La parola "gnosi" sembra oggi evocare universi lontani, sconosciuti, se non impraticabili. Sembra rimandare a un patrimonio un po' polveroso, lontano dalla vita quotidiana del XXI secolo. E invece le cose non stanno proprio così. Oggi, più che mai, le antiche dottrine gnostiche rappresentano una risposta "forte" al travaglio della modernità, alla solitudine di un'umanità immersa nelle tenebre dell'ignoranza, al venir meno delle tradizionali dottrine religiose, al tramonto delle ideologie, all'eclisse del simbolico: la linfa della vita del profondo. I saggi qui raccolti testimoniano come molte tematiche gnostiche abbiano lasciato una traccia indelebile in persone, accadimenti, pensieri e istituzioni. Si tratta, anche, di una risposta indiretta alla "banalità" del male, presente nel mondo e nelle società, cui le antiche dottrine gnostiche hanno tentato e tentano ancora di porre rimedio.
Per Spong "il cristianesimo non è semplicemente fede ricevuta, ma una fede che cresce costantemente nell'interazione con il mondo; egli evidenzia come sia possibile fare della fede una forza contro l'ingiustizia e la mancanza di compassione nella nostra società moderna" (Karen Armstrong, autrice di Storia di Dio). Cinquecento anni dopo la Riforma del 1517, il cristianesimo è di nuovo in crisi. Non essendosi adattato ai progressi del nostro pensiero e delle nostre prospettive spirituali, si è aggrappato a concetti superati e ha difeso tenacemente dogmi formatisi prima dei grandi avanzamenti nel pensiero umano, di cui siamo testimoni. Per il vescovo Spong, esponente di una nuova interpretazione del cristianesimo, i credo sono diventati semplicemente non credibili. In questo suo ultimo libro, forse il più importante di tutta la sua riflessione teologica, Spong commenta ampiamente le sue "dodici tesi": un tentativo di portare le conoscenze accademiche attuali sui punti cruciali della Bibbia e del cristianesimo ecclesiastico ai cristiani che siedono nelle panche delle chiese e, più ancora, a quelli che se ne sono allontanati.
Siamo di fronte a una sorta di testamento spirituale di questa figura di biblista, professore, traduttore, uomo di confine. Servendosi di un'ermeneutica marrana, il rabbi di Asti riflette su "La memoria di Dio", ove il genitivo è oggettivo e insieme soggettivo: è la memoria di Dio nei confronti dell'uomo e dell'uomo nei confronti di Dio. Un rapporto da leggersi in chiave bilaterale e che già è preludio del dialogo tra il Creatore e la sua creatura. Di qui il darsi della Sacra Scrittura in termini di un racconto ove gli attori sono Dio e l'uomo e insieme l'esplicazione della storia ebraica in quanto toledot.
Questo saggio è il manifesto di un gigantesco progetto transdisciplinare di filosofia e antropologia della complessità. Edgar Morin sostiene che bisogna porre fine alla riduzione dell'uomo a homo faber e homo sapiens. Homo, che apporta al mondo magia, mito, delirio, è dotato nello stesso tempo di ragione e sragione: è sapiens-demens. Rifiutando una concezione ristretta e chiusa della vita (biologismo), una concezione insulare e sopra-naturale dell'uomo (antropologismo), una concezione che ignora la vita e l'individuo (sociologismo), Edgar Morin delinea una concezione complessa dell'uomo come a un tempo specie, società e individuo. È una visione radicalmente ecologica della nostra condizione terrestre, che raccoglie la sfida di inventare una nuova immagine dell'umano, nell'avventura spaesante dell'era planetaria.
Come raccontano i giovani, oggi, la loro ricerca di senso? Quali sono i modi di concepire la spiritualità e qual è il ruolo che gioca nella loro vita? Se nello scenario odierno stiamo assistendo a una generale e diffusa perdita di appeal delle istituzioni religiose tradizionali, quali sono le modalità di raccordo tra l'esperienza di vita dei giovani e le sfere del sacro? Nell'affrontare queste domande, il libro restituisce, attraverso ampie tranches de vie, uno spaccato sui modi in cui le giovani generazioni raccontano la spiritualità. Corpo, benessere, valori, religione, meditazione, pratica: sono alcune delle parole che accompagnano questi moderni esploratori nell'interpretazione della propria esperienza all'incrocio tra le province di significato della religione e della spiritualità. I racconti dei giovani che abbiamo intervistato parlano proprio di una certa "autonomia degli stili", e per questo abbiamo scelto tale espressione come sottotitolo del nostro libro: le pratiche a cui i giovani fanno riferimento rimandano a una individualizzazione del credere dove le scelte individuali originano stili di vita orizzontali che si differenziano alquanto da quelli verticali e tradizionali. E in questa cornice il confine tra il sacro e il secolare, tra identità atee, religiose e spirituali è negoziato attraverso stili di vita autonomi che stanno alla base della dinamica culturale secolare che caratterizza il mondo contemporaneo.
Il "Visnu Purana" è un poema enciclopedico tra i più amati e letti non solo in India, ma in tutto il mondo. Un testo per chiunque voglia capire la cultura vedica, la sua spiritualità, la sua storia e la sua mitologia. Presentato in forma di dialogo tra Parasara e il suo allievo Maitreya, nel "Visnu Purana" a si trovano riferimenti alla visione del divino (maschile e femminile) e a conoscenze scientifiche avanzate sul cosmo e sulla Terra. A conclusione dell'opera, un capitolo profetico è dedicato alla nostra era, ultima del ciclo conosciuto come Età Oscura, e rispecchia con incredibile verosimiglianza il degrado del tempo presente.
Guerino Dalola propone un trattato di ampio respiro sulla vita del frate eclettico David Maria Turoldo che fu poeta, filosofo, sacerdote, autore, traduttore, fondatore di riviste e giornali, e resistente nella lotta partigiana antifascista, come si può leggere nella sapiente prefazione della giornalista Laura Tussi - PeaceLink, campagna "Siamo tutti Premi Nobel per la pace con Ican" - e di Fabrizio Cracolici - Presidente ANPI sezione Emilio Bacio Capuzzo Nova Milanese (Monza e Brianza) -. Il libro, scritto nell'ambito di ANPI Franciacorta Brescia, nasce dall'incontro assiduo con David Maria Turoldo di grandi estimatori e conoscitori della sua figura: Donatella Rocco, Antonio Santini, Mino Facchetti, Pierino Massetti, Gian Franco Campodonico. Il saggio è stato realizzato con il patrocinio di vari enti e associazioni tra cui la Città di Chiari, il Comune di Coccaglio, il Comune di Cologne, i Servi di Maria - Provincia di Lombardia e Veneto e l'associazione Gervasio Pagani. Una versione che vede una sua continuità letteraria e una realizzazione di impegno militante con Mimesis Edizioni.
Il termine distanza viene immediatamente colto nella sua accezione topografica, nel senso di un intervallo tra un oggetto e un altro. Essere distanti può anche esprimere uno stile, un modo di essere di chi vuole mantenere un distacco dalla vita, dalle cose che lo circondano e dagli altri, come se non ci fosse nulla per cui valga veramente la pena di vivere. Il presente lavoro intende pensare la distanza come possibilità di approssimarsi senza invadere, soccorrere senza sostituire, riconoscere senza proiettarsi sugli altri, scoprendo un modo più costruttivo di essere e vivere in relazione. Solo a condizione di mantenere una buona e giusta distanza tra sé e sé e tra sé e gli altri è possibile mantenere un rapporto autentico nel segno della libertà e del rispetto.
Jean-Luc Nancy si misura con una radicale interrogazione filosofica delle origini pre-europee ed europee dell'antisemitismo, riconducendo la nascita di questo fenomeno all'origine stessa del rapporto tra la cultura greca e quella ebraica, portatrici di un significato molto differente dell'emancipazione dell'umanità dal mito. Da un lato, in Grecia, l'autonomia del logos è considerata infinita, dall'altro, invece, l'autonomia è paradossalmente concepita come una risposta eteronoma a un dio nascosto. Per Nancy si tratta di comprendere come sia stato possibile che "l'ebreo" si sia ritrovato, all'interno dell'Occidente, nella posizione dell'"agente autoimmune" che minaccia il corpo dell'Occidente, quando ne è invece parte organica e costitutiva. E se l'odio verso l'ebreo non fosse altro che la manifestazione di un odio più arcaico dell'Occidente nei confronti di se stesso?
La storia delle idee, letta come drammatizzazione della tensione tra vero e falso, fa da sfondo a una fenomenologia della coscienza incline tanto alla lotta contro l'errore quanto a stringere pericolosi patti con l'inganno, dalla menzogna intenzionale all'autosuggestione di quanti si piegano deliberatamente alle promesse dell'ideologia. Quando poi cade la maschera dell'ipocrisia, l'inganno precipita nel cinismo e nasce la "falsa coscienza illuminata" moderna. Peter Sloterdijk convoca figure centrali del conflitto tra verità e inganno, da Platone all'ascetismo antico, dal cristianesimo alla critica dell'ideologia di Adorno, fino ai protagonisti del cinismo moderno. Anche oggi, il cinismo continua a presentarsi come abdicazione alle convenzioni che gli imponevano di camuffarsi da idealismo, ma il suo habitat sono ora apparati mediatici intrinsecamente incapaci di sacrificare l'espansione dell'informazione alla selezione di contenuti veridici. Il cinismo contemporaneo prospera nella reazione, dal basso, al "sensibilismo" del politicamente corretto, si concretizza nel terrorismo (e in parte nella lotta allo stesso) come pratica eminentemente cinica e diviene, nella prospettiva di Sloterdijk, il perno stesso su cui ruota la cultura post-fattuale dei nostri giorni.