La vocazione personale non si trova a livello di un fare né di una "funzione", ma a livello dell'essere. Tante persone interpretano la parola "vocazione" in termini di puro agire o di puro fare. Il livello dell'agire o del fare, prima o poi, è destinato ad entrare in crisi. Se mi trovo in crisi e non possiedo alcuna risorsa "dell'essere" per sostenermi, allora mi troverò in una crisi totale. Se in una crisi del genere posso trovare sostegno nelle mie risorse dell'essere - così unicamente date a me, in dono, con la mia "vocazione personale" - allora non ho da temere: posso non solo superare la crisi ma "integrarla" grazie al "senso" profondamente personale a livello dell'essere che posso trovare nella crisi stessa. Perché tutto l'agire sgorga dall'essere. Faremo bene dunque a ricordarci che la "vocazione personale" è il modo irrepetibilmente unico per un individuo di donarsi e arrendersi - e non di chiudersi in se stesso. In altre parole la "vocazione personale" è precisamente il modo unico e irripetibile di aprirsi alla comunità - aprirsi alle realtà sociali, alle responsabilità sociali, agli impegni sociali.
Le leggi irritanti e inabilitanti hanno occupato un posto di rilievo durante il periodo di vigenza del Codice del 1917. Il canone 10 del Codice 1983 rimase identico a quello abrogato e gli autori sembrano perdere ogni interesse per la materia, d'altro lato, nella promulgazione del nuovo Codice, il Pontefice mette in luce il lavoro della riforma insistendo sulla doppia prospettiva della novità nella continuità con la tradizione canonica e la continuità nella novità del Concilio Vaticano II.Questa tesi è uno studio critico comparativo sulla natura e applicazione delle leggi irritanti e inabilitanti nel Codice del 1983 come risposta alle attese dei canonisti e nella nuova prospettiva indicata dal legislatore.
Il legislatore del 1983 affronta il tema dell'errore che può inficiare l'atto giuridico nel libro sulle norme generali, riprendendo il disposto del can. 104 del codice del 1917 e sancendo al can. 126 che l'atto posto per ignoranza o per errore qui versetur circa id quod substantiam actus constituit o qui recidit in condicionem sine qua non è nullo. Di quali contenuti la dottrina abbia riempito la categoria dell'errore oggettivamente sostanziale e di quale terminologia si sia servita sono le questioni a cui si è tentato di dare soluzione oltre a dare attenzione alla interpretazione della figura a alle sue applicazioni nel diritto matrimoniale canonico.
Questa ricerca si svolge attorno a due nuclei: il significato ecclesiologico del Concilio Vaticano II e il principio teologico della comunione nella Chiesa. Inoltre questa tesi dottorale attesta l'originalità e la preziosità del contributo di Paolo VI all'elaborazione e alla formulazione dell'ecclesiologia di comunione, dimostrando che per il pontefice l'evento conciliare ha manifestato la realtà comunionale della Chiesa.
Il libro contiene una certa polemica antiempiricista ed una forte polemica contro Umberto Eco, senza voler minimamente negare il suo acume ed i suoi meriti nel campo ristretto della semantica. Mi sento più vicino non soltanto alla filosofia trascendentale del soggetto, ma anche al Sofiste di Platone e ad Heidegger.
I due volumi in cui l'opera si divide mostrano l'importanza fondamentale del riferimento alla Realtà Ultima come elemento strutturante che unifica donazione di senso e di prassi salvifica delle tipologie dell'insieme. Il volume inizia con un capitolo sulla natura analogica del fenomeno religioso e chiarifica poi comparativamente il termine generale di "teismo" che nell'uso scientifico diventa concetto analogo comprendendo le religioni aventi unità dal riferimento ad una Realtà Ultima o Divino personale oppure ad un Divino impersonale (panteismo e monoismo religiosi ).