Analizzando i comportamenti sessuali nell'area dell'antico Mediterraneo e del Vicino Oriente, e attraversando le grandi elaborazioni teoriche, tra gli altri, di Tertulliano, Valentino, Clemente Alessandrino, Origene, Costantino, i Padri del deserto, Gerolamo, Ambrogio e Agostino, Peter Brown traccia un quadro illuminante e suggestivo delle pratiche dell'astinenza perpetua, del celibato e della castità quali elementi fondamentali di affermazione della religione cristiana e decisivo motore di trasformazione dei rapporti tra uomini e donne.
Nell'ampia introduzione che accompagna la riedizione del volume a distanza di vent'anni dalla prima uscita, Peter Brown ricostruisce e discute le reazioni suscitate sulla comunità degli storici, degli storici del pensiero religioso e dei filosofi da un libro divenuto un classico della ricerca contemporanea.
Giovane antifascista proveniente da una famiglia della borghesia ebraica piemontese, Vittorio Foa venne arrestato il 15 maggio 1935 a Torino, su delazione dell'informatore dell'Ovra Pitigrilli. Poco dopo l'arresto fu trasferito a Roma, nel carcere di Regina Coeli e denunciato al Tribunale Speciale fascista. Due anni prima Foa era entrato in «Giustizia e Libertà» e ben presto aveva assunto un ruolo di primo piano nella cospirazione antifascista. Foa resterà in carcere fino al 23 agosto 1943. Negli otto anni, tre mesi e otto giorni di reclusione gli fu concesso di scrivere soltanto ai famigliari piú stretti.
Nelle lettere selezionate per questa edizione, le riflessioni di Foa su se stesso e sulla sua esperienza carceraria si intrecciano con analisi storiche, economiche e letterarie che descrivono il suo modo di pensare e la sua educazione politico-intellettuale: una testimonianza chiave da trasmettere alle nuove generazioni.
Atene 399 a.C.: Socrate, accusato di corrompere i giovani, non credere agli dèi tradizionali e introdurre nuove divinità, viene processato pubblicamente. Platone, suo discepolo, che assiste al dibattimento, in questi tre dialoghi presenta la sequenza degli avvenimenti. Nell'Eutifrone Socrate, in procinto di incontrare il magistrato responsabile della messa in stato di accusa, ingaggia con il sacerdote Eutifrone una discussione sulla definizione di pietà religiosa, mostrando l'esigenza di una concezione religiosa fondata sulla ricerca dialettico-filosofica del vero. L'Apologia di Socrate è, invece, il discorso di autodifesa che Platone attribuisce al maestro e rappresenta il contributo piú importante e rigoroso alla comprensione della personalità e alla trasmissione del pensiero del filosofo. Condannato alla pena capitale e rinchiuso in prigione in attesa di essere giustiziato, nel Critone Socrate rifiuta l'offerta di fuga fattagli dall'amico, richiamandosi ai suoi obblighi verso lo Stato: un'ingiustizia può essere ripagata da un'altra ingiustizia?
Nello stile semplice e narrativo che lo ha reso familiare a tanti lettori, nel tono rigoroso e sommesso del grande saggista, Paolo Crepet affronta quello che è forse il vero tabú del nostro tempo. E ci porta per mano a scoprire che nel mondo dominato dall'ossessione dell'efficienza e della prestazione, la vera possibilità di cambiamento coincide proprio con il coraggio dei sentimenti. Perché si fa presto a dire «amare». Ma quante sono le persone che possono dire di essere innamorate sul serio?
E quante quelle capaci di andare oltre l'innamoramento, fino all'amore?
Giampaolo Dossena diventa scrittore catalogando e ideando nuovi giochi.
Marcel Proust nasconde in punti lontani della sua opera le tessere di un puzzle calligrafico.
Vladimir Nabokov gioca a giochi di mondi-parola (world games).
Carlo Emilio Gadda come Nabokov riscuote un'attenzione intermittente.
Raymond Queneau gioca con le regole del gioco e indica la via per diventare «scrittoranti».
Italo Calvino fa un anagramma, senza saperlo, e si accanisce in piú di un solitario, senza risolverlo.
Gianni Celati insegue le segrete prosodie del parlato.
Roland Barthes è ricordato all'incrocio fatale tra écriture e società della comunicazione.
Alberto Arbasino inventa la post-parolaccia, nella vertigine cronologica del suo romanzo maggiore.
Alighiero Boetti compone cruciverba, palindromi, rebus e crittografie in una sua personale enigmistica della figurazione.
Giuseppe Pontiggia ribalta le pedine su una lucida scacchiera.
Truman Capote perde alla roulette americana.
Don DeLillo gioca a baseball con la Storia e i suoi segreti.
David Foster Wallace, grande e audace scrittore, dall'alto di una caricatura esposta su un palco assiste alla celebrazione sua e del gioco che ha portato all'infinito.
«L'arbitro sussurra Giocate Per Favore.
Si può dire che noi giochiamo. Ma in un certo senso è tutto ipotetico. Perfino il "noi" è teoria: non riesco mai a vedere bene l'avversario, per via di tutto l'apparato del gioco» (David Foster Wallace, Infinite Jest).
In Infinite Jest il tennis, «questo infinito sistema di decisioni e angoli e linee», viene visto come un ibrido dei due giochi a cui assomiglia di piú, gli scacchi e il pugilato: aggiunge la forza fisica agli scacchi, sottrae il contatto diretto dei corpi al pugilato, ma abbina la geometria di quelli alla violenza di questo. Come entrambi sfugge alla statistica. Il teorico del tennis ne dà una versione a sua volta mediata da matematica e psicoanalisi: è l'anziano e temibile Gerhardt Schtitt, capo degli allenatori e dei preparatori atletici dell'accademia. L'essenza del suo insegnamento è questa: «Il vero avversario, la frontiera che include, è il giocatore stesso. C'è sempre e solo l'io là fuori, sul campo, da incontrare, combattere, costringere a venire a patti. Il ragazzo dall'altro lato della rete: lui non è il nemico; è piú il partner della danza. Lui è il pretesto o l'occasione per incontrare l'io. E tu sei la sua occasione. [¿]. Scompari dentro al gioco: fai breccia nei tuoi limiti: trascendi: migliori: vinci. [¿] È tragico e triste e caotico e delizioso. E tutta la vita è cosí, come cittadini dello Stato umano: i limiti che ci animano sono dentro di noi, devono essere uccisi e compianti, all'infinito».
La Cina del ventunesimo secolo porta con sé un bagaglio fatto di successi ma anche di problemi. Già in questo primo decennio le «specificità cinesi» sono spesso emerse con forza, lasciando intravedere prove di futuro che sono - e probabilmente saranno - assai distanti dalla nostra esperienza storica. Ma insieme la potenza cinese si trova a misurarsi con sfide di natura mondiale: lo sviluppo e le sue compatibilità, i nodi sociali, l'unità e la diversità dei territori che la compongono, le risposte - propositive ma anche difensive - rispetto alla globalizzazione. Cosí da prefigurare il disegno contraddittorio e aperto della Cina della «quarta generazione» e oltre.
«Eboli - dicono i lucani tra cui Levi fu mandato al confino dal fascismo - e l'ultimo paese di cristiani. Cristiano è uguale a uomo. Nei paesi successivi, i nostri, non si vive da cristiani, ma da animali». Dice Italo Calvino in uno dei due testi che introducono questo volume: «La peculiarità di Carlo Levi sta in questo: che egli è il testimone della presenza di un altro tempo all'interno del nostro tempo, è l'ambasciatore d'un altro mondo all'interno del nostro mondo. Possiamo definire questo mondo il mondo che vive fuori della nostra storia di fronte al mondo che vive nella storia.
Naturalmente questa è una definizione esterna, è, diciamo, la situazione di partenza dell'opera di Carlo Levi: il protagonista di Cristo si è fermato a Eboli è un uomo impegnato nella storia che viene a trovarsi nel cuore di un Sud stregonesco, magico, e vede che quelle che erano per lui le ragioni in gioco qui non valgono piú, sono in gioco altre ragioni, altre opposizioni nello stesso tempo piú complesse e piú elementari».
In fuga dalla polizia degli Stati Uniti, Jack Burn ha catapultato la famiglia a Città del Capo con la speranza di iniziare una nuova vita. Luogo di richiamo per turisti, molti dei quali americani, la città offre un riparo perfetto e permette un facile anonimato.
Ma oltre le apparenze si rivela piena di rischi per chi non ne conosce le regole.
Sul suo territorio non si è ancora rimarginata la separazione tra la zona dei bianchi ricchi e le aree circostanti, i sobborghi operai e i Cape Flats, il quartiere-ghetto nel quale era stata segregata la popolazione di colore ai tempi dell'apartheid.
Burn si ritrova suo malgrado coinvolto nel conflitto tra le due realtà. Per proteggere la moglie incinta e il figlio piccolo è costretto a ricorrere alla forza uccidendo due gangster e attirando su di sé l'attenzione di Barnard, poliziotto folle e corrotto che per anni ha sfruttato il suo potere sulla povera gente. Contro questo nuovo nemico l'unico alleato è l'ex galeotto Benny Mezzosangue, assassino in cerca di una disperata quanto impossibile redenzione.
L'omicidio e lo stupro di sua sorella Rachel, figlia modello, ha distrutto la famiglia di Katherine. Katherine, 17 anni, si trasferisce a Sidney da una zia, per sfuggire al senso di colpa (lei era presente e si è salvata), all'invadenza dei giornalisti e cercare di ricostruirsi una vita normale, nell'anonimato. Ma quando Alice, la ragazza più bella e affascinante della scuola, invita proprio lei alla sua festa di compleanno, la sua energia contagiosa irrompe nella vita di Katherine, le restituisce la spensieratezza della sua età e la riscatta dal suo drammatico segreto. Alice diventa la sua migliore amica. All'inizio è generosa, comprensiva, trascinante. Poi si rivela sempre più egoista, persino crudele: sembra intenzionata a far soffrire chiunque la circondi. E non accetta che nessuno la metta da parte, tanto meno Katherine. Non solo perché le vuole bene. C'è qualcos'altro che vuole da lei. Anche Alice nasconde un terribile segreto.
Aloma desidera due cose con tutta se stessa: suonare il pianoforte e sfuggire al profondo Sud americano in cui è nata e cresciuta. Aloma desidera la musica e gli spazi.
Legarsi a Orren Fenton, unico dolente superstite di una famiglia di piantatori di tabacco, uomo del silenzio e della terra, uomo della carne, potrebbe dunque rivelarsi il più grande abbaglio della sua giovane vita. All'altro capo del suo orizzonte c'è Bell Johnson, il vibrante predicatore della chiesa locale, uomo della parola e del cielo, uomo dello spirito. Che risieda in lui l'appagamento della sua fame? Forse. A meno che Aloma scopra di desiderare qualcosa ancor più di se stessa.
Durante un'infanzia e un'adolescenza da orfana alla scuola delle missioni, Aloma conosce il piccolo dolore di un'esistenza nell'ombra: quella proiettata dal crinale di Spar Mountain che frena il cammino del sole per buona parte della giornata, e quella di una sostanziale mancanza di talenti che stende su di lei il velo opaco della mediocrità. Un velo che si squarcia all'improvviso quando Aloma incontra la musica e il pianoforte, scoprendo in sé doti e potenzialità inaspettate, e con esse un progetto: abbandonerà quel «mondo inabissato che non conosceva le cerimonie gemelle di mattino e sera», diventerà una concertista nel mondo reale. L'ostacolo, immancabile, ha gli occhi chiari e la parlata grezza dei contadini del Kentucky. Con lui Aloma sperimenta quella prima baldanza del corpo in cui non serve chiedersi se sia solo sesso o già amore. Quando un terribile incidente falcidia la famiglia di Orren, scaricando sulle sue giovani spalle la responsabilità della piantagione di tabacco avita, e lui le chiede di condividerla, Aloma, che «non sapeva niente di niente», dice sì. Si trova così catapultata in un ambiente scabro e faticoso oltre il sopportabile, immune al passaggio del tempo, accanto a un uomo, un ragazzo, pressoché sconosciuto fuori dal letto, traumatizzato dalla perdita e schiacciato dal carico, privo di agio o volontà per ascoltare esigenze futili come la musica, o la felicità. Un ragazzo che, sollevando lo sguardo verso la parete rocciosa che li sovrasta o abbassandolo sulla terra che calpestano, vede una sponda e radici, là dove Aloma scorge solo una prigione e polvere. L'inquietudine, come canto di sirena, la spinge allora fuori dalla casa colonica e verso la chiesa locale: un pianoforte da poter suonare, persone da incontrare; una in particolare, Bell, il pastore della comunità, uomo aperto e cordiale, la cui voce Aloma impara ad associare quotidianamente all'amato Mozart, l'amato Schubert. E le sue due realtà si fanno via via più inconciliabili.