
"A confronto con l'opera di Proust, quasi tutti i romanzi che si conoscono sembrano dei semplici racconti. Alla ricerca del tempo perduto è una cronaca ricavata dal ricordo: nella quale la successione empirica del tempo è sostituita dal misterioso e spesso trascurato collegarsi degli avvenimenti, che il biografo dell'anima, guardando all'indietro e dentro di sé, sente come l'unica cosa vera. Gli avvenimenti passati non hanno più potere su di lui, ed egli non finge mai che quanto da tempo è accaduto non sia ancora accaduto, e che non sia ancora deciso quanto da tempo è deciso. Perciò non c'è tensione, non c'è acme drammatico, non c'è assalto e scontro, ne susseguente soluzione e pacificazione. La cronaca della vita inferiore scorre con armonia epica, poiché è soltanto ricordo e introspezione. E la vera epica dell'anima, la verità stessa, che qui irretisce il lettore in un dolce, lungo sogno in cui egli soffre molto, ma soffrendo gode anche la libertà e la pace; è il vero pathos del decorso delle cose terrene, quel pathos che sempre scorre, che mai si esaurisce, che costantemente ci opprime e costantemente ci sostiene." (Erich Auerbach)
Più ancora che una religione, l'ebraismo si presenta come un complesso di norme che regolano l'intera esistenza individuale e collettiva del popolo d'Israele. La sintesi di Norman Solomon tocca con chiarezza la peculiarità di questi aspetti: la vita spirituale e i riti (la preghiera, la meditazione, la Torah), la costituzione di una casa ebraica, il profetismo, il messianismo, la cabbala. Ma anche gli interrogativi che si pongono nella vita di tutti i giorni: come la "legge eterna" affronta questioni quali l'aborto, l'inseminazione artificiale o l'eutanasia. Una materia complessa, ricca di aspetti anche contraddittori, che l'autore riesce a esporre con chiarezza e vivacità, guidando il lettore nei meandri di una storia millenaria. Con nove illustrazioni e una bibliografia aggiornata che accompagna il lettore nella scelta dei testi di approfondimento.
Santiago Zavala, giovane giornalista della «Cronica» che tutti chiamano Zavalita, torna a casa dal lavoro e trova la moglie in lacrime: le hanno strappato di mano il cagnolino Batuque. Zavala lo va a riprendere al canile, e il destino gli fa ritrovare, tra i dipendenti di quel luogo che sembra piuttosto un macello, Ambrosio, per molti anni autista di famiglia. Insieme vanno a bere una birra a «La Catedral», sordido locale di periferia, a dal loro dialogo viene fuori il romanzo di una città, e dei suoi deliri: storie di vinti e di illusi, di militari a caccia di potere, di politici, giornalisti, prostitute, delle loro sconfitte, ma anche di rari momenti di quiete. Destini personali che insieme restituiscono un'immagine globale della società di Lima, ma anche peruviana, e latinoamericana, negli anni cinquanta e sessanta. Pubblicato nel 1969, Conversazione nella «Catedral» è un romanzo dalla costruzione articolata e travolgente, in cui le inquadrature sono «montate» in successione martellante, come in un film d'azione: vero e proprio affresco storico, un tentativo prossimo alla perfezione di creare un «romanzo totale». E su tutto, implacabile come un legame vischioso e concreto, la grigia nebbia che avvolge Lima e le sue creature.
Quando perde la madre, alla minorenne Jamie Hall non restano altri affetti del cane meticcio e senza nome con cui si accompagna. Per evitare di finire in un istituto che la separerebbe anche da lui, Jamie fa rotta verso la tetra cittadina industriale di Dyers Corners. L'atmosfera di degrado e privazione del luogo si riflette ora nei suoi abitanti. Nell'abiezione del rigattiere Jake e nella scelleratezza del bracconiere Harlan, nel rimpianto paralizzante del direttore dell'ufficio postale da sempre innamorato della nonna di Jamie. Jamie prende servizio come custode presso la casa estiva di Margaret, un'anziana fotografa segnata dal dolore ma ancora capace di uno sguardo lucido e solidale, e là conosce Galen, cacciatore di pelli reduce del Vietnam che ha scontato in carcere una lunga condanna per una colpa mai commessa, rifugiandosi poi in una solitudine sconfitta e rassegnata. Con loro, con lui, Jamie sembrerebbe finalmente avviata a una nuova serenità, ma ancora una volta il destino non accenna a distrarsi. Ha le fattezze di un ragazzino, un essere arcano e insensato, più animalesco che umano. Jamie, di ritorno a casa insieme al cane, lo trova legato a un albero come una bestia, e senza starci a pensare lo slega. E il primo atto di una catastrofe imminente che la costringerà presto a una fuga all'ultimo respiro.
K. S. Karol, dopo aver scritto tutta la vita raccontando gli eventi del mondo, qui scrive di sé, ricostruendo la propria storia di ragazzo quindicenne, che nel 1939, allo scoppio della guerra mondiale, attraversa le linee polacche per andare a combattere nell'Unione Sovietica con l'Armata Rossa. Già ferito, gli succederà prima di essere deportato nella Siberia occidentale, di fuggirvi poi e di seguire un reparto speciale di aviazione nella battaglia del Caucaso. Sarà ferito nuovamente, passerà tredici mesi in un campo di lavoro forzato prima in Armenia e poi nel Volgalag, infine liberato trascorrerà l'ultimo anno di guerra in una fabbrica di Rostov sul Don. Dopo la vittoria rientrerà in Polonia. I grandi avvenimenti politici e la natura della società sovietica sono lo sfondo di una vicenda durata sette anni, come è stata vissuta da un gruppo di giovani: fatiche, speranze, illusioni, compromessi e amori.
Nel 1929, in piena crisi estetica ed esistenziale, Federico Garcìa Lorca va a New York, restandovi un anno. Lì, e nel viaggio di ritorno, durante una breve permanenza a Cuba, scrive una serie di poemi che costituiscono uno dei punti più alti, se non il più alto, della sua produzione letteraria. Fino alla sua morte nel 1936, Federico lavorerà a riordinare tutto il materiale, che verrà pubblicato solo nel 1940 con il titolo "Poeta a New York". Come scriveva Carlo Bo: "Se oggi abbiamo una certa idea di Lorca, non c'è dubbio che tale idea è stata autorizzata e consacrata dalla stagione americana e da un viaggio che ha avuto per regola lo spettacolo tradotto in termini drammatici di sangue e di morte. Un po' come dire: Lorca ha potuto mettere a punto col soccorso della sua New York i termini centrali della sua visione poetica".
Willy Melodia nasce nella Catania poverissima del 1910, a otto anni abbandona la scuola e per guadagnarsi un piatto di pasta aiuta il sacrestano del Crocefisso della Buona Morte. Qui scopre di avere l'orecchio assoluto: le sue dita scorrono veloci e fatate sui tasti dell'organo. Comincia a suonare nelle feste del vicinato: l'abilità, l'avvenenza e la protezione di un boss mafioso gli procurano ingaggi nelle sale cinematografiche e nel più famoso bordello cittadino. A Catania assiste a un omicidio e per scansare l'arresto viene spedito da Cosa Nostra a New York. Sulla nave s'innamora della diciassettenne Rosa. Inizia a lavorare in diversi locali tra Chicago e New York: Frank Costello lo ingaggia al piano bar dell'Hollywood, entra nelle grazie di Luciano. Per Willy sembrano spalancarsi le porte del paradiso. Ma Rosa da alla luce Turiduzzu e pretende che il marito si liberi dall'invadente tutela dei compari. Luciano e Costello lo fanno suonare durante le loro partite a poker e nelle grandi orge organizzate per politici e industriali. Sono tanti dollari in più ai quali Willy non vuole rinunciare, ma che gli costano un inferno familiare. Con l'arresto di Luciano la situazione sembra precipitare; ma sono ancora molte le avventure, sentimentali e di mafia, che attendono Willy prima del suo rientro in Italia.
Chi è lo sconosciuto dall'aspetto dolce e infantile per cui tempo, spazio e linguaggio non hanno senso? O almeno non lo stesso senso che hanno per noi. O per Lauren, la giovane body artist che se lo trova davanti all'improvviso in una delle tante stanze della vecchia casa sulla costa del Maine dove vive sola. Rey, suo marito da pochi mesi, si è suicidato, e lo sconosciuto parla con la sua voce, pronuncia frasi che Lauren è sicura di avere già sentito...
Il protagonista di questo libro, il Maschio, è un padre capace di tenerezza e di attenzione, è un marito allegro e appassionato. Ma ha molte altre donne. Relazioni di lunga durata, in cui il sesso è il veicolo primario attraverso il quale passano la comunicazione, l'affetto, la curiosità, la scoperta dell'altro. Il sesso è un pensiero costante, un'ossessione e una consuetudine, un modo per entrare in contatto con il mondo esterno. Più ancora della seduzione e della conquista, più dell'amore che in forme diverse è parte fondamentale di ciascuna di queste relazioni. È questa la separazione del maschio, dunque. Dove per maschio s'intende davvero, genericamente, il maschio di uomo nell'apice dell'età riproduttiva, in un ambiente circostante quanto mai generoso di sollecitazioni e stimoli. E per separazione s'intendono due cose: quella, letterale, dalla moglie, a cui condurrà fatalmente il percorso del libro; e quella, fisica e metaforica, che divide all'interno dello stesso uomo il padre dal marito e dall'amante. Quasi che fosse impossibile conciliare gli impulsi e i sentimenti, quasi che l'unica strada per tenere tutto insieme fosse una rigida compartimentazione, cioè: vivere molte vite.
La benda sugli occhi, un attributo dell'immagine simbolica della giustizia come donna, è al centro del percorso disegnato nelle pagine di questo libro. Di questo attributo viene qui ricostruito l'atto di nascita nel 1494, la rapida diffusione nel contesto dell'età della Riforma protestante e la fortuna successiva. Indagando le ragioni di tanta e così rapida fortuna (che non toccò però l'Italia) se ne è individuata quella fondamentale nella potente suggestione religiosa della narrazione evangelica di Gesù bendato e deriso: un modello di sofferenza e di perdono che dette nuovo impulso alla figura della dea Giustizia trasmessa dal paganesimo antico alla cultura dell'Europa occidentale. Dopo l'attesa medievale del Giudizio universale, l'esigenza della giustizia imparziale dominata dallo sguardo di Dio trovò la sua incarnazione nell'asserita investitura divina dei poteri politici e religiosi. Per dare poi vita nel Settecento all'idea del tribunale della pubblica opinione come espressione sostitutiva dell'antico simbolo dell'occhio di Dio. Ma nel mondo contemporaneo la spettacolarizzazione di crimini e processi si accompagna a una crisi della giustizia che sembra destinata a rendere nuovamente attuale e problematico il simbolo della benda.