Rivedere la Costituzione è un tema all’ordine del giorno nel dibattito politico italiano. Per attuare innovazioni e miglioramenti, è però essenziale conoscerla a fondo e saperla interpretare. Questo libro, curato da uno dei politologi più importanti del nostro Paese, offre gli strumenti più efficaci per farlo: a partire da un’ampia introduzione che inquadra storicamente la Costituzione, anche attraverso il confronto con i modelli stranieri, e che discute la sua funzione presente e futura, in rapporto alle istituzioni europee e alle esigenze della globalizzazione. Il volume offre inoltre al lettore un commento ricco e puntuale dei diverse articoli e un “Lessico politico-costituzionale”, che propone in ordine alfabetico e analizza in breve schede una serie di concetti connessi ai temi trattati nella Costituzione e nel commento, spesso di forte rilievo nel dibattito attuale.
Suzanne Césaire (1915-1966) è stata, con suo marito Aimé, l’anima della rivista Tropiques, che all’inizio degli anni Quaranta, durante la guerra mondiale, pubblicò in Martinica alcuni numeri che furono un pilastro per il movimento della negritude e per il pensiero anticoloniale internazionale. Inediti in italiano, qui pubblichiamo i testi di Suzanne, protagonista dell’avventura letteraria e culturale che costituì la base del movimento politico della decolonizzazione nella Martinica e nei Caraibi, e che ebbe enorme influenza sulla situazione africana.
Il volume racconta con testimonianze pregnanti anche lo straordinario incontro tra i Césaire e un gruppo di intellettuali esuli dalla Francia occupata dai nazisti. Tra questi esuli, André Breton e altri surrealisti che trovarono per caso in libreria la rivista e il Diario del ritorno al paese natale, capolavoro di Aimé Cesaire (Jaca Book, 1978/2004). Un incontro culturalmente epocale, un’amicizia che proseguirà nella Parigi liberata e renderà i surrealisti portavoce di quanto espresso da Tropiques e da Suzanne Césaire. Il colonialismo, che crea un’espropriazione radicale nei paesi colonizzati, produce altresì una cecità culturale nei paesi colonizzatori. Tutto viene camuffato. Suzanne svela con grazia e decisione le origini di questo imbroglio: antropologia, letteratura e politica sono gli ambiti del suo disvelamento.
Le domande cruciali di alcuni protagonisti della storia politica diventano la cifra del loro stesso pensare: per Marco Minghetti – esponente della Destra storica, spirito critico animato da intenti liberali – il quesito fondamentale riguardava lo Stato. Questi scritti ne presentano uno scorcio, nel suo aspetto più problematico: il rapporto fra cittadino e Stato, declinato alla luce delle difficoltà che l’Italia unita deve affrontare. La nervatura di fondo di questo rapporto va a toccare i nuovi compiti dello stesso Stato di diritto nelle società allora contemporanee: questioni che intrecciano l’economia, la morale e il diritto, la legislazione sociale, la gestione dei servizi pubblici da parte dello Stato, ridefinendo il senso del liberalismo. Un pensiero attento a non perdere di vista l’interesse pubblico di fronte agli interessi individuali, rifiutando ogni forma di pregiudizio dottrinario.
Pagine che potrebbero essere scritte ai nostri giorni: dove l’analisi dello storico si fa riflessione sul presente, trascendendolo con esiti che ben si possono definire classici.
La strada verso l'integrazione in Europa sembra, in questi anni, sempre meno percorribile e la sensazione è che questo paese, dotato di un'economia in forte crescita e sempre piú importante e attivo sul piano internazionale, si stia allontanando. C'è insomma, il rischio che l'Europa perda la Turchia: ma è solo colpa delle istituzioni e dei governi europei se ciò sta avvenendo? Non ci sono altrettante forze e spinte all'interno della nazione turca che cercano di allontanarsi dall'Occidente? Marco Ansaldo ha voluto, con questo libro, togliere il punto interrogativo alla domanda «Chi ha perso la Turchia?», «l'ipocrita punto di domanda sempre privo di risposte, e tentare un'individuazione del problema e l'incarnazione dei suoi responsabili. Qui si fanno i nomi. Di uno schieramento e dell'altro». Un viaggio nella storia, nella geografia e nella società di un paese cruciale, che forse l'Europa non può permettersi di tenere fuori dalla porta.
Dai moti di piazza Tien an Men al crollo del Muro di Berlino e alle proteste contro il G8 e il WTO, l'età globale è contrassegnata dalla disobbedienza, tornata sulla ribalta della storia dopo lunghi anni di silenzio. Il volume offre una ricostruzione sistematica dei modi in cui la disobbedienza è stata elaborata, sostenuta e criticata nella storia del pensiero politico occidentale. In un percorso che va da Antigone agli hacker contemporanei ne è esaminata la comparsa nel lessico politico e ne sono ricostruite le diverse manifestazioni, nell'intento di mostrare come la sua ricchezza semantica sia ben più ampia della lettura "liberale" con cui essa è stata identificata, soprattutto negli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Non un'alternativa moderata della rivoluzione e della ribellione, ma un diverso modo di intendere la politica radicale, fondato sulla sottrazione e la defezione dall'ordine costituito.
Raffaele Laudani è assegnista di ricerca presso l'Università di Bologna. Ha insegnato alla Columbia University di New York. Con il Mulino ha pubblicato "Politica come movimento. Il pensiero di Herbert Marcuse" (2005).
Con una nuova introduzione di Michele Salvati, si ripropone qui uno dei testi che hanno segnato il dibattito sul ripensamento della politica nel mondo globalizzato. Giddens si interroga sui caratteri e sul ruolo che deve avere oggi una politica radicale, dopo il declino della prospettiva socialista e il progressivo svanire dei profili tradizionali della destra e della sinistra. Alla crisi di un mondo che ha sfidato i limiti dell'ordine naturale e sociale è possibile rispondere soltanto con una politica che vada oltre contrapposizioni ormai fuori corso, e che, attingendo dal conservatorismo filosofico alcuni principi di base (protezione, conservazione, solidarietà), li metta al servizio di obiettivi appartenenti al patrimonio tradizionale della sinistra: la liberazione, l'emancipazione, l'uguaglianza.
Anthony Giddens, fra i maggiori sociologi del nostro tempo, ha insegnato nell'Università di Cambridge ed è stato direttore della London School of Economics. Le sue opere edite dal Mulino sono: "Le conseguenze della modernità" (1994), "Durkheim" (1998), "Il mondo che cambia" (2000), "La trasformazione dell'intimità" (1995) e "Fondamenti di sociologia" (2006).
Un libro lucido e appassionato che ricostruisce gli anni cruciali per la Democrazia Cristiana, che proprio in quegli anni conosce la fase del tramonto, ma anche per la storia politica e istituzionale del Paese. Una testimonianza vivida di quegli anni che non mancherà di interessare e coinvolgere il lettore.
Quando si considera l'Africa contemporanea dal punto di vista politico, generalmente si pensa soltanto al colonialismo e al post-colonialismo, allo sfruttamento indiscriminato delle risorse e all'instabilità dei sistemi di governo. Questo libro affronta la questione da un punto di vista radicalmente diverso e fortemente innovativo, riportando al centro dell'analisi la vita quotidiana delle persone nel loro rapporto con le dinamiche politiche, ed esaminando criticamente le teorie politiche elaborate nel e sul continente africano. "Africa" inaugura la serie "teorie politiche del mondo" della collana Cronografie: un approccio nuovo e destinato ad alimentare un acceso dibattito, che rimette in discussione il pregiudizio occidentale dell'arretratezza del pensiero politico nel sud del mondo, da troppo tempo considerato come luogo di "esportazione" della democrazia.
Questo è un libro appassionato, saggio, lucido, capace di guardare in modo approfondito sia al passato che al futuro. È un regalo ai giovani che oggi si sentono smarriti e non per mancanza di obiettivi. La causa della loro inquietudine è il mondo che ricevono in eredità e i pochi mezzi che hanno per trasformarlo. Questo libro, summa degli interessi di una vita intera, è dedicato al loro futuro e a tutti noi che vogliamo farne parte.
I ricchi, come i poveri, ci sono sempre stati. Ma rispetto al resto della popolazione i ricchi, oggi, sono più ricchi e più numerosi di qualsiasi altra epoca di cui si abbia memoria. Il privilegio privato è facile da capire e da descrivere. Più complicato è spiegare l'enormità dello squallore pubblico in cui siamo precipitati. La povertà è un'astrazione, perfino per i poveri, ma i sintomi di un impoverimento collettivo sono tutti intorno a noi. Qualcosa che non va c'è, e non è trascurabile. Se una simile, grottesca disuguaglianza persisterà, perderemo qualsiasi senso di fratellanza; e la fratellanza, per quanto fatua come obiettivo politico, è la condizione necessaria della politica stessa. Inculcare il senso di uno scopo comune e di una dipendenza reciproca per molto tempo è stato visto come il pilastro di qualsiasi comunità. Sappiamo da sempre che la disuguaglianza non è solo fastidiosa moralmente: è inefficiente. L'egoismo è scomodo perfino per gli egoisti.
Guasto è il mondo è una sfida politica alla politica: farci carico dei mali della nostra società e immaginare un modo migliore di vivere.
Indignatevi! è un pamphlet liberatorio e corrosivo di Stéphane Hessel, diplomatico francese, ex partigiano, novantatreenne combattivo che ha conquistato con questo testo migliaia di lettori. Dove sono i valori tramandati dalla Resistenza, dove la voglia di giustizia e di uguaglianza, dove la società del progresso per tutti? A ricordarci le cose che non vanno sono gli eventi di una quotidianità fatta di ingiustizie e di orrori come le guerre, le violenze, le stragi. Hessel parte da qui, per indicare a tutti quali sono i motivi per cui combattere e per cui tenere alta l’attenzione. L’indignazione è il primo passo per un vero risveglio delle coscienze, e il grido di Hessel ce lo ricorda con fermezza e convinzione.
Quando si affronta il tema del Mediterraneo, in primo luogo si deve considerare la sua stessa identità, quale il suo nome suggerisce: di mare posto in mezzo alle terre, che al tempo stesso separa e unisce popoli diversi: crocevia, luogo di incontro, spazio geografico definito dal suo stesso nome, luogo ove si è svolta una parte così rilevante della vicenda storica dell’umanità. Oggi, come già nei secoli passati, il Mediterraneo pone dunque il problema dell’incontro fra culture, civiltà, religioni, e suscita quindi un interrogativo profondo, affrontato in maniera varia e puntuale nei saggi che compongono il volume: è possibile, nella nostra epoca, mantenere al Mediterraneo quel carattere di luogo di incontro tra popoli diversi, ciascuno con la propria cultura, la propria religione, la propria anima, che conservino inalterata la propria identità e tuttavia si confrontino e dialoghino in pace?
La Cattedra “Luigi Sturzo” di Caltagirone incominciò i suoi corsi nel 1983, quando sulla scena interna e internazionale già si profilavano mutamenti assai significativi, mutamenti che mettevano sempre più a nudo le contraddizioni interne a un tipo di sviluppo della società italiana invano denunciate dalla lungimirante analisi di don Sturzo. Fu questo che mosse alcuni esponenti della cultura cattolica italiana, formatisi alla scuola del popolarismo sturziano, ad avvertire la necessità di dar vita a un costante impegno formativo indirizzato a favore delle nuove generazioni, affinché crescessero professionalmente più preparate ai nuovi compiti posti dai mutamenti strutturali nel frattempo sopravvenuti nella società, e al tempo stesso spiritualmente e moralmente formate sugli ideali del cattolicesimo democratico, secondo la grande lezione di don Luigi Sturzo e di quanti si erano formati alla sua scuola.
Con la collaborazione scientifica dell’Istituto Sturzo di Roma e poi in convenzione con la LUMSA, ancora oggi la Cattedra di Caltagirone realizza annualmente corsi per l’approfondimento dei problemi della società contemporanea alla luce del pensiero politico e sociologico di Luigi Sturzo.
Il tempio di Apollo a Selinunte ingabbiato per undici anni dalle impalcature perché nessuno le smonta. La campagna veneta di Palladio e del Giorgione "intossicata, sconquassata, rosicchiata, castrata", come dice il poeta Andrea Zanzotto, da un caos di villette, ipermercati e capannoni. I mosaici di Pompei che si sgretolano perché l'ultimo mosaicista è in pensione da un decennio mentre il commissario compra mille bottiglie di vino "pompeiano" da 55 euro e ne spende 103mila per censire 55 cani randagi. La tenuta agricola di Cavour tra le risaie vercellesi cannibalizzata dai teppisti. L'inestimabile villaggio preistorico di Nola affogato nell'acqua perché la pompa non funziona. La tracotanza di un abusivismo che, di condono in condono, è salito a 4 milioni e mezzo di alloggi nei quali vivono undici milioni di italiani. Le uniche ricchezze che abbiamo, il paesaggio, i siti archeologici, i musei, i borghi medievali, la bellezza, sono sotto attacco. Un incubo culturale, un'angoscia economica. Eravamo i primi al mondo nel turismo: siamo precipitati per competitività al 28° posto. E il portale italia.it, costato milioni di euro, è 184.594° fra i siti web più visitati del pianeta. Una classe dirigente seria sarebbe allarmatissima. La nostra no. Anzi, la cattiva politica è tutta concentrata su se stessa. E si tiene stretti tutti i privilegi. Le sole auto blu costano due volte e mezzo l'intero stanziamento per i Beni culturali, dimezzato in 10 anni. La serrata denuncia di uno scempio.