Nel 1933 viene lanciato nei cinema USA I tre porcellini di Walt Disney. Questo piccolo avvenimento segna l'inizio della parabola della cultura mainstream promossa dai film delle majors hollywoodiane, raccolta e amplificata dalla radio e dalla tv. Questo tipo di cultura, basata su un'idea consolatoria dell'intrattenimento, fondata su una visione manichea del bene contro il male e sul must del lieto fine, prende forma allora e mette radici nell'immaginario collettivo dell'Occidente. Basti pensare a film come Via col vento, Il mago di Oz e Gli uomini preferiscono le bionde, o a fumetti come Tarzan, Dick Tracy o i supereroi. Dopo la seconda guerra mondiale si assiste invece alla nascita e al successo di una controcultura di massa, animata - sin dai primi anni Sessanta - soprattutto dalla formazione e dal successo della musica rock. Bob Dylan, Beatles, Pink Floyd intrecciano i loro rapporti con il coevo 'nuovo cinema' di Hollywood, da Easy Rider a II laureato, fino alla nuova produzione teatrale di Broadway e alle nuove forme della programmazione televisiva. Una cultura alternativa, con al centro gli afroamericani, i ragazzi e le ragazze delle subculture giovanili, i militanti per i diritti civili. Questa costellazione potente si dissolve a partire dalla metà degli anni Settanta permettendo alla cultura di massa mainstream di rinnovare la sua egemonia, ancora oggi evidente.
La Rivoluzione del 1917 rappresentò un mutamento politico, economico, sociale e culturale, ma allo stesso tempo conservò anche forti elementi di continuità conia struttura profonda della storia russa. Stephen A. Smith - esperto in materia a livello internazionale - presenta un racconto dell'evoluzione della Russia, dai primi segni di crisi del regime zarista, travolto dalla modernizzazione industriale della fine del XIX secolo, alla "rivoluzione dall'alto" scatenata da Stalin nel 1928.
La fine della Seconda guerra mondiale coincise con l'avvio di vasti processi di decolonizzazione nel mondo, a cui si legarono rilevanti conseguenze a livello politico, strategico, economico, sociale. Mettendo in crisi il dogma del primato culturale dell'Occidente, queste trasformazioni esercitarono degli effetti anche sulla vita delle Chiese cristiane, minando molti dei presupposti ideali su cui si era basata, sino ad allora, l'azione di evangelizzazione del pianeta. Per quanto concerne la Chiesa cattolica, il suo vertice diede prova di una notevole attenzione e di una certa solerzia nell'adeguarsi al nuovo quadro. Ma tra i missionari attivi sul campo i sentimenti prevalenti furono spesso ben diversi: la paura, l'incertezza, la frustrazione e anche il comprensibile senso di amarezza di chi si sentiva improvvisamente - e quasi inaspettatamente - messo in discussione, pur avendo maturato nel proprio animo la certezza di avere sempre dato a tanti popoli ancora «poveri» e «bambini» tutto il bene di cui era capace. Fondandosi su una vasta documentazione, il volume ripercorre i passaggi essenziali di questa difficile fase di transizione, che costrinse la Chiesa a scelte dolorose, ma anche gravide di prospettive per gli orizzonti ecclesiali e missionari di fine millennio.
Auschwitz, maggio 1944: sulla lunga banchina affiancata alle porte dei forni crematori, affollata di migliaia di ebrei appena arrivati dall'Ungheria, un militare osserva due bambine vestite di un identico abitino rosso, strette alle mani della madre. «Sono gemelle?» chiede. Avuta la risposta affermativa, le trascina via. Eva si salva così dalla camera a gas, destinata, con Miriam, a diventare una cavia umana nel laboratorio dove Josef Mengele compie i suoi esperimenti genetici. Ha dieci anni e molta paura. Per sei mesi, insieme ad altre coppie di gemelli, subisce test, trasfusioni, iniezioni di virus e medicinali. Vede i suoi compagni morire a seguito di operazioni e amputazioni. Ma è determinata a tornare a casa e riesce, insieme alla sorella, a sopravvivere fino all'arrivo degli Alleati. A sedici anni è in Israele, a ventisei negli Stati Uniti: gli incubi notturni sono scomparsi, ma non l'odio per gli aguzzini, la costante sensazione di essere indifesa e impotente, la sofferenza causata dai ricordi, che vengono sepolti in un angolo della memoria. Finché l'incontro con un ex nazista fa riemergere il dolore, ma mostra a Eva una nuova strada, il perdono, che libera dal peso del passato non i carnefici, come si crede, ma le vittime, rendendo loro il potere sulla propria vita. L'odio la incatenava agli abusi subiti, il perdono le permette di andare avanti, senza dimenticare quel che è stato. Di guardare quella bambina fotografata dietro il filo spinato del campo di sterminio senza essere sopraffatta dall'angoscia. Di ottenere che due criminali ammettano pubblicamente le proprie colpe.
Dopo la vittoria nella grande guerra, per vent'anni gli ammiragli della Regia Marina coltivarono il sogno di costruire una flotta abbastanza potente da dominare il Mediterraneo. Il fascismo diede loro l'illusione di poter realizzare questo progetto. Attraverso questa via, l'istituzione navale rischiò di sottomettersi alla logica totalitaria del regime. Finora la Marina italiana ha sempre orgogliosamente rivendicato la propria natura "regia", indipendente e autonoma rispetto al fascismo e alla sua politica. Il libro dimostra come gli ammiragli costruirono con Mussolini e con il regime una relazione strettissima che arrivò a determinare scelte decisive negli anni precedenti lo scoppio della seconda guerra mondiale. Fascismo e Marina furono più vicini di quanto sinora si fosse pensato e fu attraverso il loro legame che si preparò il terreno per la sconfitta dell'Italia sul mare, quando l'Europa fu trascinata nuovamente nella spirale della guerra. Questa è la storia di come quel sogno nacque, di come si sviluppò nei venti anni della dittatura e di come fallì nei primi mesi della seconda guerra mondiale mondiale.
Nella primavera del 1961 Hannah Arendt viene inviata dal settimanale «New Yorker» a seguire il processo ad Adolf Eichmann, il gerarca nazista rifugiato nel 1945 in Argentina, rapito dal Mossad nel 1960, processato per genocidio l'anno successivo e condannato a morte per impiccagione nel 1962. In quella circostanza Arendt diviene amica di Leni Yahil, storica di origine tedesca e studiosa della Shoah. Inizia così una corrispondenza che alterna questioni personali, filosofiche e politiche. Nel 1963, dopo la pubblicazione degli articoli sul processo Eichmann, riuniti poi nel volume «La banalità del male», il rapporto tra le due donne si interrompe bruscamente. Nella più controversa delle sue opere, Arendt sostiene che il male perpetrato da Eichmann sia da attribuire a una completa inconsapevolezza sul significato delle proprie azioni e solleva il tema della responsabilità dei capi delle comunità ebraiche nell'aver agevolato la politica di sterminio nazista. Il tentativo di Yahil di far rivivere la corrispondenza con Hannah Arendt otto anni più tardi è destinato a fallire. L'amicizia tra le due donne non riesce a reggere la polemica suscitata dal processo e dal libro.
Perché leggere la Costituzione italiana? E perché viene così spesso evocata nei dibattiti politici e citata sulle pagine dei giornali, a volte senza neanche essere ben conosciuta? Che cosa hanno di speciale i dodici articoli con cui si apre? I principi e i diritti fondamentali che vi sono enunciati sono viva realtà? Nel settantesimo anniversario della sua nascita, una serie di brevi volumi illustra la straordinaria ricchezza di motivi e implicazioni racchiusa nei principi fondamentali della nostra Costituzione ricostruendone la genesi ideale, ripercorrendo le tensioni del dibattito costituente, interrogandosi sulla loro effettiva applicazione e attualità. Perché l'articolo 1 si può considerare "rivoluzionario"? Come giunsero i costituenti alla sua formulazione? Il volume tratteggia le idee dei maggiori protagonisti, europei e statunitensi, riguardo alla concezione classica e moderna di democrazia, di libertà politica e di popolo, e al ruolo del lavoro. Gli argomenti con cui i costituenti difesero o si opposero alla scrittura di quell'incipit sono fatti dialogare tra loro e con i teorici e gli attori politici che hanno contribuito alla nascita della democrazia moderna. Come si è manifestata e come è cambiata nel tempo l'identità della nostra democrazia? Quali sfide l'hanno mutata e contestata? Quali trasformazioni ha registrato? Il libro si conclude invitando a continuare la riflessione critica delle condizioni attuali della nostra società alla luce della visione nobile di democrazia che ci consegnarono i costituenti.
Perché leggere la Costituzione italiana? E perché viene così spesso evocata nei dibattiti politici e citata sulle pagine dei giornali, a volte senza neanche essere ben conosciuta? Che cos'hanno di speciale i dodici articoli con cui si apre? I principi e i diritti fondamentali che vi sono enunciati sono viva realtà? Nel settantesimo anniversario della sua nascita, una serie di brevi volumi illustra la straordinaria ricchezza di motivi e implicazioni racchiusa nei principi fondamentali della nostra Costituzione ricostruendone la genesi ideale, ripercorrendo le tensioni del dibattito costituente, interrogandosi sulla loro effettiva applicazione e attualità. L'articolo 2 contiene le due grandi opzioni dei nostri padri costituenti. Esse sono in modo netto l'inviolabilità e la solidarietà. Nella seconda metà del Novecento le costituzioni vivono infatti entro questa tensione: da una parte pretendono di porre limiti inviolabili alla politica e allo stesso legislatore, dall'altra pretendono di generare esse stesse la politica "buona", quella che realizza la "società giusta" proprio attraverso l'attuazione solidale della Costituzione.
Perché leggere la costituzione italiana? E perché viene così spesso evocata nei dibattiti politici e citata sulle pagine dei giornali, a volte senza neanche essere ben conosciuta? Che cosa hanno di speciale i dodici articoli con cui si apre? I principi e i diritti fondamentali che vi sono enunciati sono viva realtà? Nel settantesimo anniversario della sua nascita, una serie di brevi volumi illustra la straordinaria ricchezza di motivi e implicazioni racchiusa nei principi fondamentali della nostra costituzione ricostruendone la genesi ideale, ripercorrendo le tensioni del dibattito costituente, interrogandosi sulla loro effettiva applicazione e attualità. Norma rivoluzionaria, l'articolo 3 prefigura un programma ad ampio raggio, i cui scopi richiedono una trasformazione materiale della realtà, non limitata alla sola innovazione giuridica. Lungi dal prospettare un'antitesi tra uguaglianza formale e uguaglianza sostanziale, tra libertà e uguaglianza, l'articolo 3 influenza settori sempre più estesi della vita associata. La sfida contenuta nella sua istanza egualitaria resta a tutt'oggi capace di proiettarsi nel futuro, allo scopo di realizzare "il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese".
Perché leggere la costituzione italiana? E perché viene così spesso evocata nei dibattiti politici e citata sulle pagine dei giornali, a volte senza neanche essere ben conosciuta? Che cosa hanno di speciale i dodici articoli con cui si apre? I principi e i diritti fondamentali che vi sono enunciati sono viva realtà? Nel settantesimo anniversario della sua nascita, una serie di brevi volumi illustra la straordinaria ricchezza di motivi e implicazioni racchiusa nei principi fondamentali della nostra costituzione ricostruendone la genesi ideale, ripercorrendo le tensioni del dibattito costituente, interrogandosi sulla loro effettiva applicazione e attualità. Come mai il diritto al lavoro compare tra i principi fondamentali della nostra costituzione, mentre nelle altre costituzioni europee è posto nella sezione dei rapporti economici? La risposta a questa domanda va cercata ricostruendo il dibattito e il ruolo delle diverse personalità dei protagonisti dell'assemblea costituente, e analizzando le culture politiche che in essa hanno prevalso, sintesi delle battaglie per il diritto del lavoro che si sono combattute in Europa tra settecento e novecento. Di fronte alle difficoltà attuali appare quantomai utile conoscere la genesi di questo principio e il tentativo della sua attuazione nelle conquiste della giuslavoristica italiana in materia di diritti del cittadino-lavoratore.
"Ricordo l'estate del 1968. Rientrai a New York dodici ore dopo l'assassinio di Robert Kennedy. In aprile Martin Luther King, in giugno Robert Kennedy. Le fotografie dei bambini che morivan di fame nel Biafra, i combattimenti fra gli arabi e gli israeliani, i carrarmati sovietici a Praga, i vandalismi degli studenti borghesi che osano invocare Che Guevara e a scuola ci vanno con la fuoriserie di papà." Ecco il 1968 di Oriana Fallaci, un momento cruciale della sua carriera in cui, secondo un ritratto che le dedica "Time" l'allora inviata dell'"Europeo" si consacra "la più importante giornalista italiana, con un seguito anche in molti altri Paesi". Gennaio inizia in Vietnam, dove racconta in presa diretta la guerra di un piccolo popolo contro la superpotenza USA. Più tardi, nell'America delle lotte razziali e per i diritti civili, traccia i ritratti dei protagonisti dell'epoca - da Bob Kennedy a Martin Luther King, fino a Nixon. Quindi, instancabile, racconta la Cina maoista, le filosofie orientali, i santoni indiani, la miseria in Perù. Fino ad arrivare in Messico, prima delle Olimpiadi, dove rimane ferita nel corso di una protesta studentesca, facendo trattenere il respiro a tutta Italia. Solo lei non ha paura e non si tira mai indietro, sa che "in guerra una buona ferita è una grossa fortuna perché è difficile venire colpiti due volte". E parte di nuovo per gli Stati uniti, per finire l'anno accanto agli astronauti che si preparano allo sbarco sulla Luna. È l'alba di una nuova era, la testimonianza di un momento di svolta che riguardò tutto il mondo, oltre la visione provinciale di quelli che poi chiamerà i "nostri sessantottini ultraborghesi".
La storia degli Stati Uniti non è solo la brillante vicenda di una democrazia aperta, di una società ricca e all'avanguardia del mondo contemporaneo. Accanto all'America come luogo della libertà che amiamo, c'è un lato oscuro, dove le paure e le ossessioni hanno dato corpo negli ultimi due secoli a movimenti politici e sociali capaci di segnare un risvolto dell'identità nazionale. La storia degli Stati Uniti, allora, è anche quella dei nativisti - ossessionati dalla «supremazia bianca» -, dei populisti - cantori dell'America profonda custode delle virtù tradizionali in declino -, degli isolazionisti - che tra le guerre mondiali si rinchiusero nel nazionalismo dell'«America First» contro la guerra a Hitler -, e degli autoritari - che fiorirono in tutte le stagioni fino al Red Scare degli anni venti e al maccartismo degli anni cinquanta. Massimo Teodori descrive come nel tempo gli americani tradizionalisti con le loro ossessioni abbiano trasformato il patriottismo in nazionalismo e l'amore per la propria comunità in razzismo. Il libro conclude che, quali che siano i tentativi autoritari, l'America resta una società aperta che rispetta la democrazia e i diritti civili perché il suo sistema politico e costituzionale possiede gli antidoti per reagire ad ogni abuso di potere presidenziale.