
"La bellezza è una delle tre virtù fondamentali: verità, bontà e bellezza [...]. Si parla troppo della verità, di difendere la verità: dove trovare Dio nella verità? E difficile... Trovare Dio nella bontà: ah, quando si parla di bontà, è più facile. Di trovare Dio nella bellezza invece si parla poco, della strada della poesia, cioè della facoltà creatrice di Dio. Dio è un poeta che fa le cose armoniosamente." Nel corso di un intero anno, Dominique Wolton è stato ricevuto dodici volte da Papa Francesco. Il risultato di questi incontri fertili e calorosi è un'intervista in cui il Papa affronta liberamente i temi cruciali del nostro tempo e del suo pontificato: la pace e la guerra, la politica con la P maiuscola ("una delle più alte forme di carità"), la globalizzazione e la diversità culturale, il fondamentalismo e la "sana laicità", le disuguaglianze economiche e la mancanza di lavoro e prospettive per i giovani, la "follia" del dominio assoluto del "dio denaro" e la necessità di un'economia "concreta" incentrata sul benessere delle persone, l'Europa e i migranti, la tutela dell'ambiente, il dialogo fra i cristiani, fra le religioni, fra atei e credenti... E un'intervista in cui non c'è spazio per il conformismo o gli stereotipi: le parole chiave del pontificato di Francesco - "gioia", "tenerezza", "vicinanza", "preghiera", "pace", "fede", "croce", "umiltà", ma anche "umorismo" - si rivolgono direttamente alla nostra umanità per illuminare i sentieri della nostra vita.
Cosa fa di noi le persone che siamo? Quali sono le sensazioni, le emozioni che costituiscono l’impalcatura e la materia prima della nostra esistenza? Per Françoise Héritier esiste, in ciascuno di noi, un mondo prezioso da custodire e difendere: una zona di luce fatta di emozioni semplici e fugaci che accendono il nostro sguardo e ci tolgono il respiro, sorprendendoci di continuo. Lì è celata la bellezza delle piccole gioie quotidiane, che nei ricordi si confondono l’una con l’altra: un bel giro di valzer, la discussione con un professore, le caramelle al bergamotto di Nancy, l’offesa irreparabile di un amico, le grandi eroine di Almodóvar, una dichiarazione d’amore sotto la pioggia. Riprendendo il filo del Sale della vita, l’autrice torna a riflettere sull’essenza della vita, nelle sue insondabili e più imprevedibili declinazioni. Lo fa con l’ironia e la finezza dei grandi intellettuali, con la forza di chi ha vissuto la malattia, addentrandosi dove il buio è più fitto con i passi leggeri di chi ha capito quanto sia fragile, ma pervicace, la felicità.
Oggi la scienza sta raggiungendo traguardi impensabili anche solo qualche decennio fa. Allo stesso tempo le persone continuano ad avvertire, in varie forme, un grande bisogno di spiritualità. Ma fede e scienza - viene dunque spontaneo domandarci ora più che mai - sono davvero inconciliabili? I gesuiti Consolmagno e Mueller sono tra le voci più autorevoli per rispondere a questo secolare interrogativo. Entrambi uomini di fede e, insieme, scienziati, conducono le attività di ricerca della Specola Vaticana, l'osservatorio astronomico della Chiesa cattolica, con sedi a Castel Gandolfo e a Tucson, in Arizona. In questo libro affrontano alcune fra le domande che più spesso vengono inviate alla loro casella di posta elettronica: come si può conciliare il Big Bang con Dio Creatore dell'universo? La stella di Betlemme fu un fenomeno astronomico reale? Che cosa accadde davvero tra Galileo e la Chiesa? L'universo finirà di esistere? E battezzereste un extraterrestre? Sono spunti intriganti che stimolano riflessioni ancora più delicate: uno scienziato può essere anche credente? La Chiesa cattolica è davvero contraria alla scienza? Possiamo cercare nella scienza certezze che la religione non ci offre (e viceversa)? Fisica e Bellezza hanno qualcosa in comune? E via dicendo. In sei giornate di dialoghi, ambientati in luoghi sorprendenti - dall'Art Institute di Chicago all'Antartide - e scritti con un ancor più sorprendente senso dell'umorismo, Consolmagno e Mueller esplorano con levità questioni profonde e rilevanti per ciascuno di noi, facendoci sorridere e accompagnandoci ad abbracciare con la mente e lo spirito l'origine e la natura dell'universo.
Il 9 febbraio 1944 il "Corriere della Sera" diede la notizia dell'arresto di Indro Montanelli, accusato di avere scritto articoli diffamanti sul regime fascista, che in quel momento si trovava sul punto di raggiungere il gruppo partigiano guidato da Filippo Beltrami. Incarcerato insieme alla moglie Maggie a San Vittore, a Milano, il 14 agosto riuscì a fuggire in Svizzera. In realtà, Montanelli aveva preso le distanze dal regime fascista sin dal 1938, quando aveva rinunciato alla tessera del partito e ne aveva pagato le conseguenze con l'impossibilità di fare il giornalista in Italia, e quella che inizialmente era una divergenza politica e personale si era sempre più approfondita, sino a trasformarsi nella decisione di combattere attivamente contro il regime e gli occupanti tedeschi. Nel dopoguerra e fino alla sua morte Montanelli è ritornato spesso sulla figura del Duce e sulla storia del ventennio, contribuendo a disegnare nell'immaginario degli italiani l'immagine di un Mussolini perfetto "italiano medio", con tutti i vizi e le poche virtù che il giornalista attribuiva ai suoi connazionali, e che spesso "più che a dominare gli avvenimenti, badava a restarne a galla, lasciandosene portare". Raccontando il Duce, quindi, Montanelli elabora una storia del fascismo che, oltre a essere fedelmente documentata grazie alla sua partecipazione diretta e alla professione di giornalista, dà conto anche di altri elementi che sfuggono all'osservazione storica: il rapporto tra Mussolini e gli italiani ? soprattutto quelli della sua generazione ?; l'infatuazione del Paese per il suo dittatore e, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, la delusione e i dubbi mai sopiti di coloro che sopravvissero e si posero il problema di spiegare ai giovani le ragioni di quanto accaduto.
Anni '70, una città industriale sull'orlo del collasso fatta di fabbriche chiuse, disperazione, piazze di spaccio. Sotto l'eterna pioggia nera che la flagella, il poliziotto migliore che si muove per le sue strade è Macbeth. Un ex tossico, un uomo fragile dal passato turbolento, abbandonato da bambino, uno sbirro incline alla violenza. Ma è lui, con la sua squadra, a gestire con intelligenza una retata nell'area del porto, un'azione in grande stile che, finalmente, gli fa intravedere la possibilità di ottenere una promozione. E quindi guadagnarsi il rispetto degli altri, avere una vita migliore, e molto più potere, che è ciò che conta. Tutto questo è lì, a portata di mano: ma, pensa Macbeth, davvero mi lasceranno arrivare tanto in alto? Tormentato dalle allucinazioni, vittima di paranoie sempre più acute, Macbeth comincia, lentamente, a soccombere a se stesso e al tarlo dell'ambizione.
Sara non vuole esistere. Il suo dono è l'invisibilità, il talento di rubare i segreti delle persone. Capelli grigi, di una bellezza trattenuta solo dall'anonimato in cui si è chiusa, per amore ha lasciato tutto seguendo l'unico uomo capace di farla sentire viva. Ma non si è mai pentita di nulla e rivendica ogni scelta. Poliziotta in pensione, ha lavorato in un'unità legata ai Servizi, impegnata in intercettazioni non autorizzate. Il tempo le è scivolato tra le dita mentre ascoltava le storie degli altri. E adesso che Viola, la compagna del figlio morto, la sta per rendere nonna, il destino le presenta un nuovo caso. Anche se è fuori dal giro, una vecchia collega che ben conosce la sua abilità nel leggere le labbra - fin quasi i pensieri - della gente, la spinge a indagare su un omicidio già risolto. Così Sara, che non si fida mai delle verità più ovvie, torna in azione, in compagnia di Davide Pardo, uno sbirro stropicciato che si ritrova accanto per caso, e con il contributo inatteso di Viola, e del suo occhio da fotografa a cui non sfugge nulla.
Brunhilde Pomsel fu vicina come pochi altri suoi contemporanei a uno dei più grandi criminali della storia: Joseph Goebbels, il ministro della Propaganda di Hitler. Sempre al suo fianco, sempre ai suoi ordini come segretaria e dattilografa. Brunhilde non si interessava di politica. Per lei venivano prima il lavoro, la sicurezza materiale, il senso del dovere nei confronti dei superiori, il bisogno di sentirsi parte di un sistema. Poco dopo l'ascesa di Adolf Hitler, si iscrive al Partito nazionalsocialista per assicurarsi un posto alla radio. Nel 1942 si trasferisce al ministero per l'Istruzione pubblica e la Propaganda ritrovandosi così accanto all'ufficio di Goebbels e nel centro nevralgico del potere nazista. Vi rimane fino alla capitolazione, nel maggio del 1945. Durante gli ultimi giorni di guerra, quando le truppe sovietiche sono già a Berlino, anziché cogliere l'occasione per fuggire resta nel bunker a battere a macchina i comunicati. Poi, per settant'anni, non racconterà niente a nessuno. Dal cuore di Berlino, l'autrice dipinge un ritratto inconsapevole, eppure inquietantissimo, della Germania prima, durante e dopo il Reich, raccontando una realtà sconcertante che mostra quanto l'indifferenza e la disillusione possano influenzare la democrazia. «Prima che la storia si ripeta» scrive Thore D. Hansen «individuare le analogie tra passato e presente ci offre l'opportunità di calibrare con cura la nostra bussola morale, in modo da renderci conto quando sia giunto il momento di schierarci, di alzarci e di opporci apertamente alla radicalizzazione. Con quanta superficialità prendiamo in considerazione i nostri criteri morali di valutazione? Per quali fini primitivi, immediati, banali e superficiali o per quali successi apparenti siamo pronti a sacrificare la nostra coscienza? Sono domande alle quali la storia di Brunhilde Pomsel non può e non potrà mai dare una risposta universalmente valida. Solo la disponibilità a riflettere di ciascuno di noi potrà produrla.»
Oriana ha attraversato le guerre del Novecento, o per lo meno quelle più feroci, senza mai tirarsi indietro, a costo di rimetterci la vita, sempre. In questo libro sono stati raccolti alcuni brani indimenticabili delle sue battaglie (comprese quelle sentimentali) insieme a testi finora mai pubblicati in volume.
Come possiamo proteggere gli esseri deboli che non sono in grado di difendersi da soli e che sono minacciati non da un destino crudele ma da persone vicine che vogliono approfittare della loro fragilità? Come possiamo mettere in sicurezza i nostri diritti in vista di un futuro in cui potremmo non essere più in grado di esprimere le nostre volontà o di badare a noi stessi? Fin dagli anni Settanta, quando ha collaborato con il team di Franco Basaglia per giungere a una profonda riforma della psichiatria e dei suoi istituti, Paolo Cendon è stato un giurista che ha ascoltato le esistenze dei più vulnerabili, dei meno fortunati, di chi ha bisogno di assistenza, e si è assunto la responsabilità di cercare nuove vie per la salvaguardia di nuovi diritti. Alla sua azione si devono iniziative di legge che hanno portato al riconoscimento dell’idea di “danno esistenziale” e all’introduzione di figure come l’amministratore di sostegno. Oggi, grazie al caleidoscopio di storie vere ricavate da un’esperienza più che quarantennale, Cendon dimostra in questo libro che la fragilità è parte integrante della nostra umanità e, direttamente o indirettamente, ci riguarda tutti. Solo una visione globale che abbracci diritti, doveri e responsabilità, dal testamento biologico all’adozione e all’affido, dalla riparazione del danno esistenziale alla fine di un istituto crudele come l’interdizione all’alleviamento di tante forme di disagio, offre davvero alla nostra società la possibilità di una trasformazione profondamente benefica: una trasformazione che, anche grazie all’opera di Cendon, è già cominciata. Basta ricordare che “non esistono soggetti deboli, a questo mondo, ci sono soltanto persone indebolite” e le loro storie sono un aiuto per tutti a riconoscere anche i chiaroscuri di ogni vita.
Tanto tempo fa, quando il mondo era ancora giovane, un uomo e un bambino si incontrarono e decisero di viaggiare insieme. Mentre l'uomo cercava Toro da mettere nella sua valigia, il bambino riempiva il suo zaino di cose segrete. Le cose che l'uomo, quasi senza accorgersi, gli stava insegnando. Una storia tenera e commovente dedicata a tutti i papà e i bambini del mondo. Età di lettura: da 5 anni.