Le storie che popolano queste pagine ci aiutano a capire le radici storiche della complessa realtà mediorientale e a guardare il dolore di uomini che vivono dall'altra parte del globo. Per sentirli fratelli. Per abbracciarli là dove sono e qui, ora che toccano le nostre vite sbarcando in Europa da "migranti". Sono storie che raccontano soprattutto la "forza disarmata della fede": là dove il male sembra trionfare e spegnere la voglia di vivere, tanti cristiani continuano a condividere i bisogni della gente, a sostenerne la speranza, a costruire luoghi di accoglienza, di educazione, di carità aperti a tutti. Come un fiore nel deserto, questa vita attrae, seme di un mondo riconciliato. Pazientemente sofferto e atteso. L'ora prima del miracolo. Già presente.
L'Tsis, la sigla dietro cui opera la nuova minaccia dei terrorismo internazionale, si è affermato in Siria e in Iraq ma attira migliaia e migliaia di combattenti perfino dall'Europa e dagli Stati Uniti. Il segreto di questo "successo" è nelle sue efficaci tecniche di propaganda, simili a quelle utilizzate dalle multinazionali dell'Occidente. Francesco Borgonovo racconta il mondo dell'Isis da una prospettiva inedita, smascherando il micidiale perfezionamento delle tecniche di comunicazione del terrore adottate dai suoi uomini. Un'indagine che si muove tra saggio, cronaca, trattato, intervista e romanzo per arrivare al cuore di una situazione che, lo si voglia o meno, riguarda tutti noi.
Ha ancora senso oggi parlare di Palestina e Israele usando espressioni come "processo di pace", "soluzione a due Stati", "partizione"? Ha senso continuare con un vuoto dibattito politico, facendo il gioco dei sionisti e mantenendo lo status quo? Le tesi di Noam Chomsky e Ilan Pappé raccolte in questo volume ruotano attorno all'idea che i tempi siano maturi per un cambio di rotta. Indugiare sulla questione israelo-palestinese significa condannare all'oblio un'intera popolazione, perciò, secondo i due autori, bisogna denunciare la natura di paese colonizzatore di Israele, spingere la comunità internazionale a prendere una posizione ferma contro le sue politiche d'occupazione e, soprattutto, ragionare in funzione di un unico Stato multietnico, dove palestinesi e israeliani possano convivere nel rispetto reciproco dei diritti umani. Si tratta di un nuovo approccio, i cui cardini scaturiscono innanzitutto dalla necessità di superare l'ipocrisia del lessico israeliano; non più "processo di pace", dunque, ma "decolonizzazione" e "cambio di regime". Come scrive Pappe, c'è bisogno di "un nuovo discorso che analizzi la realtà invece di ignorarla", perciò "se si vuole superare la paralisi concettuale impostaci dalla soluzione a due Stati, chiunque sia nelle condizioni di farlo - a qualsiasi livello - dovrebbe proporre una struttura politica, ideologica, costituzionale e socioeconomica che valga per tutti gli abitanti della Palestina, non solo dello Stato di Israele".
Il giorno in cui, per la prima volta, parlarono a Domenico Quirico del califfato fu un pomeriggio, un pomeriggio di battaglia ad al-Quesser, in Siria. Domenico Quirico era prigioniero degli uomini di Jabhat al-Nusra, al-Qaida in terra siriana. Abu Omar, il capo del drappello jihadista, fu categorico: "Costruiremo, sia grazia a Dio Grande Misericordioso, il califfato di Siria... Ma il nostro compito è solo all'inizio... Alla fine il Grande Califfato rinascerà, da al-Andalus fino all'Asia". Tornato in Italia, Quirico rivelò ciò che anche altri comandanti delle formazioni islamiste gli avevano ribadito: il Grande Califfato non era affatto un velleitario sogno jihadista, ma un preciso progetto strategico cui attenersi e collegare i piani di battaglia. Non vi fu alcuna eco a queste rivelazioni. Molti polemizzarono sgarbatamente: erano sciocchezze di qualche emiro di paese, suvvia il califfato, roba di secoli fa. Nel giro di qualche mese tutto è cambiato, e il Grande Califfato è ora una realtà politica e militare con cui i governi e i popoli di tutto il mondo sono drammaticamente costretti a misurarsi. Questo libro non è un trattato sull'Islam, poiché si tiene opportunamente lontano da dispute ed esegesi religiose. È soltanto un viaggio, un viaggio vero, con città, villaggi, strade e deserti, nei luoghi del Grande Califfato.
"Questo libro è una piccola gemma: una materia incandescente racchiusa in una forma lieve. Le brevi frasi di ogni lettera, come in un'antica incisione, ci regalano una mappa dettagliata e inedita di terre, personaggi, visioni sconosciute, disegnata attraverso l'occhio di un viaggiatore esperto ed equilibrato (ma anche incantato), che approfitta di uno straordinario punto di vista, quello di un diplomatico a cui si aprono molte porte chiuse ai comuni mortali. Ed è da Damasco - da quella terra antichissima e martoriata che è la Siria - che si irradiano i viaggi e le riflessioni di Laura Mirakian, qualche anno prima della catastrofe attuale, quando forse si sarebbe potuto imboccare un'altra via per la salvezza di quei fragili stati e di quei popoli. Pagina dopo pagina il lettore diventa testimone di un'inedita ed efficace narrazione, in cui scorrono eventi epocali come la morte di Hafez Al-Assad, le feste degli armeni che hanno appena conquistato l'indipendenza, le istanze dei curdi, le lunghe messe in arabo dei melchiti, il fermento della borghesia imprenditoriale sunnita, il progressivo ritorno del velo femminile. È un importante frammento di una storia infinita". (Dalla prefazione di Antonia Arslan)
Le decapitazioni dei prigionieri. La pulizia etnico-religiosa nelle zone occupate dell'Iraq. La proclamazione di un Califfato. Queste sono le cose che i media hanno cominciato a raccontarci nell'estate 2014 sull'Isis, i pochi frammenti di un mosaico nuovo e terribile, a cui il mondo non era pronto. Queste milizie hanno conquistato un territorio più vasto del Texas nel cuore del Medio Oriente, hanno dissolto i confini dettati dal colonialismo occidentale un secolo fa, hanno costretto gli Usa a tornare a bombardare l'Iraq. Ma chi sono, da dove vengono, come hanno fatto a diventare così potenti, e fin dove possono arrivare? In questo libro Loretta Napoleoni, uno dei massimi esperti di terrorismo internazionale, offre al grande pubblico il ritratto dell'Isis, il cui stesso nome è mutato molte volte, a seconda delle diverse condizioni sul campo e nel sistema mediatico. Perché, scrive Napoleoni, "quel che distingue questa organizzazione da ogni altro gruppo armato che l'ha preceduta e quel che ne spiega l'enorme successo sono la sua modernità e il suo pragmatismo". Questa nuova minaccia punta a un ambiziosissimo obiettivo: far nascere dalle ceneri dei conflitti mediorientali non un gruppo terroristico, ma un vero e proprio stato, con un suo territorio, una sua economia e un'enorme forza di attrazione per i musulmani fondamentalisti di tutto il mondo.
"Cosa c'è in me di così spaventoso da volerlo coprire? Che cos'ho che non va?" È il 1983, e Abnousse ha sei anni quando per la prima volta si ribella ai guardiani della Rivoluzione spogliandosi e correndo nuda per il cortile della sua scuola a Teheran. Per suo padre, un intellettuale liberale che ha scelto di crescerla incoraggiando la sua ostinazione, l'esilio è l'unica via d'uscita: "Non si può fare granché quando si è prigionieri. Bisogna liberarsi. E impossibile negoziare la propria libertà. La si sceglie e la si prende". A Parigi, però, Abnousse scopre che la libertà è profondamente diversa da come se l'era sognata, e questa volta è con la letteratura che sceglie di combattere i "signori della morale": è nei libri infatti che scopre un mondo unico, dove uomini e donne sono uguali, dove a forza di letture, dibattiti, dubbi ed esperienze, le eroine possono vivere la vita quale dev'essere, liberata da pregiudizi, paure e convenzioni. Può la semplice lettura di un romanzo diventare un atto politico? Sì. se come ha scritto Nabokov "la curiosità è insubordinazione allo stato puro". Dalle parole trasformate in carne degli scrittori libertini ai "Versi Satanici", da Colette a Victor Hugo, da Simone De Beauvoir a Madonna, questo è uno straordinario libro sui libri, una storia di resistenza contro l'oppressione, un'appassionata rivendicazione del diritto alla libertà.
Dal X all'VIII secolo prima dell'era cristiana due regni ebraici sono vissuti fianco a fianco: Israele a nord e Giuda a sud. Scritti a Gerusalemme, capitale di Giuda, a partire dal VII secolo, i testi biblici presentano il Regno del Nord come empio, e come maledetti i suoi re. Biblisti e storici hanno largamente seguito questa ricostruzione, sapendo che Israele era stata un'entità politica ed economica ben più importante e potente rispetto al piccolo regno di Giuda, ma senza mai tentare di scriverne le vicende. Proseguendo il percorso intrapreso in altre sue opere Finkelstein accetta la sfida e presenta una storia di questo regno dimenticato. Il volume, che nasce da un ciclo di conferenze tenute al Collège de France, ha ottenuto il premio Delalande-Guérineau.
Quali sono le finalità e le possibili conseguenze delle azioni di al-Qaida e dello Stato Islamico in Iraq, Siria e Libano? Nel luglio 2014 a Mosul è stata messa in atto la prima espulsione di un'intera comunità cristiana da una terra araba, rendendo concreta la prospettiva di un Medio Oriente senza cristiani, già evocata da decenni di inarrestabile flusso migratorio. Determinati a contrastarlo, i cristiani orientali appaiono a un bivio, lo stesso che li divide dalla fine dell'impero ottomano. Le testimonianze raccolte in questo libro raccontano la devastazione della Siria, dell'Iraq e la destabilizzazione del Libano come capitoli non di una guerra di religione ma di disegni egemonici, a cominciare da quello khomeinista e arrivando fino a quello del sedicente Califfo. Si ricostruisce così il filo di un confronto che si è fatto più radicale davanti alle Primavere arabe, tra chi le ritiene illusioni e davanti all'orrore pensa di affidarsi a nuovi protettori, e chi invece propone la via che, con il concorso di tutte le comunità, pose termine alla guerra civile libanese: la costruzione della comune cittadinanza.
Che cos'è l'ISIS e cosa si nasconde dietro la proclamazione del "Nuovo Califfato Globale"? Dove ci porterà il jihad lanciato contro l'Occidente che in pochi mesi ha conquistato le terre di Libia, Iraq e Siria? Chi sono i jihadisti senza volto che parlano italiano, francese, inglese, tedesco e mozzano le teste agli infedeli occidentali? I miliziani del sedicente Stato Islamico, maestri d'indottrinamento feroce, hanno conquistato le terre del petrolio fino all'Egitto annunciando la restaurazione dell'impero musulmano. Hanno manipolato le menti e i cuori di migliaia di ragazzi europei trasformandoli in boia. Lo stanno facendo con le migliaia di profughi dell'Africa, che respinti dall'Europa ricca vanno cercando qualcosa in cui credere. Sono un esercito enorme dotato di armi sofisticate. Il coltello si usa per sgozzare le gole dei prigionieri in "esecuzioni esemplari" da mostrare sul web. Non sono più sparuti terroristi, ma migliaia di soldati ben addestrati e ben pagati, molti dei quali reclutati a Londra, Parigi e persino nel Veneto italiano. Khaled Fouad Allam, massimo esperto in Italia di questioni mediorientali, dipana un'intricata matassa cominciando dalla storia del primo jihadista europeo diventato terrorista nel 1995. L'autore rintraccia le radici dell'euro-terrorismo, entrando nella psicologia del moderno radicalismo islamico che si serve di Internet per cercare consenso e globalizzare la paura...
"Appassionato lettore di romanzi d'avventura, avevo sviluppato un romanticismo epico coloniale che mi aveva indotto a unirmi alle formazioni giovanili fasciste di scherma e di equitazione. Questi sport mi aiutarono in seguito, almeno in parte, ad assorbire lo shock delle leggi razziali che posero fine alla mia vita spensierata". Potrebbe essere l'inizio di un romanzo di Joseph Conrad. O di un bel romanzo di formazione. E il libro di Vittorio Dan Segre questo è, tra le altre cose. Ci sono biografie che assomigliano a romanzi. Leggendole si ha l'impressione di ascoltare la voce di un narratore che racconta fatti forse mai avvenuti. Non è il caso di questo racconto di una vita vissuta sotto il segno dell'azione e dell'inquietudine. Nelle sue pagine scorre una moltitudine di personaggi reali, affiorano frammenti di vita pubblica e privata narrati con l'inventiva del consumato romanziere: gli anni dell'adolescenza in Piemonte, la Palestina prima e dopo la nascita dello Stato di Israele, gli affetti e le passioni, la fede, gli intrecci di bene e di male, i successi e i fallimenti. La qualità della scrittura di Segre, la sua lucidità nel ripercorrere un'esistenza che a tratti può apparire disperatamente romantica, la sua capacità di dare consistenza romanzesca agli eventi privati, si spiega forse con la vocazione narrativa della vita stessa dell'autore.
Mehran, sei anni, entra nel salotto dell'appartamento di Kabul, prende la mira su Jenny con la pistola giocattolo e spara. "Nostro fratello è una femmina" dicono piano annuendo a vicenda le tre sorelle. "Sì, certo" pensa Jenny, mentre aspetta Azita, la madre dei quattro bambini e membro del parlamento afghano. Deve intervistarla per un reportage sui progressi della condizione femminile. Più tardi, di fronte all'album di famiglia, Jenny scopre il mistero delle bacha posh, "ragazze che si vestono come maschi" come le chiamano in Afghanistan. Mehran è una di loro. Non è stato facile per Jenny raccogliere informazioni, perché non è una cosa di cui gli afghani parlano con gli stranieri. "La segregazione stimola la creatività" le ha detto qualcuno. Sono tante queste ragazze nascoste, maschi agli occhi del mondo, costrette a tornare donne per sposarsi e fare figli al giungere della pubertà. Alcune di loro si ribellano e si battono per restare uomini, come Shaded che fa parte di un corpo paramilitare. O come Nader che va in moto e guida la macchina e che, a 35 anni, spera di aver superato l'età in cui può essere chiesta in sposa e di poter restare uomo. "Sono libera. Non voglio entrare in prigione." Dalla penna di una giornalista Premio Pulitzer, le storie di alcune bacha posh si intrecciano nel rivelatore racconto corale di una resistenza sotterranea e tutta al femminile.