
Nel 1953 Alberto Carocci e Alberto Moravia fondano "Nuovi Argomenti", da allora la rivista è rimasta un punto di riferimento per il mondo intellettuale e letterario italiano. In tutti gli anni di attività si sono alternati alla direzione i principali protagonisti della scena culturale italiana, da Pasolini a Sciascia, da Bertolucci a Siciliano, fino all'impegno attuale di Dacia Maraini. Negli ultimi anni "Nuovi Argomenti" ha saputo dimostrare la sua straordinaria vitalità scommettendo su molte delle voci più interessanti della nuova generazione di scrittori, tra le quali quelle di Alessandro Piperno, Roberto Saviano e Paolo Giordano.
Con il libro dedicato a Leonardo, Walter Isaacson indaga il campo della genialità, raccontando la vita e le opere del genio per eccellenza e simbolo stesso del Rinascimento. Scavando tra i codici e interrogando la splendida produzione artistica, l’autore cala il lettore nell’Italia quattrocentesca dei sanguinosi scontri di potere (per cui Leonardo progettava modernissime macchine da guerra) e del fervore creativo. Leonardo fu un genio in molteplici discipline, dall’architettura all’arte, passando per la meccanica e gli studi anatomici; realizzò i due dipinti più famosi della storia, L’Ultima cena e la Gioconda, e s’interessò di scienza e di tecnologia. La biografia di Isaacson, riproposta in occasione dei cinquecento anni della morte, anniversario celebrato in Italia e nel mondo, ci ricorda l’importanza non solo di apprendere, ma anche di non smettere di interrogarci e di far sempre ricorso al "think different" che ha caratterizzato il genio di ogni epoca.
L'intestino in testa fornisce non solo un'approfondita analisi dei motivi per cui il nostro intestino si può ammalare, arricchita dai risultati delle più recenti ricerche cliniche, ma anche preziose indicazioni sul modo in cui, giorno dopo giorno, ciascuno di noi può cambiare le proprie abitudini.
Sempre più spesso, sugli scaffali dei supermercati come nei menu di ristoranti e pizzerie compaiono prodotti e piatti dei quali si specifica che sono senza glutine; e termini come «celiachia», «sensibilità», «intolleranza» sono ormai entrati nelle conversazioni quotidiane, insieme a consigli fai-da-te sull'alimentazione più adatta a eliminare certi disturbi fastidiosi. Eppure, secondo studi recenti, diversi milioni di persone nel mondo consumano prodotti privi di glutine senza che sia realmente necessario. È vero che la celiachia è in costante aumento a causa di uno stile alimentare errato, dovuto anche alla diffusione di cibi di scarsa qualità, ma per formulare una diagnosi corretta è assolutamente fondamentale affidarsi a uno specialista ed evitare autodiagnosi, anche quando l'eliminazione del glutine sembrerebbe apportare un miglioramento dei sintomi. L'intestino, infatti, è un «sistema» molto più complicato di quanto si sia portati a credere. In genere lo si considera un organo marginale, che serve da transito per il cibo introdotto con l'alimentazione e del quale ci si accorge solo quando qualcosa non va, perché è «pigro» o «irritabile» oppure contrae qualche virus che, al pari dell'influenza, costringe a mettersi a letto. Come invece spiega il professor Antonio Moschetta, già autore di Il tuo metabolismo , la sua struttura, le sue caratteristiche e le sue funzioni lo rendono paragonabile a un vero e proprio «secondo cervello», ricco di neuroni che inviano e ricevono segnali in una fitta e complessa rete di comunicazione con quelli cerebrali. Ed è per questo che la sua attività ha effetti non solo sulle funzioni digestive, ma persino sulle emozioni e sul comportamento degli individui. L'intestino, inoltre, nelle opportune condizioni fisico-chimiche non smette mai di rigenerarsi: favorire questa sua capacità con una corretta alimentazione e un adeguato stile di vita è la prima strategia da adottare per prevenire innumerevoli patologie, anche gravi. A questo scopo, dunque, L'intestino in testa fornisce non solo un'approfondita analisi dei motivi per cui il nostro intestino si può ammalare, arricchita dai risultati delle più recenti ricerche cliniche, ma anche preziose indicazioni sul modo in cui, giorno dopo giorno, ciascuno di noi può cambiare le proprie abitudini e contribuire a mantenere efficiente un organo così importante per il proprio benessere generale.
Nel pomeriggio del 28 febbraio 2013 Benedetto XVI, il «papa emerito», arrivò a Castel Gandolfo per trascorrervi «la fase conclusiva del suo pellegrinaggio su questa terra». Dal giorno in cui aveva annunciato di rinunciare all'incarico a causa dell'età avanzata erano passate poco più di due settimane, durante le quali il Conclave aveva eletto papa il carismatico cardinale Bergoglio. Una rivoluzione si era compiuta in seno alla Chiesa, e subito il mondo si chiese che cosa avesse spinto il più tradizionalista dei papi a un gesto tanto sconcertante. Perché l'intellettuale ultraconservatore aveva di fatto consegnato la cattedra di Pietro al radicale porporato argentino? Per quale motivo il severo custode dell'ortodossia esponeva la Santa Sede al rischio di una contestazione permanente da parte dei circoli più reazionari del mondo ecclesiastico e cattolico? Dove cercare le ragioni profonde di una decisione così inimmaginabile? Forse nello scandalo degli abusi sessuali sui bambini che stava squassando la Chiesa da oltre un decennio. O nei numeri impressionanti di coloro che ogni anno si allontanano dal cattolicesimo. O nella sete di giustizia di milioni di esseri umani esclusi dal banchetto a cui solo le società più ricche da sempre si autoinvitano. Con "L'anno dei due papi" Anthony McCarten cerca di rispondere a queste domande ripercorrendo non solo i giorni frenetici che dalla rinuncia di Benedetto XVI portarono all'elezione di Francesco, ma anche le «vite parallele» di due uomini molto diversi tra loro e tuttavia accomunati dal destino di sedere sul soglio petrino in una delle fasi più tormentate della storia della Chiesa.
J. Robert Oppenheimer, da tutti conosciuto come il padre della bomba atomica, è stato un personaggio complesso e contraddittorio più di quanto la sua immagine di brillante scienziato non porti a credere. L'uomo è qui raccontato attraverso sette personaggi la cui vita si è intrecciata con la sua. Il romanzo è l'affresco di un'epoca carica di contraddizioni che si riflettono nella personalità a tratti ambigua e misteriosa dello scienziato. Perché la domanda ultima che l'autrice si pone è: fino a che punto potremo mai conoscere una persona?
Elda ripensa al coraggio e a quello che significa. Vuol dire lottare, ma vuol dire anche rischiare. Spegne la luce. Marina già dorme. Ripensa anche al significato del suo nome, battaglia. E sente che quella vera deve ancora combatterla. Con le fotografie e un ricordo di Letizia Battaglia. Età di lettura: da 10 anni.
Ci sono rare volte in cui incrociare per la prima volta lo sguardo di uno sconosciuto non è semplicemente un vederlo, ma un riconoscerlo. È sentire che chi hai di fronte, se anche all'inizio ti sembra strano, o addirittura insopportabile, è qualcuno che, in realtà, prima o poi ti salverà. Questa è la storia di Guido e Silvia, giovanissimi eppure già in debito d'ossigeno con la vita, costretti a fare i conti con un passato che si infila nel loro petto come lame, nell'indecisione di un vuoto dentro che sembra parlare, che sembra dire: "Andrà tutto male". Incontrarsi, conoscersi, amarsi - e tutto quello che c'è nel mezzo - per loro è come tornare a respirare, è trovare finalmente quel qualcuno che capisce che ciò che mostri agli altri non sei davvero e pienamente tu, perché dentro nascondi un mondo, e lo fai solo per paura che te lo rovinino. Quello che si preoccupa che tu sia felice nelle piccole cose, che osserva i tuoi occhi come nessuno vuol fare mai e ascolta i tuoi silenzi come canzoni lente, quasi potessero parlare, soprattutto in mezzo alla gente. Quello che non odia i tuoi difetti perché sa che senza non saresti tu, e che quando pensa lo fa pure per te, come se la sua felicità e la tua corrispondessero. Quello che non ti abbandona anche quando è difficile starti vicino, anche quando dici a voce alta che non vuoi nessuno, ma proprio nessuno accanto. E che così, a suo modo, ti sta sussurrando: "Ti amo". Con il suo stile inconfondibile, che si muove liberamente dalla prosa alla poesia, Marzia Sicignano ci mostra che, quando incontri quel qualcuno, l'unica cosa da fare è tenerlo con te, prendendotene cura come si fa con i tesori più preziosi, perché quel primo respiro che ti ha rimesso al mondo duri il più a lungo possibile.
Dal 12 dicembre 1969, quando esplode la filiale della Banca Nazionale dell'Agricoltura di piazza Fontana a Milano, fino all'assassinio di Roberto Ruffilli da parte delle Brigate Rosse il 16 aprile 1988, in Italia sono state ammazzate quasi quattrocento persone, e oltre mille ferite e rese invalide. Sono gli anni di «piombo e di tritolo», la stagione degli attentati a mano armata del terrorismo «rosso» - che uccide magistrati come Emilio Alessandrini, operai come Guido Rossa, giornalisti come Carlo Casalegno e Walter Tobagi, che sequestra e condanna a morte il presidente della Dc Aldo Moro - e delle stragi «nere», con gli ordigni esplosivi di piazza della Loggia, del treno Italicus e della stazione di Bologna. Quale intreccio si stabilisce tra questi due fenomeni di segno ideologico opposto? Come si inseriscono le violenze nella storia dell'Italia sospesa tra modernizzazione e democrazia bloccata? In un racconto articolato e drammatico, Gianni Oliva ripercorre i fatti di quegli anni. E ricostruisce l'Italia dei due decenni precedenti, un paese a due velocità, stretto tra le aperture della Costituzione e le rigidità del Codice Rocco: da un lato conservatrice e retrograda (nel 1954 condanna al carcere la «Dama Bianca» di Fausto Coppi per adulterio), dall'altro Paese del miracolo economico, che si sposta con la Vespa o la Seicento, compra il frigorifero e il televisore e rimescola le sue culture con milioni di lavoratori trasferiti dal Meridione al Nord. Un convulso processo di modernizzazione che avrebbe avuto bisogno di essere governato dalla politica attraverso riforme profonde, capaci di disegnare un nuovo patto sociale. Ma è proprio ciò che in Italia non c'è stato, con il risultato di divaricazioni sempre più nette: il terremoto dei movimenti di piazza ha alimentato nella destra radicale i timori di una deriva comunista, e nella sinistra extraparlamentare l'illusione di una rivoluzione imminente. Lo Stato alla fine ha vinto la guerra, ma solo dopo aver perso (per colpa) troppe battaglie. Un libro per ricordare ciò che è stato ai tanti che l'hanno dimenticato, e farlo conoscere a quelli nati dopo e cresciuti in una scuola dove la storia antica è molto più in onore di quella contemporanea: un contributo a fare i conti con il passato, in un paese dove è troppo facile rimuovere.
Quella degli alpini italiani è una storia straordinaria. Fondati nel 1872 come piccolo corpo specializzato addestrato a difendere i valichi di montagna, le «penne nere» crebbero rapidamente sia nei numeri che nell'immaginario pubblico. Attraverso una serie di paradossi (le prime battaglie della loro storia vennero combattute durante guerre di aggressione coloniale in Africa, e non per difendere i confini) guadagnarono la fama di soldati devoti e disciplinati, coraggiosi e indistruttibili. Una nomea che in un'Italia affamata di eroi li elevò da semplici ingranaggi dell'esercito a protagonisti della vita nazionale. Tutti giovani sui vent'anni racconta la loro storia. Non attraverso le battaglie che hanno combattuto, benché le guerre di 150 anni costituiscano le scansioni delle sue pagine. Piuttosto, attraverso un viaggio nella cultura italiana: opere letterarie, film, canzoni e disegni che hanno costruito questo mito umano e guerriero unico nella storia nazionale (e probabilmente al mondo). Un mito nato ai tempi della Grande Guerra, sopravvissuto al fascismo e alle disfatte della seconda guerra mondiale, all'umiliazione dell'8 settembre e della sconfitta, all'occupazione e alla demilitarizzazione del paese dopo la pace di Parigi del 1947. Risorto, in modo apparentemente incredibile, attraverso settant'anni di storia repubblicana, quando gli alpini divennero i prototipi di un nuovo modello di soldato europeo: non più l'eroe guerriero trionfante e sterminatore, ma il buon samaritano in uniforme, caritatevole e generoso, pronto al sacrificio non per espugnare un obiettivo ma per salvare vite e confortare le vittime dei disastri naturali. Un ruolo di straordinaria popolarità la cui fine sarebbe stata decretata solo dallo spegnersi, dopo due secoli di tradizione rivoluzionaria e nazionale, della coscrizione obbligatoria, l'istituto su cui si basava l'esistenza stessa dell'alpino come buon cittadino-soldato.
Teresa e Angelina sono sorelle diverse in tutto: tanto delicata, schiva e silenziosa è Teresa, la voce narrante di questa storia, quanto vitale, curiosa e impertinente è Angelina, la sorella più piccola. Siamo all'inizio degli anni Quaranta a Copertino, nelle Terre d'Arneo, un'immensa distesa di campi coltivati nel cuore della Puglia. Qui, Teresa e Angelina crescono in una famiglia di braccianti, povera ma allegra e piena di risorse: i nonni sono dei grandi narratori, briganti, lupi e masciare diventano vivi nei loro racconti davanti al camino, mentre la madre Caterina ha ricevuto in sorte una bellezza moresca, fiera, che cattura gli sguardi di tutti gli uomini, compreso quello del barone Personè, il latifondista più potente del paese. "La tua bellezza è una condanna" le dice sempre nonna Assunta. Una bellezza - e una condanna - che sono toccate in eredità ad Angelina. Quando il padre parte per la guerra lasciando sole le tre donne, Caterina per mantenere le figlie non ha altre armi se non quella bellezza, ed è costretta a cedere a un terribile compromesso. O, forse, a un inconfessabile desiderio. È qui che comincia a essere braccata dalla malalegna , il chiacchiericcio velenoso delle malelingue, un concerto di bisbigli che serpeggia da un uscio all'altro e la segue ovunque. Questa vergogna, che infetta tutta la famiglia, avrà su Angelina l'effetto opposto: lei, che non sopporta di vivere nella miseria, inseguirà sfacciatamente l'amore delle favole. Anche a costo di rimanerne vittima. Sono la nostalgia e il rimpianto a muovere con passo delicato la voce di Teresa, che, ricostruendo la parabola di una famiglia, ci riconsegna un capitolo di storia italiana, dalla Seconda guerra mondiale alle lotte dei contadini salentini per strappare le terre ai padroni nel 1950.