This book is intended as a practical resource for students who wish to advance their knowledge of New Testament Greek beyond the introductory level. In the discussion of each grammatical topic, a brief explanation is followed by several textual citations that illustrate the linguistic usage under examination. The selection of materials and the manner of presentation are the fruit of the author's experience in teaching Attic and Koine Greek in various academic settings. It is hoped that whatever profit may come to those who use this manual will provide further confirmation of the value of precise and well-informed grammatical analysis within the complex task of biblical exegesis.
Il presente studio intraprende una lettura narrativa dei racconti del primo libro dei Re riguardanti il regno di Acab (1Re 16,29-22,40). In particolare, viene trattata la peculiare caratterizzazione di questo personaggio. La narrazione biblica, infatti, si sofferma ampiamente su questo sovrano, rivelandone tutta la complessità e drammaticità. Egli è ritratto dalla Bibbia come un re peggiore degli altri sovrani che lo hanno preceduto sul traballante trono d'Israele. La poliedrica figura di Acab è indagata nelle sue molteplici sfaccettature, considerando la particolare attenzione del narratore all'interiorità e alle dinamiche affettive del figlio di Omri. La disamina delle vicende che coinvolgono il re d'Israele apre una finestra sulla problematica legata alla rappresentazione narrativa dei personaggi cattivi in azione, parole e sentimenti. Il testo passa a considerare la tipologia del cattivo nella Bibbia, arricchendo l'indagine su Acab del confronto con gli altri opponenti presenti nel macroracconto, nelle narrazioni delle origini e nella saga dei re d'Israele e di Giuda. Nella narrazione biblica può essere rappresentata ogni cosa, anche i personaggi cattivi, perché Dio si mostra capace di attraversare tutto, incluso il male commesso dagli uomini.
Il volume raccoglie una serie di studi consacrati al vangelo di Giovanni, pubblicati dall'autore in un arco di tempo che va dal 2004 al 2015. Le tre parti di cui esso si compone sono rispettivamente dedicate all'esegesi di alcune pericopi, allo studio di alcuni temi e alla presentazione del contesto storico-religioso da cui nasce il DV: il giudaismo del I secolo. L'autore rinuncia a ipotesi su fonti e strati del vangelo di Giovanni e tale rinuncia alla critica letteraria classica gli permette di dedicarsi pienamente al testo del QV nella forma in cui è stato trasmesso. Marcheselli usa soprattutto le analisi sintattiche e semantiche per elaborare il messaggio dei testi, a cui aggiunge il ricorso agli strumenti dell'analisi narrativa. Una lettura esclusivamente sincronica dei vangeli rischia di perdere di profondità: non è il caso della presente raccolta, in cui si trovano combinati in un modo convincente l'approccio sincronico e diacronico. L'autore fa costantemente ricorso all'Antico Testamento e al giudaismo del secondo tempio per mostrare le radici del pensiero giovanneo; egli inoltre si mostra in debito verso la cosiddetta Scuola di Lovanio, che nota in Giovanni l'influsso dei vangeli sinottici. Anche sotto un altro aspetto questi contributi si distinguono da un approccio meramente sincronico: l'autore adotta il modello della "rilettura", riconoscendo pertanto all'interno del QV una certa stratificazione. Caratteristiche poi dell'approccio dell'autore è il suo orientamento ermeneutico, che si mostra già nella scelta dei temi e dei testi.
Questo volume di H. G. M. Williamson si pone come complemento all'introduzione all'ebraico biblico di T.O. Lambdin, offrendo le Soluzioni commentate agli esercizi. In genere sono ben conosciuti i vantaggi e gli inconvenienti di un volume di soluzioni per una grammatica didattica. Nel caso dell'opera di Williamson, tuttavia, sono senz'altro prevalenti i benefici. Per chi ha intrapreso lo studio dell'ebraico biblico, il volume offre, da una parte, un ampliamento di alcune questioni grammaticali e sintattiche trattate da Lambdin, e, dall'altra, permette la verifica continua ed autonoma dei progressi nell'apprendimento.
La pericope di Ger 10,1-16 assomma numerosi motivi di interesse, per via del suo singolare impianto letterario e teologico. Non sono molte infatti le pagine che nel Primo Testamento ci consegnano un ritratto a tutto tondo del Dio d'Israele: anzi, il tentativo "sistematico" di delineare la natura, presentando i suoi tratti distintivi in una serie di immagini in dissolvenza - con l'obiettivo che sfuma ripetutamente tra YHWH e gli Dèi degli altri popoli - è un caso unico nella Bibbia. A fronte di ciò, la netta discordanza tra le due forme attestate (TM e LXX) è la prova di una vicenda redazionale alquanto intricata, come anche si evince dalla testimonianza diretta dei manoscritti geremiani rinvenuti a Qumran. Gli esiti della ricerca toccano questioni cruciali, sul versante sia analitico che tematico. Circa la problematica testuale, tutti gli indizi spingono a collocare Ger 10 tra gli esempi di "profezia scribale", riconoscendo nella forma attestata dal TM il punto di arrivo di una riscrittura che presuppone la forma breve della LXX come tappa anteriore. Sul piano del senso, si intuisce la forza pragmatica della critica agli idoli, che interroga anche il nostro modo di concepire Dio e di corrispondere alla sua rivelazione storica, mentre affiora la rilevanza teologico-sapienziale di un messaggio universalizzante, capace di condurre Israele e le genti al riconoscimento di YHWH come Dio vero.
Le asperità della sezione di Es. 5,1-7,7, sono state interpretate, nelle indagini source-oriented, come discontinuità dovute alla complessa storia di formazione del testo. È questa l'unica possibile spiegazione? Prendendo atto in modo radicale del carattere narrativo della sezione e nel solco della teoria di Meir Sternberg, questo studio propone un'analisi dettagliata della sezione, evidenziando e illustrando alcuni elementi di poetica narrativa del dialogo, non ancora presenti nei manuali, e mostrando che, in una ricerca discourse-oriented, le asperità del testo contribuiscono alla dinamica narrativa basata su curiosità, suspence e sorpresa. Il close reading evidenzia anche che la continuità della sezione è legata all'emergere del tema della conoscenza di Dio (essenziale per la teologia del racconto) e alla presenza diffusa del fenomeno della citazione del discorso diretto. Rispondendo alla domanda di Mosè, infatti, il personaggio divino riconfigura la trama del racconto, inserendo l'intreccio di azione (la liberazione) in un più ampio intreccio di rivelazione (conosce Yhwh come colui che fa uscire dall'Egitto) e crea Mosè, in piena crisi vocazionale, suo mediatore mediante le citazioni. Le citazioni creano altresì una particolare dinamica narrativa, che permette al lettore di appropriarsi dei presupposti teologici della storia: la parola divina fa la storia; immessa nelle parola degli uomini può venir disprezzata o ravisata, tuttavia essa crea l'intreccio e lo conduce alla conclusione.
Il dibattito suscitato nel corso degli ultimi decenni intorno alla visione antropologica di Paolo, lascia emergere alcune questioni di primaria importanza. In particolare, riguardo alla prospettiva di partenza, come pure in merito all'interpretazione della vita nuova in Cristo, con delle inevitabili ripercussioni anche sulla ricerca del fondamento ultimo delle esortazioni etiche dell'Apostolo. L'analisi esegetica di alcuni passi selezionati di Galati (2,14b-21; 3,1-5; 10-14; 26-29; 4,1-7; 5,1-6; 16-25), ha permesso di operare una valutazione critica delle posizioni emerse nel corso degli anni, facendo altresì emergere un tutta evidenza la natura Cristo-logica della visione antropologica di Paolo. Anzitutto riguardo al punto di partenza, laddove la prospettiva Cristo-gonica (che nasce, cioè, da Cristo) viene ulteriormente avvalorata con la definizione della dispositio retorica di Gal 3-4.Inoltre, l'approfondimento del rapporto salvifico tra il credente e Gesù in senso Cristo-morfico (per cui l'esistenza del battezzato viene "trasformata" in quella di Cristo), costituisce anche la base dell'etica cristiana. L'uomo "in Cristo" cammina, infatti, verso la progressiva realizzazione in se stesso della medesima vita di Gesù.
Molte volte l'indagine esegetica ha affrontato la relazione tra il Deutero-Zaccaria e i vangeli della passione. Ha senso affrontare il tema ancora una volta? Certamente no, se questo significa precisare nuovamente la dipendenza genetica dagli oracoli profetici delle tradizioni o delle redazioni evangeliche. Ma se l'obiettivo è invece quello di analizzare il senso e la funzione di questa relazione, allora il campo di lavoro è aperto e affascinante. Il presente studio si concentra cosi sui testi di Zc 9-14 riconosciuti come intertesti di Mt 21-27, per ascoltane le risonanze di significato dentro la comunicazione portata avanti dal primo vangelo. È anche mediante questa relazione intertestuale, infatti, che viene costruito il lettore modello di Matteo. In considerazione di ciò, l'approccio metodologico utilizzato nell'analisi è decisamente innovativo. Esso infatti si muove nell'ambito dell'intertestualità, intendendo quest'ultima però come un preciso strumento pragmatico provveduto dall'autore modello. L'analisi è funzionale ad una sintesi che rilegge complessivamente la strategia intertestuale nella sua funzione comunicativa; essa inserisce in particolare alla comprensione della dinamica teologica del "compimento", nonché ad una ridefinizione che il lettore modello è chiamato ad operare circa il volto del Messia e i tratti caratteristici della comunità radunata intorno a lui.
Perché Maria, sposa di un uomo della casa di Davide, all'angelo, che le annuncia il concepimento di un grande re davidico, obietta: "Come sarà questo, poiché non conosco uomo?" (Lc 1,34). E come mai l'angelo replica a tono? I personaggi si intendono, ma il lettore resta disorientato. Un approccio narrativo consente di superare questo disorientamento. Nella sezione programmatica Lc 1-2, col confronto tra il profeta Giovanni e il Cristo Gesù, viene introdotta la subordinazione della Legge-Profeti rispetto al Regno di Dio, di cui Lc 1,34 costituisce un cruciale turning point celato dietro la reticenza di Luca e il linguaggio obliquo di Maria. Un narratore reticente prepara un elemento del racconto, chiamando il lettore ad una cooperazione ermeneutica: così Lc 1,34 contribuisce ad introdurre le esigenze lucane del Regno in ordine alla sequela, alla Chiesa e al compimento escatologico. A livello dei personaggi, poi, Lc-At presenta ripetutamente la sequenza annuncio-obiezione- replica in contesto teofanico, dove gli obiettori si esprimono quasi sempre in modo obliquo. Tra obiezione verginale mariana e piano divino, però, esiste una sintonia univa in tutta la Bibbia. Pertanto in Lc 1,34 affiora uno degli aspetti della relazione tra Maria e Dio che l'autore protegge dietro un velo, rimanendo fuori insieme al lettore. Nel prosieguo del racconto questo velo sarà progressivamente rimosso dall'esorbitante novità del Regno di Dio.
La trilogia - teologia biblica, ermeneutica, esegesi profetica - è la sostanza delle pagine che troverete in questa raccolta ove si presentano itinerari di ricerca nell'orizzonte della letteratura profetica, con particolare attenzione ai risvolti teologici ed ermeneutici. Oltre alla teologia e all'ermeneutica biblica, il capitolo più significativo della sua vita accademica e della sua indagine, resta quello dell'esegesi profetica. Non per nulla i saggi a lui dedicati che compongono questa miscellanea sono all'insegna di un titolo illuminante: "La profezia tra l'uno e l'altro Testamento". Le diverse voci dei suoi alunni, a loro volta divenuti docenti apprezzati, danno sostanza in modo incisivo a questo genere storico-critico e teologico che intreccia Antico e Nuovo Testamento. Rimane viva nelle pagine di Bovati la stessa tensione che reggeva il suo maestro Alonso Schökel: quella di considerare la Parola di Dio non come fredda pietra preziosa ma come seme fecondo, pronto a incarnarsi e quindi a confrontarsi con terreni più diversi. P. Bovati è uno degli hyperétai tou lógou, un intelligente e vigoroso rematore nel mare della Parola di Dio.