Sappiamo alla perfezione cosa vogliamo avere - ricchezza, piacere, potere - ma non sappiamo più chi vogliamo essere . Nella grave crisi in cui siamo immersi, necessitiamo continuamente di avversari per definire le nostre identità, e spesso ci scopriamo nemici addirittura di noi stessi, in una sorta di permanente guerra interiore. La filosofia di Vito Mancuso è un'àncora preziosa in questi tempi difficili: rinnovando in noi il desiderio di antiche riflessioni, ci indica la strada per risalire alle radici profonde della nostra coscienza, e ci insegna come il senso e la direzione della nostra vita su questa Terra vadano ricostruiti a piccoli passi, giorno dopo giorno, nella consapevolezza di trovarci al cospetto di qualcosa di più importante di noi stessi. Solo così sapremo entrare in armonia con la logica che determina il nostro cammino e amare quella semplicità naturale dentro di noi che è il vero segreto per una vita degna, una vita che vale la pena vivere, una vita autentica.
Viviamo secondo un modello di sviluppo che adora gli oggetti, non la lettura, la cultura, la partecipazione sociale e politica. Consumiamo, inquiniamo, ma così devastiamo noi stessi e il nostro pianeta. Essere migliori è diventato quindi un'urgenza, e il lavoro etico e spirituale una necessità non rimandabile. Ma come far nascere, in noi, il desiderio di praticare il bene? Dove trovare una motivazione che sappia liberarci dalle catene dell'effimero/della società, una forza motrice che dia impulso al nostro costante bisogno di guarigione e al nostro infinito desiderio di bellezza? Riscoprendo le nostre radici che affondano nella cultura classica e nella tradizione cristiana Vito Mancuso ci accompagna in viaggio lungo il sentiero delle quattro virtù cardinali, e offre una nuova prospettiva di senso per le nostre vite in balìa dei tumultuosi venti dell'esistenza. Perché solo colui che non cerca più di vincere e di prevalere, ma recupera il senso profondo dell'essere forte, saggio e temperante, può infine essere giusto, e fiorire in armonia con il mondo.
Il volume propone una riflessione generale sul potere del linguaggio e sul ruolo che esso svolge nella costruzione, ma anche nella messa in crisi, dei legami sociali. Vengono in quest'ottica analizzate alcune strategie persuasive ricorrenti nel discorso pubblico - le fallacie argomentative, la retorica dell'immagine, l'abuso delle parole, il linguaggio figurato, la personalizzazione del discorso, l'appello alle emozioni - rispetto alle quali la retorica svolge una funzione importante perché ne evidenzia i meccanismi, permettendo così di riconoscerle e di stigmatizzarle quando sono usate solo ai fini di una manipolazione ingannevole. In questo modo è possibile sviluppare quel senso critico da cui dipende la formazione di una cittadinanza consapevole e informata che garantisce a sua volta il buon funzionamento della democrazia.
Questa definizione è il principio e il criterio di ogni altra comprensione dell’essere. Il presente scritto, alla luce di quel criterio, è una riflessione sull’«ordine logico» che Tommaso d’Aquino ha espresso e usato nella Summa Theologiae. Siccome anche l’uomo è amore, è così necessario ripensare alcune sequenze logiche della Summa. La proposta è un ordine non diverso, ma differente dettato e adeguato al pensiero odierno, pensiero maturato in questi secoli che ci separano da quel testo di teologia e teso soprattutto alla ricerca di un nuovo umanesimo.
Due brevi, ma intense meditazioni che ci aiutano ad entrare con consapevolezza nella dinamica della vita del cristiano. Don Divo ci introduce in un cammino che ci porterà a vivere nel mondo gustando già una partecipazione alla beatitudine stessa di Dio, tutti raccolti, nascosti, affondati nel silenzio divino.
Ci sono momenti e situazioni che chiamiamo "crisi", in cui il pozzo della vita si prosciuga. Procediamo nel deserto dell'anima e nella notte del cuore, alla ricerca di nuovi significati e di strade per il futuro. La sfida che questo libro intende approfondire riguarda il modo in cui interpretiamo e affrontiamo le crisi della nostra vita e della nostra società. Può essere la crisi un tempo provvidenziale? Possiamo trovare una "buona notizia" pur dentro l'esperienza traumatica e dolorosa della "notte"? Come scorgere nella crisi la possibilità di un muovo e un'opportunità di cambiamento e di trasformazione? A partire da queste domande e con uno sguardo alla pandemia da Coronavirus, l'autore immagina un approccio diverso alla "questione Dio", un nuovo modo di essere Chiesa e una spiritualità possibile per il futuro.
Questo studio parte dall'ipotesi che al cuore della teologia balthasariana si trova l'amore di Dio che costituisce il centro e l'evidenza propria della rivelazione culminata in Gesù Cristo. L'amore di Dio prende forma nella storia di Dio con l'uomo, culminata nel dono del Figlio.
Descrizione
Il nostro modo di stare nel mondo è intimamente connesso con la cura che abbiamo ricevuto e con quella che riserviamo agli altri per conservare la vita, farla fiorire e riparare le ferite dovute alla fragilità e alla vulnerabilità.
L’essenzialità del "prendersi cura" si svela nella molteplicità degli aspetti in cui si manifesta: l’attenzione all’esperienza di ciò che abbiamo ricevuto e che doniamo, la modalità generativa originaria delle relazioni umane, la cura considerata nelle diverse articolazioni concrete in cui si realizza, negli atteggiamenti fondamentali che essa ispira, nella ricchezza di significati che richiama (antropologici, etici, filosofici, pedagogigi, teologici, spirituali, religiosi).
Contributi di Ernesto Borghi, Giuseppe Casarin, Michele Dossi, Lucia Galvagni, Chiara Gubert, Andrea Malfatti, Mirko Pettinacci, Celestino Riz, Romolo Rossini, Leopoldo Sandonà, Michele Vulcan, Stefano Zamboni.
Sommario
Introduzione (M. Pettinacci). I. Eucaristia e cura della casa comune (S. Zamboni). II. Vulnerabilità e cura: un percorso tra etica e spiritualità (L. Galvagni). III. Ambivalenze e paradossi della cura (L. Sandonà). IV. Categorie ontologiche della cura (M. Dossi). V. Cura dell’Altro nella cura negli altri? Letture e riflessioni neotestamentarie (E. Borghi). VI. «E Dio asciugherà ogni lacrima». Parole, gesti e immagini di cura nei tempi della fine (G. Casarin). VII. Aver cura del bene della famiglia: la dimensione etico-religiosa degli affetti (R. Rossini). VIII. Camminare insieme sulla strada della cura ecclesiale. La proposta della terza fase della Commissione internazionale anglicana-cattolica romana (A. Malfatti). IX. La cura educativa nella didattica a distanza in tempi di lockdown (C. Gubert). X. Insegnare con le nuove forme di didattica: una modalità idonea per «prendersi cura» della formazione (C. Riz). XI. Il parroco e la cura d’anime (M. Vulcan).
Note sull'autore
Mirko Pettinacci è docente di Storia all'Istituto Superiore di Scienze Religiose «Romano Guardini» e all'Istituto Teologico di Trento. Per EDB ha curato il volume Osiamo dire… Percorsi di parrhesia (2020).
«Forse non sappiamo più andare a messa perché non siamo più abilitati a vivere riti complessi che celebrano la salvezza. Forse questo “cambiamento d’epoca”, come lo definisce papa Francesco, è un’epoca che cambia i riti che fanno la vita» Manuel Belli.
Descrizione
L’intera esistenza umana è costellata di riti. Viaggiare, mangiare, stringere amicizie, amare, educare, curare, divertirsi, giocare: ogni atto umano genera le proprie forme rituali. I riti, tuttavia, non sono camere blindate: si influenzano a vicenda, si scambiano messaggi. La qualità generale di vita di una famiglia non è separabile dai riti con cui si vivono i pasti, la casa e il suo ménage, il tempo libero, le vacanze. E, così, quando partecipo ai riti religiosi in chiesa sono lo stesso che guarda YouTube, che viaggia con Ryanair, che ha conosciuto il partner su Tinder, che scarica musica e la ascolta con le cuffiette mentre cammina, che alla vigilia di Ognissanti vede comparire teschi e zucche nei negozi.
Ora, la domanda è: i riti “fuori dalla chiesa” contaminano in qualche modo i riti “dentro la chiesa”? Tra i riti religiosi e gli altri riti esiste un tale divario nella densità di significato e nell’intensità di gioia da impedire l’osmosi? Belli vorrebbe sondare queste interazioni cruciali. Se viviamo in un’epoca di riti tristi, infatti, quale sarà il destino della liturgia?
«Un libro eccellente che, nella forma di vivace dialogo, affronta i temi fondamentali del peccato, del perdono e della redazione» James Martin.
«Johnson esamina una molteplicità di immagini e di metafore bibliche per proporre, consapevoli come siamo della connessione fra tutti i viventi, una teoria cosmica della salvezza» Terrence W. Tilley.
Descrizione
«Il nostro pianeta è alle porte e bussa». Come comprendere la redenzione cosmica, oggi, in un’epoca di devastazione ecologica incalzante? Mettendo in campo il suo approccio creativo alla teologia, Elizabeth Johnson risponde al bruciante quesito estendendo a tutti gli esseri creati la fede cristiana nella salvezza (finora pensata per i soli esseri umani). Questo la costringe, però, ad affrontare una sfida quasi insormontabile: superare la visione della morte di Gesù come “espiazione del peccato” (dell’uomo) verso una prospettiva che includa il mondo naturale come destinatario dell’amore di Dio.
Sviluppando la propria argomentazione sotto forma di dialogo, Johnson – una delle rappresentanti più qualificate della teologia cattolica statunitense – adotta una visione alternativa, saldamente fondata sulla Scrittura e radicata negli insegnamenti di Gesù e della prima chiesa. Il suo pensiero dell’accompagnamento divino da un lato enfatizza l’amore e la misericordia di Dio e, dall’altro, aiuta a rispondere alle sfide di un pianeta in pericolo.
C'è un interrogativo che sale dal cuore della terra e che nel Figlio di Dio è divenuto un lacerante grido al Cielo: «Perché?». Fin dalla notte dei tempi l'umanità si è scontrata con la dura roccia del dolore, talora urtando violentemente contro di essa, altre volte fuggendola con orrore oppure cercando di scalarla per dominarla. Ma il gemito del morire di Gesù - che riassume quello di ogni figlio dell'uomo - si è fatto, al mattino di Pasqua, grido di gioia, nel cuore della Madre Chiesa, per la nascita dell'uomo nuovo. Le pagine del seguente volume, nate in un contesto di lectio divina, fanno risuonare dapprima il lamento di Giobbe, che si innalza fino alla bestemmia disperata e impotente, e poi quello di Gesù, il «Santo che soffre» (G. Ungaretti), nel quale si rivela l'amore di Dio, che non vuole la morte dell'uomo, ma che egli viva e assuma la sua esistenza come una vocazione e un compito da realizzare in alleanza con Lui. «È noto l'interrogativo degli antichi: «Se c'è un Dio giusto, perché il male? E se c'è il male, può esserci un Dio giusto?». Chi, come Giobbe, pone domande a Dio, e lo fa con coraggio, non troverà risposte razionalmente esaurienti al perché della sofferenza, ma troverà Dio stesso in persona, nella cui luce si svela il senso profondo del vivere e del morire» (Sandro Carotta).
L'«alta fantasia» è la teologia poetica di Dante, la cifra della sua eccellenza rispetto alla Scolastica medievale, la "terza teologia" tra platonismo monastico e aristotelismo universitario. Una teologia laica, trasversale alle diverse correnti dell'epoca. Soprattutto, è l'inversione di tendenza rispetto al pregiudizio degli accademici del Medioevo più maturo, per i quali la verità è difficile molto più che bella, ragion per cui la poesia non sarebbe all'altezza di occuparsene. L'alta fantasia è, in tal senso, l'estremo tentativo di evitare il divorzio tra ragione e fede, tra mente e cuore, tra verità e bellezza, fra teologia e messaggio biblico. «L'autore condensa un lievitare di pensiero originale, portando il discorso dell'Itinerarium mentis in Deum a sviluppi nuovi nel contesto storico-esegetico della Divina Commedia» (Andrea Riccardi, Presidente della Società Dante Alighieri). Prefazione di Andrea Riccardi.