Questo libro non è uno scritto. È fatto di una serie di conversazioni svoltesi nelle circostanze più varie, su riviste e in trasmissioni radiofoniche, tra il 1998 e il 2011, quasi tutte inedite in lingua italiana. Le parole sono state lasciate nella loro improvvisazione originale. Il lettore potrà notare che alcuni temi ritornano con insistenza; sono quelli del desiderio e del godimento, del disagio della giovinezza e dei suoi sintomi, delle anoressie-bulimie e delle mutazioni antropologiche che caratterizzano il disagio della nostra Civiltà, dell'esperienza del fallimento come antagonista al discorso del capitalista e della crisi diffusa del discorso educativo. Attraverso Lacan (accostato qui al Pasolini luterano), Massimo Recalcati, meditando sulla propria pratica clinica di psicoanalista, offre una visione lucida e appassionata del nostro tempo e dei sintomi che lo rappresentano, insieme a una sintesi chiara ed efficace del proprio itinerario di ricerca che può considerarsi una prima introduzione generale al suo pensiero.
Se, in tutto il mondo, le democrazie soffrono di una disconnessione tra la maggior parte dei cittadini e le élite politiche, molti riterranno che il governo non sia in grado di comprendere le loro esigenze o di affrontare i loro problemi. La frustrazione derivante porterà gli elettori a scegliere demagoghi più che amministratori capaci. Affidarsi agli esperti e dialogare con i residenti locali e i funzionari preposti, soprattutto nei quartieri poveri e svantaggiati, è uno dei modi per rifondare una nuova democrazia. Grazie a esempi concreti di democrazia partecipativa attivi a livello locale, gli autori di questo saggio dimostrano come, se si vuole puntare a una nuova democrazia, si deve non soltanto ipotizzare soluzioni ma definire prima i problemi specifici da affrontare. Bisogna percepire di essere tutti dalla stessa parte, superando le differenze e generando fiducia, se si intende progettare insieme democraticamente il futuro della propria comunità.
«Una società che mira alla crescita per la crescita è una società assurda e condannata al fallimento» La società del consumo di massa globale si trova in un vicolo cieco. L'idea di una crescita senza limiti - quando la realtà fisica, biologica e geologica del pianeta appare invece limitata - contiene in sé i prodromi della catastrofe. Ecco allora che un nuovo paradigma economico, che abbia come obiettivo l'armonia con l'ambiente, proprio come avviene ad esempio nelle tradizioni orientali, potrebbe essere la nostra scialuppa di salvataggio. In un dialogo serrato con Lanza, Latouche rivela che avrebbe potuto, e forse dovuto, proclamarsi un «ateo della crescita» o, a essere più rigorosi, un fautore dell'«a-crescita». Dal momento che, mentre alcune cose posso crescere esponenzialmente, altre invece non devono farlo, se ci si accorge che minano le basi del nostro vivere insieme. In un mondo minacciato dai cambiamenti climatici, anche l'espressione «sviluppo sostenibile», oggi sulla bocca di tutti, è di fatto un ossimoro: lo sviluppo in sé e per sé è palesemente non sostenibile e la nostra stessa sopravvivenza richiede nuovi schemi di pensiero.
"Immaginate un tavolo pieno di libri aperti, di fotocopie, di appunti, e poi ancora tazze di caffè e bicchieri d'acqua. Immaginate una montagna di libri in disordine e poi moltiplicate per tre e avrete un barlume d'idea del lavorio e del disordine che c'è dietro a questo libro". È con queste parole che Elena Granata, architetto e docente del Politecnico di Milano, Chiara Granata, musicista e dottore in filosofia, Anna Granata, ricercatrice in pedagogia interculturale all'Università di Torino, aprono il racconto del loro approccio felice al sapere. Un originalissimo libro che nasce dall'insofferenza verso un'idea convenzionale di sapere che ignora le relazioni e le comunanze e si trincera dietro codici e discipline, una ricerca che fa vibrare la bellezza e l'emozione della scoperta culturale partendo da un'intuizione feconda: tutte le idee sono sorelle, non ha senso recintare il sapere in orticelli chiusi.
Quando la politica si incontra e si scontra con il luogo della formazione e della ricerca. Il diario del prorettore che si è dimesso non "contro" la politica, ma contro un certo modo di "mettere le mani" sull'Università da parte di una potente Provincia autonoma. Il racconto della svolta all'ateneo di Trento, così come è stato vissuto da uno dei protagonisti, in prima linea per difendere la libertà dell'università. Una storia italiana, quasi un "giallo politico", che entra nelle contraddizioni della politica senza fare sconti ai difetti e alle incoerenze della classe accademica. Con una ricca appendice di documenti.
Max Picard, singolare medico filosofo svizzero (1888-1965), ancora poco noto in Italia, rappresentava il mondo del Novecento come minacciato dal rumore continuo, dalla chiacchiera vuota, da "parole corrotte", dall'inarrestabile alleggerimento della realtà e delle relazioni. Secondo Picard occorre volgersi di nuovo alle cose e ai volti per imparare ad ascoltarne il silenzio originario e a dirlo in parole integre e in immagini pregne. La severa critica di Max Picard alla modernità fa uso di un linguaggio ricco di metafore, poetico ed evocativo, ma nel contempo rigoroso e stringente, del quale sono splendidi esempi opere quali" La fuga davanti a Dio", "Hitler in noi stessi" e "Il mondo del silenzio". Jean-Luc Egger ricostruisce in queste pagine i cardini del pensiero picardiano a partire proprio dal silenzio, senza il quale la parola, le cose e l'uomo stesso sono destinati a smarrire la propria identità.
Mito del pacifismo, voce limpida e passionale, inarrivabile, maestra del folk, Joan Baez è l'artista della scena musicale della seconda metà del Novecento che più ha contribuito alla formazione di un'opinione pubblica antimilitarista e "democratica" in America e in Europa. Il libro ripercorre le instancabili battaglie civili e politiche della Signora del Folk, dall'opposizione alla guerra del Vietnam alla Cecoslovacchia, dal Cile alla Cambogia, gli amori (Bob Dylan) e i maestri (Pete Seeger), le lotte per l'ambiente e per l'eguaglianza, fino alle nuove frontiere nell'era Bush e anche sotto Obama, dalla parte di Occupy Wall Street. Sempre in prima linea.
Alexander Langer, sudtirolese di lingua tedesca, è nato nel 1946 nel profondo nord di Sterzing/Vipiteno, attraverso le esperienze nella gioventù francescana e in Lotta continua, diventa uno dei leader dei Verdi italiani. Ed europei, con l'approdo al Parlamento di Strasburgo. Le cento battaglie di un nonviolento, la sua testimonianza in prima linea contro la guerra di Bosnia, la scelta di stare dalla parte dei deboli sulla scia di don Milani e padre Balducci, la sofferenza personale di fronte alle contraddizioni della politica e della storia, fino alla morte sulle colline fiorentine, nel 1995, a 49 anni d'età. Il combattente inerme si è sentito sconfitto, impotente. Ma ha lasciato un biglietto ai mille amici: continuate in ciò che era giusto. E lo è ancora. Esce con una nuova introduzione, il ritratto di Langer di Florian Kronbichler (Was gut war. Ein Alexander-Langer-Abc, Raetia 2003). L'autore è un giornalista, e oggi deputato di Verdi-Sel, che lo conosceva molto bene. E ne racconta la storia, le idee, le vittorie e le sconfitte di uno dei politici più anomali, geniali e amati del secondo Novecento.