
«Appassionante e da brivido. Non potete perderlo.»
«Daily Mirror»
«Corridoi oscuri, torri misteriose, volti inquietanti riflessi negli specchi e lunghi vestiti neri. Una lettura intrigante.»
«Daily Mail»
«Un mistero talmente originale che anche il lettore più esperto si chiederà cos'è vero e cosa non lo è.»
«Grazia Magazine»
«Un romanzo per gli appassionati della tensione e della suspense e per le ragazze che usano la testa, anche se questo le mette in pericolo mortale.»
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New England, 1891. È notte fonda ormai. Nell'antica dimora di Blithe House regnano il silenzio e l'oscurità. Per Florence, giovane orfana di dodici anni, è finalmente giunto il momento che ogni giorno aspetta con ansia. Attenta a non far rumore, sale le scale ed entra nella vecchia biblioteca. Nella grande stanza abitata dalla polvere e dall'abbandono ci sono gli unici amici che le tengano davvero compagnia, i libri. Libri proibiti per Florence. Non potrebbe nemmeno toccarli: da sempre le è vietato leggere. Così le ha imposto lo zio che l'ha allevata insieme al fratellino Giles. Un uomo misterioso, che l'ha condannata a vivere confinata in casa insieme alla servitù.
Ma Florence è furba e determinata e ha imparato a leggere da sola. Ha intuito che nei libri è racchiusa la strada per la libertà. Perché proprio in quella biblioteca, tra i vecchi volumi di Sir Walter Scott, Jane Austen, Charles Dickens, George Eliot e Shakespeare, si nasconde un segreto che affonda le radici in un passato legato a doppio filo alla morte dei suoi genitori.
Una terribile verità che, notte dopo notte, getta ombre sempre più inquietanti sulla vita di tutti. Strani episodi iniziano a sconvolgere la dimora. Prima la morte violenta e inspiegabile di una delle governanti, poi l'arrivo della nuova istitutrice del fratellino, una donna dura, che odia Florence con tutta sé stessa. Per la ragazza camminare per i corridoi della casa è sempre più pericoloso.
Deve essere astuta e stare attenta a tutto, al minimo scricchiolio del legno, a un soffio di vento, agli occhi che la fissano sinistri dai dipinti. La verità ora è una questione di vita o di morte. E per trovarla Florence avrà bisogno delle parole che si annidano nei libri e dell'anima oscura che si nasconde in lei.
Un romanzo indimenticabile. In corso di pubblicazione in tutto il mondo, ha entusiasmato i lettori e ha incantato la critica, diventando ben presto uno dei casi letterari più commentati della stagione. Sullo sfondo di atmosfere magiche e inquietanti, John Harding racconta una storia di misteri e bugie, di verità oscure e di speranze inattese in cui la forza della lettura e dei libri forse, a volte, può persino salvare la vita.
«L'ideologia de La religione del mio tempo si deduce da La religione del mio tempo: non ne è preesistente in uno schema politico, più o meno rigido. Le opinioni politiche del mio libro non sono solo opinioni politiche, ma sono, insieme, poetiche; hanno cioè subito quella trasformazione radicale di qualità che è il processo stilistico.»
Pier Paolo Pasolini
Il vero paradosso della poesia pasoliniana è questo: tanto più il mondo umano viene indagato e sottoposto a giudizio, tanto più l'io straborda, occupando progressivamente ogni recesso della realtà. Illuminata con il suo doloroso ardore. Già, perché quell'io arde, brucia. «Brucia il cuore», che resta impotente nel vedere come alta l'idea di Storia vagheggiata grazie al mito della Resistenza abbia lasciato il campo alla nuova corruzione che non solo rende vano qualunque richiamo al sogno comune e trascorso di una diversa, più luminosa Politica, ma anche di una diversa, più autentica Religione. Di questo traumatico passaggio Pasolini intende, poeticamente, dare conto. Senza recedere di fronte a nulla. E utilizzando ogni tipo possibile di materiale argomentativo: metafisico, polemico-giornalistico, profetico, lirico, cronachistico, elegiaco, naturalistico, storico-saggistico. Seconda una logica talmente inclusiva dell'ambito poetico da comprendere, di fatto, l'intera espressività letteraria.
(Dalla Prefazione di Franco Marcoaldi)
Anna, dopo essersi sposata «per amore» e contro la volontà della propria famiglia, ha iniziato una relazione con un giovane studente di teologia. A spingerla tra le braccia di Tomas è una passione inattesa ma travolgente, che la riscuote dal torpore dell'abitudine e dalla gabbia del matrimonio. In queste sei conversazioni – sei incontri: con un vecchio amico e confidente come padre Jacob, con suo marito, con il pastore Henrik, con sua madre e con Tomas – Anna mette a nudo la propria anima. La magistrale e appassionante progressione narrativa di Conversazioni private ci fa conoscere gli amori e i tormenti di questa donna ora forte, ora vulnerabile, la sua sensualità ma soprattutto la sua lotta per affermare la propria volontà e le proprie scelte, e insieme per comprendere se stessa. Anche se, come dimostra Bergman in un romanzo sempre intenso e coinvolgente, quella per i propri sentimenti è una lotta che ha bisogno tanto della verità quanto della menzogna, non solo nei confronti degli altri.
Ad accogliere i viaggiatori che d'estate sbarcano sul molo di Bellano dal traghetto Savoia c'è solo la scalcagnata fanfara guidata dal maestro Zaccaria Vergottini, prima cornetta e direttore. Un organico di otto elementi che fa sfigurare l'intero paese, anche se nel gruppetto svetta il virtuoso del bombardino, Lindo Nasazzi, fresco vedovo alle prese con la giovane e robusta seconda moglie Noemi. Per dare alla città un Corpo Musicale degno di questo nome ci vuole un uomo di polso, un visionario che sappia però districarsi nelle trame e nelle inerzie della politica e della burocrazia, che riesca a mettere d'accordo il podestà Parpaiola, il segretario comunale Fainetti, il segretario della locale sezione del Partito Bongioanni, il parroco e tutti i notabili della zona. Un insieme di imprevedibili circostanze – assai fortunato per alcuni, e invece piuttosto sfortunato per altri – può forse portare verso Bellano il ragionier Onorato Geminazzi, che vive sull'altra sponda del lago, a Menaggio, con la consorte Estenuata e la numerosa prole.
Almeno il cappello racconta la gloriosa avventura del Corpo Musicale Bellanese, le mille difficoltà dell'impresa e la determinazione di chi volle farsene artefice. A ritmo di valzer e mazurca, con il contorno di marcette e inni, Andrea Vitali s'inventa un'altra storia tutta italiana, fatta di furbizie e sogni, ripicche e generosità, pettegolezzi e amori. E la scrive con la passione per l'intrigo, il brio e il buonumore, la verità e la semplicità che servono per farci capire la ricchezza e gli imprevisti che punteggiano tutte le nostre vite.
Nel 2009 Almeno il cappello ha vinto il premio Casanova, il premio Procida Isola di Arturo Elsa Morante, il premio Campiello sezione giuria dei letterati, ed è stato finalista al premio Strega.
Un secolo di storia italiana a partire dall'insediamento a Roma dei Savoia e attraversando due guerre mondiali, il fascismo, la liberazione, la fase di ricostruzione postbellica fino agli anni della dolce vita: è quella che ci raccontano sullo sfondo Tullio Kezich e Alessandra Levantesi, mentre in primo piano seguono le vicende lavorative, sentimentali e familiari di due personaggi di spicco della scena artistica e culturale del nostro Novecento, Emilio Cecchi e Silvio d'Amico. Il primo grande firma della terza pagina del «Corriere della Sera», elzevirista raffinato, autorevole e temuto critico letterario, storico d'arte e, per un certo periodo, direttore artistico della Cines; il secondo altrettanto autorevole e temuto critico teatrale, giornalista e scrittore, ideatore e direttore della Enciclopedia dello Spettacolo oltre che fondatore e per anni infaticabile animatore dell'Accademia nazionale d'arte drammatica. Con loro, la moglie di Cecchi, Leonetta Pieraccini, pittrice di livello che nel libro si impone a tutti gli effetti come una terza protagonista. Assai diversi per formazione, temperamento, mentalità questi due maestri, pur frequentando ambienti contigui e avendo amici in comune, viaggiano su strade parallele, finché nel 1938 i loro destini si intrecciano – galeotto l'amore sbocciato durante una vacanza a Castiglioncello – attraverso il matrimonio tra la figlia di Emilio, Suso, storica sceneggiatrice del cinema italiano, e il figlio di Silvio, Lele, musicologo principe.
Una dinastia italiana è una straordinaria saga ricca, nell'avvicendarsi delle generazioni, di figure memorabili: la regina Elena e Mussolini, Matteotti e Pavolini, Gaetano Pieraccini e Bottai; pittori come Fattori, Spadini, Soffici, Bartoli, Morandi, Scialoja; poeti come d'Annunzio, Cardarelli, Ungaretti, Pascarella, Montale, Quasimodo; scrittori come Pirandello, Bacchelli, Soldati, Moravia, Pavese, Gadda; filosofi come Croce e Gentile; letterati e giornalisti come Baldini, Prezzolini, Papini, Longanesi, Bellonci, Vittorini, Giacomo Debenedetti; critici d'arte e musicologi come Berenson, Longhi, Barilli, Labroca; teatranti e cineasti come Duse, Reinhardt, Gassman, Blasetti, Visconti, Fellini.
Si delinea così – in un alternarsi di slanci idealistici e compromessi «necessari», di lacerazioni private e riconoscimenti pubblici – un affascinante spaccato della società italiana dalla fine dell'Ottocento al boom. Ripercorrendo intuizioni creative, operosità, progetti di riforma, ma anche i rapporti con il potere di queste personalità, Una dinastia italiana ci aiuta a riflettere sul ruolo che hanno avuto gli intellettuali nell'evoluzione del paese.
Tullio Kezich (Trieste, 1928 - Roma, 2009), critico cinematografico su «Panorama«, «la Repubblica» e il «Corriere della Sera», produttore, drammaturgo, scrittore, è stato uno dei protagonisti della cultura italiana contemporanea. Ha pubblicato decine di libri, fra cui la fondamentale biografia Federico. Fellini, la vita e i film tradotta in più lingue. All'opera del maestro riminese ha dedicato anche il diario di lavorazione Noi che abbiamo fatto «La dolce vita» e Federico. Fellini. Il libro dei film. Con Alessandra Levantesi – critico cinematografico su «La Stampa», distributrice di film d'autore e organizzatrice di festival – ha firmato diversi adattamenti teatrali e la biografia di Dino De Laurentiis: Dino De Laurentiis, la vita e i film.
"Il tempo è scardinato", si lamenta Amleto. È vero che da sempre il progresso tecnologico ed economico è accompagnato - e forse causato dall'accelerazione. È vero che il trasporto sempre più veloce di uomini e mercanzie, l'accelerazione degli scambi e dei commerci, per non parlare delle armi, sono senz'altro il marchio della modernità. Il futuro, che l'economia mondiale ha cercato di addomesticare facendo gonfiare a dismisura il credito, si è praticamente azzerato in una crisi di proporzioni planetarie. I primi a sperimentare gli effetti di questo eccesso di velocità sono stati gli uomini politici, le star dello spettacolo e dello sport, i grandi manager. Ma ora il fenomeno, grazie alla diffusione delle nuove tecnologie, che permettono di restare connessi sempre e dovunque, si è diffuso a livello di massa. Il tempo breve esplora, con finezza e profondità, la malattia forse più grave della nostra epoca, quella che ci sta facendo perdere alcuni fondamentali punti di riferimento. Marco Niada ripercorre in una felice sintesi la storia del tempo, dagli antichi calendari ai monasteri, dai mercati alle microfrazioni di secondo dei moderni traders. E soppesa l'impatto che questa mutazione ha avuto su di noi, uomini e donne del nuovo millennio: perché sta cambiando per sempre la nostra capacità d'attenzione, la nostra immaginazion nostra memoria, la nostra identità.
Montechiasso è un borgo toscano arroccato sulle colline: nelle giornate di cielo nitido, scarno di nubi e con l'aria frizzante e pulita, si scorgono le vette delle Apuane, il mar Tirreno, le colline Metallifere, gli Appennini tosco-emiliani, il Casentino. Lì vive Sara, diciannove anni, figlia di Attilio, un tempo militante comunista nonché voce e chitarra del gruppo rock I Timidi. Ma a Montechiasso sono arrivati anche nuovi abitanti: per esempio il suo amico Averroè, giovane promessa dell'atletica nonché figlio dell'imam. Tutto sembra andare per il meglio, finché non arriva la notizia bomba: nel paese verrà costruita una gigantesca moschea, un'astronave aliena edificata tra le vigne e i campanili. Verranno tutti coinvolti in una discussione che rischia di degenerare, tra razzismi e idealismi, solidarietà e diffidenze: anziani con il pannolone e casalinghe disperate, preti troppo intraprendenti e affaristi senza scrupoli, politicanti di provincia e giornalisti ficcanaso, vecchi militanti e giovani rampanti, sciampiste pettegole e commesse della Coop.
Privato è una resa dei conti in forma di romanzo: tenera e spietata, fatta di verità e di sentimenti, di personaggi ed emozioni.
È un dialogo violento e amoroso della protagonista-narratrice con la propria madre, che l'ha fatta nascere in un mondo dove è stato possibile l'orrore di Auschwitz. È un confronto con la fede degli avi, quella che la madre incarnava con forza, quella che è assurdamente, orribilmente diventata una colpa. È la partita sempre aperta tra la Storia e la vicenda di una sopravvissuta al cospetto della Storia. È la conversazione impossibile con il fratello Ödön, che non ha mai voluto parlare del proprio passato e della morte del padre, nei campi. È una resa dei conti che attraversa l'Europa: dall'Italia, dove vive la narratrice di Privato, alla Germania, ovvero il passato che non riesce a passare. Si spinge verso Israele, con il sogno di una nuova patria e un futuro che non può mantenere le promesse. E giunge fino in Brasile, rifugio per un lontano esilio.
In questo dialogo tra passato e presente emergono figure emblematiche. Non solo la madre, morta all'ingresso nel Lager, e il fratello Ödön, scomparso alla fine di una vita di emigrazione in Sudamerica, ma la sorella sopravvissuta, l'amico scrittore, i vicini di casa dell'infanzia, il marito italiano: testimoni ognuno della propria esperienza, compresenti nel confronto continuo con la memoria.
Edith Bruck, di origine ungherese, è nata in una povera, numerosa famiglia ebrea. Nel 1944, poco più che bambina, il suo primo viaggio la porta nel ghetto del capoluogo e di lì ad Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen… Sopravvissuta alle deportazione, dopo anni di pellegrinaggio, approda definitivamente in Italia, adottandone la lingua.
Nel 1959 esce il suo primo libro Chi ti ama così, un'autobiografia che ha per tappe l'infanzia in riva al Tibisco e la Germania dei Lager. Nel 1962 pubblica il volume di racconti Andremo in città, da cui il marito Nelo Risi trae l'omonimo film.
È autrice di poesia e di romanzi come Le sacre nozze (1969), Lettera alla madre (1988), Nuda proprietà (1993) e Lettera da Francoforte (2004). Nelle sue opere il più delle volte ha reso testimonianza dell'evento nero del XX secolo. Nella lunga carriera ha ricevuto diversi premi letterari ed è stata tradotta in più lingue.
La cucina è invasa dal profumo del caramello e delle mandorle tostate. Val e Lilly ce l'hanno quasi fatta. Basta aggiungere l'ultimo ingrediente, raro e segreto, ed ecco che i cioccolatini sono pronti, perfetti per addolcire un primo appuntamento, stuzzicare un bacio o suggellare un'amicizia. Proprio come quella tra Val e Lilly, amiche per la pelle fin da bambine, eppure così diverse. La prima, seria e timida, da sempre soffocata da una famiglia opprimente, e la seconda, estroversa e sicura di sé, che vive all'ombra di una madre bellissima e di un padre distante. Opposte, ma unite dalla comune passione per la cucina, che le accompagna sin dalla nascita della loro amicizia. Una unione forte e salda, fatta di ricette speciali per ogni occasione. Torta ai mirtilli per condividere speranze e delusioni, latte all'amaretto tiepido per festeggiare e fare pace, scorze d'arancia candite per costruire sogni e demolire illusioni, e gelato alla cannella per sussurrarsi i loro più grandi segreti. Ma c'è un segreto di cui nessuna delle due è a conoscenza. Una menzogna insopportabile che aleggia inconfessata tra le loro famiglie e con il tempo si farà sempre più insostenibile, fino a dividerle per sempre, imprigionandole in un silenzio duro come la pietra. Ma adesso forse qualcosa può essere salvato. Recuperare è ancora possibile. Per farlo, Val e Lilly devono mettersi di nuovo alla prova. Devono trovare la ricetta mancante, scoprire la verità su ciò che le ha divise così a lungo. E decidere se potrà rovinare per sempre la loro amicizia o farla rinascere. Più grande e più forte di prima.
Il club delle ricette segrete ha una storia editoriale strepitosa. Stampato in proprio dalle autrici, in pochissime settimane è andato esaurito grazie al forte sostegno dei librai, al passaparola dei lettori e della rete e all'entusiasmo della stampa americana. Ora, pubblicato ufficialmente da una delle più importanti case editrici americane, è un bestseller assoluto, che ha addirittura stimolato la formazione di gruppi di lettura e di cucina dediti esclusivamente alla discussione del libro.
Una storia di amicizia e tradimento, forza e speranza, menzogna e redenzione che sancisce il potere eterno della magia del cibo e dell'amore.
Alfabeti è un viaggio tra i libri e nella letteratura – o meglio, uno dei mille possibili viaggi alla scoperta dei libri, dei loro autori e di noi stessi. Il percorso inizia dalle letture d'infanzia e d'adolescenza, da quei libri fondanti che contagiano il piacere della lettura, dando il sapore del racconto e dell'avventura, aprendo alla scoperta del mondo.
In Alfabeti ci sono i libri che ci hanno formato, che ci hanno ferito e insieme hanno saputo curare la ferita. I libri che permettono di conoscere e ordinare il mondo e quelli che ne svelano il caos travolgente e distruttore, l'incanto e insieme l'orrore. I libri che fanno balenare la salvezza e quelli che si affacciano sul nulla. Soprattutto quelli che allargano i confini della letteratura e rimandano aldilà di essa.
Alfabeti coglie le contraddizioni talora tragiche della letteratura e dei suoi autori, capaci di far capire a tutti cosa sia l'umanità ma anche di violarla colpevolmente. Anche per questo il percorso si conclude con un'appassionata e lucida riflessione sul rapporto della letteratura con l'etica e con la politica, riflessione che mette in luce contemporaneamente la necessità dell'impegno e l'altrettanto necessaria irresponsabilità della poesia.