
Nell'intento di mantenere coesi e motivati gli eserciti, nell'Europa delle guerre di religione i predicatori dei contrapposti fronti confessionali ministri riformati e clero cattolico - utilizzarono la predicazione come risorsa retorica "disciplinante" e, al contempo, si fecero carico di giustificare religiosamente la guerra. Nel volume - che raccoglie gli atti del LI Convegno di Studi sulla Riforma e sui movimenti religiosi in Italia - si riflette su come la retorica del combattimento per la fede, con i suoi numerosi riferimenti biblici, influì sulla mobilitazione armata, sulla pratica religiosa e sulla violenza degli eserciti
Il presente volume intende essere uno strumento didattico utile a contestualizzare e approfondire una vicenda che, pur costituendo un’eccezione durante la Shoah, offre un importante esempio di riflessione e speranza soprattutto per le giovani generazioni. Si tratta della testimonianza dei fratelli Eugenio e Giacomo Sonnino, salvati dal Prof. Giuseppe Caronia che, tra il 1943 e il 1944, diresse la Clinica di Malattie Infettive del Policlinico di Roma. Quell’incarico, lungi dall’essere un riconoscimento alla sua carriera, era la conseguenza della persecuzione subita fin dai primi anni del fascismo, che gli costò il trasferimento dalla Clinica pediatrica, centro delle sue ricerche, e la perdita della cattedra all’Università di Roma. Caronia usò il suo reparto come rifugio per sottrarre alla deportazione del 16 ottobre 1943 e dei successivi rastrellamenti un centinaio di persone: ebrei, antifascisti, disertori. Dopo la Liberazione fu rettore dell’Università di Roma, membro dell’Assemblea costituente, deputato per la Democrazia cristiana e consigliere comunale della capitale. Morì nel 1977. Nel 1998 gli fu conferita l’onorificenza di ‘Giusto tra le Nazioni’. In questo contesto, rilevante è la testimonianza dei figli di Eugenio e Giacomo Sonnino, Mara ed Eliseo, che leggono e interpretano il passato con lo sguardo rivolto al futuro.
 Completa il volume il documentario Non dovevamo essere qui, frutto dell’intervista ai fratelli Sonnino e ultimo impegno di Eugenio dettato dall’urgenza di trasmettere un lascito affinché la testimonianza del salvataggio della loro famiglia non andasse perduta.
Se le vicende politiche e militari della Sicilia durante la dominazione musulmana sono state oggetto di svariate indagini, poca attenzione si è finora prestata alle condizioni materiali e sociali del vivere quotidiano di quell'epoca. Grazie a una scrupolosa ricostruzione storica e un uso attento delle fonti, Salvatore Tramontana fornisce con questo libro un quadro complessivo dei diversi intrecci tra uomini e territorio nei secoli IX-XI. Per la Sicilia si tratta di un periodo di profonde trasformazioni, e il grande sviluppo urbanistico, strettamente collegato alle attività agricole, artigianali e del commercio, diviene in breve punto di coesione e di armonia fra religione, cultura, legislazione, economia e potere. Il lettore potrà così osservare da vicino la realtà antropologica e culturale della Sicilia musulmana, cogliendone ogni aspetto e percorso attraverso le profonde relazioni che legano il clima, la struttura geografica e gli eventi catastrofici alle vicende umane, economiche, sociali, religiose e politiche di una realtà e di un'epoca di grande fascino e originalità.
Furono gli illuministi per primi a ridefinire un'etica dei diritti cosmopolita, razionale, mite, umanitaria, fatta dall'uomo per l'uomo, capace di dar vita a un potente linguaggio politico dei moderni contro il secolare Antico regime dei privilegi, delle gerarchie, della disuguaglianza e dei diritti del sangue. Furono gli illuministi a far conoscere al mondo intero che i diritti dell'uomo per definirsi tali devono essere eguali per tutti, senza alcun tipo di distinzione di nascita, ceto, nazionalità, religione, genere, colore della pelle; universali, cioè validi ovunque; inalienabili e imprescrittibili di fronte a ogni forma di istituzione politica o religiosa. Ed è proprio ponendo l'accento sul principio di inalienabilità che la cultura illuministica - vero laboratorio della modernità - trasformò radicalmente gli sparsi e di fatto inoffensivi riferimenti ai diritti soggettivi nello stato di natura in un linguaggio politico capace di avviare l'emancipazione dell'uomo. Spaziando dall'Italia di Filangieri e Beccaria alla Francia di Voltaire, Rousseau e Diderot, dalla Scozia di Hume, Ferguson e Smith alla Germania di Lessing, Goethe e Schiller, sino alle colonie americane di Franklin e Jefferson, Vincenzo Ferrone affronta un tema di storiografia civile che si inserisce nel grande dibattito odierno sul nesso problematico tra diritti umani e autonomia dei mercati, tra politica e giustizia, diritti dell'individuo e diritti delle comunità.
"Bisogna fare di tutto perché quella intossicazione vischiosa non ci riafferri: bisogna tenerla d'occhio, imparare a riconoscerla in tutti i suoi travestimenti. In quel ventennio c'è ancora il nostro specchio. Solo guardando ogni tanto in quello specchio possiamo accorgerci che la guerra di Liberazione, nel profondo delle coscienze, non è ancora terminata." I capitoli inediti di un'opera di Piero Calamandrei: un bilancio del ventennio all'indomani della Liberazione, un inno alla libertà ritrovata, un'analisi a caldo del regime.
"Il 18 luglio del 386, al primo assalto dei Galli, l'esercito romano si sbandò. L'ala sinistra venne respinta nel fiume. In preda al panico, in una gigantesca rotta, molti affogarono, altri caddero schiacciati dai compagni in fuga. Metus Gallicus: il terrore per le orde galliche penetrò nella coscienza più profonda dei Romani, senza mai dissolversi, e riemerse nei momenti di maggiore emergenza". Dal nero giorno dell'Allia, i barbari evocano antichi incubi e sopite angosce. Funesti fantasmi che tornano realtà nell'agosto 410. Roma rivive la violenza terribile di un Sacco che umilia la città per secoli signora sulle genti. È solo l'inizio: nel 455 i Vandali entrano a Roma e la devastano indisturbati; passano meno di vent'anni e nel 472 di nuovo un Sacco dopo un lungo assedio. Infine la guerra greco-gotica, che annienta lo splendore della città antica: tra il 535 e il 552 Roma è per cinque volte sotto assedio. Dal racconto dei fatti, al mito, alla memoria: il libro segue le trasformazioni che la sequenza dei Sacchi per oltre un secolo provocò nell'immagine della città, nei comportamenti e nei pensieri dei suoi cittadini. Alla fine del mondo antico, il travaglio di una civiltà si esprime nella tormentata rovina della sua capitale. E il disastro riecheggia spaventoso nei secoli; fino al Sacco del 1527, quando il mito della Roma che rinasce si rovescia nel più drammatico epilogo: di nuovo eserciti che calano sulla città per devastarla, di nuovo distruzioni.
Il volume analizza la visione del Concilio Vaticano II da parte del Partito comunista italiano, dal momento della convocazione dell'assemblea (gennaio 1959) fino al suo definitivo scioglimento (dicembre 1965). I capitoli centrali sono preceduti da una lunga premessa nella quale viene ripercorsa l'analisi comunista della Chiesa e della religione cattolica, evidenziando continuità e rotture tra il primo e il secondo dopoguerra.
Un saggio che si propone di raccontare le dieci battaglie sul mare più decisive della storia, soffermandosi su ogni evento bellico ma inquadrandolo in un più ampio contesto strategico e tecnico. Si parte dalle battaglie combattute dalle navi a remi e a vela. A Salamina (480 a.C), Azio (31 a.C.) e Lepanto (1571) protagoniste sono navi a remi evolutesi in oltre due millenni, dalla bireme alla galea. Lepanto vede tuttavia affermarsi per la prima volta il ruolo della polvere da sparo: innovazione che segnerà le battaglie navali fondamentali di tre secoli, da quella combattuta nel canale della Manica (1588) sino a Trafalgar (1805). La fase successiva è caratterizzata da una più marcata influenza dell'evoluzione tecnologica: lo scontro di Hampton Roads (1862) segna una rivoluzione, con il duello tra navi spinte da macchine a vapore, armate con cannoni ospitati in torri rotanti e protette da spesse corazze di ferro. La battaglia dello Yalu (1894), un evento in apparenza secondario, domina le menti degli esperti navali, e segna l'ascesa del Giappone; allo Jutland (1916), le grandi corazzate, in rapida evoluzione, diventano le dominatrici del mare: possono colpire a lunga distanza e rimanere difese, pur rivelandosi vulnerabili a torpediniere e sommergibili. A Midway (1942) si aggiunge la minaccia portata dagli aerei imbarcati sulle portaerei, nuove regine delle flotte. Infine, alle Falkland (1982) gli scontri sono segnati dalle dotazioni hi-tech, come jet a decollo verticale...
Tra il II secolo a.C. e l'inizio dell'Impero la popolazione emigrata a Roma proveniva, per lo più, dalla parte orientale del Mediterraneo, conquistata dalle legioni romane, e anche le divinità straniere avevano la medesima origine. La natura aperta e politeistica del sistema religioso consentiva nuovi culti, che venivano "naturalizzati" in modo completo quando lo Stato decideva di aggiungerli al calendario pubblico, eventualmente conservando il rituale originario. Anche se la società romana dell'Impero classico era aperta e inclusiva, una xenofobia latente colpiva, in particolare, gli orientali per il loro presunto esotismo variopinto ed eccessivo; la tradizione letteraria latina, non senza forzature, si compiaceva di descrivere le loro cerimonie esotiche, caratterizzate dall'uso di lingue barbare e di musiche stordenti, celebrate da sacerdoti abbigliati con vesti eccentriche e dai costumi depravati.
I totalitarismi del Novecento sono stati quasi integralmente liquidati. Sopravvivono fragili fasce di resistenza sui fronti politici, atteggiamenti emotivi non facili da qualificare che si sviluppano tra mitologia e folclore. Restano, soprattutto, tracce architettoniche vistose e magniloquenti, portatrici non solo di storia ma anche di cultura, spettacolo, mentalità. In questa chiave, i saggi qui presentati affrontano il problema della monumentalità totalitaria e delle sue svariate applicazioni in regimi diversi. I Paesi coinvolti non coprono, per ovvi motivi, tutte le possibilità che la situazione universale offre a chi si voglia occupare di rovine o macerie architettoniche, estetiche della politica, ideologie manifeste o criptate. I contributi raccolti nel volume riguardano Italia, Germanie (DDR e Terzo Reich), Cecoslovacchia, Jugoslavia, Unione Sovietica, Albania, Corea del Nord, Cuba. Letture, interpretazioni, indagini illustrate da immagini che coinvolgono architettura, cinema, antropologia, filosofia, storia culturale, cultura visuale, scienze umane.
"La rivoluzione romana" affronta uno dei nodi cruciali della storia di Roma: la caduta della repubblica e il declino della libertà politica sino alla vittoria definitiva di Augusto e alla fondazione del regime. Opponendosi alla visione tradizionale, incentrata sulle vicende dei grandi protagonisti, Syme propone una lettura allargata del processo politico, mettendo l'accento anche sui personaggi "minori" usciti dalla catastrofe repubblicana e destinati a costituire la nuova classe dirigente della Roma del principato. Lo sguardo dello storico sorvola così sulle biografie di Pompeo, Cesare, Marco Antonio, e dello stesso Ottaviano, il figlio adottivo di Cesare che dopo la presa del potere assumerà il nome di Augusto. Perdono peso anche gli avvenimenti bellici, gli affari interni e i rapporti fra Roma e le province; prendono invece rilievo le nobili casate romane e i principali alleati dei diversi capi politici. La struttura dell'oligarchia governativa assurge quindi a tema dominante della storia politica, venendo a costruire l'anello di congiunzione tra repubblica e impero. Le trasformazioni dello stato e della società, il trasferimento violento del potere e delle proprietà, la creazione del dominio di Augusto rivivono sotto gli occhi del lettore... Introduzione di Arnaldo Momigliano.
Fine della Grande Guerra: l'Italia per la prima volta ha sconfitto l'Austria, nemica di sempre, e partecipa da vincitrice alla spartizione dei territori. Prende così possesso di vaste aree, in parte adiacenti ai confini - come il Tirolo, parte della Carinzia e il Litorale austriaco - e altre oltremare, come la Dalmazia, l'Albania, la costa dell'Anatolia. Contemporaneamente, invia missioni militari verso Vienna, la Renania, la Slesia, la Bulgaria, sino in Russia, in Siberia e in Estremo Oriente. Occupazioni e presenze militari sono strumenti essenziali per la politica estera italiana, che si impegna a fondo per conseguire gli obiettivi della partecipazione dell'Italia al conflitto: al di là della liberazione delle terre irredente dal dominio asburgico, ciò che si vuole è il riconoscimento per il Paese del ruolo di grande potenza, un'influenza sullo spazio danubiano-balcanico pari a quella dell'ex Austria-Ungheria e pari alla Francia e all'Inghilterra nel Mediterraneo orientale. È un errore: sopravvalutare le forze condurrà al fallimento dei disegni più ambiziosi e la politica estera faticherà molto a disegnare la propria strada nel mondo del dopoguerra. Intanto, nei territori destinati all'annessione, le amministrazioni militari offrono ai nuovi cittadini la prima immagine dell'Italia. Ai governatori viene chiesto di adoperarsi per facilitare l'integrazione, ma sono loro a decidere come farlo, in particolare nei confronti di quanti quell'annessione non la desiderano affatto...