Avere paura è un grande destino umano. I tempi difficili in cui siamo immersi ne sono segnati e questo sentimento rischia di immobilizzarci, come animali di fronte a un pericolo. Ma forse è possibile guardarlo con altri occhi. In queste pagine colte e appassionate, Adriano Prosperi ci accompagna a incontrare le paure dell'uomo, ci racconta le epoche di pestilenza e ci ricorda la potenza di un'iconografia del peccato e del Male che informa e percorre le costruzioni intellettuali attraverso cui comprendiamo la vita. E assieme al passato ci spiega il presente, mettendo a nudo il cuore antico della nostra modernità globalizzata, in un'analisi sferzante di ciò che davvero abbiamo da temere: un orizzonte di disparità economica, saccheggio ambientale e impoverimento culturale. Questo è il vero flagello, su questo orizzonte compariranno - o sono già comparsi - i nuovi cavalieri dell'Apocalisse. La pestilenza ha portato alla luce, come in ogni tempo, complottismi popolari e strategie dei potenti, attacchi ai medici e processioni penitenziali, pozioni miracolose e capri espiatori. Ma occorre guardare oltre. E riconoscere la paura nel suo aspetto più nascosto di forma di dominio, peste delle menti per cui esiste un solo rimedio, pietra filosofale ricercata nei secoli dalla scienza come dall'arte: la conoscenza. L'arma con cui possiamo affrontare un sentimento che ci appartiene e che, se riusciamo a dominarlo, può renderci più forti.
Sono le donne a custodire l'identità italiana. Partendo da questa convinzione, Aldo Cazzullo rievoca le figure, il carattere e le storie delle italiane che ha conosciuto. Un racconto a più voci che è anche un viaggio dentro l'animo femminile e nella comunità nazionale. Dalle centenarie che hanno fatto l'Italia, come Franca Valeri e Rita Levi Montalcini, alle giovani promesse di oggi, come Chiara Ferragni e Bebe Vio. Donne di potere, come Nilde Iotti e Miuccia Prada, e donne di parola, da Oriana Fallaci a Inge Feltrinelli. Per arrivare a oggi: chi ha salvato l'Italia nell'anno terribile della pandemia? Noi diciamo medici e infermieri, al maschile. Ma non solo la maggioranza delle infermiere sono donne; sono donne la maggioranza dei giovani medici. Neppure il lockdown ha fermato le cassiere dei supermercati, le edicolanti, le poliziotte, le farmaciste, le professoresse che hanno fatto lezione on line, le mamme che hanno lavorato e badato ai figli rimasti a casa, le nonne che hanno corso rischi pur di prendersi cura dei nipoti. In queste pagine si raccontano in prima persona attrici come Monica Bellucci e Stefania Sandrelli, cantanti come Laura Pausini e Gianna Nannini, campionesse dello sport come Valentina Vezzali e Federica Pellegrini. Scrittrici come Dacia Maraini, critiche come Fernanda Pivano, editrici come Elvira Sellerio. Ma compaiono anche figure storiche come Chiara d'Assisi, patriote, partigiane, combattenti. Alcune non ci sono più, altre hanno tutta la vita davanti. Samantha Cristoforetti ha conquistato lo spazio, Nives Meroi l'Himalaya, Sofia Viscardi la Rete. Tante hanno sofferto moltissimo, sia pure in modi diversi: Alda Merini in manicomio, Vittoria Leone nelle stanze del potere, Maria Romana De Gasperi quando il padre era nelle carceri fasciste. Molte testimoniano che l'Italia resta purtroppo un Paese maschilista; ma tutte confermano che la grande avanzata delle donne è appena cominciata.
A novant'anni Liliana Segre, superstite della Shoah e senatrice a vita, decide di interrompere il trentennale impegno di testimonianza davanti a migliaia di ragazzi, in centinaia di scuole. Lo fa con un ultimo, indimenticabile discorso pubblico il 9 ottobre 2020 a Rondine (Arezzo). Un ideale passaggio di testimone alle nuove generazioni, un documento per preservare la memoria di ciò che è stato, raccontato dalla voce di chi l'ha vissuto. E, insieme, un messaggio di incoraggiamento e speranza, di altissimo valore civile, per i giovani e per tutti. Il testo, in cui Liliana Segre ripercorre la sua tragica esperienza, dalle leggi razziali del 1938 alla deportazione ad Auschwitz-Birkenau, è raccolto integralmente in questo libro. Nel volume anche altre parole, immagini, ricordi della senatrice, dal lager fino a oggi, con proposte di approfondimento e un percorso cronologico. Per non dimenticare. E perché la storia non si ripeta né oggi né mai. Prefazione di Ferruccio de Bortoli. I proventi dei diritti d'autore verranno interamente devoluti in beneficenza.
La storia dei campioni del Cagliari non finisce certo con lo storico scudetto conquistato il 12 aprile 1970. Comincia, anzi, un periodo travolgente: per loro, per la Sardegna e per l'Italia. Un'intensa stagione che porta nuove epiche partite: da quelle del campionato, dove la squadra lotta per mantenere il suo primato, ma deve fare i conti con la malasorte, a quelle del Mondiale in Messico, in cui tanti dei compagni sono chiamati a giocare. Una stagione difficile per l'eroe indiscusso Gigi Riva, fuori uso per mesi dopo l'infortunio di Vienna e inseguito dai media a caccia di uno scoop sul suo amore con la misteriosa «Dama Bianca». Una stagione, nel finale, di dolceamari addii con la fine dell'era Scopigno. Ma in questa storia magica e tormentata c'è molto più del calcio e dei suoi campioni. C'è una Sardegna che corre e si rinnova diventando protagonista, tra le miniere di fluorite e la più grande raffineria del Mediterraneo, del rilancio industriale del Paese. E c'è un'Italia intera che lotta per portare nella modernità una società percorsa da discriminazioni arcaiche, dove non esiste il divorzio e imperano le disparità salariali tra Nord e Sud. Luca Telese racconta quegli anni indimenticabili con il passo narrativo del grande romanzo di popolo, di padri e di figli, di battaglie sul campo e fuori. Un'immersione nell'anima di un tempo e di una terra che intreccia partite e retroscena, copertine del «Monello» e radiocronache di Sandro Ciotti, stadi in costruzione e antiche architetture megalitiche. Perché la storia, quando si fa mito, è immensa e inesauribile.
Cosa è successo alla scuola? Come possiamo risollevare le sorti dell'istituzione più importante per il futuro del Paese dopo una fase difficile come quella che sta affrontando? Dovremmo partire dagli insegnanti motivati e capaci che la sorreggono nonostante i molti ostacoli e dal serbatoio di vitalità degli studenti. E poi naturalmente occorre ridare all'istruzione le risorse e la centralità che merita. La scuola può fare la differenza, soprattutto in momenti di crisi. Dacia Maraini ne è convinta e lo testimonia con il suo impegno in difesa dell'insegnamento come negli interventi scritti nel tempo e in alcuni intensi racconti raccolti in questo libro: "L'esame", "Il bambino vestito di scuro" e "Berah di Kibawa". Da sempre l'autrice si dedica al dialogo con gli studenti e con i loro docenti approfondendo modelli di apprendimento e impugnando questioni di diritti e di riforma, e in queste pagine racconta una scuola come dovrebbe e potrebbe essere, filtrata dagli occhi di scrittrice, di intellettuale civilmente impegnata e anche di docente. Storie, idee, battaglie e ricordi di una vita intera, dalle lezioni al Liceo di Palermo all'insegnamento nel carcere di Rebibbia. Un viaggio tra i banchi, anche attraverso la forza dell'immaginazione, da cui emerge l'urgenza di garantire ai nostri ragazzi un'istruzione migliore per ridare all'Italia una concreta speranza nell'avvenire.
Fu colonizzazione del Mezzogiorno o nascita di un Paese moderno? A centosessant'anni dall'Unità d'Italia, un'inchiesta storica che prende le distanze dal mito dell'impresa eroica e senza macchie ma ridimensiona soprattutto le ricostruzioni di un Meridione felice e florido sotto i Borbone, aggredito a tradimento dai Savoia. Il Regno delle due Sicilie era davvero una grande potenza economica in ascesa tra cantieristica, acciaierie, tessile e agroalimentare? Quali erano effettivamente il tenore di vita di un abitante del Regno e il suo livello di istruzione? E nell'impresa dei Mille quanti furono i patrioti di origine meridionale? Quanti i liberali che insorsero e si unirono ai garibaldini? Quale fu in quegli anni il vero ruolo della malavita organizzata e quello del brigantaggio? I capitoli controversi analizzati e «rivoltati» dall'autore sono molti: dai fatti di Fenestrelle agli incendi di Pontelandolfo e Casalduni sul cui fuoco continuano a soffiare i «neoborbonici». Tappe cruciali per sgombrare il campo dai molti equivoci di parte e comprendere come avvenne il processo di unificazione della Penisola e come si integrarono le regioni meridionali nel nuovo Stato unitario, come nacque la «questione meridionale» a fine Ottocento e come si è arrivati a quella di oggi.
La famiglia è un'istituzione con origini antiche ma è sempre mutata nel tempo seguendo i passaggi e le grandi tendenze economiche, sociali e culturali. Sta ora vivendo la sua fase digitale ed è sempre più influenzata dal trionfo di internet e dell'uso dello smartphone che è diventato un'appendice del nostro corpo e della nostra mente. Quali sono le conseguenze di questi mutamenti? Cosa sta succedendo alle figure dei genitori e dei figli e alle relazioni tra loro? E quali sono i rischi per l'immediato futuro se non si affrontano i problemi che stanno emergendo nella vita quotidiana e nei comportamenti, dagli eccessi sui social network al mutismo affettivo, dalla falsa percezione del tempo al dominio dell'economia dell'inutile? Sono alcune delle questioni che Vittorino Andreoli affronta in questo libro analizzando gli effetti della trasformazione «digitale» in atto. Un saggio di ampia prospettiva e forte attualità che evidenzia i pericoli di un adattamento passivo al cambiamento tecnologico e il rischio di una società senza famiglia, ma che riconosce anche la capacità del nucleo parentale di ritrovare la forza e le funzioni peculiari che l'hanno caratterizzato in millenni di storia.
Stiamo perdendo il senso più profondo delle parole col rischio di diventare anime afone. Per imparare a conoscere meglio noi stessi, dobbiamo allora provare ad ascoltare davvero la nostra voce, a leggere con attenzione il modo con cui entriamo in relazione con gli altri: il «cuore della vita». Ed è quello che fa Nunzio Galantino in questo viaggio intorno all'uomo che spazia tra pensiero laico e religioso, tra letteratura, sacre scritture e cultura popolare. Possiamo vivere in pace o rivalità, con ragione e rispetto, con odio o equilibrio ma dovremmo farlo con maggiore consapevolezza della realtà, indagando l'autentico significato delle parole e dei sentimenti, dei pensieri e delle azioni. Perché solo avvicinandoci al senso e alla forza della parola possiamo provare a comprendere il mistero dell'uomo e scoprire la vera ricchezza che è dentro ognuno di noi, contribuendo tutti insieme a prenderci cura del mondo in cui viviamo.
Aristocrazia significa in origine «governo dei migliori» ma nei secoli è passata a indicare il potere dei privilegiati per nascita. L'Italia di oggi soffre di una cronica mancanza di ricambio meritocratico nella sua classe dirigente, imprenditoriale e politica, che la sta condannando al declino. Aristocrazia 2.0 è il progetto possibile di una nuova élite del talento e della competenza che può portare finalmente il nostro Paese fuori dalla palude di impoverimento e decadenza in cui si trova da quarant'anni a questa parte, resa ancora più profonda dalla pandemia di Covid. Per vincere la sfida della rinascita l'Italia deve introdurre la cultura del merito a scapito dei privilegi delle rendite che insieme agli eccessi dell'egualitarismo e alla furbizia anti-regole hanno costituito un blocco che ha frenato finora lo sviluppo e le opportunità. Nel suo nuovo libro Roger Abravanel analizza i vizi del sistema economico e sociale nazionale e ricostruisce i passaggi della storia imprenditoriale italiana degli ultimi decenni, spiegando perché abbiamo accumulato un ritardo non solo economico ma di pensiero rispetto ai Paesi leader in Occidente e nel mondo asiatico. Per salvare un'economia che negli ultimi trent'anni ha perso 32 punti di Pil, sarà necessario mettere in moto un nuovo capitalismo, con al centro una fucina di idee nelle università d'eccellenza, e un riequilibrio dei poteri pubblici a partire da quello giudiziario. Un'analisi spietata che avanza proposte concrete per una svolta non più rimandabile.
Ogni lingua sceglie nel tempo il proprio modo di dire il mondo. Perché le parole non descrivono, ma interpretano il mondo in cui viviamo: strutturano, incorniciano, inquadrano la realtà; creano i nostri schemi mentali. Gli antichi credevano che i nomi fossero conseguenza delle cose. Oggi sappiamo che sono piuttosto le cose a essere spesso conseguenza dei nomi: sono le parole a influenzare i nostri comportamenti. Parole dette, ascoltate, digitate, lette in quell'incessante comunicazione che caratterizza il nostro tempo. Guardare il mondo dalle parole, allora, significa vedere e capire qualcosa in più di tutto quello che ci accade intorno. Dalla tecnologia alla politica, dalla moda alle relazioni sociali, fino agli sconvolgimenti portati dalla recente pandemia, questo libro si propone come una sorta di mappa del mondo in cui viviamo. Oggi più che mai un mondo di parole.