«Negli ultimi anni si registra un numero sempre maggiore di contributi che mettono in risalto i riferimenti sponsali insiti nel Quarto Vangelo e nell’Apocalisse. Quello che mancava era un’analisi approfondita che sondasse l’eco di queste allusioni anche nelle Lettere di Giovanni, un’eco che già si percepiva, ma senza la possibilità di coglierne la portata e la continuità con gli altri scritti giovannei. Daniele La Pera ha avuto l’ardire e la bravura di portare a termine questo lavoro, un lavoro per tanti versi atteso, che richiedeva di combinare la conoscenza della tematica presa in esame con una profonda familiarità e dimestichezza coi testi originali. Il lettore viene come preso per mano e accompagnato passo dopo passo in un percorso che mostra come la figura di Cristo sposo che scandisce sin dall’inizio la narrazione del Quarto Vangelo trovi sì il suo compimento nello scenario nuziale dell’Apocalisse, ma con il respiro e la freschezza ecclesiale caratteristici delle Lettere». (dalla Prefazione di Luca Pedroli)
Daniele La Pera, sacerdote religioso dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, nel 2017 ha conseguito, presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano, la Licenza in Teologia nell’indirizzo di Studi biblici e nel 2020 il Dottorato, di cui questo testo costituisce la pubblicazione. Attualmente collabora con l’Istituto Teologico Sant’Antonio Dottore di Padova.
La formazione della persona, con i mezzi, gli scopi e i contenuti che essa richiede, rappresenta una questione di importanza cruciale non solo per coloro che vi sono impegnati come ambito proprio, ma anche per ogni persona di qualunque età e condizione. È in processo a cui noi tutti siamo esposti lungo l'intero arco di vita. Il presente studio propone un dialogo proficuo tra la pedagogia biblica e gli orientamenti attuali in scienze dell'educazione, mostrando che, al di là delle epoche, si registrano dei principi pedagogici perennemente validi e irrinunciabili per la dignità della persona umana.
Fortezze devastate, corpi avvizziti, guance solcate dalle lacrime. Urla laceranti. Interrogativi che sembrano spegnersi nel silenzio dei cieli. Un accenno velato di speranza. La distruzione, la morte e la sofferenza sono presenti ovunque, nei versi del libro biblico delle Lamentazioni. Ma proprio lì, in mezzo alle ceneri, i suoi locutori rimangono ostinatamente aggrappati alla vita e al loro Dio. Prendono l'assurdo visto e il dolore provato e lo fanno divenire preghiera. Esprimono, così, resilienza e fede, nonché la sinergia che tra esse può instaurarsi. Sinergia capace di realismo, di assunzione di responsabilità, di tenacia fattiva, di fede in grado di riconoscere il vero volto di Dio e con lui interloquire.
Le lezioni raccolte in questo volume rappresentano una sorta di "mistagogia" per il nostro tempo, in cui Salmann, con quello stile che in molti hanno imparato ad apprezzare, attinge alla letteratura, alla fenomenologia della vita, alla filosofia, alle risorse della teologia classica e più recente, per proporre una introduzione al significato dei sacramenti e alla loro rilevanza per l'esistenza. Ciò che rende la mistagogia di Salmann originale e attuale è il fatto che egli lavori anzitutto sulle condizioni di possibilità della fede nel linguaggio rituale e liturgico-sacramentale. In altri termini è come se egli si rivolgesse ad un interlocutore scettico, ad un europeo colto del nostro tempo, e a lui provasse a mostrare la plausibilità di termini quali "rito", "liturgia", "sacramento" e, più in generale, la desiderabilità che il mistero celebrato nella liturgia cristiana sia vero. In quest'ottica la sua proposta viene ad assumere la forma di un cammino mentale, che inizia dal basso e avanza lungo quattro tappe in salita.
«Con Dio noi faremo prodezze ed Egli annienterà i nostri oppressori» (Sal 108,14). Attraverso queste pagine si vuol suggerire al lettore un percorso che pone l'attenzione sul mistero del male nella storia umana, vinto dalla potente azione di Dio. Lo studio esegetico-teologico dei racconti delle dieci piaghe d'Egitto (Es 7,1-14,31) cercherà di mettere in luce che l'agire di Dio con l'uomo è sempre volto alla liberazione da ogni tipo di schiavitù perché ogni essere umano possa appartenere totalmente a Lui. Si considererà da vicino l'esperienza del rifiuto di Dio, di cui il faraone è il simbolo, e alla fine si delineerà il cammino che ciascuno di noi è chiamato a fare per vivere con Dio: morire a ciò che si era prima per nascere alla libertà. Come Mosè e Aronne, siamo invitati a operare con Dio per realizzare, insieme a Lui, grandi cose! «Il volume di suor Angela Maria ci porge un invito, e non solo un invito; ci porge anche tutte le chiavi necessarie per entrare nel castello dell'Esodo e visitare le sue innumerevoli camere. Per tutte queste ragioni, Le possiamo essere molto grati» (dalla Prefazione di Jean Louis Ska).
Il presente lavoro cerca di delineare la riflessione di Papa Francesco sul fenomeno migratorio. Questa è il frutto di un profondo discernimento, che poggia essenzialmente su due matrici: la mistica ignaziana, da una parte, e la recezione dell’ecclesiologia del “popolo di Dio” in America Latina, dall’altra. Nel Magistero di Francesco, la migrazione, quale principio della relazione e della ricchezza reciproca, si offre perciò come metodo, “via” per ripensare la struttura non solo della Chiesa, ma della società stessa. «Sicuramente questo libro (…) sarà di grande apporto per tutti quelli e quelle che desiderano conoscere meglio sia la questione migratoria dal punto di vista teologico, sia il magistero di Papa Francesco». (Dalla Prefazione di M.C. Bingemer) «Ritengo che la non piccola sfida che Marco Strona si è assunto con questa ricerca, e a cui ha fatto fronte con passione, lucidità, apertura e ricca documentazione, offre un robusto contributo alla presa di coscienza e a un approfondimento ispirato e critico in ordine dell’oggetto che intenziona». (Dalla Postfazione di P. Coda)
Marco Strona è sacerdote della diocesi di Fabriano-Matelica. Laureato in Filosofia ha conseguito il Dottorato di ricerca in Filosofia (Anselmianum, Roma) e in Teologia e Ontologia Trinitaria (Puc-Rio; Ius-Sophia) (doppio titolo, congiunto). Ha svolto i suoi studi in diverse Università italiane e straniere. Attualmente è direttore della Caritas diocesana e insegna Teologia Fondamentale presso l’Istituto Teologico Marchigiano (Ancona); Filosofia della Religione, Introduzione alla Teologia e il “Seminario di sintesi” presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose (Ancona). La sua ricerca verte sul rapporto tra mistica, teologia e fenomenologia.
Invocare Dio col nome «Padre» non significa proiettare sul mistero assoluto la nostra esperienza della paternità. Si tratta piuttosto del nome con cui Dio si presenta a noi, dicendo di sé e stabilendo una relazione che inscrive nella storia una presenza che accompagna e sostiene. È questo funzionamento del nome divino ciò che emerge con forza dalla testimonianza biblica e culmina nella vicenda di Gesù, il Figlio amato che Dio Padre ha resuscitato per la potenza dello Spirito. Lo stesso Spirito che grida in noi «Abbà, Padre», attestando la nostra identità di figli. Ma il nome del Padre identifica anche una relazione che appartiene da sempre all'essere divino: Dio è Colui che genera il Figlio in un atto di comunicazione di sé totale ed eterno. La portata di questa rivelazione emerge dalla tradizione teologica della Chiesa e viene indagata in dialogo con le attuali istanze della cultura.
Il "fattore A", ovvero la variabile antropologica nei sacramenti, è diventato un elemento centrale nella teologia, dopo che il Vaticano II ha riequilibrato lo sbilanciamento dell'ex opere operato di Trento in una sinergia umano-divina. Se il sacramento rispetta il mistero dell'Incarnazione, bisognerà tenere entrambe le nature evitando la sovrapposizione. Così l'efficacia del sacramento concerne anche l'opera umana, che deve essere indagata sul suolo proprio per concorrere alla manifestazione del mistero.
«... Credo che l’ispirazione fondamentale del lavoro di don Giulio Barbieri [...] sia proprio ricordare e annunciare questa grande verità: Cristo è la novità che rinnova ogni cosa.
Don Giulio ci propone un viaggio nell’ultimo libro della Scrittura, l’Apocalisse, individuando in esso [...] un motivo di grande consolazione...». (dalla Prefazione del Cardinale Camillo Ruini)
La frase che dà il titolo a questo libro è pronunciata da colui che ha il potere perché «siede sul trono». Essa è la parola definitiva sulla storia, quel senso che ognuno cerca, ma che a tanti sfugge. Dallo studio dell’aggettivo kainòs, nuovo, emerge che il rinnovamento consiste nella deificazione dell’uomo il quale, redento dalla “vecchia” condizione di separazione da Dio, grazie all’Agnello riceve la natura divina, come persona e come popolo. Nemico di questo processo è il drago, il demonio, contro il quale Dio ha posto una donna, Maria e la Chiesa, nel cui grembo viene formato e dato alla luce l’uomo nuovo, immagine di Cristo.
Giulio Barbieri è nato a Roma nel 1978. Dopo gli studi classici al Liceo Bachelet e quelli musicali al Conservatorio Santa Cecilia, è entrato nel Seminario Redemptoris Mater. Ordinato presbitero della Chiesa di Roma nel 2007 da Papa Benedetto XVI, ha conseguito la licenza al Pontificio Istituto Biblico (2011) e il dottorato alla Pontificia Università Gregoriana (2019). È parroco a San Marco Evangelista in Agro Laurentino in Roma dal 2016.
Ripercorrendo il cammino che va dai secoli XIII-XIV fino ai nostri tempi, attraverso alcune eminenti figure di mistici, teologi e filosofi, si intende presentare e giustificare la tesi secondo la quale sarebbero evidenti le tracce di una ininterrottà continuità, all'interno dell'evoluzione del pensiero culturale europeo, tra la mistica cristiana, così come prende forma agli inizi del secondo millennio, sulla palese eredità del primo, e il pensiero degli ultimi secoli che ha attraversato le regioni europee e segnato profondamente il clima culturale, fino a determinare una forma mentis diffusa nel vecchio continente e nell'occidente in generale, in special modo quella caratterizzata da forti tinte nichiliste.