Un passo fondamentale nello sviluppo della civiltà del Vicino Oriente Antico è la creazione della scrittura, avvenuta quasi contemporaneamente nella seconda metà del quarto millennio a.C. in Mesopotamia meridionale e in Egitto. I sistemi di scrittura, il geroglifico e il cuneiforme, divennero rapidamente dei mezzi estremamente ricchi e duttili per esprimere gran parte dell’esperienza umana, dalla contabilità agli avvenimenti storici, dalla narrazione di miti all’osservazione degli astri e alla geometria. Già all’inizio del terzo millennio la storia comincia per noi a riempirsi di nomi di città, di uomini, di dèi e gli antichi cominciano a comunicare con noi attraverso i millenni.
Al primato nella creazione e nello sviluppo dei sistemi di scrittura il Vicino Oriente unisce la fortuna della conservazione di migliaia di documenti: i papiri nel secco clima egiziano, le tavolette di argilla nel suolo della Mesopotamia, della Siria o dell’Anatolia si sono conservati in gran numero, giungendo sino a noi. Inoltre la tradizione a essi legata non è mai stata veramente interrotta: alla fine del diciottesimo secolo della nostra èra, quando si cominciò a studiare scientificamente questi documenti, gli studiosi partirono dalla conoscenza dell’Antico Testamento e dei classici greci, in particolare Erodoto; un legame con le antiche civiltà era quindi rimasto, mediato dalla tradizione, e permise di affrontare con minor difficoltà l’interpretazione dei testi.
Realtà di diritto privato a rilevanza pubblica, la famiglia à l’àmbito privilegiato per l’esercizio della libertà dei suoi membri e, allo stesso tempo, si pone quale soggetto avente pieno diritto a limitare l’intervento dello Stato o, diversamente, a richiederlo per la difesa e promozione della sua specificità.
L’analisi comparata della giurisprudenza e della pubblicistica italiane e tedesche pone l’accento sulle implicazioni che possono o dovrebbero derivare dal riconoscimento pubblicistico della realtà istituzionale della famiglia in ambito non solo nazionale ma anche sopranazionale, sia sul piano normativo che su quello delle «buone pratiche», attraverso un tipo di intervento sussidiario. In queste pagine, dense del vissuto dell’autrice in colloquio e confronto con accademici e pensatori internazionali, emergono gli elementi che attribuiscono alla famiglia il titolo di unicum all’interno dello scenario delle realtà giuridiche private che si distinguono sul piano pubblicistico.
Nel testo vengono intervistati dieci esperti su altrettanti temi di bioetica o di morale naturale. Gli argomenti e i relativi autori sono i seguenti: Aborto – Carlo Casini (parlamentare europeo); Fecondazione artificiale – Don Stefano Teisa (docente universitario); Rapporti prematrimoniali e masturbazione – Padre Lino Ciccone (moralista); Contraccezione – Maria Grazia Vianello (docente universitario); Matrimonio e divorzio – Giacomo Samek Lodovici (docente universitario); Coppie di fatto – Mario Palmaro (docente universitario); Omosessualità – Roberto Marchesini (psicoterapeuta); Droga – Antonello Vanni (ricercatore); Eutanasia – Claudia Navarini (docente universitario); Legittima difesa e pena di morte – Giacomo Rocchi (magistrato).
Le domande, poste da Tommaso Scandroglio, mettono in luce i più diffusi luoghi comuni su questi temi: il concepito è già un essere umano? Perché la donna non può decidere della sua salute ricorrendo all’aborto? Se due ragazzi si amano, che male c’è ad avere rapporti sessuali prima del matrimonio? E se due persone non si amano più, perché non divorziare? L’affetto tra due omosessuali non è uguale a quello di due persone eterosessuali? Non è meglio decidere di morire piuttosto che soffrire, come Welby? La pena di morte è sempre sbagliata?
Osserva lo psicanalista Claudio Risé nella Prefazione: «Le false notizie sulla vita, e sulla morte, in questo libro riportate esattamente nelle domande fatte da Tommaso Scandroglio, e confutate con precisione e competenza dagli intervistati, sono il risultato della separazione dell’uomo dal Padre che è all’origine della vita, e dello smarrimento, che ne consegue, dell’esperienza dell’amore, e del dono di sé, come indispensabile nutrimento dell’intero percorso di vita, e delle relazioni che lo attraversano e fanno crescere».
Le risposte date dagli autori vogliono offrire al lettore facili motivazioni per smontare quelle «false notizie» così popolari. Il libro è quindi un vademecum di scorrevole lettura per avere sempre la risposta giusta al momento giusto.
Ezra Pound (Hailey, Idaho 1885 - Venezia 1972), riconosciuto fra i più grandi poeti del ventesimo secolo, è anche autore di originali saggi storici, economici e politici. L’Autore dei Cantos ha sempre sottolineato con fervore la necessità di studiare la storia e l’economia per poter apprezzare la bellezza e difendere la giustizia, che sono in fondo l’unica, vera missione di un poeta.
Anche se ha vissuto per decenni in Europa, Pound si è sempre considerato un autentico patriota americano, come dimostra il saggio, qui tradotto per la prima volta in italiano da Andrea Colombo, che esprime tutta la sua ammirazione per i primi Presidenti degli Stati Uniti d’America e in particolare per Thomas Jefferson e John Adams, uomini retti e colti, che si diedero alla politica nell’esclusivo interesse del loro popolo.
Il testo è preceduto da un importante saggio di Luca Gallesi, che ricostruisce motivi e contenuti della smisurata ammirazione di Pound per il Presidente Jefferson.
Questo studio mostra come, pur partendo da due concezioni molto diverse della parola e del suo rapporto con l’essere e con il pensiero (razionale), l’interrelazione tra la filosofia greca e la cultura egizia operatasi nel periodo della conquista prima greca e poi romana di tutto il Vicino Oriente (III a.C.-VII d.C.) abbia prodotto una sintesi arricchita dall’apporto di entrambe. Per comprendere le forme che tale sintesi ha progressivamente assunto viene scelto come filo conduttore l’idea di fondo della teologia egizia di età tolemaica, ricostruita ripercorrendo lo sviluppo della teologia egizia dell’età faraonica (III-I millennio a.C.): Dio è l’Uno-e-Tutto, ossia Colui che mentre permane l’Uno preesistente androgino si autogenera come Figlio di sé stesso e come unitotalità del cosmo esistente. Questo è il nucleo teologico che l’ermetismo cerca di esprimere con categorie platoniche, ma che prima ancora viene rielaborato dall’antico stoicismo e con cui si confrontano le principali correnti di pensiero sorte in gran parte proprio ad Alessandria d’Egitto: il giudaismo ellenizzato, il neopitagorismo, il medioplatonismo, gli Oracoli Caldaici, lo gnosticismo e il neoplatonismo. Ciò offre anche un esempio storico di fecondo scambio culturale tra popoli diversi nel rispetto delle rispettive identità religiose che può fungere da modello per l’odierno dialogo interculturale e interreligioso.
Settantasei personaggi del giornalismo e dello spettacolo raccontano qual è il film che ha segnato la loro vita. Ne viene una straordinaria galleria cinematografica che consente un’incursione nell’immaginario interiore dei settantasei autori, fra i quali sono annoverati Dino Risi, Carlo Verdone, Lucia Annunziata, Pierluigi Battista, Angelo Branduardi, Umberto Brindani, Toni Capuozzo, Aldo Cazzullo, Don Backy, Roberto Gervaso, Luca Goldoni, Paolo Granzotto, Aldo Grasso, Antonio Padellaro, Gian Antonio Stella, Marco Travaglio, Stefano Zecchi, Giuliano Zincone...
Ma il libro, brillantissimo, induce il lettore a verificare anche le proprie predilezioni cinematografiche, confrontandosi con le valutazioni qui inanellate.
Sofia Varvaro (Palermo 1941- Roma 1972) fu la prima ragazza siciliana a entrare nell'Opus Dei. Per seguire le esigenze della sua vocazione, lasciò presto la casa paterna incontrando la dura opposizione dei famigliari, che non comprendevano le ragioni della sua scelta. Attraverso le sue lettere, si svela la realtà di una giovane anima innamorata di Dio e impegnata a trovare la propria santificazione nello studio e nell'apostolato come nelle occupazioni più domestiche.
Un sacerdote e capo scout ripercorre le riflessioni sul «senso religioso» che lui personalmente ha maturato nel solco tracciato da don Luigi Giussani, per proporle ai bambini attraverso un percorso e un linguaggio accesibile. Ne è nato questo un libro «interattivo», che apre con una favola (la storia dell’indiana Goccia di Luna), e che si chiude nella riflessione e nelle domande sul nascere, il vivere, il morire di ogni singolo uomo nel cuore della creazione e nel trascorrere del tempo.
Nella prima parte la fiaba avventurosa coinvolge direttamente i bambini, anche attraverso splendide illustrazioni di ambintazione indiana; nella seconda parte si propongono invece delle schede utili a genitori, insegnanti, catechisti ed educatori in genere per organizzare un lavoro/confronto con i bambini.
Mauro Ballestra, sacerdote dal 1983 è incardinato a Forlì dove è vicario parrochiale e coordinatore di un importante gruppo Scout cittadino. Ha già pubblicato con Ares Chi è mai costui! Il Vangelo annunciato ai ragazzi, nella collana «Catechesi» (2007).
Dopo l’epopea del Cavallo rosso, il romanzo che ha fatto parlare di Eugenio Corti come del «Tolstoj italiano del Novecento», l’autore brianteo si era applicato ai «romanzi per immagini» La terra dell’indio e L’isola del Paradiso. Con Catone l’antico, Corti aveva fatto rivivere ai lettori un discrimine cruciale della storia romana, per tanti aspetti simile all’attualità che stiamo vivendo. Con questo nuovo libro, Corti può finalmente dedicarsi al periodo storico da lui più amato, il Medioevo, appunto, visto come paradigma realizzato della civiltà cristiana. E lo fa raccontando la storia della beata Angelina da Montegiove (1377-1435), lontana antenata della moglie dello scrittore e conterranea della più nota beata Angela da Foligno (1208-1309), premettendo un ampio excursus che valorizza il Medioevo nella storia dell’umanità. Il tono narrativo, saldamente ancorato alle fonti storiche, è lo stesso che Corti usa negli incontri con i numerosissimi studenti universitari che vanno a trovarlo nella sua casa in Brianza, che trovano «nell’aquila dei suoi 87 anni» (per parafrasare il poeta) uno straordinario testimone del Ventesimo secolo e un maestro per i tempi nuovi.
La seconda parte del volume racchiude una quindicina di testi brevi, scritti nell’arco di un quarantennio, che accanto agli indimenticabili ricordi di guerra, allineano interventi sulla contestazione del ‘68, istantanee di amici esemplari (don Carlo Gnocchi, in primis), un originalissimo ex-voto per san Michele Arcangelo e una suggestiva Apocalisse anno duemila.
Le condizioni drammatiche dell’Italia appena uscita dal secondo conflitto mondiale e dalla guerra civile sono ricostruite in queste pagine attraverso la lettura dei giornali d’epoca, tra i quali erano in netta prevalenza gli organi dei partiti politici – espressione della lotta resistenziale – rispetto ai semplici quotidiani d’informazione, come il Corriere della Sera o La Stampa, guardati ancora con qualche sospetto per i legami con il passato regime. Emerge dalla rassegna elaborata dall’Autore un Paese materialmente distrutto e alla fame, con scarsa protezione giuridica per i beni dei propri cittadini a cominciare dalla vita stessa, militarmente ancora occupato dagli Alleati, percorso da moti di ribellismo sociale o autonomistico al limite del banditismo, intriso di retorica ideologica e rivoluzionaria che scorreva copiosa negli articoli di Velio Spano e Pietro Nenni, direttori rispettivamente dell’Unità e dell’Avanti! Se forte è la presenza dei quotidiani espressione delle forze di democrazia laica (l’azionista Italia libera, Risorgimento liberale, La voce repubblicana), attenzione particolare viene data alle riflessioni e ai commenti apparsi in quei mesi sulle colonne del Popolo e dell’Osservatore Romano, dove ripetutamente si denuncia la deriva morale e spirituale dell’Europa manifestatasi ieri con l’avvento del fascismo e del nazionalsocialismo, ma al presente ravvisata nel comunismo sovietico divenuto ormai, con la vittoria alleata, potenza mondiale: un nuovo incubo per la libertà dei popoli, al pari della paura della bomba atomica che, proprio il 6 e l’8 agosto 1945, consumava i suoi terrificanti effetti su Hiroshima e Nagasaki. La scelta di delimitare la ricerca entro limiti temporali ben precisi, tra il 1° maggio e il 31 agosto 1945 appunto, è stata fatta al fine di registrare «a caldo» l’atteggiamento dei quotidiani sulle vicende internazionali e su quelle che in tale arco di tempo risultarono decisive per il futuro sviluppo dell’Italia. Ovvero, prima che un crescente flusso di dati e di notizie a disposizione dei leaders politici e dei direttori dei giornali rendesse la trattazione degli avvenimenti più selezionata e calcolata.