
I film raccontano sempre due epoche. Una è quella in cui sono ambientati, il contesto storico in cui si dipana la trama. L'altra è quella in cui vengono realizzati. In 1860 Blasetti descrive il Risorgimento come impresa 'dal basso' per creare una continuità con il fascismo, che vedeva come fenomeno rurale e popolare. Cosa che a Mussolini, da un certo punto in poi, non piacque più. Nei libri di Guareschi, Don Camillo è incredibilmente più violento e sanguigno mentre nei film lui e Peppone vengono ammorbiditi e resi simpatici. Perché? È un caso che Tutti a casa di Comencini, film sulla nascita goffa e incompiuta della nostra democrazia, esca nel 1960, l'anno di Tambroni e dei morti di Reggio Emilia? Questo libro parla del fascismo utilizzando Amarcord di Fellini, del '68 con Sandokan di Sollima, degli anni 70 con Salò di Pasolini, passando per la caduta del muro con Palombella rossa di Moretti, fino all'attualità politica sconfortante della serie tv Gomorra. II viaggio sarà lineare e cronologico per quanto concerne gli eventi storici, mentre compirà un continuo andirivieni nella storia del cinema: incontreremo fenomeni come colonialismo, fascismo, Resistenza, dopoguerra in film di epoche disparate, diversissimi fra loro.
Crimini di guerra sono stati perpetrati in Italia fin dall'Unità con la repressione del brigantaggio e altri sono stati commessi da italiani già a partire dalle spedizioni coloniali in Africa Orientale e in Libia. Ma è soprattutto durante il ventennio fascista che l'Italia si rende responsabile della violazione dei più elementari diritti umani nelle guerre in Etiopia, Somalia, Spagna e - ancor più - nel corso della seconda guerra mondiale. In particolare, tra il 1940 e il 1943, insieme alla Germania, è protagonista di numerosi eccidi di civili in Jugoslavia, Grecia, Albania, ma anche in Russia e in Francia. Poi, tra il 1943 e il 1945, il nostro paese subisce stragi efferate a opera dei nazisti, sostenuti dai fascisti della Repubblica di Salò. Per questo motivo, l'Italia viene a trovarsi nella particolare situazione di essere considerata responsabile e vittima di crimini di guerra al punto da impedirle, nei decenni successivi, di riconoscere tanto le responsabilità dei propri soldati in Africa Orientale e soprattutto nei Balcani, così come di perseguire i nazifascisti colpevoli delle stragi compiute sul suo territorio. Questa vera e propria strategia politica di occultamento ha subito un parziale ripensamento solo dopo la fine della guerra fredda. Dal 2005 a oggi sono state emesse numerose sentenze che hanno contribuito a rinnovare il rapporto tra storia e memoria su una delle questioni più tragiche e controverse della storia nazionale.
Per tre anni e tre terribili inverni la Grande Guerra scaraventa migliaia di uomini sul fronte che dallo Stelvio e dall'Ortles scende verso l'Adamello, le Dolomiti, il Pasubio e Asiago. In quegli anni di fuoco, su 640 chilometri di ghiacciai, creste, cenge, altipiani e brevi tratti di pianura cadono circa centottantamila soldati. Le Alpi diventano un immenso cimitero a cielo aperto, sfigurate da una devastante architettura di guerra che scava strade e camminamenti, costruisce città di roccia, legno e vertigine, addomestica le pareti a strapiombo e spiana le punte delle montagne. Alpini e soldati del Kaiser si affrontano divisi tra l'odio imposto dalla guerra e l'istinto umano di darsi una mano, invece di spararsi, per far fronte alla tormenta e alla neve. Si ingaggiano piccole battaglie anche a tremilaseicento metri, ma la vera sfida è sempre quella di resistere per rivedere l'alba, la primavera, la fine della guerra, prima che la morte bianca si porti via le dita di un piede, o la valanga si prenda un compagno. Intanto, l'isolamento, il freddo, i dislivelli bestiali, le frane, le valanghe, la vita da trogloditi, la coabitazione tra soli uomini producono risposte sorprendenti, insolite collaborazioni umane, geniali rimedi di sopravvivenza e adattamento. Leggendo le storie di vita e di guerra raccolte in questo libro - crude e vere perché narrate dai protagonisti in prima persona attraverso le lettere e i diari - si scopre un mondo d'insospettata complessità e ricchezza.
Nel 700 d.C. l'Italia è divisa in due regni, quello longobardo e quello bizantino. Dopo decenni di lotta, nel 680, regna un accordo di pace. Tra le due aree, quella sottoposta a maggiori tensioni è quella bizantina a sud dove le élites italiche si sono più volte poste in posizione di fronda rispetto al centro imperiale. Al nord, invece, il regno longobardo è al suo apice, la società è saldamente inquadrata dalle gerarchie laiche, guidate da duchi e ufficiali pubblici, e ha le potenzialità per governare tutta la penisola. Non sarà così e la sua sconfitta cancellerà anche la sua lunga storia. Stefano Gasparri recupera la memoria dei Longobardi in Italia e presenta la loro società senza trascurare neppure i contatti e i rapporti avuti con la stessa Chiesa romana. Sarà, infatti, quest'ultima ad avere la meglio, fra Longobardi e bizantini, e sarà proprio il papato con la sua azione a impedire il passaggio dell'intera Italia nelle mani dei re "barbari". Con tre conseguenze importanti: la conquista franca dell'Italia, la creazione del primo impero medievale e l'impianto di una dominazione territoriale da parte della Chiesa di Roma. Per arrivare a questo, come indaga Gasparri, è stata fondamentale la forte operazione di propaganda intorno ai due grandi progetti, franco e papale. Il loro proselitismo ha dominato la scena dell'occidente europeo nella seconda metà dell'VIII secolo e costruito un pregiudizio negativo nei confronti dei Longobardi dal quale val la pena liberarsi.
Una figura geniale che sfugge a ogni classificazione: la sua vicenda rappresenta un enigma dal fascino immortale. Wilhelm Canaris, responsabile del controspionaggio militare del Terzo Reich, maturò ben presto una profonda avversione al regime. Così, mentre Hitler trasformava la Germania in una delirante potenza del male, Canaris intraprendeva una pericolosissima campagna sotterranea per destabilizzarlo. Sospettato di reiterati tentativi di abboccamento con Churchill e di essere tra i registi dell'attentato dinamitardo ai danni del Führer nel luglio 1944, Canaris venne arrestato dal regime, torturato e impiccato nudo come traditore.
Per chiunque abbia vissuto e studiato negli anni Sessanta e Settanta, scrive Hobsbawm, "l'America Latina era un laboratorio del cambiamento storico. La storia procedeva a velocità altissima e nel breve spazio di mezza vita umana era possibile osservarla nelle sue tappe più significative". Dalle dittature militari al terrore di stato e alla tortura, dalle rivoluzioni "che, a differenza dell'Europa, erano tanto necessarie quanto possibili" ai "sogni di guerriglia che si ispiravano a Cuba e non avevano alcuna speranza di successo", fino all'esplosione delle metropoli e alla Colombia di Garda Marquez, Hobsbawm ci spiega perché lì "si era costretti ad accettare ciò che altrove sarebbe stato impensabile"; con un occhio al presente, perché strascichi e contraccolpi di quegli anni sono più vivi che mai.
Il libro ci racconta la storia militare di un giovane italiano, mezzo napoletano e mezzo milanese, quasi a sintetizzare anche in questo modo il dramma di una nazione intera. L’esperienza di Bove, ricostruita dalla figlia, è simile a quella di tanti altri nostri protagonisti della II guerra mondiale: poca voglia di parlare e di raccontare negli anni successivi, quasi a volersi tenere tutto dentro. Fortunatamente per noi, Gino continua a parlarci con le sue lettere.
Sono lettere belle, le sue, e anche utili. Non solo per quello che hanno significato allora per i suoi cari e oggi per i suoi figli e nipoti, ma anche per le tante notizie che ci forniscono sulla vita quotidiana nella bella Cefalonia, ancora ignara della tempesta che si andava preparando. (dalla Prefazione di Giorgio Vecchio)
La neutralità e l'intervento - La guerra - I primi due anni del dopoguerra La crisi dello stato liberale e l'avvento del fascismo. Salutata ogni volta all'apparire dei singoli volumi che la compongono da un caldo e crescente successo di critica e di pubblico, la Storia dell'Italia moderna di Giorgio Candelora ha ormai un incontestato rilievo nella storiografia italiana e non solo italiana del dopoguerra. L'opera di carattere generale, non rigidamente specialistica, ma costantemente a un alto livello scientifico, che ha acquisito in questi anni "una funzione insostituibile, di permanente riferimento per la conoscenza del modo col quale si è venuto formando il nostro paese" (Ernesto Ragionieri). Quella di Candelora - secondo un giudizio che Paolo Spriana formulò nel 1968 e che i fatti hanno confermato - è "un'opera che resterà".
Il testo ripercorre la storia di uno dei personaggi più complessi, controversi, inquietanti, tormentati e contraddittori della storia, Giuliano detto l'Apostata, l'imperatore che si allontanò dalla fede cristiana e cercò di tornare al paganesimo greco-romano, con il proposito di ripristinare, in tutto l'Impero, la religione dei templi e dei sacrifici. In questa biografia, l'autore ripercorre e approfondisce le motivazioni molteplici che stanno alla base dell'"abiura" di Giuliano, incapace di conciliare il patrimonio della classicità con la religione di Cristo.
Guidato dalla sua curiosità e dal suo gusto personalissimo, in questo libro Daverio racconta alcuni capolavori dell'arte di tutti i tempi, che costituiscono la sua collezione ideale, guidandone la lettura con brevi testi folgoranti e dettagli messi in evidenza.
Da Chartres a Firenze, dalla più celebre delle scuole cattedrali del XII secolo al più importante centro dell'Umanesimo e del Rinascimento, il volume si propone di illustrare e mettere a fuoco la varietà e la ricchezza degli studia humanitatis sottolineandone la valenza etica, politica e religiosa e l'attenzione allo studio dell'uomo come cittadino e dello stato come organizzazione civile per il conseguimento del bene comune. Particolare rilievo è dato in queste pagine alla riflessione etico-politica di Giovanni di Salisbury e ad alcuni aspetti della ricezione dell'aristotelismo a partire dal XIII secolo. E in una nuova prospettiva vengono considerati il confronto tra potere spirituale e potere temporale e i rapporti tra realtà politiche 'universali', nazionali e cittadine, da un lato, e cultura universitaria e crisi religiosa, dall'altro.
Sono in tanti a pensare che molto presto gli Stati Uniti, sfidati dalla Cina e da altre potenze emergenti, non saranno più lo stato guida del mondo. Stiamo dunque già vivendo in un'epoca post-americana? Non necessariamente. Come capacità di influenzare gli altri il potere ha diversi modi per affermarsi: la coercizione (hard power); i finanziamenti, l'attrazione o la persuasione (soft power). Tutte dimensioni ugualmente importanti. Per questo la superiorità economica da sola non è sufficiente. Lo status di superpotenza degli Stati Uniti potrà essere minato dai problemi interni e dal boom economico cinese, ma - sostiene Nye - la loro potenza militare, economica e il loro soft power continueranno a superare quelli degli avversari per i decenni a venire: un autorevole correttivo al pessimismo diffuso sul futuro degli equilibri mondiali. Introduzione di Angelo Panebianco.