Edoardo Boncinelli ci guida attraverso una delle più affascinanti avventure scientifiche di sempre. Dalla genetica pionieristica al trionfo del concetto di gene e alla decifrazione del codice genetico. Gli studi per comprendere la regolazione dell'azione genica negli animali superiori e il punto sulle attuali conoscenze nel campo, inclusa la mappatura del genoma e la cosiddetta epigenetica. Una storia, da Mendel ai giorni nostri, che non si sottrae alle questioni più controverse.
Eric conosce il buio come le sue tasche. Ci vive dentro da dodici anni e sette mesi. Ovvero, da quando è nato. Cresce con le collezioni di minerali, i romanzi fantasy, una cotta micidiale per la ragazza dell'ultimo banco e il sogno di diventare giornalista. Cresce come tutti. Poi in classe arriva Carlo, un ragazzo immerso nel buio come lui. Eppure cosi diverso da lui, cosi aggressivo. Dal giorno dell'incidente che gli ha tolto la vista, Carlo è pieno di rabbia e di paura: ossessionato dal ricordo della vita di prima, che gli ritorna in sogno, e da una madre che proprio non riesce ad accettare l'accaduto e a riconsegnarlo pienamente alla sua vita di ragazzo, libero di correre, cadere e rialzarsi, di trovare la sua strada facendosi anche male. Quella che doveva diventare un'amicizia diventa invece una sfida. Sarà solo grazie a uno sport molto speciale, il torball, e a un allenatore altrettanto speciale, che i ragazzi potranno viverla fino in fondo, rispettando nuove regole e uscendo dagli schemi imposti da scuola e famiglia. Per capire infine che la sfida è la stessa per tutti noi, ed è spesso lo sport a insegnarcela: quella con se stessi, per superare le proprie difficoltà e i propri limiti. Età di lettura: da 12 anni.
Colla? Nastro adesivo? Cemento a presa rapida? Ci vuole ben altro per ricomporre i pezzi di un cuore infranto. Nel caso di Mado-Maggie "madrina preferita" di Kamo, urge un rimedio rapido ed efficace, onde alleviare le pene d'amore che le fanno vedere grigio anche quando fuori c'è il sole. Niente paura, ci penserà Kamo a risolvere la spinosa questione. Come? Ma grazie all'idea del secolo, naturalmente. Età di lettura: da 10 anni.
Per Joe il trasferimento in campagna è un vero trauma: deve cambiare le proprie abitudini, trovare nuovi amici, rinunciare alle comodità della città. La nuova vita non fa per lui. È quello che crede fino a quando, però, trova nascosto nel giardino della nuova casa un vecchio ferro di cavallo portafortuna: da quel momento le cose, per lui, cambiano improvvisamente. Sarà davvero merito di quel misterioso oggetto se una parte dei suoi desideri inizierà ad avverarsi? Età di lettura: da 9 anni.
Un lupo si aggira per le strade della città, un lupo cattivo con la coppola e una gamba zoppa. È potente, è spietato e tutti hanno paura di lui, perché questa è la mafia. Quando il lupo passa, tutti si tolgono il cappello, fanno un inchino e fingono di non sapere chi è davvero e quello che fa, finché un ragazzino, armato solo del suo talento e di amici sinceri e coraggiosi, decide che questo lupo è in realtà un coniglio e che bisogna farlo vedere a tutti per quello che è. Così disegna sui muri, riempie le piazze e le vie, e tutti vedono i disegni. E non possono più fare finta di non sapere. Età di lettura: da 11 anni.
Una folla di leoni, lupi, tori, ma anche di rospi, zanzare e cicale... Sono i personaggi di queste favole di Esopo, che da millenni vengono raccontate ai bambini in tutto il mondo. Le favole sono state riscritte da Roberto Piumini e Stefano Bordiglioni. Età di lettura: da 4 anni.
"Dear life", cara vita... Il titolo originale della tredicesima raccolta di storie di Alice Munro sembra la consueta formula epistolare di un pacificato congedo. Ma ha anche, nel contesto narrativo e nell'espressione idiomatica da cui proviene, il senso di un pericolo appena scampato. Scrivere alla vita, dunque, per uscirne vivi. Con l'urgenza di ogni fuga, un'impazienza nuova che si manifesta in un inedito nitore. Quello della narratrice di "Ghiaia", il cui disincanto e tormento esistenziale sembrano raccontati dalla prospettiva raggiunta di una lucidità imperturbabile. O del protagonista fuggiasco di "Treno", che attraversa le stazioni della propria esperienza e di quella altrui con lo sguardo di un semplice passeggero a bordo della vita. Quello che segue i percorsi mentali della vecchia di "In vista del lago" e del suo sconclusionato viaggio verso un passato irrecuperabile. Un nitore che connota anche la lingua di pagine nelle quali Munro concede alla sua prosa un'ulteriore, estrema libertà, asciugando le proprie frasi come pietre, spolpandole fino all'osso. Ossa di storie, voci lontane e ancora vive, sguardi, una parsimonia di parole, ellittica e più che mai essenziale. Ecco che cosa resta da dire, ecco che cosa trova il lettore in "Uscirne vivi": tracce di materiale radioattivo, lo stesso, pericoloso e potente, che ha attraversato, illuminandole, tutte le storie. Il residuo secco. Le prime e le ultime cose, rivela Munro, il bandolo di un mondo realizzato in sessant'anni.
L'11 aprile 1961 il teatro di Beit Ha'am, a Gerusalemme, era gremito. Più di settecento persone riempivano la sala per il processo intentato ad Adolf Eichmann, accusato di essere il principale ufficiale operativo della "soluzione finale". I giornali di tutto il mondo riportavano notizie sull'evento. Le reti televisive americane mandavano in onda trasmissioni speciali. Non si trattava del primo processo per crimini di guerra nazisti. Eppure c'erano più giornalisti a Gerusalemme di quanti ne fossero andati a Norimberga. Per quale motivo questo processo era diverso da quello condotto dai tribunali di Norimberga, dove erano state processate figure molto più in vista della gerarchia nazista? Mentre il mondo continua a confrontarsi con la realtà del genocidio nazista e a riflettere sul destino di coloro che sono sopravvissuti, il processo Eichmann è divenuto una pietra di paragone per i giudizi successivi, un'impalcatura legale, morale e giudiziaria per confrontarsi con il male nella sua forma più incomprensibile. Deborah E. Lipstadt riesce a raccontarlo contemperando un'avvincente capacità narrativa con una sicura prospettiva storiografica. Lipstadt svincola il processo Eichmann dalla polarizzante presenza di Hannah Arendt, senza ignorarla, ma recuperando alcuni aspetti essenziali della vicenda: da un lato il risveglio, tardivo, della consapevolezza mondiale nei confronti dell'ampiezza della Shoah; dall'altra l'essere un momento nodale della storia di Israele.
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Sono passati più di sessant'anni da quando è stato scritto, ma continuiamo a vederlo, Holden Caufield, con quell'aria scocciata, insofferente alle ipocrisie e al conformismo, lui e tutto quello che gli è cascato addosso dal giorno in cui lasciò l'Istituto Pencey con una bocciatura in tasca e nessuna voglia di farlo sapere ai suoi. La trama è tutta qui, narrata da quella voce spiccia e senza fronzoli. Ma sono i suoi pensieri, il suo umore rabbioso, ad andare in scena. Perché è arrabbiato Holden? Poiché non lo si sa con precisione, ciascuno vi ha letto la propria rabbia, ha assunto il protagonista a "exemplum vitae", e ciò ne ha decretato l'immenso successo che dura tuttora. Torna, in una nuova traduzione di Matteo Colombo, il libro che ha sconvolto il corso della letteratura contemporanea influenzando l'immaginario collettivo e stilistico del Novecento.
L'Italia è un Paese dove i giovani dipendono dai vecchi, dove "è Anchise a portare sulle spalle Enea mentre la città brucia. Non il contrario, come sarebbe naturale". E "dove nessun futuro è stato pensato per Ascanio, il nipote". Partendo da questa constatazione, Giuseppe "Pippo" Civati, uno dei politici più noti della sinistra italiana, ci racconta la sua versione dei fatti. Ci dice quali sono gli attori che si contendono la scena. Quali sono gli ostacoli a un cambiamento che non può più essere rimandato. Perché se oggi è il momento di fare, e di fare in fretta, non possiamo però ripetere l'errore che segna da sempre la vita del nostro Paese, quello di agire senza riflettere, senza pensare alle ripercussioni delle nostre scelte sulle prossime generazioni.