
Il principale contributo della etnomatematica è quello di offrire una visione globale della matematica, riconducendone i concetti astratti al contesto umano delle differenti culture che li hanno generati. In questo libro, partendo da riflessioni su come particolari società strutturano il concetto di tempo, prendono importanti decisioni riguardo al futuro, costruiscono modelli e mappe e stabiliscono relazioni, Marcia Ascher dimostra che le culture tradizionali possiedono concerti matematici molto più sofisticati di quanto in genere non si creda. Alcuni rituali religiosi del Madagascar si basano su complessi algoritmi algebrici e che alcune popolazioni indonesiane, i kodi e i balinesi, usano calendari molto più astratti ed eleganti dei nostri. Ascher ci mostra da un lato che alcuni concetti da noi ritenuti universali - ad esempio: il tempo come una successione di singoli istanti o che nell'idea di eguaglianza si esprima una relazione statica - non lo sono affatto; dall'altro che ulteriori concetti ritenuti di dominio esclusivo della matematica occidentale risultano invece ampiamente condivisi in differenti contesti culturali. Questa esplorazione in terreni matematici "lontani" spazia attraverso diverse aree geografiche: tra i borana e i malgasci dell'Africa, tra gli abitanti delle isole Tonga e Marshall in Oceania, fino ai tamil nel sud dell'India, ai baschi in Europa occidentale, ai balinesi e ai kodi in Indonesia.
La vendetta chiede di uccidere colui che uccide. E chi uccide colui che uccide? Anspach invita qui a un viaggio di scoperta dei meccanismi e delle implicazioni della reciprocità, che porta il lettore ad aggirarsi, tra circoli viziosi e circoli virtuosi, nei territori limitrofi dell'antropologia, dell'economia, della sociologia e della psicologia. Dallo scambio violento e distruttivo della vendetta a quello pacifico e costruttivo del dono, dallo scambio di prestazioni all'interno della coppia fino alle transazioni dell'economia di mercato, il circolo delle interazioni tra individui trova una garanzia di unità e armonia a un livello superiore, in un "terzo" trascendente: gli dei e gli spiriti magici, la relazione di coppia, lo stato e oggi il mercato, in quanto presunta forza "autoregolata". Ma tale garanzia non deve diventare un vincolo costrittivo: se non vogliamo rimanere intrappolati in circoli viziosi, dobbiamo imparare a guardare dall'esterno le nostre interazioni per ripensarle e trasformarle da protagonisti consapevoli. E questo vale anche per l'economia; i nemici più insidiosi della società aperta non sono oggi forse quelli che ci invitano a sottomettere la totalità degli scambi alla "mano invisibile" di un mercato divinizzato?
"Accusa del sangue è l'espressione ebraica che da quasi mille anni a questa parte gli ebrei sono stati costretti a imparare. Essa designa ellitticamente l'accusa rivolta contro gli ebrei, di usare il sangue dei cristiani come ingrediente dei cibi e delle bevande prescritti per le feste pasquali". Così il grande studioso del mito Furio Jesi esordisce in questo suo libro. L'accusa del sangue non è fondata su fatti, è un'invenzione. Per controbatterla occorre smontare la convinzione dell'accusatore, scavando nelle figure immaginarie dell'antisemitismo, sia di quello popolare sia di quello colto. Ovvero è necessario comprendere non solo i miti, ma la macchina mitologica che produce superstizioni, credenze, luoghi comuni. Jesi si addentra nella cultura profonda, nelle ossessioni dell'antisemitismo moderno, individuandone le permanenze antiche. Perché l'accusa del sangue non è una credenza che si è persa nella notte dei tempi, ma riguarda anche periodi a noi vicini. Ricomparsa a Damasco nel 1840 (l'episodio da cui prende le mosse questo saggio) e ripetutasi più volte nel corso del Novecento, essa parla delle molte paure che popolano la nostra quotidiana attualità.
A differenza delle tante opere che cercano di definire con oggettività sociologica la natura e la consistenza della categoria degli intellettuali, l'autore mette al centro di questa sintesi di tre secoli di storia dei rapporti tra potere e sapere le strategie in base alle quali gli intellettuali si sono autodefiniti come tali. Si tratta ovviamente del ruolo del lavoro intellettuale nelle società moderne, che trovò la sua definizione canonica con i philosophes dell'illuminismo e che sembra aver subito una radicale trasformazione oggi, in epoca postmoderna. Trasformazione che Bauman sintetizza metaforicamente nel passaggio dalla figura dell'intellettuale "legislatore" a quella dell'"interprete": da chi arbitra e sceglie in base al proprio superiore sapere tra opinioni relative alla realizzazione del miglior ordine sociale a chi, abbandonate le ambizioni universalistiche, mette la propria competenza professionale al servizio della comunicazione tra soggetti sovrani. Interessato soprattutto a comprendere le successive definizioni che del proprio ruolo hanno dato gli intellettuali, Bauman tuttavia non ritiene che sia stato superato l'orizzonte della modernità: anzi, come si è portati a pensare a lettura ultimata, proprio in società come quelle postmoderne, divise in sedotti e "repressi", sembra riproporsi con urgenza il ruolo originario dell'intellettuale "legislatore".
François Cheng, studioso di origine cinese, membro dell'Accademia di Francia, è considerato il più importante e acuto mediatore culturale tra la Cina e l'Europa. I suoi studi sono un punto di riferimento per chiunque voglia accostarsi e comprendere la cultura dell'Oriente. Ma il suo merito più grande è quello di aver innovato e arricchito la filosofia occidentale di elementi provenienti da un mondo apparentemente molto diverso e lontano. Essendosi dovuto confrontare sin da giovane con il male e la bellezza per esser stato frequentatore, da un lato, di quell'incredibile luogo che è il Monte Lu, nella sua provincia natale, e dall'altro spettatore del terribile massacro di Nanchino, perpetrato dall'armata giapponese, Cheng ci rende partecipi delle sue riflessioni sulle questioni esistenziali più radicali che non hanno mai smesso di tormentarlo.
Se la prima rivoluzione industriale è consistita nell'introduzione del macchinismo, se la seconda si riferisce alla produzione dei bisogni, la terza rivoluzione industriale è per Anders quella che produce l'alterazione irreversibile dell'ambiente e compromette la sopravvivenza stessa dell'umanità. In un mondo in cui la macchina è diventata soggetto della storia, l'uomo risulta superato, "antiquato", appunto. In venticinque saggi su temi che vanno da L'apparenza a Il male, passando per La massa, Il lavoro, Le macchine, L'individuo, Le ideologie, Il conformismo, Il privato, La morte, La realtà, La libertà, La storia, La fantasia, Lo spazio e il tempo, Anders pratica un filosofare senza sistema precostituito. Eppure la sua "filosofia di occasione" o, come pure egli dice, en plein air, ha saputo cogliere per tempo i prodromi della trasformazione che sarà detta impropriamente postmoderna e che per Anders altro non è che il frutto della riduzione di tutto, del mondo e dell'uomo, a "materia prima" indefinitamente manipolata da una tecnica sfuggita a ogni controllo.
Tra le classiche definizioni filosofiche dell'essere umano - l'uomo è animale razionale, l'uomo è animale politico - ve n'è una, la quale viene di solito sottaciuta. Quella di animale erotico. Eppure è proprio essa che indica l'originaria condizione di possibilità dell'incontro, ossia di ciò a partire da cui può aver luogo ogni pratica e ogni forma di relazione umana, compresi l'esercizio del pensiero e la politica. L'uomo come mortale, infatti, nasce solo dopo che ha fatto irruzione nel mondo il demone di Eros. Prima, quando gli esseri erano immortali, Eros non esisteva affatto e del sesso non c'era alcun bisogno. Il libro affronta le principali questioni relative all'erotismo e alla sessualità: il desiderio, la caccia, il matrimonio, le cosiddette perversioni, la violenza, la pornografia di massa, sino ai legami tra Eros e politica. E lo fa reinterpretando alcuni miti antichi e medievali (come quelli di Orfeo ed Euridice e di Tristano e Isotta), ripercorrendo i luoghi fondamentali della tradizione filosofico-erotica occidentale (da Platone e Aristotele al misticismo cristiano-medievale, da Giordano Bruno a Schopenhauer, a Kierkegaard e Nietzsche, da Freud a Deleuze e Derrida), senza trascurare alcuni eminenti luoghi artistico-letterari come "Le Lettere" di Abelardo ed Eloisa, il "Don Giovanni", la "Filosofia del boudoir" di Sade, i romanzi di von Sacher-Masoch e quelli di Kafka, l'arte di Michel Duchamp, la fotografia di Pierre Molinier, sino alle esperienze estreme del transgender.
«In Paracelso, la ninfa si presenta come una creatura in carne e ossa, creata a immagine dell'uomo, che può acquistare un anima solo unendosi con lui. La congiunzione amorosa con l'immagine, simbolo della conoscenza perfetta, diventa in Boccaccio l'impossibile unione sessuale con una imago trasformata in creatura che "beve e mangia"...» Così, il filosofo Giorgio Agamben si avventura nell'indagine sulla natura misteriosa e doppia delle Ninfe, mettendo in campo riflessioni sulla letteratura, la filosofia, la mitologia, la storia dell'arte e l'antropologia. Rifacendosi alla lezione di Aby Warhurg che, utilizzando tutte queste "piste indiziarie", seppe dare una nuova e feconda lettura del mondo delle immagini, Agamben torna a lavorare sui materiali di "Stanze", ragionando su queste figure che paiono essere una delle chiavi più ricche per penetrare la mitologia degli antichi e anche certe costanti della nostra storia psicologica rispetto al rapporto tra Anima e Sessualità.
In questo libro l'autore prende in esame, nell'intento di formulare una teoria unificata, i diversi orientamenti attuali nella psicoterapia della coppia madre-bambino. La "costellazione materna" è il costrutto teorico unificante proposto da Stern: ogni donna che diventa madre, e soprattutto alla nascita del primo figlio, viene a trovarsi, da un punto di vista psicologico, in una situazione nuova che orienta i suoi comportamenti e la sua sensibilità, le sue tendenze, i suoi timori e i suoi desideri, rimettendo in gioco le sue fantasie infantili. Ciò impone all'operatore un diverso modo di concepire e di vivere il rapporto con la paziente. Osservare la coppia madre-bambino nell'ottica della "costellazione materna" consente una migliore comprensione e una migliore efficacia terapeutica.
Il libro raccoglie una serie di contributi di autori noti e significativi (basti ricordare Fodor, Gould, Liotti, Pinker e Sperber) sul tema dell'influenza, più o meno esplicitamente riconosciuta, che la teoria darwiniana ha esercitato e può ancora esercitare sulla psicologia e sulle sue applicazioni alla psicoterapia. La proposta di un volume collettivo nasce dal crescente interesse per l'argomento a livello nazionale e internazionale.