
23 maggio 1992: la strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca e tre uomini della scorta, scosse l'Italia come un terremoto immane, segnando le coscienze e dimostrando l'urgenza di una reazione intransigente e senza tentennamenti contro la mafia, da parte delle istituzioni e della società civile. Da vent'anni Maria Falcone si dedica a mantener viva la memoria di suo fratello con un'attività intensa che serva a tutti, ma specialmente ai giovani, come educazione alla legalità. È un'opera meritoria perché fu proprio grazie al lavoro di Giovanni che lo Stato trovò finalmente il modo per combattere con efficacia il fenomeno mafioso. Eppure - come traspare nelle pagine di questo libro in cui Maria, affiancata dalla giovane giornalista esperta di mafia Francesca Barra, rievoca la vita di suo fratello - Giovanni Falcone si trovò molto spesso solo nel suo cammino. Solo quando insinuarono che si prendeva troppa confidenza con Buscetta. Solo quando i diari di Chinnici furono utilizzati per gettare ombre sul suo operato. Solo quando fu costretto a "mettere i piedi sul sangue del mio amico più caro", Ninni Cassarà. E poi fu sempre solo perché rinunciò a una vita normale, tanto da doversi spesso tenere a distanza dall'adorata moglie Francesca, da cui pensò addirittura di divorziare pur di tutelarne l'incolumità. Premessa di Leonardo Guarnotta, ricordo di Loris d'Ambrosio, postfazione di Sergio Lari.
Anna Lisa Russo ha lottato per oltre tre anni contro il cancro prima di andarsene; nonostante le sofferenze fisiche e psicologiche, grazie a uno spirito sorprendentemente leggero, positivo, a tratti incredibilmente ironico, è riuscita a raccontare le sue giornate attraverso un blog, lasciando una testimonianza universale di coraggio: migliaia di persone hanno seguito e commentato attraverso la rete i suoi post, accompagnandola nella difficile battaglia contro la malattia. Mario Calabresi si è imbattuto quasi per caso nel blog e ha subito deciso di ospitarlo sul sito della "Stampa": "Mi sono immerso nella sua sofferenza, nel suo stupore; ho avuto paura di leggere, ma ho trovato la sua mano che mi tirava dentro per scoprire quanta vita ci può essere anche quando si sente la morte vicina. Quanta energia e speranza ci possono essere quando si è capaci di amare e di riconoscere il bene". Questo libro raccoglie la coraggiosa testimonianza di Anna Lisa e insieme un racconto che Mario Calabresi ha voluto dedicare a una persona capace, come poche, di rompere il silenzio che troppo spesso accompagna la malattia, una donna che "ha vissuto con coraggio, ha avuto giorni di dolore, di pianto, di vuoto, di paura, molti di rabbia, ma è riuscita a trovare attimi di gioia, di speranza; e vivere così, senza abbandonarsi alla disperazione, è il regalo migliore che ognuno di noi si può fare. Se ci può essere ancora un attimo di felicità o di amore, anche lì dove tutto appare finito, perché rinunciarci?"
La biografia attenta e documentata che Alexander Stille ha dedicato a Silvio Berlusconi è stata subito accolta come il libro che finalmente ci fa capire i trionfi del "Cavalier Miracolo". Da Giuliano Ferrara a Romano Prodi, alle maggiori testate italiane ed estere, tutti hanno preso spunto da questo saggio per capire le ragioni di un successo imprenditoriale, politico e mediatico che dura da decenni. Stille è il giornalista statunitense che più si è occupato dell'Italia in questi anni, "Il Cavalier Miracolo" è un'inchiesta approfondita, condotta secondo il modello del miglior giornalismo anglosassone, ma anche un racconto. Silvio Berlusconi, con le sue luci e le sue ombre, le sue virtù e i suoi difetti, è anche l'eroe di uno straordinario romanzo popolare. Intorno alla sua figura, ruota uno dei grandi enigmi della politica contemporanea: che cosa può accadere alla democrazia nell'era dei grandi conglomerati dell'informazione, delle enormi fortune personali, delle vertiginose ambizioni? In questa nuova edizione ampliata e aggiornata, Stille racconta le vicende mediatiche e giudiziarie di questo libro, un tassello utile per capire l'equilibrio dei media nel nostro paese e come si possono usare le aule di tribunale per intimidire le voci scomode. Soprattutto racconta gli ultimi anni dell'Italia berlusconiana, con gli exploit sessuali e le vittorie elettorali, l'impotenza della sinistra e lo stallo della società civile, il "caso Mills" e le ingerenze sulla Rai.
Un piccolo appartamento buio, pieno di documenti, oggetti di scena, fotografie. Una donna anziana che vi si nasconde, come in un bunker o in una prigione: protetta e allo stesso tempo imprigionata dalle mura dei suoi ricordi. Quella donna, ormai devastata nel corpo e nella mente, è Wiera Gran. Sembra impossibile a guardarla adesso, ma è la stessa persona che, giovane e bellissima, l'osserva dalle fotografie che tappezzano le pareti della casa. Era una cantante. Varsavia, 1941. Anche durante l'occupazione, gli ebrei del ghetto tentano di tenere in piedi una parvenza di vita, qualcosa che renda meno insopportabile la realtà della segregazione, le quotidiane violenze, lo spettro incombente dello sterminio. Alcuni caffè sono rimasti aperti e tra questi lo Sztuka è il più elegante, il più ricco, quello dove si riunisce sia l'intellighenzia del ghetto sia i personaggi più ambigui: quelli che avevano ancora soldi da sperperare, denaro fatto chissà come, forse collaborando con i tedeschi. Allo Sztuka suona Wladyslaw Szpilman, il "pianista" protagonista del film di Polanski: ma all'epoca Szpilman era un semplice accompagnatore, una spalla. La vera stella, l'artista che faceva riempire il locale, era lei, Wiera Gran. Entrambi, a differenza delle loro famiglie, dei loro parenti e amici, sopravvivranno alla guerra e alla Shoa. Eppure il destino che li attende è molto diverso: la memoria di Wiera verrà letteralmente rimossa dalla storia e lei accusata di essere stata una collaborazionista.
Il sesso come simbolo del potere politico, della volontà del capo di sopravvivere, di vincere i nemici, il nulla che incombe, la morte: anche così Mussolini ha incarnato il mito della potenza nell'Italia fascista. Lo ha edificato e celebrato in pubblico attraverso una gestione geniale della propaganda, esibendo il suo corpo forte, da contadino, a uso dei cinegiornali. E anche in privato, mettendo al mondo figli legittimi e illegittimi, intrattenendo molteplici amanti: "Sono giovani e belle, le prendo, poi non ricordo più né il loro nome né come sono fatte". Le donne del Ventennio vedevano gli altri gerarchi sforzarsi di emularlo in esibizioni di virilità e capivano che erano soltanto sbiadite imitazioni: spesso tentavano di avvicinarsi all'originale, talora inviandogli lettere in cui si offrivano senza troppi giri di parole. All'inizio Mussolini scelse donne intelligenti e moderne: la rivoluzionaria ucraina Angelica Balabanoff, la coltissima e abile Margherita Sarfatti, la sfortunata Ida Dalser. Poi cedette all'ostinazione di Claretta Petacci che, di fronte ai segni del declino fisico, procurò al suo amante il miglior afrodisiaco dell'epoca. Senza questo, il mito del Duce sarebbe crollato prima, e forse la tragedia dell'Italia si sarebbe consumata più in fretta. Dall'educazione del giovane Benito nella Romagna contadina del tardo Ottocento fino al culmine di un successo in cui già si riconoscono le avvisaglie della futura disfatta sessuale e politica...
Sceso da Bologna a Roma all'inizio degli anni Sessanta per suonare il clarinetto in un rinomato gruppo jazz, Lucio Dalla segue una traiettoria musicale in apparenza priva di logica: convinto da Gino Paoli a presentarsi come cantante, si butta nella mischia della canzonetta rimbalzando tra festival e Cantagiri, fino a trovare la strada giusta con "4/3/1943" e "Piazza Grande". Dopo i primi successi inverte la rotta, puntando sulla canzone politica insieme al poeta Roberto Roversi: sono gli anni dei dischi densi e difficili, apprezzati dal pubblico "impegnato" ma lontani dalle vendite milionarie. Poi, Lucio comincia a scriversi da solo le sue canzoni, e diventa il Lucio Dalla che tutta l'Italia conosce e ama: un cantante capace nel corso degli anni di passare con la stessa naturalezza da "L'anno che verrà" a Caruso e di scippare il tormentone "Attenti al lupo" all'amico Ron per farne un successo enorme. Ma Lucio Dalla è stato anche regista teatrale, showman televisivo, attore cinematografico e personaggio pubblico che si è schierato a sinistra senza mai rinunciare alla fede cattolica. Entrare in contraddizione con se stesso non è mai stato un problema; restare immobile sì. La sua scomparsa, avvenuta il primo marzo 2012, è probabilmente solo un incidente di percorso: è possibile che Dalla stia allestendo un musical milionario da qualche parte. O che stia suonando il clarinetto in compagnia di un jazzista in qualche bettola malmessa. Prefazione di Emiliano Liuzzi
Una sera d'inverno del 1513 una figura indistinta s'avviava verso una modesta casa signorile a Sant'Andrea in Percussina, a pochi chilometri da Firenze. Si era levata in piedi dalla panca della taverna, aveva scansato carte e dadi, e fatto un cenno di saluto con la mano. Era Niccolò Machiavelli, oppresso dalla condanna al confino che il gioco non bastava a fargli dimenticare. Poco più di un anno prima era stato protagonista della scena politica fiorentina, ma al rientro al potere dei Medici la Fortuna gli aveva voltato le spalle. Il brusco cambio di regime lo aveva privato dell'impiego. Il suo presunto coinvolgimento in una congiura antimedicea gli era costato la tortura, il carcere e il confino. Gli rimaneva ora una sola missione da compiere: tornare nelle grazie della famiglia più potente di Firenze. Lo avrebbe fatto chinandosi ogni sera sulla scrivania del suo studiolo, dopo aver indossato con riguardo i panni curiali. Avrebbe preso in mano la penna, l'avrebbe intinta nell'inchiostro e avvicinata alla pagina scura per l'ombra del capo. Scrisse "Il principe" dedicato a Lorenzo de' Medici, nipote del Magnifico: non voleva passare alla storia, voleva solo riottenere il suo posto nella Cancelleria fiorentina. Qualsiasi impiego andava bene, anche "rotolare un sasso" per la dominante famiglia dei Medici. Un Machiavelli umanissimo prende vita nelle pagine del "Principe inesistente", suo ritratto fedele che rovescia l'immagine algida di genio politico
Queste sono le memorie di una "cimice": così infatti l'Italia fascista definiva apertamente gli sloveni, "figli di nessuno" per un quarto di secolo. Sono i ricordi di un ragazzo derubato della sua cultura. Di un prigioniero che lotta per sopravvivere. Di un marito e padre aspro e intenso. Di un uomo libero. Dall'infanzia poverissima segnata dalle discriminazioni alla Resistenza, dalla guerra in Libia alla scoperta dell'amore, dall'impegno politico a quello letterario, Pahor traccia in questo libro il bilancio senza reticenze di una vita trascorsa ad attraversare confini fisici e spirituali, e solleva un velo sugli aspetti più privati del suo passato regalandoci un autoritratto inedito e umanissimo. Trovano posto in questa narrazione le passioni intellettuali e gli amori in carne e ossa: quello travolgente per Arlette, la ragazza francese conosciuta in sanatorio all'indomani della liberazione e che lo restituì alla vita, l'inquieta relazione con Danica, giovane antifascista trucidata insieme al marito dai collaborazionisti sloveni o dai comunisti in un mistero ancora non risolto. E poi il matrimonio con la bellissima Rada, permeato da una profonda condivisione ma segnato da assenze e allontanamenti sentimentali. Mentre sullo sfondo si delinea uno scorcio potente del secolo scorso che restituisce alla memoria la storia degli sloveni dei nostri confini orientali, in un intreccio di eventi storici e vissuto privato
L'uomo senza volto racconta l'ascesa al potere di Vladimir Putin, da agente di basso profilo del KGB a presidente della Russia, e di come, in poco tempo, quest'uomo sia riuscito a distruggere anni di progresso del paese, trasformandolo in una vera e propria minaccia per il suo stesso popolo. Scelto come successore dalla "famiglia" che circondava un ormai scomodo e sempre più impopolare Boris Yeltsin, Vladimir Putin sembrava la scelta migliore per l'oligarchia che lo voleva plasmare a suo piacimento. Così all'improvviso il ragazzo che era stato nell'ombra sognando di governare il mondo diventa un personaggio pubblico, e la sua popolarità cresce a dismisura. La Russia e l'Occidente erano determinati a vedere in lui il leader progressista dei loro sogni, anche mentre prendeva il controllo dei mezzi di comunicazione, mandava gli oppositori politici in esilio se non nella tomba, e distruggeva il fragile sistema elettorale del paese, concentrando il potere nelle mani di pochi fedeli. Come inviata a Mosca, Masha Gessen ha vissuto tutti gli eventi in prima persona e per questa biografia, in corso di traduzione in diciotto paesi, ha raccolto informazioni e raggiunto fonti più di chiunque altro prima di lei, per narrare come un uomo del tutto sconosciuto sia riuscito a farsi strada fino a raggiungere un potere assoluto - e assolutamente corrotto - su uno dei paesi protagonisti della scena politico-economica di oggi
Una biografia spirituale di Antoine de Saint-Exupery. Attraverso la vita del pilota-scrittore, l'autore ne disegna un ritratto interiore, portando alla luce, in particolare, le inquietudini, le contraddizioni, l'ansia del trascendente.
Jessie White Mario è stata una delle protagoniste del Risorgimento italiano. Di nascita inglese, si è dedicata sin da giovanissima alla causa dell'indipendenza italiana prima, e al suo riscatto civile e politico poi. Corrispondente di guerra e crocerossina dei Mille, autrice fecondissima di reportage sulle condizioni di vita e miseria nel nostro Paese.
Il suo vita di Giuseppe Mazzini rimane oggi una testimonianza unica e di immenso valore storico, uno dei documenti più ricchi e approfonditi sulla nascita, la formazione e la vita del grande patriota filosofo italiano.
Pubblicato nel 1885 viene finalmente riproposto al pubblico in una nuova edizione curata da Marco Pizzo, responsabile del Museo Centrale del Risorgimento di Roma
Come avviene per tutti i giganti della storia, sulla figura di Carlo Magno è stato scritto tutto e il contrario di tutto. E la costruzione del mito si sovrappone, come spesso accade, alla realtà storica restituendo talvolta un quadro incerto e ambiguo del personaggio. Il caso di Carlo Magno è, da questo punto di vista, emblematico. Come 'accedere" al vero Carlo dopo la Chanson de Roland? In 1200 anni la figura del sovrano carolingio è stata incessantemente recuperata, utilizzata, manipolata fino al suo ultimo avatar che lo vuole padre dell'Europa, una sorta di fusione tra Adenauer e De Gaulle che riconcilia il mondo germanico e quello francese. Districandosi tra le varie ricostruzioni storiche l'autore delinea la 'biografia" di Carlo Magno più veritiera, depurata dagli aloni che nel corso dei secoli hanno avvolto la sua figura