
Articolo. VESCOVO DI ROMA E UNIVERSALITÀ DELLA CHIESA -
Articolo. AGOSTINO CASAROLI, ARTEFICE DELL'«OSTPOLITIK» MONTINIANA. Il caso ungherese e l'accordo del 1964 -
Articolo. IL PENSIERO FILOSOFICO NELLA COMPAGNIA DI GESÙ: STORIA DI UNA SFIDA -
Focus. UNA SOCIETÀ DI «ADULTESCENTI» E DI PRECARI? -
Focus. UNA POLITICA IBRIDA DI SVILUPPO -
Intervista. INCONTRO CON DANIELE GATTI: DIRIGERE CON AMORE -
Note e Commenti. LA PENA DI MORTE NEL MONDO -
Note e Commenti. L'«IMITAZIONE DI CRISTO» DOPO LA DEMITIZZAZIONE -
Rassegna bibliografica. RASSEGNA BIBLIOGRAFICA -
Editoriale. IL CARDINALE PAROLIN ALL'ONU: RISPETTARE E PROTEGGERE -
Articolo. UNA CHIESA IN CAMMINO SINODALE. Le sfide pastorali sulla famiglia -
Articolo. RILEGGERE LA «GAUDIUM ET SPES» UNA CHIESA PER IL MONDO -
Articolo. IL SENSO DEL PECCATO -
Articolo. UNGARETTI, PELLEGRINO DI SPERANZA -
Focus. LA TERRA DEI FUOCHI -
Focus. UN COMPITO GRAVOSO PER IL NUOVO PRESIDENTE DELL'INDONESIA -
Note e Commenti. LA COMUNIONE DEGLI UOMINI CON DIO E TRA LORO OLTRE LA MORTE -
Necrologio. IN RICORDO DI P. ANGELO MACCHI S.I. -
Rassegna bibliografica. RASSEGNA BIBLIOGRAFICA -
Editoriale
IL CARDINALE PAROLIN ALL'ONU: RISPETTARE E PROTEGGERE
Intervenendo all’Assemblea generale annuale dell’Onu, il 29 settembre a New York, il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, ha espresso la propria visione della situazione mondiale attuale. Il 2014 è un anno particolarmente teso a causa di conflitti nel nord dell’Iraq e della Siria. Il cardinale ha sottolineato l’importanza del rispetto di ogni persona e la necessità di intervenire per proteggere le vittime di questa situazione. Non si può lasciare che dei popoli vengano massacrati. C’è un altro elemento in cui si deve esercitare la «responsabilità di proteggere», ed è quello dello sviluppo.
Quaderno N° 3943 del 04/10/2014 - (Civ. Catt. IV 3-104 )
Articolo
LO STILE DI PAOLO VI E LO STILE DEL VATICANO II
Michael Paul Gallagher S.I.
Articolo
MATRIMONIO E «SECONDE NOZZE» AL CONCILIO DI TRENTO
Giancarlo Pani S.I.
Articolo
MATRIMONIO E STRUTTURA NUZIALE DELLA RIVELAZIONE CRISTIANA
Mario Imperatori S.I.
Articolo
LA FAMIGLIA, LUOGO DI EDUCAZIONE ALLA FEDE SECONDO LA BIBBIA
Enrico Cattaneo S.I.
Focus
LA PIAGA SOCIALE DEL GIOCO D?AZZARDO
Francesco Occhetta S.I.
Focus
LA POVERTÀ IN ITALIA: UNA REALTÀ ALLARMANTE
GianPaolo Salvini S.I.
Note e Commenti
LEGGE NATURALE E ISTANZE PASTORALI
Gian Luigi Brena S.I.
Arte Musica Spettacolo
GOMORRA TRA «FICTION» E REALTÀ
Walter Bottaccio S.I.
Rassegna bibliografica
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Quaderno N° 3941 del 06/09/2014 - (Civ. Catt. III 345-448 )
Articolo
FERMARE LA TRAGEDIA UMANITARIA IN IRAQ
Luciano Larivera S.I.
Articolo
LA RIVALUTAZIONE STORICA DEL QUARTO VANGELO
Yves Simoens S.I.
Articolo
LA RICOSTITUZIONE DELLA COMPAGNIA DI GESÙ UNA RIFLESSIONE STORIOGRAFICA
Martin M. Morales S.I.
Focus
L'ECONOMIA CIVILE. LA RIFORMA DEL TERZO SETTORE
Francesco Occhetta S.I.
Vita della Chiesa
IL VIAGGIO DI PAPA FRANCESCO NELLA REPUBBLICA DI COREA. Custodia Empatia Consolazione
Antonio Spadaro S.I.
Note e Commenti
MENO BAMBINI IN ITALIA?
GianPaolo Salvini S.I.
Necrologio
IN RICORDO DI P. GIOVANNI RULLI S.I.
Arte Musica Spettacolo
«CHI È DIO?», UN CORTOMETRAGGIO CATECHISTICO DEL 1945
Virgilio Fantuzzi S.I.
Rassegna bibliografica
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Articolo. LA RICOSTITUZIONE DELLA COMPAGNIA DI GESÙ (1814). Una lettura sapienziale -
Articolo. MISTICA POPOLARE E PASTORALE URBANA -
Articolo. LA «BUONA NOTIZIA» -
Articolo. TRE RADICI FILOSOFICHE DEL NICHILISMO -
Focus. LA REPUBBLICA CENTRAFRICANA IN ATTESA DEI CASCHI BLU -
Vita della Chiesa. VERSO L'ASSEMBLEA STRAORDINARIA DEL SINODO SULLA FAMIGLIA -
Profilo. DON GIUSEPPE ROSSI, UN MARTIRE PER LA SUA GENTE -
Intervista. INTERVISTA A EDOARDO WINSPEARE, REGISTA CINEMATOGRAFICO SALENTINO -
Note e Commenti. UNA VISIONE MESSIANICA DELLA SCIENZA? -
Note e Commenti. IRENEO, LA GNOSI E IL DIO CREATORE -
Rivista della Stampa. TEOLOGIA E SPIRITUALITÀ DEL SACERDOZIO CATTOLICO IN JOSEPH RATZINGER -
Rassegna bibliografica. RASSEGNA BIBLIOGRAFICA -
Articolo
LA RICOSTITUZIONE DELLA COMPAGNIA DI GESÙ (1814). UNA LETTURA SAPIENZIALE
Benjamin Gonzalez Buelta S.I.
Il 7 agosto si celebra il secondo centenario della ricostituzione della Compagnia di Gesù ad opera di Pio VII con la bolla Sollicitudo omnium ecclesiarum. In questo articolo viene fatta una lettura sapienziale di ciò che per i gesuiti sopravvissuti al breve della loro soppressione Dominus ac Redemptor di Papa Clemente XIV significò lo scioglimento per sempre del loro Istituto e del loro modo di giungere a Dio. Nel corso dei quarant’anni nei quali la Compagnia rimase soppressa, i gesuiti vissero un processo pasquale molto intenso. Chi leggesse quegli anni soltanto con il linguaggio dell’ingiustizia, del lamento e della perdita, non rispetterebbe l’opera di Dio e nemmeno l’ispirazione e la novità che egli ci offre con ogni potatura: il Padre è l’agricoltore e può trasformare i colpi d’ascia indirizzati alla morte in un futuro di vita ben migliore per tempi nuovi.
Articolo. 1944: L'ANNO ZERO DEL RISTABILIMENTO DELLA LIBERTÀ E DELLA DEMOCRAZIA IN ITALIA -
Articolo. IMMAGINI DEL PARADISO NELLA LETTERATURA MODERNA -
Articolo. PRIORITÀ DELLA PERSONA? -
Focus. UCRAINA: POSSIBILI SOLUZIONI DEL CONFLITTO -
Vita della Chiesa. IL PAPA, LE ISTITUZIONI, LA CORRUZIONE -
Rivista della Stampa. UNA RICERCA SULLA «PACEM IN TERRIS» -
Note e Commenti. LE CRITICHE DEGLI SCIENZIATI ALLA TEOLOGIA -
Arte Musica Spettacolo. «12 ANNI SCHIAVO», UN FILM DI STEVE MCQUEEN -
Rassegna bibliografica. RASSEGNA BIBLIOGRAFICA -
Articolo
1944: L'ANNO ZERO DEL RISTABILIMENTO DELLA LIBERTÀ E DELLA DEMOCRAZIA IN ITALIA
Giovanni Sale S.I.
Quest’anno ricorre il settantesimo anniversario dello sbarco alleato in Normandia, il memorabile D-Day del 6 giugno 1944; l’evento è stato celebrato, nei luoghi dove si svolse, con particolare enfasi e solennità. Esso infatti è stato decisivo per le sorti dell’Europa, sottoposta al dominio nazista e duramente provata da quasi 5 anni di guerra, che distrusse gran parte delle città e costò la vita anche a milioni di civili. Il 1944 fu però importante anche per le vicende italiane: il giorno precedente il D-Day, Roma fu liberata dall’occupante nazista, mentre la parte Nord della penisola era ancora impegnata in una dura guerra contro i nazi-fascisti. In qualche modo il 1944 può essere indicato come l’anno zero per il ristabilimento, seppure ancora parziale, della democrazia e della libertà nel nostro Paese. In questo articolo si ripercorrono, anche se limitatamente all’aspetto istituzionale, le tappe più significative che, a partire dal giugno del 1944 fino agli importanti impegni costituzionali del 1946, hanno posto le fondamenta per la costruzione di una «nuova Italia» democratica e repubblicana.
© Civiltà Cattolica pag.105-118
Documento. LE PAROLE DI PAPA FRANCESCO NEL DISCORSO PUBBLICO -
Articolo. LA CRISI: FALLIMENTO O POSSIBILITÀ DI RINASCITA? -
Articolo. IMMAGINI DELL'INFERNO NELLA LETTERATURA MODERNA -
Articolo. LA SILENZIOSA RIVOLUZIONE ANTIESCATOLOGICA -
Focus. IRAQ: EVITARE GUERRA CIVILE E PARTIZIONE -
Vita della Chiesa. LA XV ASSEMBLEA NAZIONALE DELL'AZIONE CATTOLICA ITALIANA -
Profilo. ROBERTO BUSA: TRA «CERVELLO MECCANICO» E «CERVELLO SPIRITUALE» -
Rivista della Stampa. L'«APPARIZIONE DELLA LEGGE» NELLA RIFLESSIONE DI PIER GIUSEPPE MONATERI -
Rassegna bibliografica. RASSEGNA BIBLIOGRAFICA -
Documento
LE PAROLE DI PAPA FRANCESCO NEL DISCORSO PUBBLICO
Pietro Grasso
Lunedì 16 giugno alle ore 18,00, presso la sede della nostra rivista, si è tenuta una tavola rotonda in occasione della pubblicazione del volume curato dal nostro direttore, p. Antonio Spadaro: «Papa Francesco. La verità è un incontro. Omelie da Santa Marta» (Milano, Rizzoli, 2014). Hanno partecipato al dibattito il Presidente del Senato, Pietro Grasso, la direttrice di RaiNews, Monica Maggioni, p. Federico Lombardi S.I., direttore della Sala Stampa Vaticana e della Radio Vaticana, il prof. Vittorio Sermonti e il nostro direttore. Riproduciamo qui l’intervento del Presidente del Senato come testimonianza di una riflessione sull’incidenza delle parole di Papa Francesco nel discorso pubblico.
È per me davvero un piacere e un onore essere chiamato a riflettere con tutti voi sulle parole di Papa Francesco nel discorso pubblico, in occasione della pubblicazione del libro La verità è un incontro. Omelie da Santa Marta. Questo libro è un corpus di meditazioni, riflessioni, consigli, risposte, ma soprattutto di domande che il Papa rivolge alla coscienza di ciascuno di noi, toccando tutti i temi della vita di un cristiano e di un cittadino. Dalla lettura delle omelie, delle interviste, in generale dei suoi scritti e interventi si possono trarre talune considerazioni.
La prima considerazione è stilistica: il Papa ama le frasi coordinate, incisive, essenziali. Ricorre raramente, nelle occasioni pubbliche, alle subordinate, alla complessità e all’oscurità del linguaggio, perché sente l’urgenza di comunicare, di essere capito, di scuotere il suo uditorio. La semplicità del linguaggio non è mai però semplicità di ragionamento: arriva sempre al cuore delle questioni, in profondità, ma porta ciò che è profondo in superficie e lo porge a chiunque abbia la voglia di ascoltare le sue parole.
La seconda considerazione riguarda il ricorso ai simboli, alle immagini. Il Papa parla avendo davanti a sé un orizzonte ampio, e sa che è fondamentale riuscire ad arrivare a tutti. L’immaginario del nostro tempo è un immaginario visivo: per questo Papa Francesco recupera la modalità del linguaggio di Gesù, le parabole, e crea con parole semplici delle immagini di una incredibile potenza simbolica. Per fare qualche esempio: la Chiesa vista come «un ospedale da campo dopo una battaglia», «le periferie esistenziali», cui il Papa fa riferimento nell’omelia del 16 maggio 2013, quando contrappone il fervore di san Paolo ai «cristiani da salotto», altra immagine fortissima. Oppure quando ai nuovi cardinali ha detto: «Ricordatevi che i cardinali non entrano a corte», invitandoli a «rifiutare intrighi, chiacchiere, cordate, favoritismi e preferenze», mentre ai sacerdoti della sua diocesi, nella Messa del Giovedì Santo, ha chiesto di essere «pastori con l’odore delle pecore, pastori in mezzo al proprio gregge».
Potrei continuare a lungo, ma chiudo questo breve elenco con due immagini che ritengo particolarmente graffianti: durante l’Angelus di qualche mese fa il Papa ha invitato i ricchi a mettere parte delle loro ricchezze al servizio degli altri, condividendole in un gesto di solidarietà in cui far intravedere la Provvidenza di Dio, perché «noi portiamo in cielo soltanto quello che abbiamo condiviso», ricordando loro che «il sudario non ha tasche». L’altra è forse una delle più famose: da Lampedusa ha tuonato contro «la cultura del benessere, [...] che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza».
La terza considerazione riguarda la scelta dei temi. Chiaramente nelle omelie il Papa parla della fede, di Dio, del Vangelo. Ma lui, sin da subito, ha puntato in modo chiaro e netto su alcuni temi di grande attualità: bellezza, bontà e verità, giustizia, opposizione alle mafie. A proposito, che emozione l’incontro con i parenti delle vittime della mafia insieme a don Ciotti! Ero presente in quel momento toccante e, quando ho sentito il Papa rivolgersi ai mafiosi e dire: «Il potere, il denaro che voi avete adesso da tanti affari sporchi, da tanti crimini mafiosi è denaro insanguinato, è potere insanguinato e non potrete portarlo all’altra vita», ho avvertito un anatema di una forza e di una potenza paragonabile al «convertitevi» gridato ai mafiosi da Papa Giovanni Paolo II. Inoltre, temi quali la tenerezza, la misericordia, l’attenzione all’umanità dolente e povera, il giogo della competitività che porta alla cultura dello scarto, del vuoto a perdere, la tensione per un ordine politico alto, generale e più umano, l’attenzione al tema della pace e del dialogo, con una insistenza e una incidenza del tutto particolari.
Quarta e ultima considerazione: la corporeità di Papa Francesco. In passato i messaggi erano soprattutto testuali, ufficiali, arrivavano attraverso lettere ed encicliche. Anche oggi questi strumenti sono presenti, ma una grandissima parte della comunicazione di Papa Francesco è corporea: è un Papa che tocca la gente, che si lascia toccare, che accarezza, che si protende verso l’interlocutore e lo abbraccia. Tutti gesti di grande apertura e di grande accoglienza. Anche di grande rischio, a dirla tutta (e posso immaginare che la Gendarmeria si trovi spesso spiazzata). Davanti alle grandi masse Papa Francesco sembra riuscire a rivolgersi alle singole persone, proponendo anche appuntamenti telefonici; negli incontri più informali interroga bonariamente il suo interlocutore, lo stimola ad avere con lui un dialogo. D’altronde egli stesso di sé dice che ha sempre avuto «bisogno di una comunità» e di «vivere la sua vita insieme agli altri». Questo bisogno è testimoniato dal fatto che, ad esempio, le udienze, la catechesi durino una ventina di minuti, ma poi lui resta con il suo popolo per un’ora. Allo stesso modo a Santa Marta, dopo le omelie, non manca mai di salutare personalmente i fedeli.
Quanto diversa la comunicazione di Papa Francesco il 27 marzo scorso, durante la Messa con i parlamentari italiani, cui ho partecipato! «I peccatori pentiti saranno perdonati, i corrotti no. Una volta scelta questa opzione, non torneranno indietro e diventeranno irredimibili, simili a sepolcri imbiancati, una putredine verniciata: questa è la vita del corrotto», ha detto.
Un’omelia forte, tagliente, nella quale ha bollato l’ipocrisia, il fariseismo, la corruzione, la distanza tra il popolo e le classi dirigenti, chiuse entro anguste logiche di fazione, di ideologie, di interessi. Del resto, non poteva parlare di misericordia. Non aveva davanti i poveri, gli ultimi, non poteva mostrarsi dolce, accarezzare e abbracciare. Stupisce che qualcuno si sia stupito. Che cosa si aspettava: carezze? e ha ricevuto sberle? Le parole che Papa Francesco ha utilizzato quella mattina per commentare il passo di Geremia previsto dalla liturgia io le conoscevo, perché erano il cuore del libro Guarire dalla corruzione, che raccoglie le riflessioni dell’allora cardinale Bergoglio a Buenos Aires e di cui ho avuto l’onore e il privilegio di scrivere la post-fazione. Il testo di Bergoglio è un’analisi accurata e soprattutto spietata del fenomeno della corruzione: una condanna senza appello e quasi senza redenzione. Il Papa la descrive non solo come una somma «quantitativa» di peccati, ma come una mala pianta che minaccia le fondamenta su cui sono costruiti gli Stati democratici e la Chiesa stessa.
E su questo tema Papa Francesco è tornato davvero molto spesso in questi mesi, dicendo, ad esempio, che i corrotti danno da mangiare ai loro figli «pane sporco»; e anche la settimana scorsa lo ha fatto, chiedendo attenzione perché «è facile entrare nelle cricche della corruzione», e mai come in questi giorni queste parole andrebbero scolpite nella pietra. Con una sintesi economicamente e politicamente, oltre che spiritualmente, impeccabile, Papa Francesco si chiede: «Chi paga la corruzione? La paga il povero. Pagano gli ospedali senza medicine, gli ammalati che non hanno cura, i bambini senza educazione».
Quanto diversa la parola di Francesco da quella della politica! Il linguaggio dei politici, con qualche eccezione, è, in genere, ancora un linguaggio chiuso, pieno di enfasi retorica, ma che allo stesso tempo gioca ancora in difesa, anzi in autodifesa. Un linguaggio autoreferenziale che allontana invece di avvicinare, che chiude invece di aprire. Spesso è malato di astrazione teorica, e non arriva quasi mai alla concretezza simbolica e tematica come invece fa Papa Francesco. Mentre le persone ascoltano e capiscono immediatamente il cuore del ragionamento del Papa, perché è posto loro sinteticamente e con quelle immagini che abbiamo prima richiamato, che brillano per chiarezza e potenza, la politica adotta slogan certamente semplici ma vuoti, che non artigliano l’attenzione e non schiudono alcuna consapevolezza.
Anche nella selezione dei temi si verifica una sorta di paradosso: il Papa parla dei temi che toccano la vita quotidiana delle persone, temi di cui la gente ha bisogno di sentir parlare. Anche il politico sa quali siano questi temi, ma spesso parla d’altro, di alchimie parlamentari e di governo che nulla hanno a che fare con i problemi quotidiani dei cittadini, con le loro difficoltà, e soprattutto con le loro speranze. Quando poi il discorso si centra su questi temi, nella migliore delle ipotesi i politici offrono ottime analisi, con statistiche e dati, ma senza affrontarli con la drammaticità di chi vive l’esperienza, senza mettersi dal punto di vista di chi ascolta: in poche parole — anzi, per usare le parole di Francesco — si dimostra di non conoscere l’odore e la scomodità della frontiera, ma solo l’asetticità del laboratorio.
Ricordo la grande emozione di quel 13 marzo 2013 — ero stato eletto da poco senatore, ma ancora la legislatura non era iniziata —, quando dal balcone Bergoglio si presentò al mondo per la prima volta come Francesco, e disse che i suoi fratelli cardinali erano andati a prendere il Vescovo di Roma «quasi alla fine del mondo», per poi aggiungere: «E adesso incominciamo questo cammino», e salutare tutti, dopo le preghiere, con un caloroso: «Ci vediamo presto, buona notte e buon riposo». Già da quelle pochissime parole si era potuto intravedere in nuce quello stile che nei giorni e nei mesi successivi è stato evidente al mondo.
Solo tre giorni dopo sono stato eletto presidente del Senato, e nel mio discorso di insediamento cercai di mettere subito in relazione quella mia percezione di cambiamento della Chiesa a quello della politica con queste parole: «Penso a questa politica, alla quale mi sono appena avvicinato, che ha bisogno di essere cambiata e ripensata dal profondo nei suoi costi, nelle sue regole, nei suoi riti, nelle sue consuetudini, nella sua immagine, rispondendo ai segnali che i cittadini ci hanno mandato, ci mandano e ci continuano a mandare in ogni occasione. […] Quanto radicale e urgente sia il tempo del cambiamento lo dimostra la scelta del nuovo Pontefice, Papa Francesco, i cui primi atti hanno evidenziato un’attenzione prioritaria verso i bisogni reali delle persone».
La velocità impressa da Papa Francesco al cambiamento nella Chiesa è ineguagliabile. In pochi mesi ha rotto le tradizioni, infranto ogni barriera, innovato il linguaggio, superato le burocrazie, aprendosi nello stesso tempo alla collegialità, arrivando al paradosso che, mentre il Papa cerca il confronto, i politici si sentono depositari della verità. Il Papa inoltre ha rimesso al centro del discorso l’uomo, con le sue debolezze e i suoi punti di forza, nel rapporto con Dio. Il suo messaggio, anzi la sua testimonianza condivisa (perché non dà messaggi distaccati) è chiara e forte: non lasciamo che i princìpi e i valori religiosi restino solo nella preghiera e nella contemplazione, facciamone uno stile di vita quotidiano basato sull’accoglienza, sulla fiducia, sulla speranza, sulla solidarietà.
Papa Francesco sente l’urgenza del cambiamento: «I tempi stringono, non abbiamo diritto a continuare ad accarezzarci l’anima, a restare chiusi nelle nostre cosucce. Non abbiamo diritto a restare tranquilli». Invita addirittura i più giovani a ribellarsi contro questo orizzonte: «Un giovane che non protesta non mi piace. Perché il giovane ha l’illusione dell’utopia, e l’utopia non è sempre negativa. L’utopia è respirare e guardare avanti». Devo confessarvi di aver sentito un’intima risonanza tra queste parole e quelle, proprio sull’utopia, che rivolgo spesso alle ragazze e ai ragazzi quando mi capita di incontrarli, e di cui ho scritto nel mio libro Liberi tutti. Lettera a un ragazzo che non vuole morire di mafia.
Come dice padre Spadaro, Papa Francesco non è solo un uomo dolce e tenero, per quanto queste siano senza dubbio due caratteristiche che lo contraddistinguono. È un uomo che indica anche un ring dove si combatte, detta le regole del gioco — il discernimento — e non teme di combattere egli stesso per realizzare l’utopia del cambiamento.
In conclusione, nell’innovazione del linguaggio impressa da Papa Francesco troviamo dunque molte componenti: la sua origine sudamericana, la sua formazione gesuitica, un carattere aperto, il bisogno di avere il contatto con la comunità, l’accurata scelta di temi di urgente attualità, la capacità di farsi comprendere da tutti attraverso immagini semplici ma di grande potenza simbolica, il tutto unito a una istintiva capacità di utilizzare le forme e gli strumenti della comunicazione per arrivare al cuore della gente. Tutto questo però non è fine a se stesso, ma è al servizio di un alto e profondo disegno riformatore della Chiesa: un cambiamento radicale, politico e spirituale, di cui la comunicazione è un fondamentale e indispensabile sostegno.
© Civiltà Cattolica pag.61-66
Editoriale. AFFRONTARE IL CAMBIAMENTO CLIMATICO -
Articolo. A UN SECOLO DALL'INIZIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE -
Articolo. LA CRISI, REALTÀ DELLA VITA -
Focus. IL «VOTO ANOMALO» ALLE EUROPEE -
Focus. SINGAPORE: RICCHEZZA IN LIBERTÀ SORVEGLIATA -
Vita della Chiesa. PAPA FRANCESCO IN TERRA SANTA. L'invocazione per la pace in Vaticano -
Profilo. LUCIANO MENDES DE ALMEIDA, UN VESCOVO «COSTRUTTORE DI PONTI» -
Note e Commenti. L'IMPORTANZA DEL DIALOGO NELL'«EVANGELII GAUDIUM» -
Rassegna bibliografica. RASSEGNA BIBLIOGRAFICA -