Chi vuol essere cristiano deve innanzitutto essere uomo, e non sarà mai cristiano se non si decide a essere santo. Questa, in estrema sintesi, è la tesi dell'autore. Chi vuole un cristianesimo non edulcorato, ma esigente, appagante perché impegnativo, che dà tutto perché ha chiesto tutto (ma esiste un cristianesimo di altra specie?) qui trova pane per i suoi denti, alimento per la sua speranza.
Jesús Urteaga Loidi, sacerdote, scrittore, primo direttore della rivista Mundo cristiano, ha scritto questo libro quand'era giovane, rivolgendosi ai giovani di ogni età, uomini e donne, che si sentono attratti da questo programma: «Contro la menzogna, la verità. Contro la viltà, la nobiltà. Contro l'ipocrisia, la sincerità. Contro la bigotteria, la pietà. Contro la debolezza, la forza. Contro il manierismo, la virilità. Contro la timidezza, l'audacia. Contro l'impotenza, la fecondità. Contro la paura, il coraggio. Contro il tradimento, la lealtà. Contro la tristezza, la gioia. Contro il pessimismo, l'ottimismo. Contro la mediocrità, la personalità. Contro l'ozio, il lavoro. Contro il disorientamento, il criterio. Contro l'avarizia, la generosità. Contro la verbosità, il silenzio. Contro gli esibizionismi, la discrezione. Contro l'imborghesimento, la santità» (pp. 176).
Questo libro di aforismi è la testimonianza di una persona che pur avendo condotto nella sua intera esistenza una vivace attività pubblica con opere, iniziative, interventi, ha conservato la dimora ideale nella torre d'avorio, che è lo stato spirituale di chi ama la fermezza ed è pronto a difenderla senza cedere un millimetro; ma nello stesso tempo non vuole chiudere i sensi al mondo: attraverso gli spalti e le feritoie guarda il panorama, invia incessantemente fervidi messaggi (pp. 168).
Fausto Gianfranceschi è stato per più di vent'anni il direttore della pagina culturale del quotidiano «Il Tempo» di Roma. Ha pubblicato una ventina di libri tra saggi e narrativa, ottenendo prestigiosi riconoscimenti, tra cui il «Premio Napoli» e il «Selezione Estense».
Tra le sue pubblicazioni più recenti, Elogio della nostalgia (2002) e Bestiario della sinistra (2004).
Benedetto XVI, nei giorni successivi la sua elezione alla Cattedra di Pietro, ha detto, rivolgendosi ai giovani: «Non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a Lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo e troverete la vera Vita».
Sorge allora il quesito: come conciliare la chiarezza di queste mete e la responsabilità di raggiungerle, la positività di alcuni segni di risveglio che si riscontrano nella società , con quanto la realtà numerica delle statistiche sulla famiglia di oggi ci dice? Il problema della famiglia è davvero centrale. In Italia (e l'Italia rientra nella media europea), sommando separazioni e divorzi, le famiglie che si frantumano annualmente sono 130.000 (centotrentamila!); come dire: ogni anno, in Italia, una cittadina di media grandezza sprofonda nel caos affettivo.
La sfida si pone su due livelli: culturale ed esistenziale, ed è colta, da Torelló, nella sua pienezza.
Partendo dal concetto di «famiglia», l'autore affronta i temi dell'educazione, il mito onnisciente della «psicologia del profondo», i conflitti generazionali, le basi della maturazione personale e della convivenza civile; nella sua riflessione duella a spada tratta con i numi moderni e postmoderni, riconoscendo le conquiste e mettendone impietosamente a nudo le insufficienze, convinto che «bisogna molto semplicemente riconoscerlo: chi vuol salvare la famiglia deve rivoluzionare lo Stato» (pp. 232).
Un viaggio in Perù, il contatto con gente semplice e buona che condivide volentieri tutto quello che ha. Che, poi, è niente, o poco di più, in un posto dove la miseria genera soprattutto grave malasanità. Il visitatore non resta indifferente: è un medico - primario nell'ospedale di Castelvetrano-Selinunte - si chiede che cosa può fare lui, in concreto, per dare un aiuto. Torna in Italia, si rimbocca le maniche e con alcuni amici dell'Opus Dei e dell'Icu Sicilia progetta un ospedale da realizzare sulle Ande, lassù, sul tetto del mondo.
Con soli 90 mila dollari e in appena 15 mesi l'Ospedale «Santa Teresa» è ora una realtà . Si trova ad Abancay, nel Nord del Paese, una delle zone più povere ai confini della foresta amazzonica; è stato inaugurato il 28 agosto 2006. Un giorno speciale per il nostro medico che per la prima volta indossava il camice da missionario…
Queste pagine di diario nascono dall'esigenza di dare conto di una vita cambiata: «In Perù, ho avuto modo di vedere il volto più vero delle grande Chiesa Cattolica che si serve di preti e suore come fossero "santi in terra". Una testimonianza corroborante per la mia fede, finora apatica e formale. Sentivo un bisogno irrefrenabile di scrivere: io che da anni firmavo solo ricette mediche e vari documenti! Non ho l'ambizione di fare lo scrittore, né la voglia di far sapere agli altri un'esperienza tutto sommato personale, ma se ciò può servire per fare apostolato e per trovare altre risorse al solo scopo di aiutare i miei amici rimasti in Perù, sarò felice di aver dedicato loro questa mia fatica e altre iniziative che da questa scaturiranno» (pp. 136).
In questo libro, il prelato dell'Opus Dei offre un modello di orazione contemplativa, spiegando al lettore che cosa intendeva san Josemaría Escrivá quando esortava a «entrare nelle scene del Vangelo come uno dei personaggi». Lo scenario è quello della preghiera di Gesù nell'Orto degli Ulivi: è un episodio drammatrico della vita di Cristo attraverso il quale il cristiano può apprendere il significato del dolore e della riparazione, alla luce della speranza e nella gioia della risurrezione (pp. 296).
Mons. Javier Echevarrí a (Madrid, 1932) ha collaborato strettamente con san Josemaría Escrivá dal 1953 al 26 giugno 1975, data di morte del fondatore dell'Opus Dei. Sacerdote dal 1955, nel 1994 è stato chiamato a succedere a mons. Alvaro del Portillo come Prelato dell'Opus Dei. Ha ricevuto la consacrazione episcopale da Giovanni Paolo II il 6 gennaio 1995. Dello stesso Autore, in questa collana, le Edizioni Ares hanno pubblicato Itinerari di vita cristiana (2001).
La scelta del matrimonio è sempre più avvertita come un cammino irto di ostacoli: vengono infatti messe in dubbio la sua validità e idoneità ad accompagnare gli sposi per tutta la vita. Nella preparazione alle nozze, i fidanzati sono sollecitati a rivedere l'intero modo di concepire la loro esistenza: è l'occasione per interrogarsi sul rapporto con Dio e con gli altri.
Il libro, nel passare in rassegna i principali interrogativi che segnano la vita degli sposi nell'attuale società secolarizzata - la libertà delle decisioni, la fedeltà al progetto comune e l'educazione dei figli - delinea con finezza interpretativa gli insegnamenti del Magistero, non solo in ordine alla comunità familiare, ma anche al bene della società .
Infatti, l'ascolto del Magistero è oggi l'unica voce che trasmette una concezione etica non allineata e superiore al «fai-da-te» imperante. La sua funzione di illuminazione e di formazione delle coscienze non è una visione culturale che cerchi di imporsi su un'altra, ma è l'interpretazione autentica del disegno creatore di Dio su matrimonio e famiglia (pp. 232).
Carla Rossi Espagnet ha conseguito il dottorato in Teologia nel 1993 presso l'Istituto Giovanni Paolo II per studi su Matrimonio e Famiglia di Roma. Dal 2003 dirige il corso «Amore, famiglia, educazione» presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose all'Apollinare della Pontificia Università della S. Croce. Oltre alla ricerca scientifica di tipo antropologico e teologico relativa alla donna e alla famiglia, dal 2002 si occupa della docenza del corso di Mariologia presso l'Istituto di Scienze Religiose all'Apollinare e presso la facoltà di Teologia della Pontificia Università della S. Croce.
Questo libro nasce dall'esperienza. Studenti che versavano in gravi se non drammatiche situazioni scolastiche, che per anni avevano esibito pagelle per le quali i genitori più benevoli a stento trattengono una smorfia di dolore, si affidano alle indicazioni dell'autore e risalgono la china colorando di segno positivo i registri di classe. E i più finiscono per appassionarsi a buona parte delle materie proposte, non vivendole come un dovere scolastico ma come strumenti di conoscenza del vero, del bello e soprattutto dell'utile. Ma qual è il segreto di una simile metamorfosi da teste di rapa (presunte) a piccoli geni pensanti e consapevoli? Nessun trucco o espediente stravagante, ma l'affermazione di un principio per il quale lo studio altro non è che una parte dell'attività lavorativa di chi lo pratica e che pertanto, come un qualunque lavoro, merita di essere retribuito. «Otto? Questo è il tuo guadagno». «Insufficiente? Mi spiace, vai in debito di tot» (pp. 240).
Fabio Di Tullio, sposato e padre di quattro figli, è laureato in Filosofia all'Università Cattolica di Milano e ha uno studio nella stessa città . Si occupa dei rapporti tra motivazione, organizzazioni, risorse umane, leadership e apprendimento. Lavora anche con docenti, studenti e famiglie sulle tematiche della metodologia dello studio e del miglioramento del rendimento scolastico. Attualmente insegna Interpersonal and intercultural skills e Psychology and management come affiliate professor presso il campus torinese della Grande Ecole Escp-Eap, oltre a svolgere consulenze sulle stesse tematiche presso varie Società.
«I vinti, le forze cioè della sinistra, sconfitte il 18 aprile, hanno, più dei vincitori, contribuitoad offrire una immagine complessiva di quegli anni,una immagine che è diventata elemento di cultura media che è filtrata fin nei rapidi accenni che si leggono alla fine dei manuali scolastici nelle poche pagine dedicate all'Italia del secondo dopoguerra». (Pietro Scoppola)
«Noi comunisti ci siamo accorti che saremmo stati probabilmente sconfitti alle elezioni del 18 aprile quando, nel mese di febbraio, abbiamo visto scendere in campo i Comitati Civici e svolgere quel lavoro capillare che fino ad allora avevamo fatto soltanto noi». (Massimo Caprara)
Queste due citazioni, rispettivamente di un cattolico democratico, storico e senatore dc, e dell'ex segretario di Palmiro Togliatti, per decenni deputato comunista prima di approdare alla fede dopo un lungo itinerario spirituale e intellettuale, danno la misura di quanto è avvenuto dopo il 18 aprile 1948, quando in Italia si svolsero le elezioni politiche più importanti nella storia del Paese, che segnarono la volontà del popolo di appartenere alla civiltà occidentale, democratica e cristiana.
Ma il libro curato da Marco Invernizzi - che riunisce gli atti di un convegno organizzato a Milano dall'Istituto per la Storia dell'Insorgenza e per l'Identità Nazionale - ci porta all'interno dell'evento, esaminandone le forze protagoniste, sia religiose e culturali, sia politiche, offrendo la possibilità al lettore di farsi una prima impressione del significato di quella giornata elettorale e aprendo uno squarcio su alcune verità taciute per decenni da una storiografia succube degli interessi politici, come il ruolo dei Comitati Civici, l'opera svolta dal cardinale Schuster, le vicende del mondo azionista (pp. 360).
L'unità d'Italia è stata cucita a spese della Chiesa. Il processo storico di unificazione dal 1848 al '61 si è svolto contestualmente a una vera e propria guerra di religione condotta nel Parlamento di Torino - dove tra i liberali siedono i massoni - contro la Chiesa cattolica. I liberali aboliscono tutti gli ordini religiosi della Chiesa di Stato, spogliano di ogni avere le 57.492 persone che li compongono, sopprimono le 24.166 opere pie, lasciano più di 100 diocesi senza vescovo, impongono al clero l'obbligo di cantare il Te Deum per l'ordine morale raggiunto, vietano la pubblicazione delle encicliche pontificie, pretendono siano loro somministrati i sacramenti nonostante la scomunica, e, come se nulla fosse, si proclamano cattolici.
Perché? Perché proprio lo Stato sabaudo, che si dice costituzionale e liberale, alla guida del moto risorgimentale dedica accanite sessioni parlamentari per la soppressione degli ordini religiosi? Con quali motivazioni ideologiche, morali, politiche e giuridiche? Sulla base di una mole impressionante di fonti originali, Angela Pellicciari dimostra che colpendo il potere temporale della Chiesa s'intendeva annientarne la portata spirituale. Dell'iconografia tradizionale resta un Ottocento tormentato, certo spregiudicato, molto meno romantico, che apre a una più piena comprensione delle difficoltà riscontrate fino a oggi nell'evoluzione della nostra identità nazionale (pp. 336).
Angela Pellicciari, storica del Risorgimento, sta pubblicando con Ares anche I Papi & la Massoneria (2007). Gli altri volumi già in libreria sono: L'altro Risorgimento (Piemme, 2000); I panni sporchi dei Mille (Fondazione Liberal, 2003); Risorgimento anticattolico (Piemme, 2004).
Una devozione popolare di antica tradizione rivissuta nella contemplazione delle quattordici formelle votive (sette dolori e sette gioie) riprodotte nel Santuario mariano di Nostra Signora di Torreciudad, in Spagna, luogo sacro valorizzato e molto amato da san Josémaría Escrivá, fondatore dell'Opus Dei.
Nella lettura dei passi corrispondenti del Vangelo, nel commento e negli spunti di riflessione proposti dall'autore che iniziano e culminano nella preghiera personale, si impara a conoscere meglio la vita «normale», intrisa di santità quotidiana, della Sacra Famiglia di Nazaret; e si impara, in particolare, a conoscere le doti umane e spirituali di san Giuseppe, che si rivelò guida sapiente, sposo e padre amorevole e giusto, per Maria e Gesù, grazie alla fiducia che in tutta la sua avventura terrena ha sempre riposto nel disegno che Dio aveva preparato per lui (pp. 72).