Lavarono con il loro sangue le pietraie del Carso e i dirupi dell'Altopiano. Nel corso del conflitto più spaventoso della storia, diedero la vita per una patria che non avevano mai conosciuto se non con la maschera di un potere centrale lontano, arrogante e rapace. Ogni anno si celebrano con enfasi insensata le ricorrenze della Prima Guerra Mondiale, ma da nessuna parte si sente dire che l'assoluta maggioranza delle vittime era gente del Sud. Un'intera generazione spazzata via. Figli del Meridione, contadini poveri, braccianti, piccoli artigiani, quasi per metà analfabeti, giovani di vent'anni che furono strappati alle loro famiglie e alla loro terra e mandati a morire in lande remote, tra montagne da incubo e pianure riarse. Si sacrificarono per gli interessi di quelle élite economiche che sfruttavano la loro terra e per il tornaconto di una nuova classe politica che li trattava con ferocia o disprezzo. Finirono a decine di migliaia nelle trincee, stretti nella morsa del fango e del gelo, sotto una pioggia perenne di bombe. Diventarono carne da cannone, numeri da inserire nelle statistiche dello Stato Maggiore, bandierine che i generali spostavano sulle mappe con noncuranza. Vennero massacrati sull'Isonzo e a Caporetto, combatterono con disperazione e con valore sul Piave, lanciati contro un nemico che non conoscevano e che non avevano motivo di odiare. Conobbero la paura, la morte, l'eroismo. Erano i nostri nonni, i nonni del nostro Sud. L'esercito dei terroni. Prefazione di Pino Aprile.
Una raccolta di barzellette e vignette lunga come l'alfabeto: un vero e proprio dizionario della risata, per divertirsi insieme a Geronimo Stilton! Età di lettura: da 7 anni.
1488. Caterina Sforza, vedova di Girolamo Riario, signora di Forlì e Imola, non è una donna come le altre. Lo sanno bene i grandi signori d'Italia, da Lorenzo Medici a Ludovico il Moro, al papa in persona, i quali ne cercano l'alleanza non solo per la posizione delle sue terre ma anche per l'ingegno di colei che le possiede. Nessuno può credere, quindi, ricordando Caterina, sola, dopo l'assassinio del marito, capace di sacrificare i suoi stessi figli per difendere la rocca di Ravaldino in cui si è asserragliata, che possa perdere forza e scaltrezza per colpa di un uomo. Proprio nei giorni della rischiosissima lotta contro i nemici che hanno ucciso Girolamo Riario, infatti, Caterina incontra un uomo capace di suscitare in lei una passione così impetuosa da distoglierla dai suoi doveri e dalla sua inflessibilità. Si chiama Giacomo Feo ed è uno stalliere, un individuo indegno di lei, del suo rango, anche solo del suo interesse. Ma la Tigre, fin da bambina, ha dimostrato a tutti di avere un carattere indomito e in quella storia clandestina e pericolosa si lascia condurre con lo stesso furore che l'ha sempre sostenuta in battaglia. Accecata dall'amore, non si rende conto che in molti tramano nell'ombra per privarla della reggenza sulla signoria di Forlì. Spetterà a Caterina scegliere tra la vita che crede di meritare e il ruolo per cui è nata. E non sarà una scelta facile.
Fereiba è una maestra, ed è cresciuta in un Afghanistan dove la felicità e l'amore erano sogni possibili. I talebani non avevano ancora preso il potere, e suo marito tornava a casa ogni sera da lei e dai loro tre bambini. Finché un giorno non è più tornato. È stato allora che Fereiba ha capito che il suo paese non era più casa sua, ed è partita, insieme ai suoi bambini, verso un posto dove ricominciare, vivere, e dimenticare. L'Inghilterra. Attraversando l'Iran, poi la Grecia, col cuore spezzato dalla tristezza, Fereiba accompagna così i suoi figli verso la salvezza. Finché, nella piazza del mercato di una città greca, Saleem, il figlio più grande, sparisce nella folla. Da quel momento Fereiba avrà una duplice missione: mettere in salvo i due figli più piccoli e ritrovare Saleem, prima che sia troppo tardi. Perché Fereiba sa che anche nelle notti più buie prima o poi sorge la luna, a rischiarare e illuminare la strada.
Avrebbe dovuto farlo gettare nella fossa comune, come tutti i delinquenti condannati alla crocifissione, invece di concedergli la sepoltura in un sepolcro a parte. Erano stati tutti accontentati dalla morte di Gesù, i sacerdoti del Sinedrio si erano liberati di un pericoloso blasfemo, e i romani di un potenziale sobillatore, non aveva motivo di opporsi a quella richiesta. E poi aveva messo i soldati di guardia, per far contenti i giudei. Ma quando la mattina di domenica il corpo non si trova più, Pilato si maledice per quella decisione. E incarica Clavio, il suo miglior tribuno, di scoprire dove è finito. Senza il corpo, i timori dei farisei troveranno fondamento e l'equilibrio politico in Palestina potrebbe spezzarsi. Clavio è un uomo pratico, abituato ad agire. Si mette a seguire tutte le tracce, a interrogare i testimoni, a fare sopralluoghi e supposizioni. Il corpo non può che essere stato trafugato, si tratta solo di trovare i colpevoli. Però qualcuno dice di aver visto e parlato con Gesù dopo la scomparsa e il mistero si infittisce. Col passare dei giorni, e dopo l'incontro con Rachele, un'ebrea segretamente convertita, le certezze di Clavio traballano. E la sua posizione anche, perché Pilato pretende un cadavere da esibire...
Loretta ha scelto di confrontarsi con dodici figure femminili che hanno lasciato un segno nella sua vita ispirando passioni, scelte, amori, successi e carriera. Sono dodici "amiche del cuore" di grandissimo fascino, narrate in pittoresco disordine, così come sono venute dal cuore: la pittrice impressionista Berthe Morisot, l'attivista nera Angela Davis, la forte e sfortunata Marianna Ucrìa, l'attrice comica Tina Pica, la pianista Clara Wieck Schumann, l'intrigante e sensuale Valentina di Crepax, la ballerina Margot Fonteyn, la regina della cosmesi Estée Lauder, la plurimedagliata Valentina Vezzali, la poetessa Alda Merini, la studiosa dell'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro Lucia Del Mastro e la coraggiosa sudanese condannata per apostasia Meriam Yahia Ibrahim Ishag. Specchiarsi in questi profili maestosi è un invito a guardarsi dentro, a viaggiare nella propria anima, un'occasione per parlare ancora dell'amore e del dolore delle donne, della propria voglia di vivere e di affermarsi senza sotterfugi e aggressività, e di quel dono di cui ogni sorella-madre-nonna-amica è portatrice: la resilienza.
1900, Pechino. La fotografia che stringe tra le mani è tutto ciò per cui vale la pena lottare in quel momento, circondato, insieme alle altre truppe europee, dai boxer cinesi in rivolta. È la fotografia della sua famiglia, che lo ritrae insieme agli altri componenti attorno al patriarca, Filiberto Bondoli. Al suo ritorno dal fronte, a Ernesto, spetterà l'eredità, ma prima deve diventare un uomo, secondo il nonno. E nulla più della guerra può assolvere a quel compito. Ma Ernesto non torna dalla Cina, l'unica cosa di lui che rivedrà l'Italia sarà quella fotografia che l'ha rasserenato nelle interminabili notti cinesi, insonne per l'ansia e la paura di morire. È il suo compagno Mario a riportare la fotografia a casa Bondoli. Un po' per il legame che nei mesi di guerra ha instaurato con quel giovane gentile e un po' per un volto del ritratto di famiglia, una donna che si è impossessata dei suoi sogni e che vuole rivedere. Al suo arrivo a Ladispoli, Mario troverà in parte ciò che cerca da sempre, una famiglia, una casa le cui fondamenta risalgono al passato e che nulla può far crollare. Una donna da amare, anche se solo da lontano, per tutta la vita. Ma troverà anche segreti celati e difesi col sangue e capirà che la fotografia da cui tutto è cominciato nasconde un universo intero.
L'arrivo di Sara Crewe nel più prestigioso collegio londinese per signorine non passa inosservato: con i suoi abiti eleganti, le maniere impeccabili e la sua gentilezza, la ragazzina si conquista presto il soprannome di "piccola principessa". Un soprannome che non la lascerà anche quando la sua vita cambierà all'improvviso... Un classico della letteratura liberamente adattato da Geronimo Stilton. Età di lettura: da 7 anni.
È il 19 dicembre, giorno del suo compleanno, quando un commando di jihadisti fa irruzione nella casa di Francis, ingegnere francese di stanza in Nigeria. Pochi istanti e le porte d'acciaio saltano per aria e lui si trova tra i cadaveri delle sue guardie del corpo, con le mani legate e i kalashnikov puntati alla schiena. Un ostaggio francese, merce preziosa per questi terroristi che fanno affari con i ricatti. Quello è il primo giorno di una lunga prigionia. Rinchiuso in una cella misera, patisce fame, freddo, percosse, fatica. Quando le cose cominciano ad andare per le lunghe, capisce che se il suo valore di scambio diminuisce, la sua vita è in pericolo. Non gli resta che progettare la fuga. Nei lunghi mesi che seguono, Francis perde 40 chili e ha tre arresti cardiaci, ma non si dà per vinto. Studia ogni singola mossa dei suoi carcerieri, orari, abitudini, debolezze. Scopre i comportamenti proibiti delle sue guardie, da usare come arma di ricatto. Capisce quanta ignoranza e ipocrisia e quanto distacco dalla religione che professano nascondono quegli uomini. Cammina ogni giorno intorno al materasso per chilometri per tenersi in forma, calcola tutto, memorizza tutto, in attesa del momento buono per fuggire. Sa di avere un'unica possibilità, perché, se fallisce, nessuno avrà pietà di lui.
A tredici anni, René-Luc vede il patrigno spararsi al cuore pochi giorni dopo essere uscito di prigione. Non ci sono lacrime per questa morte, ma solo i ricordi delle botte subite da piccolo, insieme alla madre e ai fratelli. Un unico momento felice nella memoria, quando insieme andavano a pescare... con la dinamite. Il vero padre aveva abbandonato la famiglia quando era appena nato e, dopo un'infanzia sbandata, la vita nella criminalità organizzata lo aveva attratto con le sue lusinghe. "Mia madre non riusciva più a controllarmi. Stavo giorni per strada con i miei amici. Quando tornavo mi chiedeva dov'ero stato. Le rispondevo: 'Fatti miei, la vita è mia' e la sbattevo al muro. Una ragazza che faceva parte di un gruppo di preghiera invitò mia madre a un incontro. Pensò che se avessi conosciuto un'altra realtà, persone diverse da quelle che avevo conosciuto, sarei potuto cambiare. Venne da me e mi propose: 'René, vuoi venire ad ascoltare un gangster che viene da New York?'. Risposi: 'Oh, sì! Forte!'. Andai lì senza sapere che si parlasse di Gesù. Ero battezzato, ma nessuno nella mia famiglia era praticante. Il 19 marzo 1980, quando arrivai nel Palazzetto dello Sport dove si svolgeva l'incontro, c'erano circa tremila persone. Il prete iniziò a parlare di Cristo... e la mia vita cambiò".