È il 1923 e ad Argenta, piccolo comune vicino Ferrara, viene dato il via alle iscrizioni all'Opera Nazionale Barilla. L'iniziativa non riscuote successo, solo un ragazzo del paese aderisce. I fascisti cercano un capro espiatorio e lo trovano in don Giovanni Minzoni, il sacerdote che gestiva l'associazionismo di stampo cattolico. Hanno così inizio le minacce e le intimidazioni a cui Minzoni risponde così: «Faccio del bene, ai cuori ed alle intelligenze, al popolano come al ricco, non per merito mio, ma per grazia divina, e, se la mia missione è contrastata, allora fiero insorgo a protestare, poiché la Religione non ammette servilismi, ma il martirio...». Parole profetiche, perché il 23 agosto dello stesso anno il sacerdote viene aggredito da due squadristi fascisti che facevano capo a Italo Balbo e muore per le ferite riportate. Questo volume raccoglie parte dei suoi scritti contro il fascismo e sul tema dell'educazione.
A partire dalle vicende di Abramo, Isacco e Giacobbe - le tre figure più paradigmatiche dell'Antico Testamento, modelli imperfetti di una umanità in cui è possibile riconoscersi - si snodano le riflessioni raccolte in questo libro. Nella forma del racconto più che dell'indagine esegetica, ma sempre aderente al testo biblico, Alberto Mello invita a entrare in una nuova confidenza con l'umanità dei Patriarchi. Abramo, Isacco e Giacobbe mostrano così il loro fascino e ancor più la loro imperfezione; questo è il modo attraverso cui il Dio unico e personale della Genesi si rivela, con caratteristiche e modalità diverse che sono rilette nella prospettiva delle tre virtù teologali: fede, speranza e amore. Un'esperienza di unità nella diversità, non confinata alla religione premosaica, ma con precise ricadute nella vita del credente di ogni tempo e di ogni uomo e donna che si riconosca parte della discendenza abramica.
È il Paese dei capelli bianchi e delle culle vuote. Che fatica ad accettare Dio, fa spallucce davanti al Vangelo e spesso s'arrabbia quando sente parole come solidarietà e accoglienza. Quali spazi, quale ruolo e quale futuro può avere la Chiesa in Italia? Di tutto questo deve (dovrebbe) occuparsi il Sinodo. Il tempo non manca: si andrà avanti fino al 2025. Ma le idee? Alberto Chiara ha dialogato con donne e uomini che, da credenti, abitano il mondo: Giuseppe Notarstefano (Azione Cattolica) Emiliano Manfredonia (Acli) Davide Prosperi (Comunione e Liberazione) Roberta Vincini e Francesco Scoppola (Agesci) Margaret Karram (Movimento dei focolari) Salvatore Martinez (Rinnovamento nello Spirito Santo) Giovanni Paolo Ramonda (Comunità Papa Giovanni XXIII) Ernesto Olivero (Sermig) Ivana Borsotto (Focsiv). A questi incontri, in cui ciascuno si esprime con grande franchezza e intensità, seguono quattro preziosi commenti dello storico Andrea Riccardi, del sociologo Franco Garelli, dell'economista Leonardo Becchetti e del magistrato Gian Carlo Caselli.
«Accogliamo l’annuncio della nascita di Gesù come Cristo Salvatore, Cristo Signore. Dobbiamo ravvivare la nostra speranza, perché Dio ormai è presente nel mondo e quindi, anche nelle circostanze più umili e dolorose della nostra vita, abbiamo il “Dio con noi”, l’Emmanuele, Gesù che si è fatto bambino per condividere tutta la nostra esistenza e accompagnarci nel nostro cammino».
Albert Vanhoye, cardinale dal 2006, gesuita francese, dottore in scienza biblica, è professore di esegesi del Nuovo Testamento al Pontificio Istituto Biblico di Roma sin dal 1963. È stato a lungo membro della Pontificia Commissione Biblica (1984-2001) e ne ha diretto i lavori dal 1990 al 2001. Ha pubblicato numerosi articoli e libri di esegesi scientifica, nonché di spiritualità. Nelle edizioni dell’Apostolato della Preghiera ha pubblicato: "Per progredire nell’amore", "Vivere nella nuova Alleanza", "Mistero di Cristo e vita del cristiano" (2004), "Le letture bibliche delle domeniche. Anno A,B,C" (3 voll.), "Messa, vita offerta", e per ultimo, "Accogliere l’amore che viene da Dio".
Giornalista tutto d'un pezzo, reporter infaticabile, amante della vita e della bellezza, Matteo Scanni è morto a soli 51 anni, lo scorso 27 gennaio 2022. Il padre Alberto, oncologo di fama internazionale, ripercorre la storia della malattia di Matteo, fino all'esito fatale, raccontando il dramma e lo strazio di vedere il proprio figlio morire proprio per un tumore. «Da questo accadimento ho capito che essere coraggiosi si può. Che devo dare sempre più ascolto ai malati, che chiacchierare non basta, ma che bisogna fare. Che coi malati bisogna essere "gentili" e che gentilezza non sono solo le buone maniere, ma che è una disponibilità interiore sublimata da un comportamento. Che la medicina deve essere, per sua natura, una professione "gentile" che ha nel malato, un oggetto prezioso e delicato».
Lucio Domizio Aureliano (Sirmio, 9 settembre 214 /215 - vicino Bisanzio, 25 settembre 275) apparteneva a una famiglia di agricoltori. La sua carriera militare venne favorita dall'imperatore Valeriano e si affermò durante l'impero di Gallieno. Era di spirito pronto, d'indole impetuosa e inesorabile, tanto che i compagni d'arme gli rifilarono il nomignolo di "mano al ferro [spada]". Nel 270 le truppe lo acclamarono Imperatore. L'Impero pareva prossimo allo sfacelo: regnavano disordine, miseria ed epidemie; lo stato era finanziariamente fallito; l'esercito in continua rivolta; i confini, per tutta la distesa dal Reno al Danubio, in preda a Iutungi, Alamanni, Vandali e Goti; la Gallia e la Britannia ormai s'erano costituite in uno stato, romano di forma, ma autonomo; i territori d'Asia soggetti ai sovrani di Palmira, in particolare a Zenobia, erano legati a Roma in apparenza. Aureliano riuscì nei primi tre anni a rinsaldare la compagine dello stato romano e a salvarlo e poté celebrare un trionfo (274 d. C.) dei più fastosi che Roma abbia veduto e uno dei più meritati, ricevendo il titolo di restitutor orbis (riunificatore dell'Impero). L'opera restauratrice di Aureliano ebbe largo campo anche nella pubblica amministrazione e in particolare nella parte finanziaria. La sicurezza e gli abbellimenti di Roma, il mantenimento e l'igiene della popolazione occuparono molta parte dell'attività di questo imperatore che, inoltre, diede inizio alla costruzione di quelle mura attorno a Roma che portano ancora il suo nome. La sua opera militare e politica fu compiuta con coscienza romana, volta a rafforzare il potere centrale. I trionfi militari gli conferirono l'autorità necessaria a intraprendere l'opera di restaurazione della disciplina dell'esercito che portò avanti col solito rigore inflessibile, cosa che finì con alienargli il sostegno di alcuni ufficiali che ne decretarono la morte.
Parola detestata dai più, che sottintende spesso un giudizio negativo. Perché? Da sempre l'umanità scambia beni e servizi, ma è dalla Rivoluzione industriale che la dimensione economica del mercato ha modificato radicalmente la nostra vita: per la prima volta nella storia abbiamo sperimentato cosa vuol dire «crescita», e con essa un aumento del reddito medio e della speranza di vita. Allo stesso tempo, le disuguaglianze proliferano: i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. Il capitalismo è dunque solo uno strumento di sfruttamento dell'uomo sull'uomo? Rivedute e corrette, le accuse di oggi sono le stesse dell'epoca di Marx ed Engels. Questo libro intende fare un po' di ordine e soprattutto raccontare un'altra storia. È dalla Rivoluzione industriale che aspettiamo la fine del capitalismo. Ma per sostituirlo con cosa?
Questo volume dedicato a Maria Goretti è il primo della collana "I Santi del Messalino", che intende offrire al lettore la possibilità di conoscere da vicino i santi più amati, di cui il Messalino offre un breve profilo. Il libro è organizzato in tre parti che disegnano la figura di Maria Goretti a tutto tondo: La vita: un agile profilo biografico ripercorre la vicenda di purezza e perdono di Maria Goretti. Il perdono: si offre al lettore una riflessione sulla santità di Marietta e un profilo del suo assassino, Alessandro Serenelli, per comprendere le ragioni del suo gesto e conoscere la sua conversione di vita. I luoghi: in un sintetico tour guidato, il lettore visita idealmente i luoghi che hanno segnato la vita della Santa.
Il 6 luglio 1902 si chiudeva l'avventura terrena di Maria Goretti, "l'Agnese del ventesimo secolo, il Giglio ammantato di Porpora", secondo le parole pronunciate da Papa Pio XII il 25 giugno del 1950, giorno della sua Canonizzazione, in una Piazza San Pietro traboccante di popolo. Da quel giorno, Maria Goretti insegna un cammino, il suo nome significa un messaggio preciso e limpido, anche se spesso incompreso. Ha 12 anni quando viene aggredita da un giovane diciottenne che si era invaghito di lei; alla sua ferma resistenza per difendere la sua castità, viene accoltellata brutalmente e muore il giorno successivo dopo aver perdonato l'aggressore.
In una piccola chiesa, a Pieve di Rivoschio, in provincia di Forlì, sono esposti, lungo le pareti e l'abside, i ritratti di 123 sacerdoti morti in Emilia Romagna durante la Seconda guerra mondiale: 14 cappellani militari per cause di servizio e 45 sotto i bombardamenti; altri 37 sono quelli uccisi dai nazifascisti e 27 da partigiani «in odium fidei» o per odio politico. Don Alberto Benedettini, che raccolse foto e testimonianze di quei sacerdoti e religiosi, volle ricordarli tutti perché quei pastori «avevano dato la vita per le proprie pecore». «O tutti o nessuno!» è il grido di don Elia Comini a chi gli offriva la salvezza poche ore prima della sua uccisione da parte delle SS a Pioppe di Salvaro. Ed è questo il grido che sorge nell'animo guardando quelle foto: perché nessuno di quegli uomini può essere dimenticato; perché la Chiesa, considerando diversità di destini e di indoli, non dimentica nessuno e noi uomini non possiamo essere da meno.
Dopo una rapida panoramica sulle diverse posizioni circa l'origine del male, il testo di Alberto D'Auria, psicologo psicoterapeuta, si concentra sulle situazioni di disagio provocate dall'uomo stesso, le cosiddette "non qualità ". L'attenzione si focalizza sulla conflittualità dei rapporti interpersonali, dovuta per lo più all'individualismo, alla chiusura intracomunitaria, al narcisismo. Si sofferma poi sulla paura e sull'odio, che può coinvolgere interi gruppi, spesso frutto di pregiudizi e stereotipi che semplificano e distorcono la realtà oggettiva. I sentieri del male prendono così forma nel cuore della persona, diventando il lato oscuro delle sue facoltà: in altre parole sono le "passioni" e i "dèmoni" che incontriamo nella spiritualità del monachesimo antico, come la rabbia e il rancore, l'orgoglio, l'ambizione, la vanità o l'invidia. Lo studio di don Silvio Zonin, prete ed esorcista, parte da una lettura del cosiddetto "peccato originale": la ferita che in ognuno di noi destabilizza la struttura della relazione con Dio, con se stessi e con gli altri. L'esoterismo e l'occultismo si radicano nell'affascinante prospettiva di valicare i limiti umani, evocando potenzialità nascoste apportatrici di salvezza, salute, guarigione e riscatto. Don Silvio passa in rassegna le terapie moderne che propongono un benessere totale e a buon mercato, confrontandole con la terapia e la guarigione nella prospettiva aperta dal Vangelo. I due autori affrontano da prospettive diverse "il male" che intercettiamo quotidianamente, radicato nell'interiorità della persona e nella sua relazionalità; male inteso non solo come carenza di bene o limite, ma come vizio, scelta volutamente operata dall'individuo e distorsione della coscienza.
L'uomo è creatura di Dio dotata di libertà e ragione. Eppure, con un atto volontario, libero e consapevole, può aderire al progetto di morte e distruzione del Maligno, che di Dio, dell'umanità e dell'intera creazione è acerrimo e instancabile nemico. L'adesione diabolica è una sfida perduta in partenza, perché la potenza divina, nell'amore e nella giustizia, non conosce limiti e governa la storia da prima che il mondo e l'uomo fossero. Eppure, chi aderisce al diavolo e al mistero di iniquità si illude di ottenere potere e vantaggi proprio da colui che è stato sconfitto da Cristo, il Verbo incarnato, con il suo annuncio di salvezza, il suo sacrificio e la risurrezione dai morti. L'adesione alle tenebre non è perciò solamente un patto scellerato, ma rappresenta una prospettiva esistenziale senza sbocchi, che col tempo si radica nel cuore e nell'anima della persona, soffocandone la libertà, privandola della dignità, fino al punto di soggiogarla e possederla. Chi si associa e coopera col demonio partecipa infatti al disegno tanto spietato quanto vano con il quale il «padre della menzogna», «omicida fin da principio» (Gv 8,44), cerca di distruggere l'uomo, in quanto creatura che è a immagine e somiglianza del Dio della vita. Questo libro apre squarci su una realtà spirituale complessa, presentandone i contenuti e le dinamiche, sia alla luce del dato biblico e teologico, sia in una prospettiva antropologica ed esistenziale che emerge anche dalla testimonianza degli esorcisti.