
Le persecuzioni a cui fu sottoposta la Chiesa cattolica all'avvento della Seconda Repubblica spagnola (1931) e sino al termine della Guerra Civile (1939) sono state a lungo omesse o trascurate dalla storiografia, perlomeno fuori dalla Spagna franchista. L'interesse del Caudillo per quella che lui chiamava "cruzada" ha poi cancellato la memoria di questi eventi a partire dal 1975, data delle sue dimissioni. Da allora la storiografia è rimasta ostaggio di opposte ideologie e solo da pochi anni un'impressionante serie di beatificazioni ha richiamato l'attenzione su quanto realmente accadde. La Seconda Repubblica spagnola si caratterizzò per posizioni sempre più radicali, di cui sono proprio un esempio la politica di laicizzazione forzata e la persecuzione scatenata contro la Chiesa e i cattolici. Tentativi di colpi di Stato, oscure trame, conati secessionistici, intrighi internazionali, esplosioni di violenza sempre più sconvolgenti portarono allo stato prerivoluzionario del 1935-1936. La reazione al regime repubblicano non venne però in particolare dai cattolici, ma soprattutto da componenti interne a esso, dall'esercito, da ex monarchici e da radicali, oltre che dalle forze rivoluzionarie di sinistra. Nella guerra fratricida che si scatenò, la Chiesa e i cattolici divennero invece i principali capri espiatori, al centro di una macchina infernale di ritorsioni che soltanto oggi, a distanza di ottant'anni dagli eventi, si può cominciare a comprendere.
Hag 'Amin al-Husayni fu l'assoluto protagonista della nascita del moderno fondamentalismo islamico e della lotta armata ('intifadah) contro gli ebrei condotta oggi da numerose organizzazioni terroristiche islamiche. Personalità insieme affascinante e spaventosa, oratore incendiario, rampollo di una delle più notabili famiglie arabe della Palestina (ma dal curioso aspetto "occidentale": aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri), al-Husayni fu un visionario crudele che in nome del nazionalismo arabo e dell'antisemitismo strinse un'alleanza tattica con il nazismo in forza della quale 100.000 musulmani combatterono come volontari nelle divisioni tedesche. Tra i più accesi sostenitori della Soluzione Finale, si macchiò direttamente di atti feroci quale il sabotaggio dei negoziati tra i nazisti e gli Alleati per la liberazione di prigionieri tedeschi in cambio della fuga verso la Palestina di 4000 bambini ebrei destinati alle camere a gas. Dopo la guerra, scampato a Norimberga, al-Husayni si divise tra l'Egitto, dove rinsaldò i rapporti con il fondatore dei Fratelli musulmani, e Beirut, dove prese sotto la propria ala protettrice un giovane che diventerà uno dei protagonisti della politica mediorientale: Yäsir 'Arafat. Sulla base di una documentazione vasta e rigorosa e di numerosi documenti inediti, Dahn e Rothmann offrono il ritratto definitivo del "Führer del mondo arabo", e forniscono un importante contributo alla comprensione del fondamentalismo islamico.
Quello qui affrontato è un tema di enorme rilevanza nella storia della Chiesa e in generale dell'Italia moderna. Il saggio disegna infatti la parabola che ha portato la Chiesa della controriforma a proibire la lettura personale delle sacre scritture, un atto che ha molto influito sulla spiritualità cattolica, e contribuito ad approfondire la divisione fra Europa cattolica e protestante, facendo sì che tuttora gli italiani non leggano la Bibbia. L'autrice studia l'atteggiamento della Chiesa italiana rispetto alle traduzioni della Bibbia fra il 1471 (anno della prima edizione in volgare) e la definitiva condanna ai primi del Seicento. Nel corso del Cinquecento, di pari passo con la minaccia luterana, crescono le riserve sull'uso democratico della scrittura, che giungono alla proibizione con gli indici promulgati tra il 1559 e il 1596.
"Cominciò così la grande battaglia attorno alle mura di Vienna. Era il 12, nel giorno di domenica benaugurante per i cristiani. Alle quattro del mattino, re Giovanni insieme con il figlio Jakub servì personalmente e con devozione la messa celebrata da frate Marco nella cappella camaldolese. Lo scontro si protrasse fino a sera per concludersi trionfalmente in Vienna liberata. All'alba del giorno dopo, sotto il ricco padiglione del gran visir conquistato dalle sue truppe che stavano saccheggiando il campo ottomano, Giovanni III poteva scrivere una trionfante lettera alla sua regale consorte. Terminava così, dopo due lunghi mesi, l'incubo dell'assedio alla prima città del Sacro Romano Impero e capitale della compagine territoriale ereditaria asburgica. Con esso, l'ultima Grande Paura provocata da un assalto ottomano a una Cristianità peraltro tutto meno che unita." La Francia del Re Sole è restata in disparte, ostile. La Russia di Pietro il Grande ha assistito guardinga. L'Inghilterra, il mondo baltico, la stessa cattolicissima Spagna si sono mantenuti lontani dal teatro di guerra che ha visto la croce lottare contro la mezzaluna. Solo un monarca musulmano, lo shah di Persia, sembra esultare senza riserve per la sconfitta del collega ottomano. È stata davvero una grande giornata, quel 12 settembre 1683, fondamentale per la storia dell'Europa moderna.
Nel nostro Paese si gioca a calcio dai tempi in cui Federico Nietzsche baciò un cavallo a Torino. E, in quegli anni, una certa dose di follia e uno spirito anticonformista erano necessari anche per rincorrere in calzoncini una palla, sforzandosi di applicare le regole d'uno sport britannico chiamato association football. Quel gioco, per noi, è diventato nel tempo una faccenda maledettamente seria. Così, se si volesse eleggere un 'padre del calcio italiano' non ci si accorderà mai: il vogatore Bosio o il visionario Duca degli Abruzzi? Herbert Kilpin, il viscerale figlio del macellaio, o il compassato medico Spensley che, al peggio, imprecava in sanscrito? Per certo, furono tutti pionieri, e il gioioso contagio, originato a Torino e Genova, raggiunse ben presto ogni città del Paese, dando vita a squadre, competizioni e rivalità che ancor oggi infiammano i cuori. Ripercorrere l'infanzia del calcio comporta un viaggio emozionante ai confini del mito: qui si raccontano gli anni d'oro di Genoa, Pro Vercelli e Bologna, e i primi trionfi di Milan, Juventus e Inter. Si narra del caleidoscopio delle squadre attive a Roma, Firenze e Napoli all'alba del XX secolo, e degli esordi della Nazionale; di esotiche tournée, scissioni e disordini di piazza; di atti d'eroismo e burle indimenticabili e, ancora, di come il 'meraviglioso giuoco' sopravvisse all'inaudito massacro della Grande Guerra, per divenire fenomeno di massa nella prima, turbolenta, metà degli anni Venti...
La Sindone è davvero il lenzuolo funebre di Gesù oppure si tratta di un falso medievale? I Vangeli narrano fatti realmente accaduti oppure sono semplici leggende? La risposta a queste domande non è secondaria, perché coinvolge profondamente la nostra vita. Di certo la Sindone è il reperto archeologico più studiato al mondo e i Vangeli ne costituiscono l'unica chiave interpretativa. Questo legame tra Sindone e Vangeli ha quindi suggerito agli Autori di affiancare le più recenti ricerche scientifiche sul telo sindonico a un'indagine altrettanto scientifica e documentata sull'attendibilità dei Vangeli, riassumendo in un unico testo i risultati delle scienze naturali e di quelle storiche, in forma breve e con un linguaggio accessibile, in modo da offrire una sintesi per l'uomo moderno che non vuole rimanere analfabeta sugli interrogativi più profondi.
Se fosse un "filmino di famiglia", la globalizzazione muoverebbe i primi passi nel 1973, anno in cui l'economia Usa rallenta e inizia il processo che porterà alla deregulation degli scambi commerciali internazionali. Alessandro Volpi percorre - un fotogramma dopo l'altro - la storia della globalizzazione, le prime "turbolenze" e il pericoloso fidanzamento con la finanziarizzazione, un rapporto perverso che porta all'esplosione della crisi nell'estate 2007. Questo libro, dedicato ai cittadini attenti, ma anche a studenti e studiosi, è lo strumento ideale per comprendere il nostro "presente storico": l'autore non solo segue la parabola della globalizzazione, ma racconta le sue dinamiche economiche e politiche, ne misura le conseguenze sul destino di persone e popoli e delinea un quadro in cui non solo è urgente restituire il primato alla politica ma è necessario un ardito superamento delle logiche nazionali.
"Il gladio spezzato" affronta il tema del collasso e della fine dell'esercito della Repubblica sociale italiana; la ricerca, condotta tramite indagini su bibliografia e documentazione d'archivio inedita, mette a fuoco gli eventi dell'ultima settimana di guerra in Italia (25 aprile - 2 maggio 1945). Dallo studio emerge come al momento in cui il gladio (la mostrina dell'esercito di Mussolini) si "spezzò", poco o nulla era stato programmato per gestire la resa della repubblica fascista; ci furono quindi ingenuità, voltafaccia, doppi giochi, ma anche atti di estremo coraggio e talvolta dimenticate azioni a difesa degli interessi nazionali. Il tutto mentre i nazisti osservavano quanto accadeva ai loro alleati ad oltranza con l'indifferenza di chi ha separato la propria sorte da quella di chi andava incontro alle inevitabili rappresaglie successive ad ogni guerra civile.
"Campo dei Fiori" è una biografia: la biografia di una statua. Ma è anche un libro sull'Italia, sulle tante debolezze del fronte laico e sulla ostinata chiusura a ogni idea di modernità presente nella Chiesa cattolica di allora. È l'avvincente ricostruzione di una lotta politica che ebbe numerosi protagonisti: il movimento studentesco romano, Francesco Crispi e la massoneria, Ettore Ferrari e Giovanni Bovio, papa Leone XIII e i gesuiti della "Civiltà Cattolica", Francesco De Sanctis, Antonio Labriola, Giuseppe Garibaldi. E anche un certo Armand Lévy, di professione rivoluzionario, ex comunardo, esule, ebreo e socialista, sconosciuto ai più, ma che svolse un ruolo decisivo nella fase preparatoria del monumento. Si trattò di una vera e propria battaglia laica e anticlericale: una delle poche combattute nel nostro Paese e che è giusto non dimenticare. Non tanto per celebrarla quanto per conoscerla, anzi forse è meglio dire per decifrarla: attraverso la comprensione di uno scontro che fu violentissimo e dei tentativi compiuti per disinnescarlo, come delle alleanze e degli opportunismi che di volta in volta furono messi in campo per vincere la partita o per rinviarla per sempre.
È un grande falso storiografico quello della paura della fine del mondo in prossimità dell'avvento dell'anno Mille. Ma è indubbio che gli uomini di mille anni fa hanno dovuto vivere in mezzo alla fine del loro mondo: cambiamenti incessanti che hanno tarlato quel mondo, con aggiustamenti continui, che hanno inseguito la stabilizzazione ottenendola solo in apparenza. E alla fine hanno fatto esplodere il mondo e sono stati all'origine di mutamenti epocali, di lunghissimo periodo: la lotta fra Impero e Papato, la centralità dell'esperienza monastica, i primi germi dei regni d'Inghilterra e di Spagna, il movimento dei Comuni in Italia. Con l'allargamento progressivo dei confini del vecchio spazio europeo e con l'estensione delle aree di conoscenza, ad esempio l'"invenzione" della filosofia. Nel secolo XII sarebbe ormai molto difficile riconoscere le tracce del mondo di partenza, quello che si proponeva come la forma definitiva del mondo, e in realtà si cercava disperatamente di regolare perché garantisse la pace. Una crisi continua, popolata di soggetti nuovi, per cerniere successive da un passaggio all'altro che ha portato alle origini della modernità. Il tutto entro un'unica, grande cerniera: quella del passaggio dal mondo tardo-antico e primo-medievale a quello tardo-medievale e moderno, in cui i protagonisti cambiano o si moltiplicano. Tra Ottone III (1001) e Innocenzo III (1199) due secoli in cui quel mondo è finito, definitivamente relegato nel passato.
La storia della danzatrice che sale al soglio imperiale ha stimolato, nei secoli, la fantasia del popolo e ha consegnato Teodora di Bisanzio a una dubbia immortalità. Una vita sospesa tra diceria e leggenda, basata soprattutto sul libello di Procopio contro la famiglia imperiale, che non rende giustizia alla complessità di questa protagonista del mondo tardoantico. Pubblicata nel 1904, la biografia di Charles Diehl racconta una Teodora diversa. Autocrate e mistica, astuta seduttrice e paladina della religione, solidale con le altre donne e pronta all'intrigo, la sposa di Giustiniano ebbe un ruolo decisivo nella politica dell'Impero Romano d'Oriente. Dall'intreccio delle fonti, bilanciando aneddoto e rigorosa ricostruzione sociale, emerge una donna misteriosa, "strano miscuglio di bene e di male", che dopo aver segnato la sua epoca continua a esercitare il suo fascino ambiguo.
La Prima guerra mondiale non fu una guerra di religione, ma ognuno degli Stati belligeranti diceva di avere Dio dalla propria parte. Il connubio di religione e nazionalismo animò ovunque la propaganda, rafforzò la disposizione alla guerra e contribuì alla sua lunga durata. L'autore propone la prima storia complessiva, molto documentata, della simbiosi di religione e nazionalismo nella Grande Guerra. Particolare risalto viene dato ai fattori sociologici, culturali, politici, teologici e ideologici di eventi che cambiarono il mondo.