Dalla dura lezione delle pandemie al razzismo, dal virus della corruzione alla tensione per l'innovazione, l'epopea di Roma - a saperla leggere - può scacciare il buio che spesso ci inghiotte, illuminare il nostro presente, edificare il nostro futuro.
Molti imperi scompaiono avendo lasciato dietro di sé un campo di sterminio, rovine, massacri e... niente altro. Roma ha lasciato una civiltà. Viviamo ancora nella sua legge, ci avvantaggiamo del suo sistema di comunicazione, delle poderose e geniali tecniche costruttive, parliamo la sua lingua, in tante e diverse parti del mondo. Alcuni dei popoli che sono stati interessati dalla dominazione romana non avrebbero poi avuto alcuna pietà quando, a loro volta, si sarebbero trovati nel ruolo degli invasori. Avrebbero distrutto, ucciso, saccheggiato: in questo, la storia del genere umano è tristemente quella che è. Gli "altri" non erano migliori. Una volta ancora la differenza è in ciò che rimane dopo. O che non rimane affatto. La narrazione storica rifugge illusorie classifiche morali, ma quel che è certo è che bisogna sentirsi orgogliosi della civiltà che l'antica Roma ci ha lasciato, orgogliosi di esserne, in tanti, eredi.
Il tema della gioia è un riferimento centrale in tutto il magistero di Papa Francesco: Dio è gioioso, ci ricorda il Pontefice in queste sue pagine, e la Misericordia - alla quale Francesco ha dedicato il Giubileo che è l'atto fondante di tutto il suo pontificato - altro non è che la manifestazione più profonda della gioia di Dio. È racchiuso qui tutto il Cristianesimo, tutta la rivoluzione del Vangelo: non siamo nel mondo per imporre obblighi alle persone, o carichi più pesanti di quelli che già hanno, ma per condividere un orizzonte bello, nuovo e sorprendente. Per condividere, da fratelli e sorelle, una gioia. Per questo le parole del Papa sono un costante invito a cogliere la bellezza, a costruire la giustizia, ad aprirsi all'incontro, a camminare decisi e con cuore aperto, senza farsi vincere dalla tristezza. Perché in questa prospettiva anche le difficoltà e le angustie non sono che semi destinati un giorno a sbocciare. La gioia ha l'ultima parola, ci rammenta il Pontefice. E l'augurio e la condivisione del sorriso è il primo piccolo, grande passo per sperimentarla, per rinnovarsi, per rinascere.