
Lorenzo La Marca, lo svagato detective dei gialli palermitani di Santo Piazzese, si trova ad Erice, ad un workshop del Centro Ettore Majorana. Mentre gironzola qui e là in cerca di riparo dalla inesorabilità del sole e dei colleghi, fa un incontro inatteso: l'amico dei primi anni di Biologia. Rizzitano, si chiamava, ed era sempre stato tanto capace di navigare tra uomini e donne quanto La Marca era impacciato. La rievocazione inevitabile s'impunta su una zona della memoria evidentemente sensibile: l'isola della Spada dei Turchi. E qui cambia la scena. L'ironia e il parlare per allusione e contrasti, tipici della spavalderia autocritica del personaggio, si modula, a poco a poco, al tono del ricordo. La mente torna agli inizi di La Marca, il ritratto del personaggio da giovane. Un pugno di anni di tanto tempo prima, studente alle prime armi, il suo professore, per studiare certi pesci, lo imbarcava su un peschereccio, il "Santa Ninfa". Navigando con gente di mare, gli era piaciuto scoprire cose immaginate sui libri di scienze e di avventura ma, una volta, s'era invaghito di un'isola della costa siciliana, la Spada. Ci vivevano "gli stravaganti" - così gli altri isolani chiamavano la colonia di individui finiti là, ognuno venuto da lontano, ognuno per ragioni diverse, qualcuno a viverci stabilmente, altri a ricercare periodicamente se stessi. Gravitavano intorno a un bar dal nome incongruo, fondato nel dopoguerra da un friulano precipitato in quello scoglio insieme alla moglie bellissima.
Mario Giorgianni (1945-2011) era un architetto e urbanista, docente universitario, e, fino alla sua morte, non aveva pubblicato nulla di esterno alle sue discipline accademiche. Nei suoi cassetti si sono trovati scritti letterari e sono per molti aspetti sorprendenti: come il romanzo "La forma della sorte" (2012) e come questa complessa narrazione della Società della serra. È una storia sociale, una storia urbanistica e un romanzo che si fondono insieme in un'epopea con splendidi ritratti di eroi contadini dell'epoca della riforma agraria a Ragusa. Alla fine del testo, sulla narrazione romanzesca prevale l'immaginazione sociologica che raffigura una società resa speciale dal tipo di convivenza umana plasmata dalla ricca economia della serra.
"All'inizio, nel secondo Ottocento, c'è il patriarca Luigi Sacco, bracciante d'ingegno e passione. Vengono poi i discendenti, grandi lavoratori tutti, e socialisti, tra emigrazione transoceanica e chiamata alle armi nella Grande Guerra, malversazioni e canaglierie di rozzi capimafia con alle spalle pupari altolocati, che prosperano nella latitanza dello Stato e sanno come avvantaggiarsi nella tragica notte del fascismo, nonostante il pugno di ferro del prefetto Mori (e grazie ad esso, anzi) che seppe abbattersi anche sui comuni oppositori politici. I cinque fratelli Sacco conoscono la disperazione a vivere in un regime di mafia. Si danno alla latitanza. Si sentono investiti di un ruolo di supplenza nella lotta (armata) contro i persecutori mafiosi. Diventano giustizieri solitari, nel silenzio ottuso dell'omertà: cittadini eslègi di uno Stato che non ha saputo garantirli. Vengono arrestati, processati, e inventati come "banditi" e predoni d'assalto. In carcere conoscono l'antifascismo. Incontrano Umberto Terracini e incrociano Gramsci. Il succo della storia, di questo western nostrano di onest'uomini indotti e costretti a farsi vendicatori, è di declinazione manzoniana: 'I provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che, in qualunque modo, fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi'." (Salvatore Silvano Nigro)
C'è una rapina nella casa di uno scrittore molto noto; col bottino, sparisce il computer in cui è salvato il suo ultimo romanzo non ancora consegnato alla casa editrice e incautamente non conservato in altro modo. Da questo momento il file comincia a scivolare come argento vivo sul piano accidentato della sua avventura, e si insinua, imprendibile e vivificante come il metallo liquido degli alchimisti, nel tran tran quotidiano dei tanti e diversi protagonisti. Ognuno dei quali sarebbe per sorte lontanissimo dagli altri, ma si trova coinvolto occasionalmente a causa della deviazione che quel manoscritto ha impresso nella sua esistenza. Il grande scrittore e la moglie; il giovane ingegnere a tempo determinato che lotta con la vita insieme alla affannata compagna; la bella agente di polizia, che conduce l'indagine in competizione con il laido superiore; la banda dei balordi; il tecnico appena disoccupato che c'è capitato per caso; il vecchio editore e la giovane editor. Questa varietà di personaggi, con i loro pezzi di vita, l'autore muove intorno alle eventualità aperte dallo svolgersi dell'inchiesta di polizia, su cui a loro volta gli individui incidono inconsapevoli con le scelte che fanno, creando una commedia degli incroci della vita.
"La vita andava avanti lo stesso, spietata e inutile come quei giorni di agosto". C'è un morto sulla spiaggia con una siringa in vena: Montalbano, con Livia a Vigàta per il Ferragosto, sospetta una montatura, scopre il colpevole ma viene scavalcato. Un milionario russo è stato assassinato nel resort non lontano dal BarLume: il Barrista e i Vecchietti cercano la donna. Una rapina in banca finisce quasi in una strage: il vicequestore Rocco Schiavone gioca un po' sporco, come al solito. Nel cuore afoso delle ore piccole, una splendida fuggitiva irrompe nella Casa di ringhiera: tutto in una notte per il vecchio De Angelis con la sua auto feticcio e, dietro, il corredo di equivoci sarcastici da ballatoio. Un attentato nel ricco mondo dell'industria vinicola siciliana: Baiamonte, steso sulla sdraio, indaga per noia. Una pistola da collezione ha ucciso la moglie del commissario Carreras e ogni indizio accusa il marito: Petra Delicado e Fermin Garzón scommettono sul vero amore. Da Salvo Montalbano a Petra Delicado, gli investigatori degli autori presenti in questa raccolta hanno poderose personalità, tanto da riempire ampiamente lo spazio dei loro casi, non meno di quanto lo facciano gli intrecci in cui capitano. Da questa osservazione nasce l'idea di misurarne, appunto, la personalità, impegnandoli alla prova di occasioni speciali, di feste comandate e di giornate in cui di solito tutti vorrebbero liberarsi dei ruoli ufficiali.
Come fa la professoressa Angela, la rassicurante compagna del pensionato Amedeo Consonni, a mantenersi economicamente, lei che ha lasciato il liceo dove insegnava ed è troppo giovane per avere la pensione? Di chi sono in realtà gli appartamenti dove va regolarmente a bussare per riscuotere la pigione mensile? E come si giustifica quella preziosa collezione di servizi da caffè che brillano nella vetrina del suo salottino? Lo veniamo a sapere dalla sua voce, nel "Segreto", il manoscritto confessione che la ex professoressa affida all'amato vicino di pianerottolo, Amedeo Consonni. E dal momento che la cifra narrativa di Francesco Recami è quella di partire da una banalissima domanda, magari pettegola, magari indegna di attenzione, per aprire orizzonti di presunti crimini e avventure dentro la sua Casa di ringhiera, la risposta che attende sarà delle più perversamente complicate. Il segreto comincia qualche anno addietro. Angela è una professoressa di lettere al liceo, democratica, con le Birkenstock ai piedi, contenta del lavoro e frustrata dalla vita e dalla famiglia: insomma il tran tran quotidiano del tipo dell'insegnante come solo il cinismo di Recami sa rappresentare. Succede che un allievo viene rapito, mentre è in vacanza in Sardegna. È uno di quelli che Angela non può sopportare. Straricco, protetto dai genitori parvenus, strafottente stupido e (purtroppo) bello. Ma giusto per l'ultimo compito in classe, ha scritto un tema stranamente interessante, prima di scomparire.
Breve romanzo comico dell'autore sudanese di "La stagione della migrazione a Nord", "Le nozze di al-Zain" (pubblicato nel 1969) racconta le stravaganti imprese sentimentali di un personaggio unico nella letteratura di ogni paese. Alto e sgraziato, due soli denti in bocca, al-Zain si è conquistato sul campo una fama sfortunata, quella di un uomo che si invaghisce perdutamente di ragazze che finiscono sempre per sposare qualcun altro. Non gli manca il buon gusto, visto che "si innamorava solo delle ragazze più belle e attraenti del paese, quelle più educate, e quelle con la parlata più dolce", ma tanto efficace è questa sua paradossale qualità, questo suo disperato talento, che le madri affrante di figlie zitelle lo cercano e lo inseguono, confidando nel suo amore senza speranze per cambiare il destino nuziale di quelle giovani donne dall'incerto futuro. Ma un giorno nel villaggio affacciato sul Nilo tutti rimangono sorpresi per una notizia che ha dell'incredibile: al-Zain la "Giraffa", al-Zain che appena nato non aveva pianto ma era esploso in una risata, che sin dai primi mesi faceva divertire fino alle lacrime donne e bambini, al-Zain che ha perso i denti a sei anni e che non ha mai avuto un pelo di barba, né ciglia, né sopracciglia - al-Zain, si sposa. Per lui è più di un miracolo, per il villaggio una sconvolgente rivelazione da cui nascono confronti e tensioni, discussioni e diatribe, tra i devoti e gli empi, tra poveri e benestanti, tra moderni e tradizionalisti...
"Ehi, Khoury, non è ancora tornata, vero? - Chi parla? - Non te ne deve fregare di chi parla. Abbiamo preso tua moglie, arabo di merda. La vuoi indietro o no?". Kenan Khoury, libanese di New York e trafficante di droga, in pochi minuti è pronto a pagare quasi mezzo milione di dollari per riavere la bella, dolce, innocente Francine. E la ritrova, dopo una serie di giri pazzi, nel portabagagli di un'automobile, a pezzi. Nella grande città, una coppia ben organizzata uccide per godere del palpito di dolore delle giovani prede, e ha di mira le donne amate dai fuorilegge. Matthew Scudder, ex poliziotto, ex alcolista, detective senza licenza, si mette al lavoro per scoprire il mostro e consegnarlo, forse, alla vendetta: perché un narcotrafficante non può parlare alla polizia, perché c'è spesso più umanità e lealtà dove meno ce l'aspettiamo, e soprattutto perché la striscia di sangue innocente è cominciata ben prima di Francine e rischia di continuare dopo, con un'altra inconsapevole vittima. Per le strade inquiete di Brooklyn, corre un'indagine che interpreta indizi e decifra tracce e che è insieme una caccia all'uomo, condotta da un manipolo eterogeneo (la prostituta compagna di Scudder, il narcos e suo fratello, uno spiritoso ragazzino dickensiano e due strani amici esperti di computer e marciapiedi), creature del disordine ma piene di una suadente armonia etica.
"Sognando, Montalbano è entrato in un sogno dipinto da Rousseau il Doganiere. Si è ritrovato, insieme alla fidanzata Livia, nel respiro di luce e nella convivenza innocente di un'edenica foresta. Gli intrusi riconoscono il luogo solo grazie a un cartello inciso a fuoco. Sono nudi. Ma portano addosso l'ipocrisia di foglie di fico posticce, fatte di plastica. L'armonia dell'eden, la sua mancanza di volgarità e violenza, è una finzione pittorica. Non appartiene a nessun luogo reale. E neppure ai sogni. Ciononostante, anche nella cieca e brutale realtà può sopravvivere la delicatezza del canto discreto e cortese di un uccello del paradiso saltato giù dai rami dipinti o sognati. Montalbano viene svegliato dal fischiettare di un garbato vagabondo che intona II cielo in una stanza, con "alberi infiniti", imponendosi sul fracasso di un temporale. La filologia congetturale del commissario deve applicarsi al fondo torbido e malsano di esistenze nascoste e incarognite dal malamore, dagli abusi e dalle sopraffazioni, dalla crudeltà e dalla sordidezza, dalle ritorsioni e dai ricatti, dalla gelosia e dal rancore: non meno che dall'interesse. Il ragioniere Cosimo Barletta, sciupafemmine compulsivo e strozzino, è stato trovato morto: ucciso con modalità che a prima vista appaiono inesplicabili, e addirittura insensate. Montalbano indaga sui segreti impenetrabili di una famiglia e sui misteri di una comunità. Sui rapporti di sangue e quelli di affinità." (Salvatore Silvano Nigro)
Nel 1942, nell'imminenza della battaglia delle Midway, le truppe giapponesi occupano due isole al largo dell'Alaska. L'anno successivo gli americani le riconquistano con una azione cruenta, e nella furia della ritirata quattro cani appartenenti alle unità cinofile nipponiche vengono lasciati indietro. I soldati appena sbarcati non possono saperlo, ma si tratta di esemplari di una casta di combattenti eccezionali. Sono tre pastori tedeschi e uno di razza hokkaido, e questo è solo l'inizio della loro storia. Nell'arco della seconda metà del XX secolo, "il secolo delle grandi guerre e dei cani soldato", diventeranno protagonisti e testimoni di straordinarie vicende. Presi in consegna dai nuovi padroni, due di loro verranno impiegati nelle battaglie decisive della guerra del Pacifico; uno diventerà il cane da slitta più famoso d'America, mentre l'ultimo, fedele ai giapponesi, trascinerà un drappello di nemici verso un campo minato. Con il trascorrere dei decenni i numerosi eredi di questa dinastia si diffonderanno in tutto il pianeta, selezionati, allevati e addestrati con la massima cura per essere impiegati negli scenari più stupefacenti -la guerra di Corea, l'oscurità dei tunnel sotterranei in Vietnam, poi in Afghanistan, oppure al servizio della squadra antinarcotici della polizia messicana negli anni Settanta, o ancora del KGB, della mafia russa e di quella cecena. Cani che si innamorano, fanno figli, li vedono vivere e morire, fuggire e non tornare mai più...