Balthazar è uno scrittore di successo, Odette fa la commessa in un negozio di periferia. Balthazar ha una bella moglie, una bella casa; Odette è sola con due figli difficili e vive in un alloggio popolare. La vita è stata generosa con Balthazar, avara con Odette. Eppure l'infelice è lui. Un concorso di circostanze fortuite metterà in contatto queste due vite altrimenti distanti anni luce: un incontro che trasformerà completamente l'esistenza di entrambi. Contrariamente a quanto avviene di solito il racconto è tratto da un film, "Odette Toulemonde" appunto, il primo film scritto e diretto da Schmitt. Come racconta l'autore nella sua postfazione, le novelle che compongono la raccolta sono state scritte durante le riprese del film, nei ritagli di tempo e contro il parere della casa di produzione, quasi di nascosto. Sono otto storie di donne alla ricerca della propria felicità, del proprio equilibrio interiore: una galleria di personaggi stravaganti, commoventi, eccentrici che Schmitt segue con ironia nel loro curioso percorso esistenziale, dipingendone con maestria quei tratti umani, talvolta assurdi, in cui è facile identificarsi. Otto piccoli romanzi, completi pur nella loro brevità.
Nel signorile palazzo di rue de Grenelle, già reso celebre dall'"Eleganza del riccio", monsieur Arthens, il più grande critico gastronomico del mondo, il genio della degustazione, è in punto di morte. Il despota cinico e tremendamente egocentrico, che dall'alto del suo potere smisurato decide le sorti degli chef più prestigiosi, nelle ultime ore di vita cerca di recuperare un sapore primordiale e sublime, un sapore provato e che ora gli sfugge, il Sapore per eccellenza, quello che vorrebbe assaggiare di nuovo, prima del trapasso. Ha così inizio un viaggio gustoso e ironico che ripercorre la carriera di Arthens dall'infanzia ai fasti della maturità, attraverso la celebrazione di piatti poveri e prelibatezze haute cuisine. A fare da contrappunto alla voce dell'arrogante critico c'è la nutrita galleria delle sue vittime (i familiari, l'amante, l'allievo, il gatto e anche la portinaia Renée), ciascuna delle quali prende la parola per esprimere il suo punto di vista su un uomo che, tra grandezze pubbliche e miserie private, sembra ispirare solo sentimenti estremi, dall'ammirazione incondizionata al terrore, dall'amore cieco all'odio feroce. Anche in questo romanzo d'esordio Muriel Barbery racconta, assieme ai piaceri e alle tenerezze della vita, l'arroganza e la volgarità del potere (in un ambiente spietato dove - è cronaca di questi anni - un cuoco si uccide perché ha perso una stella Michelin).
Un uomo si reca a Ostenda, remota e suggestiva città sul Mare del Nord, per guarire da una delusione d'amore. Lì affitta una camera da Emma Van A., solitaria ed eccentrica ottuagenaria che gli racconta l'incredibile storia della sua vita, un intreccio romanzesco in cui amore passionale ed erotismo barocco si sovrappongono in uno scenario da favola. Inganno o suggestiva verità? A Gabrielle, piacente e benestante cinquantottenne, è caduto il velo dagli occhi: dopo aver pensato per trent'anni di aver sposato l'uomo migliore del mondo, ora ha capito chi è. Ma non sempre la verità vera è quella che ci raccontiamo. Ogni giorno da quindici anni, con in mano un mazzo di fiori arancioni, la signora Steinmetz aspetta qualcuno al binario tre della stazione di Zurigo. Pura follia o c'è una storia dietro? Amore o tragedia? Forse poesia. Racconti in cui si intersecano amore, ironia, avventura, suspense e tenerezza. Storie in cui Eric-Emmanuel Schmitt fa vedere come le cose che ci accadono nella vita siano spesso e volentieri determinate dall'immaginazione, quasi che la trama dell'esistenza sia fatta in realtà di sogno.
Algeri, 1541. Il Mediterraneo è teatro di guerre, razzie, traffici di schiavi, scontri ideologici e religiosi. La possente armata di Carlo V, punta di lancia della Cristianità, viene annientata alle porte della capitale nordafricana dai corsari di Hassan Agha, che reggono la città per conto del sultano di Costantinopoli. I corsari sono in gran parte dei rinnegati, ossia degli europei cristiani che hanno abbracciato l'Islam, per interesse, come scelta di libertà o più semplicemente per poter saccheggiare navi e depredare coste nel Mediterraneo sotto la protezione della Sublime Porta. Anche Redouane e Othmane, i protagonisti del romanzo, sono dei corsari rinnegati. Il primo albanese, il secondo tedesco, ex lanzichenecchi, hanno scelto là libertà di Algeri, da dove salpano sul loro sciabecco per le scorrerie e dove credono, di poter vivere indisturbati la loro storia d'amore proibita. Othmane però commetterà l'errore di invaghirsi-di un giannizzero, uno dei fanatici e spietati cani da guardia del sultano, e trascinerà anche Redouane in un gorgo di vendette, agguati, intrighi.
Dopo il successo di "Nordest" e di "Arrivederci amore ciao", Carlotto ritorna a un personaggio dell'Alligatore, ma non per raccontare un nuovo episodio di quella serie, bensì per raccontare la storia vera di un malavitoso "dal cuore d'oro". L'autore padovano, che in questi anni ha rovesciato l'immagine romantica dei criminali e ne ha invece sottolineato la crudeltà e la spietatezza, fa qui una "eccezione", scrivendo la storia commovente del suo amico Rossini. Un'amicizia nata in carcere, in condizioni estremamente difficili, a cui Carlotto rende ora omaggio con questo romanzo.
"Mati è una bambina di cinque anni" - così inizia la favola - "che parla moltissimo, specialmente con me. Io sono la sua bambola. Il padre è appena arrivato. Viene al mare ogni fine settimana e le ha portato in regalo un gatto bianco e nero. Così fino a cinque minuti fa Mati giocava con me e ora gioca col gatto, che ha chiamato Minù. Me ne sto sulla sabbia, al sole, e non so che fare". Mati è talmente presa dal gattino che dimentica Celina, la bambola, sulla spiaggia. Per Celina inizia un'avventura spaventosa, una interminabile notte sulla spiaggia in balia del Bagnino Crudele del Tramonto e del suo amico, il Grande Rastrello, che terrorizzano tutti gli oggetti e gli esseri finiti sulla spiaggia - Cavalluccio di plastica, Tappo di metallo, Penna biro, Scarabeo - e li ammucchiano per farne un grande fuoco. Le avventure proseguono per tutta la notte, fantastiche e spaventose, fino a che il Sole nascerà salvando la bambola e facendole ritrovare Mati, la sua amata mamma. Età di lettura: da 10 anni.
Parigi, rue de Grenelle numero 7. Un elegante palazzo abitato da famiglie dell'alta borghesia. Ci vivono ministri, burocrati, maitres à penser della cultura culinaria. Dalla sua guardiola assiste allo scorrere di questa vita di lussuosa vacuità la portinaia Renée, che appare in tutto e per tutto conforme all'idea stessa della portinaia: grassa, sciatta, scorbutica e teledipendente. Niente di strano, dunque. Tranne il fatto che, all'insaputa di tutti, Renée è una coltissima autodidatta che adora l'arte, la filosofia, la musica, la cultura giapponese. Cita Marx, Proust, Kant... dal punto di vista intellettuale è in grado di farsi beffe dei suoi ricchi e boriosi padroni. Ma tutti nel palazzo ignorano le sue raffinate conoscenze, che lei si cura di tenere rigorosamente nascoste, dissimulandole con umorismo sornione. Poi c'è Paloma, la figlia di un ministro ottuso; dodicenne geniale, brillante e fin troppo lucida che, stanca di vivere, ha deciso di farla finita (il 16 giugno, giorno del suo tredicesimo compleanno). Fino ad allora continuerà a fingere di essere una ragazzina mediocre e imbevuta di sottocultura adolescenziale come tutte le altre, segretamente osservando con sguardo critico e severo l'ambiente che la circonda. Due personaggi in incognito, quindi, diversi eppure accomunati dallo sguardo ironicamente disincantato, che ignari l'uno dell'impostura dell'altro, si incontreranno solo grazie all'arrivo di monsieur Ozu, un ricco giapponese, il solo che saprà smascherare Renée.
Verso la fine degli anni Venti Albert Pharaon viveva in Libano. Discendente da una ricca famiglia palestinese, vagamente banchiere, si sentiva un po' fuori posto a Beirut. La mondanità lo annoiava, la sua unica passione erano i cavalli. Tornava spesso a Haifa, dove era nato, a tre ore di viaggio, fino poi a trasferirvisi definitivamente abbandonando moglie e figli. La notizia scandalosa si stava diffondendo: Albert aveva un'amante ebrea in Palestina, una militante sionista. Una delle nipoti di Albert vive ancora al Cairo, dove si è sempre sentita in esilio. Lui l'andava a trovare ogni volta che era di passaggio in città. Le raccontava della sua amante ebrea. Non poteva parlarne con nessun altro. Il resto della famiglia preferiva non sapere niente.
Una sapiente miscela di satira di costume e romanzo giallo imperniato su una scoppiettante polifonia dialettale di gaddiana memoria (il Pasticciaccio sta sullo sfondo segreto della scena come un nume tutelare), la piccola folla multiculturale che anima le vicende di uno stabile a piazza Vittorio sorprende per la verità e la precisione dell'analisi antropologica, il brio e l'apparente leggerezza del racconto. A partire dall'omicidio di un losco personaggio soprannominato "il Gladiatore", si snoda un'indagine che ci consente di penetrare nell'universo del più multietnico dei quartieri di Roma: piazza Vittorio. L'autore, algerino di nascita e romano d'adozione, aveva pubblicato questo romanzo in Algeria con il titolo "Come farsi allattare dalla lupa senza che ti morda", riscrivendolo poi in italiano con l'attuale titolo.
Jacopo Reali, diciottenne livornese, racconta una delicata e appassionata storia d'amore con una scrittura spontanea e semplice. Il romanzo fa parte di una nuova collana, "Bill-Dung-Sroman", dedicata a un periodo particolare della vita dell'uomo: l'adolescenza. Metafora delle grandi e faticose trasformazioni che il mondo sta vivendo, oggi il momento esistenziale dell'adolescenza si è dilatato fino a occupare gran parte della vita di tante persone. E poiché l'adolescenza è ormai tracimata ben oltre l'età anagrafica, dilatandosi fino a trent'anni e oltre, la collana non presenta solo romanzi scritti da giovani ragazzi, ma anche da autori più adulti che raccontano questo periodo della vita, la formazione e la crescita.