Il 7 giugno 2017 è entrato in vigore il "decreto vaccini" che ha reso obbligatorie dodici vaccinazioni per l'età pediatrica (poi ridotte a dieci), pena l'esclusione dagli asili e sanzioni pecuniarie per i genitori. Il decreto è stato emesso sull'onda dell'allarme seguito al calo delle vaccinazioni, di alcuni decessi causati dal morbillo e della crescente esposizione mediatica dei cosiddetti "no-vax". Ma l'allarme era giustificato in quelle proporzioni? Già prima del provvedimento, a non vaccinare i propri figli era una sparuta minoranza e le malattie più gravi contro cui ci si vaccina erano sparite nel nostro Paese. Intervenire estendendo e rinforzando l'obbligatorietà è stata la scelta giusta? E costringere i medici ad accettare senza condizioni il nuovo calendario vaccinale, anche con la minaccia della radiazione, ha giovato all'autorevolezza e all'indipendenza della professione sanitaria? Che cosa implicano, dal punto di vista etico e politico, queste imposizioni? Portando l'analisi dalla situazione italiana a quella internazionale dei mercati farmaceutici e della regolazione, gli autori denunciano la tendenza a ridurre la complessità e l'evoluzione delle conoscenze scientifiche a verità dogmatiche con cui dividere, discriminare e governare la società. Nel caso dei vaccini e della salute, come già in quello dell'economia e delle politiche contemporanee in generale, la presunta natura "tecnica" e "inevitabile" delle decisioni erode sempre più pericolosamente gli spazi della democrazia. Prefazione di Giancarlo Pizza.
Analizzando le migliaia di pagine riguardanti l’omicidio di Nada Cella, si potrebbe arrivare a pensare che molto sia stato fatto, che ogni pista sia stata seguita con scrupolo, che ogni indagine possibile sia già stata effettuata. Che, insomma, non ci sia altro da fare.
Ma si tratta di un’impressione che svanisce molto rapidamente se ci si addentra con la dovuta attenzione all’interno di quelle carte, come hanno fatto gli autori di quest’opera.
Ci sono ancora molte domande a cui è possibile fornire una risposta coerente. Domande rimaste sospese tra i fili di un’indagine che, giorno dopo giorno, si è trasformata in una complessa matassa da sbrogliare. E allora cerchiamo di rimettere tutti i pezzi di questo complesso puzzle al loro posto. Poi ci concentreremo sulle tessere mancanti e tenteremo di colmare l’abisso che ci separa dal consentire ai familiari di Nada di avere, finalmente, verità e giustizia.
Un secolo può essere raccontato in molti modi, soprattutto se si tratta di un secolo controverso e per nulla "breve" come il Novecento. Bertoni ha scelto un punto di vista inedito e affascinante: quello dei giovani, talvolta protagonisti, talvolta vittime dei diluvi e delle rinascite che hanno scandito gli ultimi cento anni. Dai ragazzi del '99 di ieri, chiamati a rischiare, e spesso a perdere, la vita nel contesto tragico della Prima guerra mondiale, ai ragazzi del '99 di oggi, messi in ginocchio da una crisi che è sociale prim'ancora che economica, ma comunque liberi di votare, di esprimersi e di battersi per costruire un avvenire migliore in tutto l'Occidente e non solo. Senza dimenticare il nichilismo straziante dei martiri jihadisti, i ragazzi descritti da Sergio Leone in «C'era una volta in America», costretti a sbarcare il lunario negli Stati Uniti dei ruggenti anni Venti, del proibizionismo e della grande depressione, i giovani fascisti e nazisti, i combattenti nella Guerra civile spagnola, i partigiani e i repubblichini di Salò, i giovani padri della Repubblica e i ragazzi del boom, la generazione contestatrice a cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta e i sommersi e i salvati del decennio successivo, fino ad arrivare agli yuppies degli anni Ottanta e alle nuove generazioni, i cosiddetti "Millennials", nati sotto il segno dell'Europa e della speranza di un mondo senza confini e costretti, crescendo, a fare i conti con il progressivo riaffiorare di muri, barriere e discorsi xenofobi e pericolosi che ci eravamo illusi di aver consegnato ormai ai libri di storia. Cento anni e innumerevoli destini, mentre ci addentriamo in un nuovo secolo ancora tutto da decifrare e da scoprire.
«Un giorno i miei racconti saranno un vanto per Brescello e per la terra d'Emilia». Lui lo sapeva che sarebbe finita così. Aveva già la misura precisa dell'enorme fortuna capitata a un paesello come tanti, sopravvissuto alle angherie della guerra e proteso verso un benessere da conquistare, se possibile, alla svelta. Giovannino Guareschi aveva previsto che i benefici delle riprese dei film tratti dai racconti di Peppone e don Camillo avrebbero fatto di Brescello una piccola "capitale" del cinema italiano. Oggi, a mezzo secolo dalla morte del papà dei due celebri personaggi, viene svelato il rapporto che egli ebbe con il paese della Bassa e suoi abitanti, con la troupe e la produzione Cineriz, con la politica e la cultura degli anni Cinquanta. Aneddoti, testimonianze, cronache e interviste inedite, immagini dal set e dintorni fotografano l'atmosfera del backstage della saga guareschiana che dal 1951 al 1965 produsse pellicole di straordinario successo al botteghino e ancora oggi in testa alle preferenze del pubblico italiano e non solo. "Rossi" e "reazionari" si facevano la guerra nelle sue pagine, ma non erano altro che il riflesso della realtà. Rileggendo quanto accadde nei periodi delle lavorazioni vengono in mente scene magistrali che Cervi e Fernandel ingigantirono con la loro arte attoriale. Eppure si tratta di episodi che accaddero veramente e non disegnati dalla fiction. "Nino" ebbe a frequentare il set a Brescello per seguire in presa diretta ciò che i registi stavano facendo dei suoi racconti. Questo libro tratteggia un Guareschi "minore", ma solo perché meno noto ai più, che dentro e fuori dal set (fu anche inizialmente scelto per interpretare il ruolo di Peppone) incarnò lo spirito di un mondo che non fu piccolo e nemmeno datato. Cinema e politica, umorismo e goliardia, aneddoti e curiosità: vicende che rivelano pagine gustosissime di un'epoca in cui era facile immaginare di darsele di santa ragione per poi fare la pace davanti a una boccia di lambrusco.
L'Italia vive una lunga fase di involuzione, fatta di un impoverimento collettivo e una deriva oligarchica. A farne maggiormente le spese sono i giovani: precarizzati, calpestati e derisi, privati di una prospettiva esistenziale degna di tal nome. Nel frattempo, anche tra le generazioni precedenti lo smottamento economico che vive il Paese si traduce in una vulnerabilità sociale intollerabile e un bisogno sempre maggiore di protezione, mentre poche centinaia di famiglie continuano ad arricchirsi a dismisura. Ma forse non tutto è perduto. Con questo libro a metà tra il pamphlet e l'analisi minuziosa, tredici giovani cercano di tracciare una via per riprendersi ciò che è loro: il proprio futuro. Sovranità popolare, spesa pubblica, ruolo dello Stato, critica dell'Unione Europea, abolizione della precarietà lavorativa: gli autori, riuniti nel movimento Senso Comune, rompono ogni tabù imposto nel dibattito pubblico, rivendicando così la necessità di andare oltre le opzioni politiche in campo e di dar vita a una proposta che restituisca l'Italia alla gente comune. Una proposta politica che rimetta al centro bisogni e aspirazioni di chi è rimasto inascoltato.
"E poi sarà amore" è il diario di un papà in attesa, un racconto intimo per riscoprire la figura del padre a partire dal confronto immaginario con un figlio che sta per arrivare. Ventisette lettere scritte durante la gravidanza per esplorare le emozioni della nascita dando voce ai sentimenti inediti di un uomo: dalla paura per le visite ginecologiche, ai movimenti uterini percepiti anche dentro di sé; dall'adorazione per il corpo in trasformazione della compagna, alla ferma condanna per le leggi italiane sulla paternità; dalla spiegazione favolistica delle regole del mondo, all'esilio a Tenerife per vivere a pieno i primi mesi da padre. Una lunga corrispondenza amorosa che ripercorre la dolce attesa anche attraverso il punto di vista maschile, destinata agli altri papà e alle altre mamme per concedere a ciascuno il diritto di amare teneramente i propri figli e prepararsi alla nascita di una famiglia. Una testimonianza diretta che offre a ogni lettore il manifesto vissuto di una nuova forma di paternità.
Silvia sta per cantare sul palco dell’Ariston, in diretta televisiva, la canzone che la renderà celebre, e torna con la mente alla sua infanzia trascorsa senza voce. Rivive le giornate silenziose trascorse dai nonni, impegnati nei loro laboriosi mestieri, e ritorna nella casa dei genitori affollata da parenti e amici accorsi per il funerale della sorellina Laura. Silvia è stata una bambina senza voce, l’aveva persa da qualche parte. O forse la teneva chiusa a chiave perché nessuno nella sua famiglia poteva ascoltarla, tutti resi sordi dal dolore troppo grande per la scomparsa di Laura. Finché un giorno ritrova la sua voce chiusa in un cassetto, insieme a quella della sorella, in attesa di essere riscoperta. Partendo dal suo piccolo paese in Sicilia, Silvia riesce a realizzare il sogno di fare la cantante passando per il palco del Karaoke di Fiorello e di Castrocaro, in una storia di riscatto e caparbietà, di conquiste e rinunce, per scrivere un finale diverso rispetto a quello che il destino sembrava averle assegnato.
La competizione e la punizione, l'invidia sociale e la colpa, la vergogna e il ricatto, sono i nodi di un progetto divisivo in cui le membra del corpo sociale si elidono invece di sommarsi e tendono allo zero civile. La crisi produttiva, occupazionale e sociale del nostro paese non è che il capitolo di un arretramento più generale dei diritti e del benessere diffuso che sta investendo l'Occidente democratico. Le sue cause sono spesso raccontate con gli strumenti della politica e dell'economia. Con questa raccolta ragionata di saggi l'autore si propone di «raccontare quel racconto» per individuare nella rappresentazione del declino e, paradossalmente, delle ricette con cui si pretende di superarlo, la sua radice più profonda e tenace. Il «romanzo» dei capitali che occupano lo Stato reclamandone le prerogative con vincoli finanziari, privatizzazioni, deflazione competitiva e cessioni della sovranità popolare è tanto più pericoloso in quanto acclamato dalle sue stesse vittime e tollerato da chi vi si deve opporre. Prefazione di Alberto Bagnai.
"In un momento della nostra vita di cittadini di un mondo sempre più piccolo nel quale spiritualità, fede e politica si intersecano spesso siamo tutti, nello stesso tempo, testimoni delle incertezze che i sistemi politici creano invece di risolvere e vittime di un diffondersi di violenza che si sovrappone e rende imperative le dinamiche economiche in un modello di relazioni politiche e sociali che si restringe sempre di più. Tra potere e religiosità si sono confrontati imperi e stati, oggi individui e nazioni, in una misura globalizzata di un io che vive nell'epoca della comunicazione attiva e interattiva... Una considerazione che non è solo valida per il cristianesimo. L'ebraismo prima e l'islam successivamente hanno assunto aspetti del potere ritenendosi fattori essenziali per ricercare quell'unità e quell'universalità delle rispettive comunità nella misura in cui una nuova identità riconciliata ognuna con il proprio Dio potesse far fronte alla diversità, assumendo se stessa come migliore offerta politica di creazione di un modello condiviso di potere." (Dalla nota degli autori)
«Il terrorismo è il morbo dell'umanità, è l'arma letale di coloro che seminano l'odio, la violenza, l'atrocità, l'orrore nei cuori dei deboli, degli inermi... Abbracciamo i libri e le matite al posto delle armi, gettiamo le armi e la paura nel pozzo del nulla». Dal candidato al Premio Nobel per la pace 2017. È un costruttore di ponti, Hafez Haidar. Per lui la cultura è «mezzo salvifico che racchiude la bellezza, la saggezza, l'amore sconfinato». Ed è tra i maggiori studiosi a livello mondiale delle religioni monoteistiche. Questo libro nasce dal dialogo con i suoi studenti, ai quali, attraverso il racconto del Corano e della vita di Maometto, vuole insegnare che il fondamentalismo islamico non è che una spaventosa deriva dell'Islam. E nasce dal fanatismo, dall'ira, dall'ignoranza e dagli interessi economici. Un messaggio concreto per «abbattere i muri della diffidenza, dell'odio e della violenza».