Il viaggio di un curioso attraverso alcuni momenti della storia, dell'arte e del carattere del nostro paese. Philippe Daverio ci offre un'originale chiave di lettura dell'italia e degli italiani di oggi.
Per quale motivo gli italiani sono così diversi dai cittadini d’oltralpe?
Con questa “autobiografia di un alsaziano che riscopre le proprie origini lombarde”, Philippe Daverio cerca di spiegare il nostro Paese a tutti gli stranieri che ci osservano stupiti, ma anche − soprattutto − a molti italiani. Ci racconta così di come le lotte intestine fra guelfi e ghibellini, la presenza del Papato, la frequenza dei terremoti hanno dato forma alla nostra mente e al territorio, di come il Sud si senta l'”ombelico del mondo” e di come i Savoia sono diventati re d’Italia. Attraverso i suoi occhiali di cittadino europeo per nascita e per vocazione, l’autore spiega inoltre tramite dicotomie le peculiarità e le differenze fra l’Italia e il resto del continente, ad esempio i concetti di “principe” e di “re” o di “campanile” e di “Heimat”. Un’indagine da “antropologo culturale”, divertente e piena di spunti inediti, che, anche attraverso le immagini, parte dalla storia e dalla storia dell’arte per rileggere la realtà di oggi e analizzare vizi e virtù del nostro Paese.
"Salama! Mi chiamo Fanjatiana e abito in Madagascar, l'isola più grande del continente africano. Il mio villaggio si trova vicino a una foresta popolata da animali strani, come il camaleonte, il lemure e la falena cometa." Quale bambino non vorrebbe gettare uno sguardo dentro alle vite dei suoi coetanei che vivono altrove? Ecco dunque Connor, Guillermo, Alexandra, Pavel o Akito, che abitano in luoghi molto lontani e diversi tra loro come l'Australia, il Messico, la Russia, la Bulgaria, il Giappone, e altri ancora, in Bolivia, Germania, Israele, Mongolia... Ognuno di loro racconta come vive, che lingua parla, come è fatta la sua casa, cosa mangia e cosa rende il suo paese unico e straordinario. Età di lettura: da 6 anni.
La famiglia Giramondo - con mamma, papà, Flora, Nestore... e Poppy - parte da Londra per un fantastico giro de! mondo alla scoperta dei Paesi in cui si parla inglese. Vai anche tu con loro: osserverai gli elefanti e i leoni in Kenya, e i surfisti sulle onde dell'Australia, attraverserai l'Alaska sulla slitta trainata dai cani, giocherai a calcio con i ragazzi del Sudafrica oppure farai volare gli aquiloni in India. Tutto questo, però, in inglese! Con questo libro puoi imparare le basi dell'inglese viaggiando con la fantasia. Salta sull'aereo e allaccia le cintura!
"Mamma, che cos'è il coraggio?". "Piccolo mio, mi hai fatto una domanda bellissima. Vedi, il coraggio, al contrario di quello che puoi pensare, non vuol dire non avere paura. Avere paura è normale. Ma le persone coraggiose sono quelle che affrontano le loro paure e le loro incertezze e le usano per diventare più forti. Il coraggio non vuol dire allenare i muscoli per vincere un nemico, ma allenare il cuore e la mente per capire quello che vi divide. Il coraggio è fare quello che è giusto quando tutti ti deridono, è difendere il compagno più debole del gruppo, è fare quello in cui credi malgrado le difficoltà, è sapere affrontare una malattia con dignità o un grande dolore sapendo che poi passerà. Il coraggio vuol dire non scappare, non nascondersi, non mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi quando hai fatto un errore e giustamente devi pagarne le conseguenze. Essere coraggiosi non vuol dire non piangere, essere coraggiosi vuol dire non vergognarsi di piangere. Il coraggio non è solo degli eroi delle pagine del tuo libro di storia ma anche degli uomini e delle donne comuni, come te e me, come papà e la tua sorellina, come il tuo amico Paolo e la maestra Anna. Guardati intorno il mondo è pieno di persone coraggiose, sono quelle che ammiri di più, quelle a cui vorresti assomigliare. E adesso siediti qui che ti racconto una storia che ha a che fare con il coraggio e così faremo per cento sere, una storia di coraggio al giorno...". Età di lettura: da 7 anni.
"Nella mia errabonda giovinezza, rammento, in una notte come questa, sostai entro la cerchia del Colosseo, tra le alte reliquie di Roma onnipotente; nella mezzanotte azzurra gli alberi cupi ondeggiavano lungo gli archi frantumati e oltre gli squarci dei ruderi splendevano le stelle (...) E tu splendevi, errabonda luna, stendevi il tuo lume vasto e tenero, placavi la solenne austerità di quel deserto scabro e colmavi le lacune dei secoli: lasciando la bellezza che era tale ancora, creando quella che non era, finché il luogo fu religione e il cuore traboccò di taciturna adorazione per i grandi antichi... (George Gordon Byron, Manfred, 1817)
I miti greci della metamorfosi sono stati uno dei temi più affascinanti e generativi di pensiero della storia, a partire dalla materia dell’opera ovidiana e fino alle più contemporanee interpretazioni della psicologia.
Non solo le scienze umane e la letteratura, ma anche e soprattutto l’arte – dall’antico al contemporaneo – ha subìto il fascino di Dafne, Narciso, Eco, Ermafrodito e ne ha dato rappresentazioni che sono entrate nell’immaginario collettivo.
La mostra esplora il tema proponendo le storie dei miti e le differenti tipologie di trasformazione, esplorando la tensione tra alterità ed identità. Un percorso nel mito greco e nella sua fortuna attraverso storie con ingredienti narrativi comuni: se da un lato la mostra utilizza ampiamente l’opera ovidiana, il tema è trattato in una prospettiva assai più ampia, prendendo le mosse, piuttosto, dalla tradizione iconografica e dalle immagini di metamorfosi a Pompei.
La ricca selezione di oggetti comprende, oltre a numerose pitture parietali di soggetto mitologico, pannelli a mosaico, arredi in marmo e in bronzo, gemme e oggetti d’oreficeria, utensili in bronzo ed altri metalli. Per ciascun mito inoltre viene proposta una selezione di opere di periodi più recenti (dalla prima età moderna alla contemporaneità), in grado di illuminare tappe fondamentali nella ricezione dei miti greci di trasformazione.
"Tante saranno state le imagines del Colosseo in antico - basti pensare alle vedute a volo d'uccello di Roma che, in prospettive intuitive, avranno restituito volume alla topografia della città impressa nelle lastre di marmo della Forma Urbis severiana o a plastici sicuramente esistiti - sia in ambito pubblico che nella sfera privata. Un rilievo singolare proveniente dal Sepolcro degli Haterii, rinvenuto nel 1848 sull'antica via Labicana, ce ne restituisce, semplificate, le fattezze che comunque lo rendono riconoscibile fra gli altri edifici famosi il cui appalto un membro della famiglia s'era aggiudicato: davvero un fiore all'occhiello per quella premiata impresa di costruzioni. Ma il Colosseo i romani potevano tenerlo in mano, toccarlo e rimirarlo da vicino in ogni sua parte, da un punto di vista insolito che mostrava persino i combattimenti nell'arena in mezzo alla folla assiepata sulle gradinate, negli splendidi sesterzi in oro, denari in argento, assi in bronzo coniati dalle zecche senatorie e imperiali, a più riprese, in occasioni speciali."
Sveva è inginocchiata nel suo giardino, intenta a sradicare le erbe infestanti. All'improvviso sente un profumo inequivocabile, quello di suo padre, e si rende conto di quanto lui le sia ancora vicino nonostante sia mancato ormai trent'anni fa. "Caro papà, è stato così che ho deciso di raccontarti quello che ti ho sempre taciuto...", scrive, aprendo lo scrigno della memoria. Il ricordo la riporta alla fine degli anni cinquanta, a Milano, quando è una giovane donna costretta a lasciare l'università per affacciarsi al mondo del lavoro con la piena consapevolezza di non saper fare nulla di concreto. Si improvvisa segretaria prima in un ufficio di rappresentanza commerciale, poi in una prestigiosa galleria d'arte, dove incrocia artisti e intellettuali che solleticano la sua curiosità. Ma per quel lavoro non sente alcuna inclinazione, e ben presto capisce di dovere imboccare un'altra strada, perché ciò che le piace davvero è il mestiere di scrivere. Diventerà una narratrice dopo anni di giornalismo. Gli esordi di Sveva Casati Modignani hanno dell'incredibile, anche perché raccontano un'Italia del boom economico che non esiste più, dove le prospettive di lavoro erano molto diverse da oggi. In questo viaggio nel passato, che alterna una graffiante lucidità con la tenerezza che la lega alle persone amate, l'autrice conduce il lettore fino alle soglie della sua affermazione come scrittrice, quando pubblica il suo primo romanzo. E ci ricorda che, nella vita, nulla avviene per caso, che dagli errori si può imparare, che ogni porta chiusa ha una sua chiave per aprirsi.
L'inizio del terzo millennio pone l'umanità davanti a due prospettive diametralmente opposte. Da un lato, il pianeta Terra non è più in grado di sostenere la vita di 7 miliardi di uomini che attingono indiscriminatamente alle sue risorse naturali. Dall'altro, il progresso della scienza ci fa intravvedere la possibilità, imminente, di modificare artificialmente il DNA degli esseri viventi, incluso quello della nostra specie. Se quindi l'uomo, nella continua ricerca del benessere attraverso il progresso, ha avviato un processo fuori dal suo controllo, è pur vero che, attraverso quel medesimo progresso, egli può diventare padrone del proprio destino biologico. Una contraddizione? Innanzitutto serve capire davvero di cosa stiamo parlando. Ed ecco perché un grande scienziato ha scelto di spiegare in modo chiaro, autorevole ma critico, le nuove frontiere della genetica e implicazioni sulla vita futura. Dal micro al macro, dalla cellula alla biosfera, passando per il genoma, gli OGM, le biotecnologie e l'evoluzionismo, il lettore troverà in questo libro le risposte a molte domande che riguardano l'interazione tra Natura e Cultura. Sono i temi che quotidianamente trovano riscontro nei fatti dell'attualità e che sollevano talvolta questioni di tipo etico. Quando, per esempio, ci chiediamo dove ci porteranno la ricerca sull'invecchiamento cellulare e l'irrefrenabile desiderio di allungare la vita.
Chiunque abbia letto un libro di Flavio Caroli o ne abbia ascoltato una lezione o una conferenza o, ancora, abbia avuto il privilegio di farsi raccontare qualche aneddoto a proposito di uno qualsiasi dei quadri della sua collezione privata sa quanto il professore abbia sempre tratto piacere dall'arte. Puro godimento il suo anche quando l'arte l'ha raccontata davanti a una telecamera come sanno bene i telespettatori di "Che tempo che fa" che per undici anni hanno a loro volta "goduto" delle sue appassionate lezioni di storia dell'arte. Appare assolutamente logico dunque che a questo punto della sua carriera di storico dell'arte, o meglio di uomo che trae piacere dall'arte, Caroli si permetta un acuto divertissement: un libro che raccoglie e illustra in un museo strutturato in trenta sale tematiche (dall'erotismo ai misteri dell'arte, dal cibo all'amore, dalle stagioni al volto delle città, dall'amore all'arte nel cinema, dalle stagioni allo scorrere del tempo...) 200 capolavori da rubare, la collezione ideale di un amico immaginario, soprannominato "l'Innamorato". Quale altro nome poteva del resto dare il professore all'alter ego di se stesso, profondo conoscitore e pertanto attento collezionista e intelligente divulgatore di capolavori di ogni tempo?