I cistercensi sono considerati il primo ordine religioso della storia. Sorto alla fine dell'XI secolo, ebbe un rapido successo grazie a una visione positiva del futuro e alle soluzioni innovative che introdusse a livello organizzativo ed economico, creando un’efficace rete orizzontale di abbazie. L'interpretazione tradizionale della storia cistercense, come progressivo allontanamento dall’ideale dei fondatori, è superata da una lettura che evidenzia la capacità di adattamento dei monaci alle sfide che di volta in volta dovettero affrontare su temi quali la concezione di progresso e libertà, i rapporti con le donne, la gestione patrimoniale, la complicata relazione con la gerarchia della Chiesa e con il papato. Le loro vicende sono ripercorse dalle origini sino alla metà del Duecento, un periodo caratterizzato da intense sperimentazioni istituzionali.
Più volte papa Francesco ha parlato della rinuncia al pontificato come di qualcosa che potrebbe verificarsi ancora in futuro (non necessariamente nel "suo" futuro), fino a divenire usuale. Ora, a quasi dieci anni dal gesto di Benedetto XVI, autorevoli storici, giuristi e osservatori si confrontano su un tema delicatissimo che continua ad attirare l'attenzione del mondo intero, soprattutto perché tuttora privo di qualunque regolamentazione giuridica. L'esame dei precedenti storici e dell'elaborazione canonistica sviluppatasi prima e dopo Celestino V, offre qui lo spunto per una riflessione che vale anche come proposta da consegnare a chi, nella Chiesa, dovrà decidere e legiferare.