Il volume propone ai laureandi in discipline psicologiche le modalità di base della costruzione e scrittura del testo scientifico, con riferimento ai canoni compositivi della letteratura psicologica. La parte iniziale è dedicata all'analisi dei due tipi fondamentali di produzione a cui di norma si ispira una tesi di laurea nelle discipline psicologiche: l'articolo di ricerca e la rassegna. Segue un capitolo sulle operazioni di lettura e scrittura soggiacenti alla composizione della tesi. La parte centrale affronta due requisiti cruciali della scrittura scientifica: la chiarezza - con la presentazione e il commento di testi di diversa qualità tratti da tesi di laurea e dalla letteratura psicologica - e il rispetto delle regole stabilite dalla comunità degli psicologi per un uso corretto e consapevole di tale letteratura. Queste caratteristiche vengono richiamate nella parte conclusiva, in cui la composizione di un articolo di ricerca - e quindi anche di una tesi - viene esemplificata attraverso alcuni esempi desunti da riviste nazionali e internazionali.
Il concetto di dialogo è il perno della sfida teorica da cui l'autore prende le mosse per definire una pratica di cura psicoterapeutica. L'idea che lo guida si identifica con la sua risposta alla fondamentale domanda dell'antropologia filosofica: che cosa significa essere umani? Idealmente, essere umani significa essere in dialogo con l'alterità, ovvero con se stessi e con gli altri. In questa luce, la patologia mentale si delinea come l'esito di una crisi del proprio dialogo con l'alterità e la cura come il dialogo con un metodo finalizzato a ristabilire il proprio incontro con l'alterità. L'incontro con l'alterità è costitutivo dell'esistenza umana ed è essenziale per la costruzione dell'identità. Il suo fallimento innesca la patologia mentale. Il dialogo che cura questo scacco non mira alla negoziazione di un senso condiviso; piuttosto, è un movimento, un esercizio di cooperazione orientato alla reciproca comprensione e, in ultima analisi, alla coesistenza.
La mediazione familiare si presenta come una terra di confine, in cui coesistono termini apparentemente inconciliabili: mentre da una parte si accompagna la coppia durante la separazione coniugale, dall'altra è necessario costruire un nuovo patto che la sostenga nei compiti legati alla crescita dei figli e alla tutela dei legami familiari e generazionali. In questa nuova edizione il modello simbolico trigenerazionale viene presentato in una versione ampliata e completamente revisionata. Nella prima parte, oltre agli sviluppi della mediazione familiare sia nella prassi sia negli aspetti legislativi, si presenta una proposta metodologica per le équipe dei servizi che lavorano con casi complessi di conflittualità familiare. Nella seconda parte il lettore troverà un approfondimento e una riconcettualizzazione del tema della funzione genitoriale applicato all'intervento di mediazione familiare, con la presentazione di nuove tecniche interattive per l'incontro con i figli.
La mindfulness - la consapevolezza che emerge dal porre attenzione al momento presente sospendendo il giudizio - è una strategia mentale che consiste nell'uso intenzionale, focalizzato e non giudicante dell'attenzione, che nella vita quotidiana è invece sempre più distratta e inconsapevole. La mindfulness costituisce una risposta alle difficoltà che insorgono in un'era come la nostra, dominata dalla distrazione e dalla velocità e dove lo sviluppo tecnologico ci ha reso intolleranti, insoddisfatti e incapaci di accettare i limiti. La mindfulness affonda le sue radici nelle grandi tradizioni culturali del passato, disseminate tra Oriente e Occidente, e non è legata a una religione o a una determinata corrente spirituale. Per questa ragione, Emiliano Lambiase e Andrea Marino sviluppano con particolare attenzione il rapporto tra la mindfulness e la dimensione spirituale cristiana.
La cultura, come l'insieme dei codici comportamentali condivisi, è in qualche modo determinata dai tradizionali generi, maschile e femminile, assegnati alla nascita, oppure è da considerarsi svincolata dal sesso cromosomico? Esiste una linea di confine tra il "naturale" e il "culturale", oppure il naturale è riducibile al culturale? La sessualità ha una meta spontaneamente eterosessuale, oppure l'eterosessualità è da considerarsi una tra le molte espressioni della sessualità? L'individuo è un essere da liberare dalla propria designazione culturale, come sostiene l'ideologia gender, oppure è da educare affinché si appropri del suo vero sé? Queste sono alcune domande affrontate in questo libro, il quale si presenta con alcune particolarità. Il pensiero dell'autore, pur anticipato nel titolo del volume, si sviluppa, tuttavia, senza chiusure e preconcetti, ma riflettendo su ogni singolo aspetto delle varie tematiche affrontate, coinvolgendo il lettore nelle diverse e varie letture dei fenomeni analizzati. Due sono le particolarità del libro, la prima è che l'autore, in quanto possiede una formazione psicologica, si pone non da un punto di vista ideologico, ma dal punto di vista del bambino, del suo sviluppo e del suo benessere; la seconda è data dall'intento di accrescere la consapevolezza nel lettore circa le grandi trasformazioni in atto nelle nostre società occidentali, e i possibili pericoli di un'educazione che considera ininfluente la biologia nell'organizzazione della sessualità degli individui.
In questo libro, che è il seguito naturale di "La cura delle infanzie infelici", Luigi Cancrini propone cinque storie, raccontate in prima persona dai bambini che le hanno vissute. Presentate nel modo in cui sono emerse all'interno di una situazione terapeutica dedicata espressamente a loro, le storie aprono scenari in vario modo terribili o affascinanti e fino a oggi del tutto sconosciuti anche per gli addetti ai lavori. Chi si prende cura oggi dei bambini maltrattati o infelici poco si preoccupa, abitualmente, di dare loro l'ascolto su cui sarebbe giusto basare il proprio intervento, e poco o nulla esiste in letteratura, tranne che per i traumi legati all'abuso, sul modo in cui il bambino riflette dentro di sé, nei suoi vissuti e nelle sue esperienze, la complessità dolorosa delle situazioni in cui è costretto a crescere. Naturale e straordinariamente semplice risulta, da questo modo di procedere, l'integrazione delle esperienze elaborate dagli psicoanalisti dell'infanzia, da Klein a Winnicott fino a Bowlby, con quelle dei terapeuti sistemici della famiglia, mentre chiara si presenta, anche per i non professionisti, la necessità di riconoscere il diritto alla psicoterapia per tutti i bambini che soffrono troppo. Evitando lo sviluppo di quelli che sarebbero, in mancanza di questo intervento, i gravi disturbi di personalità dell'adulto.
Massimo Recalcati lavora sulla fisionomia psichica dei figli nel mondo di oggi e indica la possibilità di un superamento dell'Edipo, a partire dalla parabola evangelica del figliol prodigo, che apre una possibilità invisibile al mito greco: quella del ritorno alla legge del padre e della capacità del padre di festeggiare quel ritorno. Perché i nostri figli vivono immersi in un mondo che mai come oggi è quello del godimento cieco e vuoto, e a volte sembrano lontani, forse perduti. Tuttavia, come Recalcati indica, attingendo alla sua esperienza clinica, ma anche lavorando su figure di figlio come Amleto o Isacco, c'è sempre la possibilità che un figlio si ritrovi, e venga ritrovato.
Il volume delinea il costrutto del coparenting come condizione che permette ai genitori di creare un'alleanza e di coordinarsi nell'esercizio della propria funzione cogenitoriale. La "sfida", già lanciata da alcuni ricercatori americani, è quella del divenire genitori insieme all'altro partner genitoriale. Il benessere dei figli viene sempre e comunque co-costruito dalla coppia genitoriale, poiché si è genitori nella misura in cui si è capaci di essere cogenitori. Da questa condivisione di responsabilità, i bambini percepiscono la propria realtà emotiva e educativa in modo genuino.
Un grande scrittore e una psicoterapeuta si confrontano sulla necessità dell'uomo di raccontarsi e di inventare delle storie. J. M. Coetzee e Arabella Kurtz prendono in considerazione la pratica psicoterapeutica, e il suo più ampio contesto sociale, partendo da prospettive diverse, ma al centro di entrambi i loro approcci vi è il comune interesse per la verità e per le storie. Uno scrittore lavora in solitudine, ed è l'unico responsabile della storia che racconta. Il terapeuta, viceversa, collabora con i pazienti per far emergere un racconto della vita e dell'identità del paziente che sia allo stesso tempo significativo e vero. Che tipo di verità le storie create dal paziente e dal terapeuta cercano di scoprire? La verità oggettiva o quella mutevole e soggettiva dei ricordi esplorati e rivissuti durante la relazione terapeutica? Confrontandosi con le opere di grandi scrittori come Cervantes e Dostoevskij o di psicoanalisti quali Freud e Melarne Klein, e discutendo di psicologia individuale o dei gruppi (le classi scolastiche, le bande giovanili, le società coloniali), Coetzee e Kurtz propongono al lettore illuminanti intuizioni sulla nostra capacità - e difficoltà - di analizzarci e di raccontare, a noi stessi e agli altri, le storie della nostra vita.
Eugenio Borgna, nel corso della sua lunga carriera, ha incontrato molte vite: le ha incontrate in manicomio, in clinica, in ospedale, nel proprio studio. Ha ascoltato la loro voce fragile e si è fatto carico di paure, angosce e speranze. Ha cercato di porre un argine al dolore attraverso il dialogo, l'ascolto, l'immedesimazione con l'altro. In queste pagine ricorda alcuni racconti clinici e lo fa sia con la razionalità e la conoscenza del medico, sia anche con i sentimenti e il calore umano dell'uomo consapevole che la psichiatria, oltre ai farmaci, ha bisogno della comprensione, della vicinanza, del riconoscimento e anche della poesia se vuole guardare negli abissi insondabili dell'interiorità. Anna, Francesca, Maria Teresa, Elena, Margherita, Angela. Nomi di fantasia che proteggono sei pazienti, o meglio, sei donne (e con loro altre donne) che provengono da differenti situazioni sociali e familiari, da diverse consapevolezze e gradi di verbalizzazione del sé, ma che condividono un comune sconforto, un comune male di vivere. C'è Francesca che vive la sua depressione all'ombra del senso di colpa per il suicidio di una persona cara. C'è Maria Teresa che non riesce ad accettare la malattia incurabile dell'unica figlia. E Anna che non conosce altro mondo al di fuori di una psicosi che sfalda spazio e tempo davanti ai suoi occhi. E ci sono Margherita, Angela, e la sorella Valeria, prigioniere della dissociazione mentale. Borgna si avvicina alle loro storie, - che potrebbero essere le storie di ognuno di noi, o di qualcuno vicino a noi -, con delicatezza e partecipazione, stando attento a rispettarne le parole ma anche i silenzi e le esitazioni. E interpretando conversazioni terapeutiche, diari e lettere dà vita a ritratti intensi, tratteggiati con una scrittura emotiva, capace, come nessun'altra, di cogliere le più profonde incrinature della mente e del cuore umano.
Questo libro offre una descrizione dei disturbi da uso di sostanza e dei comportamenti di addiction che si manifestano in adolescenza, con l'intento di migliorare la nostra comprensione del problema tramite l'utilizzo di diverse prospettive teoriche. I singoli contributi non vogliono, pertanto, corrispondere a una visione univoca del fenomeno in questione, né tantomeno offrire un quadro esplicativo definitivo, ma offrono un punto di riferimento per lo studio, per il trattamento terapeutico e per gli interventi comunitari rivolti a adolescenti con problematiche connesse all'uso di sostanze o con comportamenti di addiction. Il filo rosso che unifica i singoli contributi è dato pertanto dal comune interesse per il tema, nella convinzione che solo la contaminazione dei saperi può condurre a una conoscenza di fenomeni complessi. Il volume è articolato in tre sezioni: aspetti generali, riferimenti teorici e di ricerca, quadri clinici. In ogni sezione sono presenti contributi di professionisti che hanno una competenza prioritaria nell'adolescenza o nelle dipendenze, da cui emerge anche la diversa prospettiva di osservazione.
Immergersi nel grande mare della tecnologia ostacola nei giovani lo sviluppo di una serie di competenze sociali fondamentali per una crescita sana. Come risultato, rispetto alle generazioni precedenti, i giovani di oggi sono più impacciati nei rapporti sociali, hanno difficoltà a flirtare, non sono in grado di affrontare le paure e i rischi del rifiuto, non hanno modo di provare il batticuore tipico di quando si chiede un appuntamento. Preferiscono "andare sul sicuro", inciampando però nel reale e incrementando il gruppo sempre più numeroso di timidi sociali. Non solo. Ciò che si teme adesso, dato lo sviluppo di tecnologie in grado di realizzare oggetti tridimensionali virtuali creati appositamente per soddisfare i desideri sessuali primari, è che la pornografia diventi sempre più interattiva e coinvolgente al punto da far sembrare le relazioni sentimentali reali sempre meno attraenti. Di fronte all'incalzare della tecnologia e dei fatturati a nove zeri del mondo digitale, dei videogame, del sesso virtuale, cosa può fare l'uomo comune? Come possono le istituzioni aiutare i giovani a non cadere preda di certe trappole destinate a bloccare e ad ostacolare il normale sviluppo emotivo, personale e sociale dell'individuo? Pieno di racconti e aneddoti, ma anche di suggerimenti concreti, "Maschi in difficoltà" è un libro per il nostro tempo.