Il Liceo di Atene, di cui abbiamo pochi resti, è considerato a ragione uno dei luoghi più significativi dell'umanità. È il sito della scuola di Aristotele. Qui il filosofo insegnava e discuteva le risposte ai misteri più profondi della condizione umana, cambiando il modo in cui pensiamo. Oggi può essere difficile comprendere l'influenza straordinaria delle sue lezioni. Eppure le sue osservazioni sul mondo intorno a lui, unite alle sue riflessioni sulla natura della conoscenza, hanno gettato le fondamenta di tutta la scienza empirica. Il suo studio del pensiero razionale ha posto le basi della logica formale, pietra angolare dell'indagine filosofica. Il suo esame delle città-stato greche ci ha dato la scienza politica, mentre la sua analisi della tragedia rimane un pilastro dei corsi di letteratura in tutto il mondo. Il noto filosofo John Sellars ci conduce in un viaggio nel pensiero di Aristotele, mostrando come molte sue idee continuino a incidere sul modo in cui pensiamo e viviamo oggi. E ci suggerisce che tenere aperte le porte della mente alla curiosità e al desiderio di conoscere significa anche realizzare compiutamente la nostra natura umana. Le riflessioni di Aristotele, mostra Sellars, hanno oggi ancora molto da insegnarci.
C'è un'età della vita in cui si può trovare una voce pura: una voce tra il silenzio e il tuono. Non c'è un altro modo per parlare di sé, forse, quando guardarsi indietro, e dentro, è lo stesso movimento. E tutto, proprio tutto - le gioie, i dolori, la scoperta dell'amore come quella della morte - è in noi con la stessa forza. Attraverso le lettere di un ragazzo che cresce e di un misterioso nonno, Roberto Vecchioni ha scritto il suo romanzo più intimo e struggente. Questo è un romanzo fatto di lettere, ma non è un romanzo epistolare come gli altri. Si alternano due voci: da una parte c'è lui, Roberto Vecchioni, che racconta a un fantomatico nonno alcuni degli episodi più significativi della sua vita. Li riporta in presa diretta, proprio mentre gli accadono, a dieci, quindici, trenta, ottant'anni. Infanzia, amicizie, studi, canzoni, dolori, amori. Sconfitte e vittorie. Il nonno, dal canto suo, non gli risponde mai: forse non ce n'è bisogno, forse conosce Roberto fin troppo bene. Le sue lettere sono indirizzate ad altri personaggi, veri o immaginari, e affrontano gli argomenti più disparati. Che si tratti di Schubert, di bizzarre teorie sugli ingorghi stradali o di scrittori russi che conosce soltanto lui, ne scrive sempre con la medesima, grandissima passione. E anche se le lettere di Roberto raccontano la storia di una vita - e insieme la storia di un corpo, che sente, ama, si ferisce, si ammala - e quelle del nonno sono puro pensiero, capita di rimanere spiazzati, perché ogni tanto parlano di qualcosa che sembra essere accaduto a entrambi. Di un palco illuminato, ad esempio, e di un uomo che chiede di essere chiamato amore. Ma, soprattutto, della morte di un figlio, e del dolore lacerante che non ti abbandona mai. Cinquantatre lettere, cinquantatre momenti sfolgoranti per catturare «l'ombra sfuggente della verità». In un tempo in cui il prima e il dopo possono confondersi, e persino, forse, illuminarsi a vicenda.
Siamo dominati dal potere dei social, una condizione che ci appare ineluttabile e allo stesso tempo poco comprensibile. Da strumenti ideati per favorire le relazioni, i social negli anni sono diventati sempre più mezzi di informazione, di intrattenimento e di crescita personale. Allo stesso tempo, con pari o maggiore intensità, li interpretiamo come zone franche, in cui allentare la morsa sociale per lasciarci andare al divertimento infantile, al narcisismo, all'esaltazione tribale o alla semplice apatia. Essi sono, oggi, una vera e propria «industria delle relazioni». In questa industria, i mezzi di produzione appartengono a pochi, ultrapotenti monopolisti mondiali, che concepiscono e dettano le regole del gioco. Con la conseguenza, spesso, di farci sentire succubi, se non vittime, di dinamiche costruite per noi e allo stesso tempo senza di noi. Ma come funzionano veramente queste «macchine di socialità»? In che modo sono riuscite in pochi anni a catturarci e a invischiare così tanto le nostre vite con le loro interfacce e algoritmi? Intrecciando gli approcci sociologici con quelli della mediologia, della psicologia sociale e della human computer interaction, Gabriella Taddeo scava nel funzionamento sociale e culturale di queste piattaforme e ne sonda i legami con i nostri desideri, le nostre debolezze e ambiguità. E se il mondo della socialità umana continua, nonostante la loro pressione, a essere in gran parte non codificabile, queste piattaforme hanno assunto il compito di rappresentarne l'artificio e interrogarci, spesso scomodamente, sul nostro rapporto con esso.
«Non so dire se avessi deciso già quella mattina, al momento di andare in tribunale, che sarei rimasto in aula ad aspettare la sentenza. Forse sì o forse no. Mi sedetti sulla sedia del pubblico ministero, su quella di un giudice popolare, su quella del presidente, poi entrai nella gabbia degli imputati. Per vedere il mondo attraverso le sbarre». Una donna ha ucciso a colpi di pistola l'ex compagno della sorella. Legittima difesa o omicidio premeditato? La Corte è riunita in Camera di Consiglio. In attesa della sentenza l'avvocato Guerrieri ripercorre le dolorose vicende personali che lo hanno investito nell'ultimo anno. E si interroga sul tempo trascorso, sul senso della sua professione, sull'idea stessa di giustizia. Il ritorno di Guido Guerrieri in un romanzo poderoso e commovente. Un'avventura processuale enigmatica, dal ritmo impareggiabile, che si intreccia a un'affilata meditazione sulla perdita e sul rimpianto, sulle inattese sincronie della vita e sulla ricerca della felicità.
Sono il tessuto connettivo delle nostre comunità e donano senso al mondo. Ma nella società contemporanea, le narrazioni risultano effimere e inefficaci. La loro onnipresenza non è che un sintomo, e un segnale d'allarme. Le narrazioni sono in crisi da tempo. Da bussole capaci di dare senso all'esistenza collettiva sono ormai diventate una merce come tutte le altre. Ridotte ad ancelle del capitalismo, si trasformano in storytelling e lo storytelling, ormai ubiquo, scade nella pubblicità, nel consumo di informazioni. L'accumulo di notizie ha preso, insomma, il posto delle storie. Dati e informazioni, però, frammentano il tempo, ci isolano e ci bloccano in un eterno presente, vuoto e privo di punti di riferimento. A diventare impossibile è la felicità stessa. Perché la vita, con tutti i suoi imprevisti, inciampi, tentativi ed errori, incontra la pienezza solo quando può essere condivisa e tramandata all'interno di una narrazione collettiva. «Vivere è narrare. L'essere umano, in quanto animal narrans, si distingue dagli altri animali per il fatto che narrando realizza nuove forme di vita. La narrazione ha la forza del nuovo inizio. Lo storytelling, di contro, conosce solo una forma di vita, quella consumistica» (Byung-Chul Han).
«Vittima com'è di una disperata follia di annientamento e di distruzione, Antigone non ama nessuno, così come non ama sé stessa: il suo solo e vero amore è la morte». In una rilettura controcorrente della più celebre figura tragica della classicità, Eva Cantarella smonta pezzo per pezzo le basi su cui si fonda il mito di Antigone. Per la sua determinazione a dare sepoltura al fratello Polinice, violando la legge cittadina per obbedire a una legge non scritta, Antigone ha rappresentato nei secoli il modello insuperato di chi si oppone a un regime tirannico, di chi reagisce di fronte ai diritti calpestati e negati, di ogni donna in lotta contro il potere maschile. Ma questa figura che sembra racchiudere in sé ogni virtù non corrisponde al personaggio cui Sofocle ha dedicato l'omonima tragedia oltre 2500 anni fa. Ed è esplorando la distanza tra mito e personaggio che Eva Cantarella mette in luce lati sorprendentemente negativi dell'eroina da tutti osannata e arriva a contestare il ruolo di despota attribuito a Creonte, protagonista di una drammatica vicenda umana e politica che lo rende una figura non meno interessante e non meno tragica. Proprio come in un'orazione, portando prove a sostegno della propria tesi e confutando gli argomenti di potenziali avversari, la più grande studiosa italiana di diritto greco traccia un profilo di Antigone spiazzante e inevitabilmente divisivo.
La storia dell'editoria è la storia dell'emancipazione di un mestiere da un altro. O meglio da altri due: quello del tipografo e quello del libraio. L'editore non è chi stampa un libro né chi lo vende, scriveva Niccolò Tommaseo, ma chi lo fa stampare per farne commercio. Ne discende che l'editoria non ha una data di nascita. È un'attività che si struttura in modo graduale, definendosi in corso d'opera. La sua affermazione si configura allora come un lento processo che, almeno nel caso italiano, inizia nella prima metà dell'Ottocento, si compie sul finire di quel secolo e perdura nella forma di un'interdipendenza fra i tre mestieri per tutto il Novecento. Questo volume delinea tale parabola, ponendo in rilievo la relazione che intercorre fra libri e società, industria editoriale e storia nazionale. Ripercorrendo le vicende di alcune case editrici - fra cui Zanichelli, Treves, Bemporad, Hoepli, Laterza, Mondadori, Einaudi, Feltrinelli, Adelphi, Sellerio - e concentrando l'attenzione su alcune questioni trasversali alla loro attività, traccia un quadro non solo dell'editoria italiana, ma anche dell'Italia dei libri dall'età liberale a quella repubblicana.
Martin Luther King vs Malcolm X. La colomba disposta a immolarsi per il grande sogno di un'uguaglianza pacifica, e l'ape pronta a pungere sia per difendersi sia per ottenere ciò che le spetta. Un saggio preciso, avvincente, che restituisce l'entusiasmo di una stagione del Novecento ormai entrata nel mito. Episodi della lotta per i diritti civili degli afroamericani si alternano al racconto delle vite di pensatori, di attivisti fin qui noti solo agli esperti, che hanno preceduto Martin Luther King e Malcolm X, consentendo loro di diventare ciò che sono stati. L'avventura umana di questi due giganti - spesso diversi, talvolta affini - che hanno dato la vita per cambiare il mondo permette così di gettare una luce su un pezzo della storia recente. Una storia di emarginati e di segregati, ma anche di coraggiosi e di ribelli.
L'unica lezione che ho imparato, o comunque l'unica che ricordo, sei tu. Emma Donoghue ci consegna un romanzo coraggioso e intenso, una storia d'amore di lancinante bellezza. York, 1805. Raine ha quattordici anni e Lister quindici, quando si conoscono alla Manor School. In quella scuola che prepara le ragazze prima di tutto a un buon matrimonio, entrambe sono considerate diverse dalle altre. Raine, figlia di un funzionario della Compagnia delle Indie e di una donna di Madras, non è bianca. Lister, «dritta come un ufficiale», è così ribelle da arrivare all'insolenza. Relegate nella Soffitta, lontane dalle altre allieve, Lister e Raine costruiscono un mondo tutto per loro e un sodalizio tenace ed esplosivo. Una intesa che delicatamente diventa tumultuosa storia d'amore. Qualcosa di pericoloso, proibito, inaccettabile nell'Inghilterra di inizio Ottocento ma che segnerà la vita di entrambe per sempre. «Quando descrive situazioni di isolamento, Donoghue riesce a portare la tensione a livelli impressionanti» (Margaret Atwood).
Un libro di storia medievale trascinante come pochi, tra femminismo, letteratura e amor cortese. Un'altra rivoluzione è nata prima del 1789: quella di Maria di Francia. Non è raccontata nei manuali, perché è una rivoluzione in buona parte fallita. Avrebbe voluto imporre una visione femminile del mondo e non vi riuscì. Ma ebbe tra i suoi effetti la nascita dell'amore cortese, l'astro luminoso del Medioevo, oscurato poi dai livori inquisitoriali della prima Età moderna. Perfino l'identità di Maria, allora, si perse o si confuse. Figlia del re di Francia Luigi VII, Maria nacque nel 1145 e, dopo il matrimonio, si stabilì nella contea del marito, la Champagne. Fu una scrittrice, ma soprattutto un'intellettuale capace di radunare attorno a sé altri autori, cui affidare la promozione delle proprie idee. Idee nuove e progressiste sull'amore, sulla sessualità, sui rapporti coniugali, sulla vita di coppia. Idee che avrebbero potuto - e dovuto - mille anni prima della rivoluzione sessuale del Novecento segnare un nuovo corso della storia femminile, e quindi del mondo.