
La sezione monografica presenta il pensiero di uno dei maggiori pensatori del XX secolo (1882-1946), che per la natura multiforme della sua ricerca è stato definito il "Pascal russo", anticipatore di molti aspetti della ricerca scientifica contemporanea e di diversi orientamenti del pensiero filosofico e teologico degli ultimi decenni.
Il volume raccoglie contributi di alcuni docenti del Seminario di Brescia che illustrano il rapporto tra la Parola (di Dio rivelata all'uomo) e le parole con le quali l'uomo ha trasmesso e continua a trasmettere questo messaggio.
Gli autori affrontano il problema della scissione tra verità e arte, tra religione e arte, tentando di riscoprire antichi e nuovi legami tra esperienza estetica e teologia.
L'autore analizza come, alla luce della scoperta di Qumran, sia cambiata l'immagine monolitica della religione di Mosè; non più una religione identica a se stessa, ma un'ebraismo che si è adattato a nuove circostanze elaborando forme diverse e originali di religiosità e di culto.
Costante è stata l'attenzione di Guardini per le opere d'arte nella loro valenza storico-metafisica. Basti qui ricordare le interpretazioni di Dante, Dostoewskij, Mörike, Hölderlin, Rilke: ormai dei classici dell'ermeneutica contemporanea. In questo breve saggio Guardini traccia i lineamenti della sua estetica: il costituirsi della forma artistica, le immagini, il senso, il nesso tra etica e bellezza, il rapporto con la realtà al di là degli equivoci del realismo. Un'estetica che proprio nel riconoscimento dell'autonomia ontologica dell'opera d'arte - "ha sì un senso ma non uno scopo [...] Non mira a nulla, ma significa; non vuole nulla, ma è" - ne disvela il coté teologico: "quel carattere religioso insito nella struttura dell'opera d'arte in quanto tale; nel suo rinvio al futuro, a quel "futuro" puro e semplice che non può più essere fondato a partire dal mondo. Ogni autentica opera d'arte è essenzialmente "escatologica" e proietta il mondo al di là, verso qualcosa che verrà".