
Texas, ultimo scampolo dell'Ottocento. Il mondo è cambiato, ma la storia continua. Niente più mandrie di bestiame che percorrono praterie immense, ma treni che tagliano l'orizzonte. Tutto riprende da dove era iniziato, però con un salto di una ventina d'anni: Woodrow Call è di nuovo nella terra da cui si era allontanato per un'ormai leggendaria spedizione nel Montana. Tanti suoi amici di un tempo non ci sono più, come non ci sono più i nemici che conosceva bene, gli indiani e i messicani. I nuovi nemici sono i fuorilegge, che imperversano su entrambe le sponde del Rio Grande. Il capitano Call, «il più famoso Texas Ranger di tutti i tempi», è ormai un cacciatore di taglie. La sua fama lo precede e proprio per questo viene ingaggiato da un magnate delle ferrovie yankee per scovare un giovane bandito messicano che rapina i suoi treni e uccide i passeggeri. Sembrerebbe una faccenda di ordinaria amministrazione, ma Call è un eroe al tramonto, pieno di acciacchi e prigioniero dei ricordi, e ha bisogno di un compagno fedele per condurre la caccia. Come sempre convoca Pea Eye, suo caporale ai tempi dei ranger. Ma il mite Pea Eye ora è sposato con Lorena, l'ex bellissima prostituta dai tempi di Lonesome Dove, ha cinque figli e una fattoria da mandare avanti: la sua fedeltà va soprattutto alla famiglia. Call scopre di colpo che il suo rassicurante passato lo respinge, proprio mentre un irriconoscibile presente gli si para davanti sotto le sembianze di Ned Brookshire, un timoroso ragioniere di Brooklyn che gli viene messo alle costole dalla compagnia ferroviaria per tenere i conti della missione, ma soprattutto del terribile Joey Garza, un imberbe messicano gelido e individualista che colpisce con metodi inediti e imprevedibili.
«È vero, stava per uccidere un uomo, ma avrebbe anche liberato una donna. La somma algebrica delle sue azioni sarebbe stata uguale a zero. E poi un'altra persona avrebbe liberato lei».
La parabola compiuta dal Giappone imperiale tra Otto e Novecento, dalla costruzione dello stato-nazione unitario fino alla disfatta bellica, è densa di spunti per una riflessione sul significato della modernità e del suo manifestarsi nel mondo in forme diverse secondo le condizioni locali. Il volume mira a collocare saldamente lo specifico caso giapponese nel suo contesto regionale e globale, offrendo al tempo stesso una prospettiva extraeuropea su fenomeni transnazionali di ampio respiro. Le vicende trattate sono di particolare interesse per l'osservatore italiano, data l'abbondanza di spunti per un confronto fra le storie parallele dei due paesi. Si pensi, in ambito politico, a questioni quali l'unificazione nazionale, l'evoluzione in senso parlamentare del sistema di governo sotto la monarchia, la ricerca di un riconoscimento paritario da parte delle grandi potenze, la crisi del liberalismo e l'avvento di un regime autoritario che condusse il paese al disastro nella Seconda guerra mondiale. Collegati a questi temi, sul piano dei rapporti socio-economici si possono tracciare invece il processo di industrializzazione, i conseguenti squilibri territoriali, l'emergere dei movimenti di massa e di una cultura popolare sorretta dai mezzi di comunicazione moderni.
L'estate della maturità. L'estate in cui puoi fare quello che ti pare. L'attendi, la sogni, la organizzi, e può succedere che all'ultimo momento salti tutto. Perché l'estate della maturità è anche quella in cui la vita sta per diventare tua e basta. Devi scegliere da solo e, per la prima volta, conosci la paura del futuro. Max frequenta l'ultimo anno di liceo in una cittadina della provincia veneta; è uno come tanti, bravo con i computer. Filippo, Anna, Beatrice e Andrea sono i suoi amici di sempre: con loro ha diviso ogni istante fin dall'asilo e con loro ha progettato di trascorrere i mesi che precedono l'inizio dell'università. Ma un semplice algoritmo, creato nella sua cameretta da figlio unico, gli stravolge in un attimo l'esistenza: invece che in giro per l'Europa a sentire concerti si ritrova a Roma a lavorare in un incubatore di start-up. In poche settimane il vecchio Max non c'è più. Il mondo in cui è cresciuto si sgretola sotto i suoi occhi mentre lui cerca disperatamente di conservarne frammenti. Cambiano le aspirazioni, le compagnie, si modificano i rapporti con i genitori; l'amore si presenta in maniera inaspettata. Tutto troppo rapido, tutto troppo presto. Forse è meglio rallentare. A patto di non fermarsi.
Che cos'è l'andare in montagna senza la conquista della cima? Un atto di non violenza, un desiderio di comprensione, un girare intorno al senso del proprio camminare. Questo libro è un taccuino di viaggio, ma anche il racconto illustrato, caldo, dettagliato, di come vacillano le certezze col mal di montagna, di come si dialoga con un cane tibetano, di come il paesaggio diventa trama del corpo e dello spirito. Perché l'Himalaya non è una terra in cui addentrarsi alla leggera: è una montagna viva, abitata, usata, a volte subita, molto lontana dalla nostra. Per affrontarla serve una vera spedizione, con guide, portatori, muli, un campo da montare ogni sera e smontare ogni mattina, e soprattutto buoni compagni di viaggio. Se è vero che in montagna si cammina da soli anche quando si cammina con qualcuno, il senso di lontananza e di esplorazione rinsalda le amicizie. Le notti infinite in tenda con Nicola, l'assoluta magnificenza della montagna contemplata con Remigio, il saliscendi del cammino in alta quota, l'alterità dei luoghi e delle persone incontrate. Questo è il viaggio che Paolo Cognetti intraprende sul finire del suo quarantesimo anno, poco prima di superare il crinale della giovinezza.
Venezia, una gondola al chiaro di luna, la voce calda del vecchio crooner Tony Gardner, che un tempo ammaliava le folle. Esiste scenario più romantico per una serenata all'amore che fu? Esiste scenario più crudele? Illustrato da Bianca Bagnarelli.
Il cielo profuma di neve, si accendono le luci sugli alberi della città. Arriva il periodo più bello dell'anno! Ma com'era il Natale quando al posto delle auto, c'erano le carrozze trainate dai cavalli? Com'era quando non c'erano i centri commerciali, ma le botteghe dei falegnami e i laboratori dei giocattolai? Com'era quando il pane si faceva in casa e invece del riscaldamento c'era la stufa a legna? Com'era quando tutta la famiglia si riuniva per il pranzo natalizio intorno alla tavola illuminata dalle candele e decorata con il vischio e le bacche di agrifoglio? Ce lo raccontano i grandi autori della letteratura, in questa raccolta di racconti e brani di romanzi classici: storie straordinarie che sono ormai entrate a far parte della nostra tradizione natalizia. Età di lettura: da 8 anni.
La sera della vigilia di Natale due sorelle si confidano i loro desideri. Sussurrano, per non dare un dispiacere alla loro mamma, che non può esaudirne nemmeno uno. Ma qualcun altro sta ascoltando... Da una grandissima autrice, un meraviglioso classico di Natale. Età di lettura: da 7 anni.
Generalmente si intende per terrorismo la deliberata volontà di diffondere terrore colpendo la popolazione inerme considerata nemica. Terrorismo, dunque, come creazione di terrore. Francesco Benigno contesta tale approccio ricorrendo alla storia. La produzione di “terrore” non è stata infatti storicamente l’unica dimensione del “terrorismo” e anzi esso può essere meglio compreso come la costruzione di un evento clamoroso, capace di risvegliare le masse dal loro sonno politico, qualcosa che “parla” anzitutto al proprio popolo e che gli anarchici chiamavano “propaganda col fatto”. Allo stesso tempo però la storia ci insegna che il terrorismo è anche una tecnica bellica usata in tempi di pace, la continuazione della politica con mezzi esplosivi. In questo senso esso è quindi uno spazio di opportunità aperto ad una pluralità di attori, statali e non statali, che usano il terrore (e il contro-terrore) come strumento di lotta politica interna e internazionale.
Un giorno, sul lungosenna, Jean perde l'equilibrio: dalla riva del presente precipita in un vortice di ricordi che credeva perduti. Anche se il tempo ne ha sfumato i contorni, a Jean tornano in mente numeri di telefono inventati, fermate del metrò, dediche scritte con l'inchiostro blu. Ma i dettagli più irrisori sono indizi per ritrovare le donne che Jean ha incontrato e che ora, come spettri evanescenti, eludono la sua presa nel labirinto della memoria. Nelle piante le gemme dormienti rimangono a riposo anche per diversi anni - fino a cento nella quercia - e si schiudono un giorno, per caso. Ai ricordi di Jean succede la stessa cosa: il titolo di un libro intravisto su una bancarella del lungosenna basta a destare le immagini di un passato che credeva di avere smarrito. Come trasportato da una nuvola di impalpabile malinconia, Jean ritorna così alla Parigi della sua giovinezza, alle passeggiate della domenica pomeriggio, agli incontri nei caffè all'alba, agli arrondissement deserti nel caldo d'agosto. Scene, dettagli, parole che scortano il protagonista ad appuntamenti con fantasmi in bianco e nero, lo investono di paure dimenticate, lo seducono con fughe da porte secondarie e dedali di strade parigine in cui nascondersi. La geografia dei luoghi si fonde con i ritratti sfuggenti di donne dal fascino sibillino: Martine, Mireille, Geneviève, Madeleine, la signora Hubersen, una ragazza di cui Jean omette il nome perché coinvolta in un misterioso delitto. E proprio come se avessero commesso un crimine in preda a un raptus emotivo, i ricordi del narratore - che a volte sembrano tanto coincidere con quelli dell'autore - non implorano né oblio né perdono, bensì l'impunità immeritata che il tempo garantisce anche ai piú feroci assassini. Ma non c'è una legge dei ricordi a sancirne la prescrizione: in questi casi non resta che rinviarli al giudizio inappellabile della nostalgia.