Il libro ricostruisce la storia recente delle politiche giovanili nel nostro paese attraverso la recente e ambiziosa esperienza del Forum Nazionale Giovani, la piattaforma nazionale di rappresentanza permanente riconosciuta dall'Unione Europea. Un approfondimento per riflettere sul passato, presente e futuro dell'attività politica delle nuove generazioni.
I grandi mutamenti politici e istituzionali, che hanno sconvolto l'Italia a partire dagli anni Novanta, non hanno ancora trovato un inquadramento analitico soddisfacente. Abbondano metafore alquanto ingannevoli che parlano di seconda e addirittura di terza repubblica, ma si tratta solo di formule ad effetto che non aiutano a comprendere i processi reali. Il libro propone una riflessione d'insieme per interpretare i nuovi paradigmi costituzionali e per scandagliare i soggetti sociali ed economici emergenti che ridisegnano la mappa dei nuovi poteri. Il quadro che emerge dalla ricognizione del caso italiano dopo il collasso dei partiti storici, descrive un lento crepuscolo del politico dinanzi al rilievo preponderante assunto da denaro e media. Il rischio incombente è che la crisi della rappresentanza politica e sociale conduca ad una malattia mortale della sfera pubblica dalla quale possa emergere il capo carismatico quale commissario di una repubblica minata dal populismo e dal leaderismo. La gravità della crisi italiana rilancia con forza le prospettive di un costituzionalismo democratico quale antidoto alla deriva da tempo in atto delle culture istituzionali.
L'Europa, i contadini, i consumatori: il movimento per la sovranità alimentare
2013, fine della Politica Agricola Comune (PAC) dell’Unione Europea? Molto bene, potremmo dire. Poiché, dopo tutto, i suoi danni sociali, ambientali e nei paesi del Sud forse non giustificano i 50 miliardi annui di questa politica europea. Non bisogna però dimenticare che la PAC, fondata cinquant’anni fa, aveva altri obiettivi: assicurare la sicurezza alimentare, la stabilità dei mercati e prezzi ragionevoli per i contadini come per i consumatori. Per questo occorreva attuare, a livello europeo, una regolamentazione forte dei mercati. A chi giova oggi il suo smantellamento, in un contesto di liberalizzazione dei mercati agricoli? Ai paesi esportatori più ricchi, che hanno costretto i paesi poveri a sopprimere le loro protezioni doganali, pur sostenendo con massicce sovvenzioni la propria esportazione agricola. Alle multinazionali, che ora possono rifornirsi a costi più bassi. Il 2008 e il 2009 sono stati segnati dalla crisi mondiale dei prezzi alimentari e dalle «rivolte della fame». L’Unione Europea non è forse una delle prime responsabili, trovandosi alla guida di organismi come l’OMC, la Banca Mondiale, il FMI, cantori della deregulation dei mercati agricoli? Lo smantellamento della PAC è uno dei passaggi centrali di questo gioco mortifero. Il mito neoliberista è a corto di fiato. Non può risolvere le gravi crisi planetarie che ha creato. Rifondare la PAC in favore di un’agricoltura contadina, ecologica e che offra lavoro e di una alimentazione di qualità per tutti: non è un’utopia, è una necessità, dinanzi alle crisi alimentare, ecologica ed economica. Delle alternative credibili esistono: esse implicano il rispetto del diritto alla sovranità alimentare e una regolazione internazionale degli scambi basata sulla solidarietà e la salvaguardia delle risorse naturali.
L'idea di laicita', il rapporto tra cultura e integrazione, la questione antropologica, l'educazione, la famiglia, il rapporto della persona con i processi economici e con la giustizia: scandagliando i temi piu' rilevanti del dibattito pubblico, Gaetano Quagliariello delinea in questo libro gli antidoti culturali affinche' nella societa', e fra i piu' giovani, non si affermi un'altra religione civile basata sulla ideologia dell'autodeterminazione, sul relativismo, sul nichilismo. E interpreta il senso dell'appello per una nuova generazione di cattolici in politica che dalla Chiesa proviene sempre piu' pressante.
Negli ultimi due decenni si è parlato poco di disuguaglianza, rispetto, per esempio, alla crescita, al debito pubblico, agli andamenti finanziari e, ovviamente, alla crisi scoppiata a fine 2008, che solo molto indirettamente viene collegata a essa. Certo è stato detto che la disuguaglianza è alta, ma poco altro: non si è mai discusso se sia accettabile, quasi che possa essere soltanto pesata e non valutata. Il punto importante è invece proprio analizzare e discutere, a livello culturale e politico, le disuguaglianze accettabili. Il libro lo fa, con riferimento all’Italia anche in confronto con altri paesi, ripercorrendo in modo rigoroso, documentato e accessibile i cambiamenti intervenuti nella distribuzione dei redditi negli ultimi anni e i meccanismi più profondi del fenomeno, inclusa la trasmissione intergenerazionale della disuguaglianza; fornendo dati assolutamente inediti sulla percezione e l'atteggiamento rispetto a essa, e indagando le ragioni per cui le alte disuguaglianze non generano le reazioni che ci si potrebbe aspettare.
La trasformazione dell'avversario politico in nemico, la contestazione della sua legittimità come competitore nella lotta per il potere: sono queste le dinamiche che hanno portato lo scontro politico in Italia a livelli sempre più aspri. Il carattere rissoso della politica italiana non è però solo un fenomeno nazionale, è anche la spia di processi di delegittimazione dell'avversario che rimandano alla stessa natura del conflitto politico nella società contemporanea. Regimi e partiti politici sono stati spesso al centro di un'opera di delegittimazione messa in atto da avversari a volte inconsapevoli degli effetti degenerativi prodotti dal ricorso a tale arma, e sono state proprio le democrazie a subire i danni maggiori per tali azioni. Il volume esplora i processi di delegittimazione nell'Europa dell'Otto e Novecento, con una chiave di lettura storico-comparata e con l'obiettivo di offrire un contributo alla riflessione sui meccanismi che la determinano.
Fulvio Cammarano insegna Storia contemporanea nella Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Bologna ed è direttore della rivista "Ricerche di Storia Politica". Tra i suoi libri: "Storia politica dell'Italia liberale. L'età del liberalismo classico 1861-1901" (Laterza, 1999) e "Storia contemporanea. Dal XIX al XXI secolo" (Le Monnier Mondadori, 2009, con G. Guazzaloca e M.S. Piretti). Stefano Cavazza insegna Storia contemporanea nella Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Bologna. Tra i suoi libri per il Mulino: "Piccole patrie" (II ed. 2003) e "Dimensione massa" (2004).
In sedici giorni avviene tutto. Avviene che quattro donne realizzate nel lavoro e negli affetti prima si scontrino, poi si conoscano e perfino si amino. Avviene, soprattutto, che il procuratore Del Campo venga a capo di un maledetto intrigo, in cui è difficile conciliare il senso della legge con il desiderio di giustizia. Il mistero si infittisce quando quella che sembra solo una torbida vicenda giudiziaria inizia a mostrare il volto terribile della corruzione politica, della criminalità economica e dell'ipocrisia ecclesiastica. Il procuratore Del Campo si rende conto di procedere su un terreno minato eppure avanza. Fino all'ultima pagina.
La Comunità di Sant'Egidio negli scenari internazionali
Comunità di Sant'Egidio
Onu di Trastevere? Formula italiana di risoluzione dei conflitti? Diplomazia parallela? Sono svariate le definizioni della Comunità di Sant’Egidio per le sue attività pacificatrici internazionali.
Premio Balzan per la Pace e Premio Unesco per la Pace, in prima linea nel dialogo interreligioso e in molte aree calde
del globo, la storia – unica nel suo genere – di come la Comunità di Sant’Egidio è diventata un soggetto decisivo
nella soluzione di guerre civili e conflitti internazionali non è mai stata raccontata. Per la prima volta in questo libro si presenta un’analisi delle principali iniziative di pace di Sant’Egidio. Almeno di quelle che non sono più riservate o in corso. Dal Mozambico all’Algeria, dal Guatemala al Burundi, dall'Albania al Kosovo, dalla Liberia alla Costa d’Avorio, fino all'impegno - non meno pacificatore - per sconfiggere l’Aids in Africa e per eliminare la pena di morte nel mondo.
Un duplice messaggio: che la pace è sempre possibile. Che tutti, dal diplomatico professionale al volontario,
medico o malato, possono contribuire alla pace.
In un'epoca di profondi cambiamenti, che non trovano facili spiegazioni nelle ideologie tradizionali e nelle teorie generali, si evoca l'idea di globalizzazione per dare un senso alle questioni più disparate. Come orientarsi in un dibattito spesso confuso e frastornante? Ci aiuta questo libro che, dopo aver tracciato la storia del concetto, delinea le diverse posizioni in campo, riconducibili alle opzioni "globalista" e "scettica", mostrando come esse non esauriscano la complessità del fenomeno, di cui vengono seguite le diverse ramificazioni culturali, economiche, politiche, sociali. In particolare gli autori propongono una serie di analisi specifiche, relative a temi quali i modelli di governance, la violenza organizzativa, il degrado ambientale, i modelli di diseguaglianza ed esclusione.
David Held è docente di Scienza politica alla London School of Economics and Political Science. Il Mulino ne ha pubblicato "Modelli di democrazia" (IV ed. 2007) e "Governare la globalizzazione. Un'alternativa democratica al mondo unipolare" (2007). Anthony McGrew è docente di Relazioni internazionali e direttore della School of Social Sciences nell'Università di Southampton. Con P.G. Lewis ha curato "Global Politics" (1992).
Fino ad oggi gli studi sul processo d'integrazione europea si sono concentrati quasi esclusivamente sugli aspetti politico-istituzionali o su quelli economici, lasciando nell'ombra gli attori sociali che hanno invece contribuito a costituire quella Europa sociale che costituisce parte essenziale della capacità attrattiva dell'attuale Unione europea nella società internazionale. Questo libro si propone di colmare tale lacuna e di contribuire ad arricchire il dibattito sulle prospettive dell'integrazione europea, ricostruendo l'evoluzione storica dal punto di vista delle parti sociali e più particolarmente del movimento sindacale europeo, cogliendo i processi d'interdipendenza tra l'apporto dei sindacati nazionali allo sviluppo dell'unione europea e l'influsso del processo comunitario nella formazione di una identità europea degli attori sociali. Prefazione di Jacques Delors.
Questo libro è un viaggio senza ritorno nei gironi infernali della storia italiana più recente. Racconta infatti quarant’anni di relazioni segrete, occulte e inconfessabili, tra politica e criminalità mafiosa, tra Stato e Cosa nostra. Perno della narrazione è la vicenda di Vito Ciancimino, “don Vito da Corleone”, uno dei protagonisti assoluti della vita pubblica siciliana e nazionale del secondo dopoguerra, personaggio discutibile e discusso, amico personale di Bernardo Provenzano, già potentissimo assessore ai Lavori pubblici di Palermo, per una breve stagione sindaco della città, per decenni snodo cruciale di tutte le trame nascoste a cavallo tra mafia, istituzioni, affari e servizi segreti.
A squarciare il velo sui misteri di “don Vito” è oggi un testimone d’eccezione: Massimo, il penultimo dei suoi cinque figli, quello che per anni gli è stato più vicino e lo ha accompagnato attraverso innumerevoli traversie e situazioni pericolose. Il suo racconto – che il libro riporta per la prima volta in presa diretta, senza mediazioni, arricchito dalla riproduzione di documenti originali e fotografie – riscrive pagine fondamentali della nostra storia: il “sacco di Palermo”, la nascita di Milano 2, Calvi e lo Ior, Salvo Lima e la corrente andreottiana in Sicilia, le stragi del ’92, la “Trattativa” tra pezzi dello Stato e Cosa nostra, la cattura di Totò Riina, le protezioni godute da Provenzano, la fondazione di Forza Italia e il ruolo di Marcello Dell’Utri, la perenne e inquietante presenza dei servizi segreti in ogni passaggio importante della storia del nostro paese. Attualmente la testimonianza di Massimo Ciancimino è vagliata con la massima attenzione da cinque Procure italiane e non è possibile anticipare sentenze. Non c’è dubbio però che i fatti e i misfatti qui raccontati arrivino dritti al “cuore marcio” del nostro Stato, accompagnandoci in una vera e propria epopea politico-criminale che per troppo tempo le ipocrisie e le compromissioni hanno mantenuto nascosta.
Culla di civiltà e crogiolo di culture, il Mediterraneo ha da sempre costituito un’arena di incontro e il luogo di genesi di processi storico-politici in grado di influenzare lo sviluppo di Oriente e Occidente. Oggi più che mai quest’area è tornata a essere uno dei grandi ‘scacchieri’ delle relazioni internazionali contemporanee. Il Mediterraneo sta vivendo un processo di ridefinizione strategica il cui risultato non è ancora chiaro; e questo proprio nel momento in cui, anche alla luce dei mutamenti nel contesto internazionale del ‘dopo 11 settembre’, diventa sempre più un crocevia in cui i principali attori della politica mondiale definiscono interessi, identità e politiche. Questo volume muove dall’assunto che sia utile analizzare la politica internazionale del Mediterraneo alla luce dei due grandi progetti politici di ridefinizione dello spazio mediterraneo oggi sul tavolo: da un lato, l’idea europea di una regione Euro-mediterranea e, dall’altro, l’idea statunitense di un Grande Medio Oriente. Gli autori dei saggi – accreditati specialisti arabi, europei e americani di relazioni internazionali – esprimono la propria analisi in maniera audace e allo stesso tempo scevra da eccessivi tecnicismi accademici, con l’obiettivo di produrre un quadro che possa essere di forte stimolo al dibattito intellettuale e politico sul futuro del Mediterraneo in un momento in cui questo tema assume sempre più rilevanza non solo nell’agenda politica internazionale, ma anche in quella nazionale.
Gli autori
Elisabetta Brighi insegna Politiche estere comparate all’Università Cattolica di Milano ed è stata Junior Research Fellow di Relazioni internazionali all’Exeter College, Università di Oxford. Ha curato il libro Pragmatism in International Relations (2008). Fabio Petito insegna Relazioni internazionali all’Università di Sussex e all’Università di Napoli ‘L’Orientale’. Ha curato Ritorno dall’esilio: la religione nelle relazioni internazionali (2006) e Civilizational Dialogue and World Order (2009).