Storia di un legame eterno di Dio col mondo, il tempo ha sempre sollecitato uomini di fede e pensatori a riflettere sul mistero della sua realtà. Il tempo sperimentato nel vivere quotidiano, il tempo indagato dalle scienze esatte, il tempo oggetto di riflessione filosofica: assai diversi, e poco assimilabili tra loro, sembrano essere i connotati di questa grande realtà. Anche nella Bibbia il concetto di tempo conosce diverse specificazioni, come ben appare dai contributi offerti in questo volume, che raccoglie gli atti del XXVI Corso Biblico Aquilano, appuntamento culturale ormai parte integrante della vita culturale della città e diocesi di L’Aquila e non solo. Obiettivo dei diversi interventi qui pubblicati è individuare il proprium di un concetto e realtà – il tempo, appunto – che conosce molti profili e non è certo appannaggio esclusivo del testo sacro. Mentre alcuni studiosi presentano così l’esperienza del tempo quale emerge nella prospettiva di determinati libri biblici, altre voci si soffermano sulla riflessione dedicata al tempo dalla letteratura, dal pensiero patristico (agostiniano soprattutto) nonché dalla filosofia e teologia contemporanee. Ne emerge – volutamente – un libro a più voci, ricco di sfaccettature diverse, in grado di aprire la riflessione ad un orizzonte che, avendo il proprio focus nel primario interesse biblico, faccia proprio anche il confronto e l’appropriazione di altre prospettive di pensiero.
P. Lino Dan, gesuita, laureato in ingegneria elettronica prima del suo ingresso nella Compagnia di Gesù, ha compiuto studi filosofici e teologici a Padova, Roma e Cambridge (USA), conseguendo la Licenza in Teologia biblica con una tesi sulle immagini di Dio nel libro di Giobbe. Direttore tecnico di Radio Vaticana dal 1999 al 2005, è stato successivamente Rettore del Collegio universitario d’Abruzzo a L’Aquila. Impegnato in molteplici attività, ha sempre continuato lo studio della Sacra Scrittura in prospettiva ermeneutica e dal 2006 al 2009 ha insegnato Esegesi biblica presso la facoltà di Scienze della formazione dell’Università dell’Aquila.
San Roberto Bellarmino nacque nel 1542 a Montepulciano in Toscana. Entrò nella Compagnia di Gesù a Roma. Ordinato sacerdote, tenne celebri dispute in difesa della fede cattolica e insegnò teologia nel Collegio Romano. Eletto cardinale e nominato vescovo di Capua, contribuì con la sua attività presso le Congregazioni romane alla soluzione di spinosi problemi. Morì a Roma il 17 settembre 1621. Alla morte fu deposto nella cripta della casa professa e, dopo un anno, nel sepolcro nel quale era stato il corpo di S. Ignazio. Il corpo si venera dal 1923 nella terza cappella di destra di S. Ignazio di Loyola a Campo Marzio. Le ossa ricomposte, legate con fili d’argento, ricoperte da abiti cardinalizi, il volto e le mani ricoperti d’argento,sono visibili sotto l’altare a lui dedicato. L’eroicità delle sue virtù furono decretate nel 1920, dopo tre anni si ebbe la sua beatificazione; fu canonizzato il 29 giugno del 1930 e dichiarato Dottore della Chiesa Universale il 17 settembre 1931. La figura del Santo viene presentata dall’autore nella sua vita e nella sua santità perché possa essere di stimolo a tutti coloro che desiderano farsi santi ispirandosi al suo esempio. Vengono delineati i tratti essenziali nelle tappe della sua vita, da Montepulciano a Roma, da gesuita a cardinale, da predicatore in Belgio a professore di controversie in Roma, da buon pastore a Capua a direttore di anime nel Collegio Romano e nel vasto mondo religioso e politico di tutta Europa.
Per coltivare il grande dono dell’acqua viva dello Spirito, dato a noi quando preghiamo, può essere di aiuto questo libricino di “preghiere per la meditazione contemplativa”, preparato da P. Robert Faricy e Luciana Pecoraio. Ognuna di queste preghiere bussa al cuore del lettore come Gesù che si rivolgeva alla samaritana per rivelarle il dono di Dio. Prima di vederle come preghiere rivolte a Gesù, vediamole come parole che Gesù rivolge a noi.
Le riflessioni che l'autore ci offre in questo libretto come introduzione ai singoli misteri del Rosario, secondo un triplice schema, intendono aiutare la contemplazione e farci avvicinare di più a Dio nella preghiera. Il Rosario è scuola di contemplazione e di silenzio. A prima vista, potrebbe sembrare una preghiera che accumula parole, difficilmente quindi conciliabile con il silenzio che viene giustamente raccomandato per la meditazione e la contemplazione. In realtà, questa cadenzata ripetizione dell'Ave Maria non turba il silenzio interiore, anzi, lo richiede e lo alimenta" (Benedetto XVI). "
L’esegesi del testo, la riflessione sulle singole parole, la sottolineatura dei piccoli gesti e immagini, hanno messo tutti noi, che abbiamo assistito alla presentazione di queste meditazioni, sullo stesso livello degli ascoltatori attenti e bisognosi del tempo di Gesù e di tutti i tempi. In questo secondo volume di Meditazioni raccogliamo il frutto di tre anni di «lectio divina» svoltisi nella Pontificia Università Gregoriana, organizzati dal Servizio di Pastorale Universitaria, con la collaborazione insostituibile del corpo docente dello stesso ateneo. La presente opera non è frutto di un lavoro accademico ma fondamentalmente di esperienze spirituali personali. L’itinerario di preghiera inizia dal Padre nostro, la preghiera che Gesù ci ha insegnato. Poi, ci siamo avvicinati a Gesù attraverso diversi personaggi che troviamo nel Vangelo per concludere il percorso centrando la nostra attenzione su alcuni segni e gesti che l’incontro con Gesù porta a realizzare indicando anche un cambiamento interiore nella persona che li compie. (dall'Introduzione)
María del Carmen Aparicio Valls, nata in Spagna nel 1954. Appartiene all’Istituzione Teresiana. Ha ottenuto il suo Dottorato in Teologia nella Pontificia Università Gregoriana dove attualmente insegna nella Facoltà di Teologia e dirige il dipartimento di Teologia fondamentale. Come parte della sua attività universitaria collabora nella organizzazione del Servizio di Pastorale Universitaria come membro del Consiglio di Pastorale.
P. Damián Guillermo Astigueta S.I., nato in Argentina nel 1957. Dopo gli studi nel suo paese ha ottenuto il Dottorato in Diritto Canonico nella Pontificia Università Gregoriana dove attualmente insegna nella Facoltà di Diritto Canonico. Dall’anno 2000 collabora nel Servizio della Pastorale Universitaria e dall’anno 2004 è il responsabile della organizzazione generale dell’attività della Cappella e come membro del Consiglio di Pastorale.
In un mondo che cambia rapidamente, come oggi avviene, ci sono alcune cose che restano e mostrano la loro perenne validità proprio perché, pur nella fedeltà alla tradizione, continuano a manifestarsi in forme sempre nuove ed attuali. Fra di esse occupa un posto particolare la devozione a Maria, che è profondamente radicata nel cuore del popolo di Dio e di ogni credente. Proponiamo una serie di preghiere mariane, alcune di antica origine, altre più recenti, alcune di origine popolare, altre di grandi autori spirituali antichi e moderni, tratte da una raccolta pubblicata nel 1988 dal p. Insolera S.I. per le edizioni CVX, con il titolo Parlare a Maria.
Ci sono soltanto pochi passi in cui i Vangeli parlano di Maria.
Ma ciò che essi dicono su Dio e sul suo agire in Maria, e su di lei e su suo Figlio è di un’incalcolabile ricchezza ed è continuo motivo di gioia. Se noi facciamo parte di coloro che percepiscono con il cuore ciò che di grande Dio ha fatto in Maria, allora faremo parte anche di coloro che per mezzo di Maria ricevono la gioia e si considerano beati.
Se cerchiamo modelli per la nostra preghiera, non possiamo certamente trovarne uno più perfetto di Gesù stesso. La preghiera cristiana deve essere la preghiera del Cristo in noi e, perché possa esserlo, dobbiamo contemplare a lungo Gesù in preghiera, in modo da poter assumere gli stessi atteggiamenti davanti al Padre celeste e avere in noi «gli stessi sentimenti che furono di Cristo Gesù» (Fil 2,5). In questo scritto il card. Albert Vanhoye ci presenta la preghiera di Gesù nel periodo della sua vita pubblica e, in particolare, nell’istituzione dell’Eucaristia.
Se, dopo aver letto le lettere di san Paolo, passiamo alla Lettera agli Ebrei, avvertiamo subito un grande cambiamento di stile. Lo stile di san Paolo è vivo, diretto, molto personale e spesso impulsivo, mentre l’autore della Lettera agli Ebrei non parla di se stesso, non esprime le proprie reazioni, scompare dietro la sua opera, tutta tesa a esprimere bene la dottrina e a incoraggiare i fedeli nella loro vita cristiana. La stessa differenza la si nota a proposito della preghiera: san Paolo comincia le sue lettere con una preghiera di rendimento di grazie o di lode, mentre l’autore della Lettera agli Ebrei non fa mai allusione alla sua preghiera personale.
Questo libretto è nato per far conoscere meglio Maria ai bambini, attraverso gli episodi evangelici che la riguardano.
I bambini sono aiutati a scoprire i fiori che Maria ha coltivato nel suo cuore e sono invitati ad imitarla coltivando le stesse piantine, approfittando delle piccole croci che incontrano nelle loro giornate e affidandosi all’aiuto di Gesù.