La fenomenologia, con la rivoluzione che opera nel modo di pensare la relazione fra apparenza e realtà, è un'ontologia, e non un rifiuto dell'ontologia, dello studio dell'essere delle cose reali e possibili, a vantaggio dello studio esclusivo dei loro "modi di apparire". Un'ontologia del nuovo, suggerisce il titolo. In effetti, alla base della rivoluzione fenomenologica c'è l'idea che i fenomeni portano all'esistenza cose nuove rispetto ai costituenti di base, di cui pure ogni cosa è fatta. Così la melodia è una cosa nuova rispetto ai suoni che la costituiscono, così una persona è una cosa nuova rispetto all'organismo umano che la costituisce. Il libro si compone di due parti. La prima è un'introduzione alla fenomenologia come metodo di ricerca filosofica. La seconda offre un'esemplificazione di questo metodo proprio nell'ambito dell'ontologia del concreto, o del "mondo della vita", concentrandosi più dettagliatamente sull'emergere del nuovo in svariati campi, e offrendo anche alcuni esempi di come pensare la vita nella sua ricchezza e concretezza sensibile senza affatto chiudere gli occhi di fronte alle impressionanti conquiste della ricerca scientifica contemporanea.
Le questioni emergenti dall'ambito della vita sono al centro della riflessione etica recente; non solo quelle che riguardano la vita umana e le possibilità di manipolarne l'origine e spostarne i confini, ma anche quelle che concernono il nostro rapporto con gli animali non umani e quello con l'ambiente e la vita vegetale. Le provocazioni sollevate dalle scienze negli ambiti della biomedicina, dell'etologia, della teoria evoluzionista e dell'ecologia portano, secondo molti, alla necessità di una revisione critica dei nostri modi di pensare sull'etica. Il settore dell'etica della vita è stato, più di ogni altro, al centro degli sforzi per trovare nuovi paradigmi morali, nella consapevolezza dei limiti della tradizione morale occidentale, che le nuove questioni rendono evidenti.
È il saggio in cui l'autrice espone in modo più articolato e completo la sua elaborazione della questione dei diritti umani. Jeanne Hersch individua nella capacità di libertà dell'essere umano e nell'esigenza assoluta di attualizzazione e affermazione di questa capacità il fondamento assoluto e universale dei diritti umani. Al contempo, però, ricerca le condizioni concrete e reali di sviluppo di questa capacità di libertà, le condizioni di una "vita buona", corrispondenti all'oggetto dei diritti umani particolari, politici e civili, sociali ed economici, culturali ecc. L'incrocio di esistenzialismo e realismo rende la sua posizione particolarmente originale e feconda, e la inserisce a pieno titolo nel dibattito filosofico contemporaneo sui diritti umani insieme a Bobbio, Sen, Nussbaum, Griffin, Benhabib, Arendt, Searle e altri. A partire dalla sua idea di libertà, Jeanne Hersch offre infatti solidi argomenti rispetto ad alcuni dei maggiori problemi che sono al centro del dibattito attuale sui diritti umani: il problema del fondamento dei diritti umani, della giustificazione della loro universalità, del significato e dell'efficacia delle Dichiarazioni universali, dell'inclusione dei diritti positivi (economici, sociali, culturali) nei diritti umani, e dell'educazione ai diritti umani.
Costruito con un ampio ricorso a memoirs, lettere e documenti di epoca napoleonica, il libro narra gli eventi dal maggio al dicembre del 1818, l'arco di tempo in cui la più grande armata mai radunata fino a quel momento invase la Russia, marciò fino a Mosca e poi dopo aver vinto ogni battaglia e conquistato la capitale, si ritirò incalzata dall'inverno che sopravanzava e dai cosacchi che la decimavano. Il racconto è documentato, attento agli aspetti psicologici e intellettuali dei protagonisti così come a quelli militari e logistici della campagna di Russia. Molti passaggi danno prova di una capacità evocativa e narrativa. I quesiti di fondo riguardano le ragioni politiche ma anche psicologiche delle scelte di Napoleone: la stessa campagna e la rottura del trattato firmato con lo zar Alessandro, la decisione della ritirata, di riconoscere come sconfitta una spedizione che aveva portato alla vittoria sanguinosa di Borodino e alla conquista di Mosca, data poco dopo alle fiamme dai russi. Napoleone è ritratto preoccupato per la giovane età di certe truppe alleate, ritenendo che le sofferenze prolungate di una spedizione sarebbero state meglio sopportate da soldati più avanti negli anni - e saranno numerosissimi i suicidi tra i giovani soldati -, messo a dura prova nel constatare che le vittorie sul campo e la presa della città russa più importante non significavano una vittoria, ma anzi il preludio di una disfatta.
Questo manualetto di self-management vuole contribuire a migliorare le modalità di approccio interpersonale nella società, diffondendo la cosiddetta "competenza sociale". Si rivolge a tutti coloro che vogliono vivere in modo attivo il proprio potere di persone autonome e creative nel mondo del lavoro. L'unica sicurezza in questa nostra società postideologica sono i nostri bisogni: veder rispettato il nostro valore di esseri umani, star bene e sentirci al sicuro. Prendiamoli sul serio e spostiamo la nostra attenzione sulle risorse per riuscirci. Se stiamo in guardia contribuiamo a produrre quel tipo di società diffidente e dolente che non vogliamo, di cui ci lamentiamo. L'insoddisfazione è una delle risorse che abbiamo per realizzare qualcosa di meglio, a partire dalla nostra vita quotidiana.
L'adesione al pensiero razionale non preserva la psiche di chi lo esercita. Tra i numerosi esempi quello di Gödel è forse il più luminoso. Considerato il più grande logico del XX secolo, grazie ai teoremi di incompletezza (1931), Kurt Gödel fu ossessionato dal timore di essere avvelenato e finì per morire dopo aver deciso di smettere di alimentarsi. Ma accanto a queste manifestazioni ve ne furono altre ben più creative connesse alla sua credenza in demoni, angeli ed extraterrestri e ai tentativi di darne dimostrazione razionale, fino al tentativo di applicare le sue teorie alla prova ontologica dell'esistenza di Dio. alla base di questo viaggio tra logica e follia, lo studio delle migliaia di pagine inedite di Gödel, dove si trovano l'applicazione del teorema di incompltezza al diavolo, tentativi teorici stravaganti e credenze deliranti.
L'inconscio ottico è una appassionata protesta contro la storia ufficiale del modernismo e i dogmi idealisti della storia dell'arte tradizionale. Ma prima di tutto Rosalind Krauss racconta una sua storia, quella di un potere visivo chiamato "inconscio ottico", una forza indomabile e destrutturante che non ha mai smesso di attraversare l'ambito del modernismo almeno a partire dagli anni Venti del secolo scorso e che continua a perturbarlo ancora oggi. Da Max Ernst e i suoi collage a Eva Resse e le sue sculture luminose, passando per Marcel Duchamp, Fabio Picasso, Jackson Pollock, Robert Morris e altri, Krauss fa leva sui più grandi artisti del XX secolo che ci hanno offerto la rappresentazione dei loro fantasmi e delle loro ossessioni.
Questo libro interroga le relazioni antropologiche cruciali che le immagini intrattengono con il corpo e la carne, al di là delle usuali nozioni di antropomorfismo o di rappresentazione figurativa. Vi sono analizzate le diverse modalità con cui le immagini guardano alla carne, che sia la carne di Afrodite formata dalla schiuma del mare o quella di Cristo sacrificato sulla croce. Paganesimo e cristianesimo, ognuno con i suoi contesti di pensiero, avrebbero, in effetti, entrambi cercato di raggiungere, o forse trasgredire, i limiti dell'imitazione: da una parte le metafore diventano metamorfosi, dall'altra i segni che rappresentano diventano dei sintomi che incarnano. Si scoprirà questa potenza straordinaria dei corpi allorché in essi la carne guarda all'immagine, a esempio nella stigmatizzazione di San Francesco del XIII secolo, la crocifissione dei Convulsionari di San Medardo del XVIII secolo o le "attrazioni" isteriche della Salpétrière del XIX secolo.
Questo volume ripropone, aggiornata, un'opera che analizza i problemi fondamentali della crescita economica dell'Italia dal secondo dopoguerra ai giorni nostri. Il libro presenta un accurato studio del quadro macroeconomico entro cui sono avvenute le trasformazioni sociali e culturali dell'Italia contemporanea. Specifiche trattazioni sono dedicate ai problemi strutturali e di lungo periodo: il dualismo tra Nord e Sud della penisola, il lento aggiornamento tecnologico e distributivo del settore agroalimentare, la tradizionalità delle scelte produttive, il familismo capitalistico e sociale, la limitata dimensione delle imprese e l'inadeguatezza dei ceti dirigenti. Ulteriormente arricchita è, in questa nuova edizione, la comparazione tra il caso nazionale e le vicende storiche di altri paesi europei ed extraeuropei. Con appendice statistica "I numeri per la storia".
Se il medioevo fosse veramente quella fatidica "età di mezzo" imposta da quasi un secolo di storiografia classica e filo-rinascimentale, difficilmente la sua estensione nel tempo potrebbe avere le dimensioni gigantesche di circa mille anni. Il medioevo, presentato da questi quattro storici spagnoli, nella sua veste più inusuale e intrigante, in un approfondimento al tempo stesso dettagliato e veloce, si dimostra come il banco di prova con cui si devono confrontare tutte le cristallizzazioni ideologiche successive e le forme di convivenza future. Il volume propone un'idea di Europa vasta e coerente, ove siano presenti tutte le zone geografiche e le popolazioni che hanno contribuito al suo sviluppo o alla sua decadenza: un'Europa che comprende tutta l'area del Mediterraneo e l'Est. Il tutto all'interno di un vivo e appassionante viaggio nel tempo, che tocca anche le regioni dell'Africa e dell'Asia.